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CARMELO BORG PISANI E L’IRREDENTISMO ITALIANO

Il 17 marzo 1861 si è costituito il moderno Stato italiano, ma la completa unità d’Italia non è mai stata realizzata; ci si è avvicinati, ma solo avvicinati, per un breve periodo nel corso della Seconda Guerra Mondiale, al termine della quale, oltre a quelli che mancavano inizialmente, andarono perduti altri territori.

Oggi, se si considera la questione sotto gli aspetti storico, geografico, culturale e linguistico, mancano all’appello vasti territori e non è certamente l’Unione (Bancaria) Europea che può sopperire alla loro mancanza:

– ad Ovest quelli occupati dalla Francia: la Corsica, il nizzardo, Briga, Tenda e la Savoia;

– a Nord: il Canton Ticino e parte di quello dei Grigioni, appartenenti alla Svizzera;

– ad Est: buona parte del Friuli e Venezia Giulia, occupate dalla Slovenia, l’Istria, divisa tra Slovenia e Croazia, la Dalmazia e il suo arcipelago, occupati dalla Croazia; le isole ionie, occupate dalla Grecia;

– a Sud: Malta, già colonia inglese ed ora formalmente indipendente.

Il problema creato dal disconoscimento delle nazionalità da parte degli Stati cannibali originò, nel XIX e nel XX secolo il fenomeno (non riguardante solo l’Italia, bensì molte altre Nazioni europee) dell’”irredentismo”, cioè quel movimento politico-culturale, a carattere nazionalistico, tendente a riunire alla madrepatria quei territori e quelle popolazioni che si ritengono ad essa legati per razza, lingua, storia e civiltà ma che sono politicamente incorporati in uno stato straniero.

Limitandoci all’Italia, un antesignano dell’irredentismo fu Giovanni Pianori, di cui il C.te Paolo Gulminelli ha tracciato una sintetica, ma efficace scheda: “Giovanni Pianori era un umile e modesto calzolaio, fervente Repubblicano e Mazziniano, partecipò ai combattimenti per la Repubblicana Romana, e su ordine di Giuseppe Mazzini [nella primavera del 1855, n.d.r.] si recò a Parigi per attentare alla vita di Napoleone III considerato traditore perchè ‘sterzò’ la sua azione inizialmente riformatrice per poi schiacciare la libertà italiana. Giovanni Pianori mancò però l’imperatore, ma dopo un processo farsa in cui gli furono imputati reati che la Santa Sede / Chiesa trasmise ai francesi come suoi, ma che furono invece e realmente attribuiti al fratello Senesio, non poté neanche difendersi, non capendo i capi di imputazione lettigli in francese e non potendosi discolpare nella lingua dei suoi accusatori. Egli fu ghigliottinato il 14 maggio del 1855”.

Altri noti irredentisti furono poi il triestino Guglielmo Oberdan, impiccato nel 1882 per aver organizzato un attentato contro l’imperatore d’Austria, e, nel corso della Prima Guerra Mondiale, i triestini Guido Brunner, Guido Corsi, Spiro Xidias, Aurelio e Fabio Nordio, Ugo Polonio, Scipio Slataper, Carlo Stuparich, gli istriani Fabio Filzi, Pio Riego Gambini e Nazario Sauro e il dalmata Francesco Rismondo, i quali si arruolarono e combatterono nelle Forze Armate italiane ed ai quali toccarono sorti differenti.

Per la storiografia ufficiale rimaneggiata (una volta si diceva ad usum delphini, oggi a buon diritto si potrebbe dire ad usum cretini) dai “democratici” governi italiani del dopoguerra, però, ci sono irredentisti ed irredentisti, mica sono tutti uguali: quelli che appartenevano a territori occupati da Stati “antidemocratici” come l’Impero Austro-Ungarico, se proprio non se ne può fare a meno, si possono ricordare, sia pure con molta cautela e senza calcare sulla loro ispirazione nazionalista, quelli appartenenti a territori occupati da Stati “democratici” come la Francia e l’Inghilterra, invece, vanno senz’altro dimenticati, al pari dei profughi giuliani e dalmati.

