BENEDETTA LA MALEDETTA GUERRA

La guerra in Ucraina è in pieno svolgimento e i suoi sviluppi in termini militari, politici ed economici, non sono ancora prevedibili e neppure ipotizzabili con sufficiente precisione.

Tuttavia se ne possono trarre sin da ora alcune interessanti considerazioni.

Innanzitutto sulle cause.

Seguendo i consueti schemi che prevedono per prima cosa la demonizzazione del nemico di turno, il “mondo libero” (lo chiamano così, con malcelati sarcasmo ed ironia) si è affrettato a dipingere il dittatore russo come un cinico assassino, un tiranno dominato dalla voglia di conquista per conseguire la quale non si ferma davanti a qualsiasi ragione umanitaria. In sostanza il solito ritratto dei capi di Stato che non sono disposti a sottomettersi e a sottomettere la propria nazione al dominio delle “multinazionali” , della finanza ebraica e della “american way of life”, come accaduto in un recente passato per Saddaim Hussein, Gheddafi, Assad e, in tempi più lontani, per Adolf Hitler, il Kaiser Guglielmo II e tanti altri, grandi e piccoli. Insomma il consueto abusato copione, che, grazie alla grancassa mediatica, continua a fare eccellente presa sulle masse lobotomizzate.

In realtà Vladimir Putin, al di là del soccorso ai russi etnici sparsi oltre il confine ucrainico,  è venuto a trovarsi di fronte ad una scelta obbligata tra due alternative, entrambe pericolose e assai poco vantaggiose: o ricorrere alla forza, con tutti i rischi del caso, o rassegnarsi alla lenta ma continua e progressiva politica di strangolamento messa in atto contro il suo paese e contro di lui personalmente dal “mondo libero”, ovvero dall’impero giudaico-massonico americano e dai suoi servi europei con il sostegno ai suoi avversari politici e con la creazione, in termini politici e militari, di una minacciosa cintura attorno al collo della Russia, costituita dagli Stati baltici e dalla Polonia e al cui completamento mancano solo la Finlandia e, soprattutto,  l’Ucraina. Il “sogno americano” è infatti quello di togliere di mezzo Vladimir e sostituire il suo governo forte con uno “amico”, ovvero debole e accomodante, non in grado di far fronte ai per ora latenti contrasti  interni della Russia, in modo da provocarne lo smembramento in staterelli altrettanto deboli e facilmente manovrabili.

Putin, coerentemente col il suo personaggio, ha scelto la prima, ma l’ha messa in atto veramente male: i fatti rivelano che l’azione d’attacco, la quale per avere pieno successo avrebbe dovuto raggiungere i suoi obiettivi in tempi rapidissimi, sembra più che altro frutto di una sorprendente impreparazione e improvvisazione con l’impiego di forze quantitativamente e qualitativamente inadeguate, per giunta guidate da comandanti incompetenti sia sotto il profilo tattico che strategico, tale da risultare lenta e impacciata al di là di ogni previsione.

Vero è che il popolo ucraino – e questo è l’unico aspetto positivo di tutta la situazione – non ancora contaggiato dal virus del pacifismo a tutti i costi e dalla sindrome del cacasotto che i padroni del mondo hanno seminato a piene mani all’interno delle loro colonie per tenerle tranquille e cloroformizzate, ha dimostrato un coraggio e una combattività davvero ammirevoli ben oltre ogni aspettativa, confermando che combattenti determinati e ben motivati possono tenere testa o quantomeno causare danni enormi a forze nemiche notevolmente superiori, ma non altrettanto motivate.

Ne risulta che il “colosso russo” ha pericolosamente rivelato una debolezza politica e militare insospettata dall’immaginario popolare, peraltro già evidenziatasi decenni addietro in Afghanistan, dove, sia pure dopo dieci anni, l’armata rossa fu costretta a fare i bagagli e a tornare a casa con le pive nel sacco (ma se Atene piange Sparta non ride: la stessa cosa è accaduta agli americani, sempre in Afghanistan e prima ancora in Vietnam e in Corea). In ogni caso la Russia sta inviando al pianeta un messaggio per essa assai poco lusinghiero, confermando che la forza delle “superpotenze” sta nella loro superiore capacità di produzione degli armamenti e nel possesso quasi esclusivo delle armi nucleari, non certo nella qualità delle rispettive forze armate. E in questa ottica va visto anche il ricorso a contingenti ceceni e siriani, che probabilmente ha scarso peso bellico, ma impatto politico assai  negativo.

Sull’altra sponda, l’America e i suoi servi europei stanno offrendo il consueto squallido spettacolo intriso di ipocrisia, viltà, illegalità e intrighi, finanziando l’opposizione interna in Russia, sequestrando senza alcun fondamento giuridico (ovvero con veri e propri atti di pirateria) beni pubblici e privati russi e soprattutto inviando enormi quantità di armi all’Ucraina, in violazione delle convenzioni internazionali sulla guerra che vietano espressamente ai neutrali di fornire armi ai belligeranti e agendo sulla finanza internazionale, che controllano quasi interamente, per danneggiare l’economia russa.

