FIAT LUX – I VERSI SATANACI DELLA BIBBIA

I – Antico Testamento

TUTTO CIO’ CHE NON VI SARA’ MAI DETTO O SPIEGATO DA UN SACERDOTE

di Oscar Aldo Marino – Messina 1997

Libro non in vendita.

EDIZIONE FUORI COMMERCIO

L’autore ne mantiene la proprietà

e autorizza la stampa di

“Fiat Lux”

I – Antico Testamento

purché al testo originale non siano apportate

correzioni o modifiche di sorta.

Oscar Aldo Marino

Messina, 14 marzo 2015

NOTIZIE SULL’AUTORE.

L’autore è nato il 22 settembre 1924 a Messina e vi risiede da sempre. È pensionato dello Stato, ciononostante non è ancora morto. Ama la compagnia, ma se può preferisce isolarsi per ascoltare musica classica, di cui possiede sterminato repertorio e notevole competenza. Dopo la prima sigaretta, a dodici anni, ne ha fumato altre due: la seconda a quaranta e l’altra a ottant’anni, ripromettendosi di rispettare il ciclo quarantennale. Detesta i vili, il pesce, i preti e Alleanza Nazionale;   non segue TG e dibattiti politici per non ammalarsi di ulcera. Non riesce a digerire i peperoni e la democrazia. Se ne fotte del “Grande Fratello”, dell’ “Isola dei famosi” e relative culture, riuscendo miracolosamente a campare lo stesso; isolerebbe Maria De Filippi, Alda D’Eusanio e Michele Cucuzza su un iceberg alla deriva per ridare salute a incolpevoli utenti televisivi. Non ha carte di credito e conti correnti, perché non ha denaro da depositare. Ha fottuto ECHELON rinunciando a possedere un telefonino cellulare. Non ha rimpianti, avendo soddisfatto tutte le esigenze della natura che la sua personalità ha richiesto. Elimina le tossine esistenziali trasferendo su estemporanee pagine di libro, che stampa da sé stesso, le risorse della sua umanità. Ha cinque figli; ai tre maschi ha imposto nomi romani : Ennio, Marcello e Valerio. Adora i sette nipoti. È stato studente di Ingegneria, ma non si è laureato. È fiero di essere italiano di Sicilia, di discendenza normanna e di cultura greco-romana. Il sovrappeso corporeo, causato da “obesità democratica” manifestatasi mediante ritenzione anagogica del pondo scrotale nella zona gastro- addominale assieme alla figura di Prodi, Bertinotti, Berlusconi, Fini e compagnia gaudente, non ha influito menomamente sulle sue facoltà mentali. La “Scalfarite acuta”, che lo ha afflitto per sette anni, è cessata all’istante non appena Oscar Luigi è stato sfrattato dal Quirinale. Poi “is de cuius pravitate agitur” è schiattato; così si è ridotto notevolmente il buco dell’ozono. Non sappiamo che ne pensa Satana del nuovo ospite. L’autore non è ideologicamente commerciabile, perciò inviso a “camerati” e compagni. Peggio per loro.

PRIMA PARTE

“ANTICO TESTAMENTO”

AVVERTENZA IMPORTANTE

Si consiglia al lettore di munirsi di una copia della Bibbia e di tenerla accanto a sé durante la lettura di quest’opera, per verificare l’autenticità delle citazioni. Sarebbe altresì opportuno che si trattasse di un’edizione anteriore al 1950, perché nel corso di questi ultimi anni talune espressioni alquanto crude sono state addolcite con termini più confacenti alle orecchie delicate di quelle persone che badano più alle parole che alla sostanza dei significati. Infatti, ho potuto constatare che nelle recenti edizioni della Bibbia, termini come: uccidere, massacrare et similia, sono stati eufemisticamente sostituiti con: percuotere, colpire, ecc., così come è di moda oggi definire il cieco, il sordo, il drogato, lo spazzino, la cameriera, il bidello, l’infermiere ecc. rispettivamente con : non vedente, non udente, tossicodipendente, operatore ecologico, colf, personale non docente, personale paramedico,ecc. In altre parole, con termini più arzigogolati che dicono ciò che uno non è, senza dire ciò che in effetti è.

Miseria di una società di individui appiattiti, cui fanno paura le parole e non si accorge che i fatti la stanno trascinando alla castrazione spirituale e all’autodistruzione.