Del secondo gruppo, oltre al succitato Giovanni Pianori, fanno parte gli irredentisti còrsi, che, solo per limitarsi al 1946, furono da un tribunale francese  condannati a morte, o a durissime pene detentive o alla deportazione nella Guayana francese e i cui beni furono confiscati (per approfondire leggere l’articolo di Giulio Vignoli: https://irredentismo.forumfree.it/?t=44912351) e, naturalmente, gli irridentisti maltesi, tra cui, su tutti,  Carmelo Borg Pisani, il quale, oltre ad aver tentato di pestare i calli al “democratico” Impero britannico, era per giunta indiscutibilmente – horribile dictu – un fervente fascista e nessuno storico “allineato” (o ammaestrato) può inventarsi qualcosa per negarlo o per metterlo in dubbio o per nasconderlo.

Carmelo Borg Pisani nacque a Senglea (Malta) il 10 agosto 1914 in una famiglia legata al Partito Nazionalista filo-italiano, i cui sentimenti furono trasmessi al ragazzo. Compì i primi studi nelle scuole italiane di Malta, dove, essendo versato per l’arte e in particolare per la pittura, frequentò l’Istituto Umberto I di La Valletta, centro culturale di prim’ordine ed autentica bandiera d’italianità; poi, si trasferì a Roma, dove, con una borsa di studio concessagli dal Ministero degli Esteri, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti e dove entrò in contatto con altri irredentisti maltesi e aderì al PNF. Allo scoppio della guerra chiese ed ottenne l’arruolamento nelle Camicie Nere e partecipò all’occupazione di Cefalonia con la Compagnia Speciale del Gruppo CC.NN. da sbarco della 50a Legione. Rimpatriato nel settembre 1941, frequentò la Scuola Allievi Ufficiali della Milmart a Messina e, nominato Sottocapo Manipolo (Sottotenente) nell’aprile 1942, fu assegnato a una batteria costiera in Liguria, venendo contattato dai servizi segreti italiani per una rischiosissima missione informativa, da effettuarsi a Malta in preparazione dell’operazione “C3” (invasione di Malta).

In vista di tale operazione il SIE (Servizio Informazioni dell’Esercito) aveva costituito a Soriano nel Cimino, nei pressi di Viterbo, un centro “G” (dove G stava per “guide”) ove si addestravano alcune decine di maltesi destinati appunto a guidare le prime ondate di sbarco e di aviosbarco sull’isola. A sua volta il SIS della Marina, conscio del fatto che sull’isola non si era per tempo provveduto a predisporre una adeguata rete informativa, stava organizzando la missione di un proprio operatore che, munito di apparato ricetrasmittente, avrebbe dovuto informare Roma della situazione militare e generale dell’isola, soprattutto a ridosso dell’attacco.

Carmelo Borg Pisani accettò, entusiasticamente: “Al momento della guerra avrei potuto tornare a Malta se lo avessi voluto, ma rimasi perché sentii la voce della Patria e credevo mio dovere rimanere là, dove la Patria vera raccoglieva tutti i suoi figli, per liberare anche i miei fratelli”. Sono parole di una lettera che egli scrisse ad un amico poche ore prima di partire volontariamente per Malta.

La notte sul 18 maggio del 1942 due mezzi d’assalto della Decima, gli MTSM 214 (con a bordo Caio Borghi, il nome di copertura assunto da Carmelo) e 218 (con a bordo il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo), scortati dalla torpediniera “Abba” e da due Mas, si avvicinarono alle coste maltesi. Il compito di Guglielmo era di controllare una zona orientale dell’isola, nei pressi di Marsa Scala, per verificarvi le postazioni difensive nella previsione di uno sbarco nell’area delle unità italiane; purtroppo Guglielmo, sceso a terra per meglio riconoscere la zona ed allontanatosi eccessivamente dal punto di sbarco, una volta tornato in acqua non riuscì più a trovare il mezzo avvicinatore il quale, pur avendolo atteso ben oltre il tempo limite stabilito, dovette far ritorno alla base senza di lui. Il sottocapo Guglielmo, tornato ancora una volta a terra, venne quindi individuato da elementi locali e consegnato alla polizia per poi essere avviato alla prigionia di guerra.

