11 Febbraio 2017
Nessun perdono per gli assassini e i criminali
È la notte tra il 6 e il 7 luglio 1945. Romero e Teppa – nome d’arte di Valentino Bortoloso, per l’appunto – fanno irruzione nel carcere mandamentale di Schio alla ricerca di fascisti da massacrare. Dopo una sommaria cernita, che non risparmia nemmeno le donne, 54 persone, tra cui 14 donne, vengono prima torturate e poi barbaramente fucilate. La viltà di questa operazione è così elevata a tal punto da far addirittura pronunciare al Governatore Militare del Veneto, il Generale Dunlop: “Mai prima d’ora il nome d’Italia era caduto così in basso nella mia stima”. “La figlia del podestà abbraccia il partigiano che uccise suo padre”. Con toni tra il melenso e il sentimentale il sito internet de La Repubblica ci dà questa notizia: davanti ad una folla di giornalisti, autorità vescovili (ché quando si tratta di benedire le infamità non mancano mai) e lacchè di vario genere, si consuma l’abbraccio tra Anna Vescovi, la figlia di Giulio, podestà fascista tra le vittime della strage di Schio, e Valentino Bortoloso, in arte Teppa. Chi è quest’ultimo? È uno degli autori materiali della strage di Schio, uno dei tanti crimini efferati ed orrendi compiuti dai partigiani a guerra finita, pertanto in tempo di pace. In una Nazione civile, quindi non in Italia, dove i criminali partigiani sono stati insigniti di medaglie ed onori (lo stesso Bortoloso ricevette, qualche tempo fa, una medaglia al valore da parte dell’ANPI che gli fu poi ritirata dopo le pressioni provenienti da più parti: evidentemente anche a sinistra c’è un limite alla decenza), il Teppa avrebbe dovuto scontare definitivamente la sua pena: la fucilazione. Invece fece solo dieci anni di carcere. Oggi vediamo la figlia di una delle vittime, quel Giulio Vescovi che fu prima picchiato e torturato, poi fucilato per mano del Bortoloso stesso, abbracciare candidamente l’assassino del padre. Ognuno ha la propria coscienza. Noi, dalla figlia di un Fascista morto, ci saremmo aspettati un poco di Onore in più. Continueremo a difendere la memoria e l’Onore dei Fascisti assassinati per mano partigiana, sempre e comunque. Cosa che nemmeno i figli, a quanto pare, sembrano non voler più fare.