Mese: Aprile 2018

Cecile Kyenge: dal piagnucolio antirazzista alla figura di cacca. Del suo cane.

Forse voi ci riderete sopra, ma non avete idea di che cosa abbiamo rischiato! Il commissariamento da parte dell’ONU, la messa al bando di tutte le organizzazioni di destra, una censura su internet da far impallidire l’Inquisizione medievale e, forse, anche i roghi sulla pubblica piazza, con tanto di Laura Boldrini che legge le varie pene da applicare ai colpevoli. Il tutto per cosa? Per una cacchetta (che poi tanto cacchetta non sarebbe, a sentire il vicino) di cane.

Per ore la storiella del gesto razzista (il giardino di casa imbrattato di feci) contro la casa dell’ex Ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, aveva fatto uscire dal sarcofago personaggi come Fassino, che aveva subito espresso solidarietà contro il “vile gesto razzista e xenofobo” (aiuto! Quanto sono pesanti e noiosi: se ci pagano anche un quinto di quello dei loro addetti stampa ci inventeremmo qualcosa di meno soporifero), e ridato fiato a quella sinistra che ritrova compattezza e vigore solo quando si appresta a fare grandissime figure di cacca. Di cane, in questo caso.

Era stato l’ex Ministro a dare il via: sulla sua pagina personale di Facebook pubblica un intervento in cui ci fa sapere che le hanno sporcato il muro della sua casa di popò. “Non capisco che messaggio vogliano lanciarmi”, aveva piagnucolato. Sorvolando sull’acume della Kyenge, passa qualche ora e scopriamo l’amara, amarissima verità: si è trattato di uno dei suoi vicini che, stanco della maleducazione e dell’inciviltà della famiglia della Kyenge, che non si degna di raccogliere la cacca del suo cane durante le passeggiate in giro per la città, ha ben pensato di raccoglierla e fargliela ritrovare dentro casa. Di più: la famiglia dell’ex Ministro è stata ripresa varie volte e tantissimi suoi concittadini sono a dir poco esasperati da questo comportamento. Fino a che qualcuno non ha pensato bene di ripagare la felice famigliola multirazziale della loro stessa moneta.

La sinistra antirazzista? Tace, ovviamente: un’altra figura da geni è stata fatta. Né si può sperare che qualche giornalista od opinionista, spesso e volentieri loro amico, glielo faccia notare.

Si è integrata bene, la Kyenge, non c’è che dire: spiccicata a quei cittadini cafoni e incivili che non si degnano di raccogliere le deiezioni del proprio cane, sporcando il bene pubblico e creando disagio agli altri. Questo è il livello umano di gente che poi viene a darci lezioni di civiltà e di comportamento, col ditino di sinistra puntato sulla nostra faccia di bianchi razzisti: ricordatevelo, se siete stati così minchioni da votare o simpatizzare per questi miserabili.

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Bombe su Damasco

Questa mattina Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno effettuato un attacco missilistico sulle postazioni governative siriane. Una ottantina di missili sganciate per fermare il governo siriano di Assad che, secondo la propaganda, gasa donne e bambini per vincere la guerra civile del proprio Paese.

Balle. Nient’altro che enormi e colossali balle. I video dei Caschi Bianchi, in cui si vedono donne e bambini massacrati, sono solamente una lurida montatura antigovernativa per spingere le popolazioni occidentali ad accettare e a sollecitare la guerra antiAssad che gli Stati democratici non sono ancora riusciti a vincere nonostante il fortissimo sostegno logistico ed economico garantito ai terroristi partigiani, pomposamente chiamati “ribelli”.

Macron ci dice che lui, solo lui, ha le prove che Assad ha ucciso deliberatamente dei civili del proprio stesso popolo. Dovremmo credergli forse sulla parola, come quando Colin Powell, nemmeno tanti anni fa, sventolava davanti ai deputati ONU l’ampolla di Antrace che diede il via all’invasione militare dell’Iraq da parte degli Stati Uniti? Oggi sappiamo che fu tutta una gigantesca montatura, una sorta di Pearl Harbour in versione moderna, e quell’amministrazione criminale, Bush junior in testa, non è stata chiamata davanti a nessun tribunale penale internazionale per rendere conto dei propri crimini. Dovremmo dar credito a queste balle, esattamente identiche a quelle che l’Osservatorio per i Diritti Umani in Siria ha propagandato per anni, dalla sua comoda sede londinese, prima che si venisse a sapere che si trattava solo di un cretino che sparava balle dal suo ufficetto londinese? Ora sappiamo che furono né più né meno montature, con tanto di telecamere e bambini appositamente scelti tra le polverose strade siriane, in cambio di qualche caramella, per posare, fingendosi morti, in quei video che poi sono stati dati in paso alle instupidite popolazioni europee.