A sua volta il mezzo su cui era imbarcato Caio Borghi giunse, verso l’1,30 di notte, nella zona di Ras id-Dawwara, sulla costa occidentale dell’isola, caratterizzata da alte pareti rocciose. Messo a mare il battellino con a bordo tutti i materiali necessari alla missione (radio ricetrasmittente, armi, munizioni e viveri), Carmelo si era avvicinato alla costa ed agli uomini dell’MTSM, rimasto a poche centinaia di metri al largo, parve che la presa di terra fosse avvenuta senza inconvenienti, tanto più che l’operatore aveva inviato il segnale concordato per dare certezza dell’avvenuto sbarco. A quel punto il mezzo avvicinatore  rientrò regolarmente alla base assieme alle altre unità; ora ai responsabili dell’operazione non restava che attendere la prima trasmissione radio di Caio Borghi, ma questo segnale non arrivò mai.

Sulle vicende che seguirono da qui in avanti le versioni sono discordanti.

Una afferma che, a causa del mare agitato, il battellino si rovesciò, disperdendo in mare l’equipaggiamento e Borg Pisani rimase aggrappato ad uno scoglio fino a che non fu individuato da una motovedetta inglese che lo trasse a bordo; un’altra afferma che riuscì a sbarcare e a rifugiarsi in una grotta, che però fu invasa dal mare che trascinò via l’equipaggiamento e, avvistato da una motovedetta inglese in perlustrazione, fu soccorso via terra, in quanto l’imbarcazione non era in grado di avvicinarsi agli scogli.

Fatto sta, che, essendo in precarie condizioni fisiche, fu ricoverato all’ospedale militare di Mtarfa. Qui – si narra – lo riconobbe il capitano medico inglese Tom Warrington, suo quasi coetaneo e amico d’infanzia, che non esitò a denunciarlo.

I servizi segreti inglesi, nell’intento di carpirgli informazioni, dapprima lo posero agli arresti domiciliari presso una casa privata; poi, non riuscendo a ottenere la sua collaborazione, lo fecero trasferire nel carcere di Corradino, sino a che, il 19 novembre 1942, la Corte Criminale, negandogli il riconoscimento dello status di prigioniero di guerra, lo riteneva colpevole di aver cospirato per unire Malta all’Italia, aver preso parte ad operazioni di guerra per conto di uno Stato nemico e, infine, essere sbarcato sull’isola per svolgervi azioni di spionaggio, condannandolo a morte per impiccagione. A nulla valse il suo rifiuto del passaporto britannico, comunicato, allo scoppio della guerra, all’ambasciata degli Stati Uniti d’America, che curava gli interessi britannici in Italia.

Il 28 novembre 1942, alle 7.30 del mattino, quando ormai la prevista occupazione di Malta era stata definitivamente accantonata, Carmelo Borg Pisani saliva sul patibolo ed affrontava con grande coraggio la morte e ciò a detta di tutti coloro che erano presenti all’esecuzione: l’estremo sacrificio della vita per una causa che, sfortunatamente, non vedeva avverarsi.

Nella cella della morte, uno dei suoi pochi commenti, relativi alla sua sorte, fu: “Non mi dispiace di morire, ma sono amareggiato per la mancata invasione di Malta da parte dell’Italia”.

La notizia dell’esecuzione arrivò in Italia deformata e a lungo si pensò che Carmelo fosse stato fucilato, segno di come i nostri servizi d’informazione funzionavano bene a Malta. L’errore fu ripreso anche nella motivazione del conferimento della medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, firmata da Vittorio Emanuele III in data 4 maggio 1943:

Irredento maltese e, come tale, esente da obblighi militari, chiedeva ripetutamente ed otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica. Come Camicia Nera partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva un’infermità per cui avrebbe dovuto essere sottoposto ad un atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina ad ufficiale della Milizia Artiglieria Marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi d’allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo. Catturato dal nemico, riaffermava, di fronte alla Corte Marziale britannica di Malta, la sua nazionalità italiana e cadeva sotto il piombo del plotone d’esecuzione al grido di <<Viva l’Italia>>. Fulgido esempio d’eroismo, di fede, d’abnegazione e di virtù militare, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell’irredentismo”.

L’errore fu successivamente corretto, sostituendo la frase “cadeva sotto il piombo del plotone d’esecuzione” con quella: “condannato all’impiccagione saliva sul patibolo”.