Inoltre, con questo lavoro, avrò il merito di avere stimolato i «Cristiani», anche se per sola curiosità, a leggere finalmente la Bibbia.

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Testi consultati e presi in esame per la compilazione del presente lavoro:

LA SACRA BIBBIA – tradotta e annotata da Monsignor Antonio Martini – Mondovì, 1898

LA SACRA BIBBIA – Deposito di Sacre Scritture – Roma, 1909 LA SACRA BIBBIA – Edizioni Paoline – Roma, 1964

DIE GANZE HEILIGE SCHRIFT – La Sacra Scrittura in lingua tedesca – Gütersloh, 1979.

DUE PAROLE DI PRESENTAZIONE

L’ “ANTICO   TESTAMENTO” è il complesso di libri sacri che stanno a fondamento delle tre grandi “religioni del Libro”, cioè di quei tre culti scaturiti da una “rivelazione divina” e codificati in scritti di vari autori ispirati : Ebraismo, Cristianesimo e Islam.   Di questi tre culti, l’Islam   – e, per altri versi l’Ebraismo- hanno incorporato a fianco della dottrina ufficiale particolari tecniche di ascesi affidate, non soltanto alla accettazione totale e fideistica del cànone, ma anche a pratiche esoteriche per soli iniziati. Il Cristianesimo, invece, ha sempre rigettato qualunque forma di culto e di introspezione che non fosse quello contenuto nei quattro Vangeli e negli scritti aggiuntivi, tutti contenuti nel cosiddetto “Nuovo Testamento”, unitamente al Catechismo, che è l’insegnamento dei principî fondamentali della dottrina cattolica stilato dalla Chiesa, le cui interpretazioni sono di esclusiva competenza del sacerdote.

L’ Antico Testamento, del quale si occupa questo libro, è la storia dell’Ebraismo, raccontata principalmente dal suo più grande legislatore, Mosè, nei primi cinque libri che compongono il testo, il “Pentateuco”, considerato dagli Ebrei un tutt’uno chiamato “Torah” = Legge, e da numerosi altri scritti di Profeti e Patriarchi. Il Pentateuco è un libro in parte storico, in parte legale e comprende: il “Genesi”,esposizione dell’opera di Dio con la creazione dell’universo, della prima coppia umana e delle vicende ad essa collegate, la caduta e la condanna conseguente al peccato originale, oltre alle storie di Abramo, Isacco e Giuseppe; l’ “Esodo”, racconto dell’impresa compiuta da Mosè, postosi alla testa del popolo ebraico per condurlo alla conquista della “Terra Promessa” e la permanenza degli Israeliti nel deserto; il “Levitico” è il titolo dato dalla versione greca dei Settanta al terzo libro del Pentateuco, e compendia l’ufficio dei Leviti nel culto sacrificale dovuto a Dio nel Tabernacolo, e le leggi riguardanti la purità legale da osservare al suo cospetto, insomma, la legge dei sacerdoti; il quarto componente del Pentateuco è il libro dei “Numeri”, che abbraccia gli avvenimenti intercorsi in un periodo di circa 38 anni al Sinai, nel deserto e nella terra di Moab, intervallati da alcune serie di leggi; infine,   il   “Deuteronomio”, quinto ed ultimo libro del   Pentateuco. Non è propriamente un testo storico o legislativo, ma piuttosto di genere oratorio, in quanto contiene quattro grandi discorsi di Mosè che rievocano le leggi antiche, nucleo di tutta la religione di Israele, il patto di Alleanza fra il popolo ebraico e Dio, e si conclude con la morte del legislatore e condottiero principale dell’Ebraismo. Dopo il Pentateuco, vi sono i libri che espongono gli avvenimenti storici, le guerre di conquista, le genealogie dei re che hanno governato gli Ebrei, i libri sapienziali, le Cronache e gli scritti di vari Profeti e Patriarchi.