Il tutto inscatolato all’interno dei reportage dei crimini di guerra di Assad, questo cretino che, proprio mentre stava per ricacciare i terroristi partigiani nelle fogne dalle quali sarebbero usciti, avrebbe causato deliberatamente un massacro di civili per portare su di se l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale: non c’è che dire, un genio del Male!
I servi di casa nostra ubbidiscono prontamente. Il giudeo Roberto Saviano, lo stesso che tace mentre i soldati del “valoroso” Tsahal israeliano fanno il tiro al bersaglio con i palestinesi al confine della Striscia di Gaza (diverse decine di vittime, solo negli ultimi giorni, nel più assoluto silenzio dei media cosiddetti “ufficiali”), la volgare Littizzetto e l’immancabile Laura Boldrini, tutti in prima linea nel sostenere la balla.

Ci sarebbe da chiedersi perché questa gentaglia, che a parola si dichiara contraria alle guerre, nei fatti poi sia sempre più realista del Re, sostenendo ed appoggiando tutte le guerre desiderate dagli USA e dai loro sgherri.

C’è da augurarsi che Putin non perda la testa, e con lui Assad. Il Presidente russo, in particolare, ha dichiarato che questa azione – una ottantina di missili lanciati contro le postazioni governative siriane, fortunatamente in gran parte intercettati dalla contraerea sitiana – non resterà impunita.

Gli ultimi colpi di coda di una potenza morente, gli Stati Uniti d’America, che si configurano sempre di più come gli unici, i veri e gli autentici nemici della pace mondiale.

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Strupri una ragazza? Ti assumono come pizzaiolo

Stupri una ragazza e ti ritrovi assunto per fare il pizzaiolo. Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere, ma non ci sono altre parole per descrivere l’orrore che viene da Napoli, dove tre ragazzi, responsabili dello stupro di gruppo ai danni di una loro coetanea, sono stati prima arrestati grazie alle indagini della Polizia Postale su Facebook (perché questi subanimali sono così sottosviluppati da vantarsi delle loro imprese pubblicamente) e poi, grazie al solito giudice particolarmente sensibile, rimessi in libertà con l’obbligo di seguire un percorso di reinserimento formativo, nella fattispecie un corso per pizzaiolo.

Si potrebbe scrivere e dire di tutto, ma queste poche righe, a parere di chi scrive, sono già di per se sufficienti a darci l’idea dell’abisso (morale ed etico, prima ancora che economico) in cui è sprofondata la Nazione.

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Se Facebook dà ascolto a Laura Boldrini

Tanto tuonò che piovve. Non si potrebbe definire altrimenti la repressione e la censura di cui siamo oggetto in questi ultimi mesi in rete, specialmente nel sito di Facebook. Viene da pensare, visto tutto quello che stiamo subendo, che gli appelli che Laura Boldrini lanciava solo fino a qualche mese fa per chiudere tutti i “siti nazi-fascisti che inneggiano alla violenza” non siano caduti nel vuoto. Anzi: sono stati ampiamente messi in pratica. Solo che noi non inneggiamo alla violenza, ma tant’è…

L’attacco è partito già da almeno sei mesi prima delle elezioni di marzo: le pagine Facebook di Fascismo e Libertà, che fino a quel momento erano sempre state, bene o male, attive, vengono chiuse con una sistematicità spaventosa. Ogni contenuto, anche il più vecchio, viene passato allo scanner, portando a sistematici blocchi di mesi e mesi.

Il profilo personale del sottoscritto, del Segretario Nazionale Carlo Gariglio e di altri esponenti del Movimento ormai sono sotto attacco perenne. Il mio profilo personale, che uso anche per tenermi in contatto con gli amici e gestire le utenze di lavoro, viene bloccato una volta al mese per un mese. Il sistema di Facebook mi segnala un contenuto, magari anche datato, a volte di diversi mesi addietro, e scatta puntuale la censura, ovviamente sempre e solo di un mese. Passati i 30 giorni posso riprendere ad utilizzare per qualche ora il mio profilo, per essere bloccato di nuovo. Non importa cosa io inserisca: il sistema di controllo del sito sociale, infatti, a suo insindacabile giudizio reputa il contenuto non conforme ai suoi standard, e vengo nuovamente bloccato.

Due giorni fa, per dirne una, il mio profilo è stato sbloccato dopo un mese. Ho utilizzato il sito giusto per lasciare un commento su un gruppo musicale e per pubblicare sulla mia bacheca personale una foto di Mussolini e Hitler in treno, con la mia osservazione: “Fico non si è inventato nulla”. Un intervento non dico scherzoso, ma nemmeno particolarmente virulento, ma sta di fatto che non è passato inosservato: blocco di un altro mese. Sembra che io non possa pubblicare alcunché che non sia la foto di qualche gattino senza venire pesantemente sanzionato: di fatto il mio profilo personale è diventato inutilizzabile. Posso accedere a Facebook, vedere cosa pubblicano gli altri miei contatti, navigare all’interno del sito e sui contenuti esterni che esso contiene, ma non posso interagire in alcun modo: non posso cliccare “Mi piace”, non posso commentare, non posso pubblicare alcunché. Posso solo guardare, essere uno spettatore passivo e assolutamente inerme.