Quella sopra riportata è la versione che, con alcune sfumature tra i diversi autori, è oggi prevalentemente accettata delle vicende riguardanti la missione di cui fu protagonista Carmelo Borg Pisani; vicende che però presentano non poche ombre e suscitano legittime domande:

  • 1 – considerato che a quel tempo Malta era sotto costante osservazione da parte della ricognizione aerea italiana e tedesca,  quale poteva o doveva essere l’utilità di tale missione, svolta a terra da un’unico agente che, affetto da forte miopia, aveva limitatissime possibilità di movimento oltre ad essere del tutto privo di appoggi in loco, giacché che tutta la componente filo-italiana maltese era stata tempestivamente ed illegalmente arrestata dagli inglesi e deportata in Uganda?
  • 2 – come poteva una persona, che per le sue idee irredentiste era ben nota al controspionaggio locale, rientrare in piena guerra nell’isola e far passare inosservata la propria azione?
  • 3 – chi e con quale criterio scelse il punto di sbarco in un tratto di costa costituto da pareti rocciose a strapiombo alte alcune centinaia di metri e pressoché impossibili da scalare?
  • 4 – Borg Pisani fu veramente riconosciuto in ospedale dall’ufficiale medico, o tale versione è stata inventata, costruita e divulgata per coprire il fatto che gli inglesi erano già stati avvertiti del suo arrivo sull’isola dai traditori che si annidavano nello Stato Maggiore della Marina ed in particolare dal più infame di tutti, l’ammiraglio Francesco Maugeri, responsabile della morte di migliaia di marinai italiani e non solo, il quale, come capo del SIS Marina, non poteva non essere al corrente della missione?

Ovviamente sono domande che non avranno mai risposta, ma nulla tolgono alla luminosa figura dell’Eroe.

Su Carmelo Borg Pisani sono stati scritti numerosissimi articoli, hanno circolato molti video, sono stati pubblicati diversi libri (tra cui segnalo in particolare “Carmelo Borg Pisani – Patriota italiano e maltese” di Henry Frendo e Paolo Gulminelli, edito da Saratosa) e sono stati girati due film in dialetto maltese, ovviamente ignorati dalla grande distribuzione.

Ogni autore di tali opere, però, è stato spesso più o meno costretto ad attribuire a Carmelo pensieri e parole che probabilmente lui non ha mai formulato, ma che gettano su di lui luci con sfumature diverse.

A livello pubblico, invece, i vili e servili governi “democratici” del dopoguerra – mai abbastanza maledetti – hanno voluto dimenticare e far dimenticare l’Eroe, ignorando con pretesti puerili i numerosi periodici appelli a recuperare le sue spoglie e rendere loro i dovuti onori. In particolare hanno a lungo sostenuto che i resti mortali di Borg Pisani non erano rintracciabili perché si trovavano in una fossa anonima nel cortile del carcere di Corradino, accanto a quelli di delinquenti comuni: non è vero. Negli anni ’70 , le sue spoglie furono riesumate e portate nell’ossario del cimitero dell’Addolorata di Paola (frazione della capitale maltese), ove tuttora si trovano.

Attualmente in memoria di Carmelo Borg Pisani esistono solo una strada di Roma e una di Torino e un cippo sistemato originariamente, nel novembre 1942, all’interno della Batteria Costiera della Milmart – corpo al quale apparteneva con il grado di sottotenente il Martire –  a Monte Marcello, proprio a picco di Punta Bianca (La Spezia), vandalizzato da ignoti scarafaggi “resistenziali” dopo il 25 luglio 1943 e solo nel 2017 recuperato, parzialmente restaurato e collocato nel giardino del Museo Tecnico Navale di La Spezia. Il cippo, ovvero ciò che ne rimane ora e privo del busto che in origine lo sormontava, ha le dimensioni di metri 1.23 x 0,49 x 0.37 e reca incisa la scritta, in parte abrasa: “Medaglia d’Oro Carmelo Borg Pisani, Milizia Art. Marittima Martire dell’Italianità di Malta – 1942”.

Un po’ poco per chi ha sacrificato la propria vita per la Patria.

Prima di essere condotto al patibolo Carmelo scrisse con un chiodo, incidendola sulla trave della porta della sua cella, la frase: “I servi e i vili non sono graditi al Signore“.

Non lo sono neppure a noi.

Giuliano Scarpellini

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