La descrizione fatta qui sopra per sommicapi, riporta le definizioni date dagli esegeti di parte ebraica e cristiana, che si dilungano in commenti laudativi sulla bontà di Dio, sulla grandezza della storia ebraica e la santità, degna di emulazione, dei personaggi che la animano. Dopo una attenta lettura dell’Antico Testamento, alla luce del significato esatto delle parole e degli avvenimenti descritti, io mi sono convinto del contrario, e il risultato è appunto questo libro. Ritengo l’Antico Testamento una cronistoria fedele e particolareggiata di ciò che combinarono in Palestina quelle tribù fameliche e disperate, trascinate via dall’Egitto da un capopolo convinto di eseguire la volontà di un dio di sua creazione, alla ricerca di un territorio dove stanziarsi. Ma di santo e di sacro non ho trovato nulla. Non solo, ma le stragi, le devastazioni, gli atti di crudeltà compiuti e giustificati con il presunto assenso di Dio, hanno provocato in me un senso di rigetto e di orrore verso quella etnia che ancora oggi, e con sempre maggiore virulenza, inalbera a sostegno del suo diritto di occupare la terra degli altri, le persecuzioni subite attraverso i secoli della diaspora e in special modo, durante la Seconda Guerra mondiale, il fantasma onnipresente dell’Olocausto. Il Dio dell’Antico Testamento è un dio costruito e plasmato per le necessità espansionistiche, passate presenti e future, del popolo ebraico, del quale incarna le caratteristiche psicosomatiche. E’ un dio che non conosce pietà, che non dà e non ispira amore, ma paura. Imprevedibile e capric- cioso, come la fantasia degli autori che ne hanno cantato le lodi, più per ingraziarselo che per slancio di amore, più per tacitare i rimorsi della coscienza per gli orrendi delitti compiuti, che per spontaneo émpito di affetto. Qualunque persona, che non abbia il cuore inaridito e sordo ai rigori della coscienza, non potrà mai leggere questa parte della Bibbia senza provare raccapriccio e disgusto. Soltanto le menti malate possono gioire nell’apprendere gesta sanguinarie compiute per la gloria di un Dio che non conosce misericordia.

Sono queste le prime atroci riflessioni che si affacciano alla mente dell’incauto cristiano quando, col cuore gonfio di fede, si accinge ad intraprendere la lettura organica del «Libro dei libri», visto e considerato che in Chiesa il sacerdote non legge tutti i passi della Bibbia per non essere costretto, poi, a commentarli e trovarsi in imbarazzo sul significato da dare ad affermazioni ed eventi semplicemente sconcertanti.

Resta inteso che i passi biblici trattati e commentati nel presente lavoro non comprendono la totalità dei medesimi. Sarebbe stata impresa titanica volerne compendiare la globalità in un’opera di poche pagine. Mi auguro, tuttavia, che altri con più pazienza e maggiore dottrina possano continuare la ricerca ed evidenziare ulteriori grossolanità, qui involontariamente trascurate.

Alla base del presente lavoro non si pone, comunque, il tentativo dell’autore di deridere il testo sacro per eccellenza di questi ultimi due millenni; un testo che ha avuto il potere e la forza di imprimere una svolta decisiva -non importa se positiva o negativa- alla cultura, all’arte e ai destini politici di gran parte dei popoli della terra. C’è soltanto la volontà di mettere in evidenza la rozza rimasticatura di antiche, preesistenti religioni fatta da ignoti amanuensi, sulla quale si sono accaniti i Padri della Chiesa per sfornare cervellotici significati trascendenti. Perciò questo libro è il risultato di una lettura attenta e ragionata, compiuta senza idee preconcette e libera da qualsiasi condizionamento codificato. I commenti, che accompagnano i passi salienti riportati, sono quelli ai quali perverrà qualsiasi persona di media cultura e sufficientemente autonoma nelle sue valutazioni, quando deciderà di voler capire finalmente qualcosa delle “Sacre Scritture”.

E, soprattutto, c’è il rigetto totale di un dio antropomorfizzato, che passeggia per i campi, mangia assieme agli uomini, sempre in preda all’ira come un qualunque esagitato essere vivente , e ordina stragi, devastazioni e turpitudini nei confronti di innocenti suoi figli. Un dio partorito dalla mente contorta di uomini dediti alla violenza e alla sopraffazione. Un dio che non potrà mai essere il mio Dio.