Ma va fatta una netta distinzione tra la prima e i secondi. Questi ultimi eseguono pedissequamente gli ordini che arrivano loro da Washington senza curarsi minimamente di danneggiare così facendo gli interessi dei propri popoli, indirizzandosi verso “un’economia di guerra” che al momento non avrebbe alcuna ragione d’essere, ma che d’altra parte è loro politicamente utile per avere mano libera all’interno delle rispettive nazioni e mantenervisi al potere senza grossi problemi: i prezzi delle merci, dei carburanti, dell’elettricità e di qualsiasi altro bene salgono alle stelle? Che volete, c’è la guerra….. Argomento che ha persino surclassato la “pandemia”, la quale ha perso qualsiasi interesse e di cui non si sente quasi più parlare, sebbene, a dar retta alle cifre che loro stessi forniscono, stia correndo molto più di prima.  E a godere su tutto e su tutti è come sempre la “finanza internazionale” con la parassitica speculazione di borsa.

Ben diversa è la posizione degli USA, cui le sanzioni comminate alla Russia , a differenza degli europei, non soltanto non recano alcun danno ma li avvantaggiano economicamente perchè in tal modo possono vendere all’Europa, magari ad un prezzo un tantino maggiorato, le merci che ad essa ha vietato di acquistare dalla Russia. E continuano a soffiare sul fuoco, accusando tra l’altro Putin, per voce dei due squallidi personaggi che ne sono a capo, di commettere crimini di guerra causando la morte di civili e, naturalmente, di bambini. Ora, non c’è dubbio che il bombardamento mirato di edifici civili costituisca un crimine di guerra, ma è grottesco che tale accusa provenga da gente che in guerra ha sempre praticato coscientemente e massicciamente lo sterminio della popolazione civile con l’uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali, provocando la morte di milioni di persone, bambini compresi. Emblematiche alcune foto che testimoniano del trattamento riservato dagli anglo-americani alla città e alla popolazione di Dresda, città del tutto smilitarizzata, col bombardamento al fosforo che dal 13 al 15 febbraio 1945 causò la morte di almeno 350.000 civili (cifra stimata, ma non per eccesso), in grandissima maggioranza donne e bambini.

Dresda 15 febbraio 1945
Dresda – Effetti delle bombe al fosforo sulla popolazione
Dresda – Effetti delle bombe al fosforo sulla popolazione

Ma proprio questo continuo soffiare sul fuoco e l’evidente tentativo di prolungare il più possibile il conflitto in atto cercando anche di allargarlo magari con la discesa in campo della Bielorussia, nonché l’incessante afflusso di armi e soldati in Europa orientale, fanno sorgere l’inquietante dubbio che il vero obiettivo degli USA, in attesa di un pretesto reale o come di consueto appositamente  prefabbricato per giustificarla, sia proprio la guerra con la Russia. Guerra che ovviamente dovrebbero combattere e pagarne il prezzo più alto soprattutto gli europei.  In tale direzione possono essere visti anche i tentativi di “sondaggio” verso la Cina, che però, a quanto pare, hanno riscosso scarso successo scontrandosi con la sfinge cinese, tuttora in evidente attesa di vedere che piega prenderanno le cose prima di assumere la posizione che le procurerà i maggiori vantaggi.

Un tale dubbio ha sicuramente attraversato  anche la mente di Putin. allorché ha messo le mani avanti avvertendo che in un’eventualità del genere farebbe uso dell’arsenale nucleare. E a chi fosse troppo scettico difronte a tale ipotesi faccio presente che nei quasi 247 anni della loro esistenza gli Stati Uniti d’America ne hanno trascorsi in guerra ben 229 e tutti – dico tutti – i suoi 45 precedenti presidenti hanno avuto almeno una loro guerra, non di rado più di una: perché Joe Biden non dovrebbe avere la sua, magari la più grande, che lo consacrerebbe eternamente alla storia?

 A tale proposito consiglio inoltre di leggere attentamente il libro di John Kleeves “Un paese pericoloso” (tuttora reperibile in formato cartaceo o scaricabile gratuitamente in PDF da internet), che, a parte qualche sbavatura sul ruolo degli ebrei e ancorché scritto nel 1998, fornisce un quadro completo e terrificante, ma assolutamente reale e veritiero, degli Stati Uniti d’America.

Ci sono infine i comprimari: il gesuita in Vaticano e Baruc.

Il primo, dopo un iniziale tentativo di camuffamento, si è schierato apertamente, maledicendo i russi e confidando nelle preghiere al suo dio, il quale però, tanto per cambiare, sembra proprio voler fare orecchie da mercante; ma questo l’ineffabile Francesco tra sé e sé lo sa benissimo, tanto che, invitato a recarsi in Ucraina, ha fatto sapere che ci andrà, ma solo quando da quelle parti non voleranno più proiettili, perché non ha l’elmetto.

Il secondo, a livello ufficiale, è in forte imbarazzo, sia perché ha numerosissimi confratelli in entrambe le parti in conflitto, sia e soprattutto perché deve tenersi buono Putin (nonostante che lui abbia pisciato nell’acquasantiera danneggiando – involontariamente – nientemeno che il memoriale della “shoah” di Kiev), il quale, saldamente installato in Siria, se contrariato potrebbe impedire le frequenti scorribande dell’aviazione dello stato pirata in Medio Oriente e in Iran; per cui cerca malinconicamente di barcamenarsi alla meglio con risultati invero assai deludenti.

Per ora, comunque, possiamo soltanto fare come i cinesi: aspettare alla finestra per vedere come si dipanerà la matassa, con un fugace pensiero al fatto che, nel momento storico attuale, solo una catastrofe di dimensioni planetarie potrebbe liberarci dal giogo impostoci dal 1945. In ogni caso, presto o tardi, dovranno per forza ammazzarsi tra di loro e ne usciranno entrambi con le ossa rotte; e allora vedremo……

Giuliano Scarpellini