Cercare di avere a che fare con i gestori del sito è pressoché impossibile, parlare con qualcuno che faccia parte dello staff che si occupa di moderare i contenuti è semplice utopia: gli stessi meccanismi di reclamo o di segnalazione errori sono macchinosi e complicati, almeno per chi, come il sottoscritto, non conosce a fondo la piattaforma. Un contatto faccia a faccia, o almeno tastiera a tastiera, vista la natura strettamente virtuale della comunicazione, è da escludersi a priori; di numeri di telefono da poter chiamare nemmeno a parlarne.

Il funzionamento di Facebook, e le meccaniche di controllo dei contenuti ad esso legate, sono totalmente prerogativa della piattaforma, con possibilità di interagire con l’utente ridotte al minimo. Non si sa come funzioni il meccanismo di sanzionamento. C’è chi sostiene che il sito applichi tutta una serie di calcoli e di logaritmi in maniera automatica per stabilire se un contenuto violi il suo codice interno o no; c’è chi sostiene che invece nella piattaforma operino anche degli operatori appositamente incaricati di prendere visione delle segnalazioni fatte dagli utenti o delle anomalie dei contenuti; c’è chi dice che sia un insieme delle due cose. Di fatto non si sa come Facebook agisca. Il sospetto che applichi due pesi e due misure è, almeno per noi, sempre più forte. Quando segnaliamo qualche sito di estremisti di sinistra che incitano palesemente all’omicidio dei fascisti o degli avversari politici la risposta predefinita di Facebook è sempre la stessa: ti ringraziamo per la segnalazione, capiamo che la cosa possa aver fatto male al tuo delicato cuoricino, ma non sono stati violati gli standard della comunità (di recupero!) e quindi il contenuto da te segnalato può restare tranquillamente dov’è. Amici e camerati ci segnalano che più volte hanno segnalato siti con chiari contenuti pedopornografici, è la risposta è esattamente la stessa. Poi io faccio una battuta con la foto di Mussolini e si scatena il finimondo.

Per carità: ho sperimentato che anche senza Facebook si vive bene lo stesso. Gli amici che mi scrivono, e che vedono che ho visualizzato il loro messaggio ma nonostante tutto non rispondo, capiscono che sono stato bloccato e ne approfittano per inviarmi canzoni partigiane, inni della Resistenza e simili, contando sulla mia incapacità di reazione. La cosa, se vogliamo, è anche divertente; ma da una piattaforma che vuole veicolare anche un messaggio commerciale, e che per fare questo, giustamente, richiede di essere pagata, ci si aspetta un po’ di professionalità in più: pagare per pubblicizzare una pagina, e poi essere costretto a non utilizzarla perché Facebook ha deciso insindacabilmente che il tuo messaggio scherzoso per lui non è stato scherzoso, non è una grandissima idea di marketing. E, anche a prescindere da qualunque idea di marketing, da una piattaforma che vuole porsi come punto di contatto tra persone diverse – come è di fatto Facebook – ci si aspetterebbe un comportamento un po’ più decoroso che non quello di una Laura Boldrini in perenne crisi di nervi.

La posizione di monopolio del social network, al momento, lo rende senza rivali: tutti lo usano, tutti lo chiedono, tutti, bene o male, lo guardano. La sua forza è tutta qui.

Facebook ricorda molto quel Grande Fratello descritto da George Orwell nel suo “1984”: una sorta di gigante benevolo con gli amici e spietato con i nemici, le cui indecisioni vengono calate dall’alto senza alcuna spiegazione, e quindi senza alcuna legittimità.

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L’avete visto Matteo Renzi in Senato?

Avete visto Matteo Renzi alla prima seduta del Senato (quello che voleva abolire, tra l’altro)? Arrogante, impettito, guascone, dal sorrisetto smargiasso mentre parla il suo ex amico Napolitano. Matteo Renzi ricorda molto il bulletto che, alle gite, si posizionava in ultima fila, al centro, e faceva il capo-ultras della situazione. Solo che quando il bullo di periferia lo fai a 12 anni può anche essere comprensibile, quando lo fai a 44 anni, dopo essere stato un Presidente del Consiglio Italiano che ha ridotto allo sfascio questa Nazione, impoverita e preda di bande di delinquenti e di criminali importati per foraggiare generosamente le coop rosse dei tuoi amici, è ben più fastidioso.

Si, è vero, non dobbiamo più sorbircelo da Presidente del Consiglio, quando chiamava “bestie” tutti coloro che non la pensavano come lui, ma anche da senatore il personaggio è spocchioso, ridicolo, irritante, fastidioso.

Forse avrebbero dovuto abolirlo per davvero: ci saremmo risparmiati questo buffone.

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