Oscar Aldo Marino

gennaio 2002

CAPITOLO I°

IL DIO DEGLI EBREI

La Bibbia è la raccolta di quegli scritti ritenuti sacri sia dagli Ebrei che dai Cristiani. Si tratta complessivamente di settantadue libri, che non furono tutti scritti dallo stesso autore, e neppure nel medesimo periodo, ma la cui figura dominante, il motore agente di ogni azione, di ogni etica, di ogni organizzazione sociale, è Dio. Le due parti principali che formano il complesso della Bibbia sono l’Antico e il Nuovo Testamento. Nell’Antico sono raccolte -e non tutti- gli scritti che trattano della creazione del mondo e della storia del popolo ebreo, ivi compresi i testi sapienziali, i libri dei Profeti, le Cronache, i libri dei Re, le Leggi, le usanze, le modalità dei riti, insomma tutto quanto attiene alla cultura ebraica. Il Nuovo Testamento comincia con i quattro Vangeli canonici e prosegue con gli Atti degli Apostoli, le Lettere di San Paolo, di San Giacomo, di San Pietro, di San Giovanni e di San Giuda fino all’Apocalisse, e riguarda la vita, la predicazione e tutto l’operato di Gesù e dei suoi seguaci, fino alla crocifissione.

Perché le Sacre Scritture vengono anche chiamate con i nomi di Antico e Nuovo Testamento? Perché nella versione greca dell’Antico Testa- mento, realizzata dai cosiddetti Settanta, il vocabolo ebraico “berith” che significa “alleanza, patto” (intendendo con ciò i libri che trattano dell’alleanza di Dio con il popolo ebraico) venne tradotto con il termine greco “diathéke”, che significa secondariamente anche “disposizione testamentaria”, per cui nella successiva traduzione latina il vocabolo venne reso con quello di “testamentum”.

Cominciamo, allora, ad esaminare con molta attenzione l’Antico Testamento, suddividendo per argomenti la lettura critica del testo per dare organicità alla comprensione. Il Dio degli Ebrei, quindi, presentato così come appare e si evidenzia nel suo agire descritto dai vari libri componenti la prima parte -quella ebraica- delle Sacre Scritture. Secondo la tradizione ebraica Dio non è l’ “Essere”, ma il   “go-el”, cioè il “vendicatore delle ingiustizie dell’Essere”.

Questo lavoro prende le mosse dal primo fatto di sangue che compare nella Sacra Scrittura : quello di Caino nei confronti di suo fratello Abele. E’ il primo dei tanti episodi che infondono perplessità ed interrogativi nell’animo del lettore attento. Vediamo, dunque, di che si tratta:

  • Genesi IV, 2 e seguenti = Abele fu pastore di greggi e Caino agricoltore. Dopo qualche tempo Caino fece al Signore un’ offerta dei frutti della terra, e Abele pure offrì dei primogeniti dei suoi greggi e dei più grassi. Or il Signore gradì Abele e ciò che gli offriva; ma non riguardò a Caino né alla sua scadente offerta. Caino allora andò su tutte le furie e la sua faccia si sconvolse…

Come andò a finire, lo sappiamo; quello che invece non sa la maggior parte dei lettori è la manipolazione di alcuni termini del racconto, operata nelle edizioni più recenti, al fine di convincere i cristiani che Dio non gradì le offerte di Caino perché erano gli scarti dei prodotti della terra. Se si consulta una vecchia edizione della Bibbia, l’episodio sopradescritto è menzionato diversamente. Là dove si dice che «Abele pure offrì dei primogeniti dei suoi greggi e ‹‹ dei più grassi ›› , ponendo in evidenza il fatto che Abele scelse il meglio per il Signore, la frase era invece «Ed Abele offerse anch’esso de’ primogeniti delle sue pecore e ‹‹ del grasso di esse ›› ; là dove oggi si legge «ma non riguardò a Caino, né alla sua ‹‹ scadente offerta ›› a giustificare il disprezzo di Dio per Caino, la frase originaria era : ‹‹ ma non riguardò a Caino, né alla sua offerta. ››.

E’ chiaro a questo punto che l’ avversione di Dio per Caino fu del tutto gratuita e per nulla conseguente alla qualità dell’offerta. Perciò non degna di un Dio misericordioso e giusto nei confronti delle sue creature. Caino era agricoltore, e come tale poteva necessariamente offrire al Signore ciò che produceva col suo lavoro. Certamente, un cesto di frutti vale sempre meno di alcuni agnelli. Ma allora Dio valutò l’entità del dono e non la spontaneità del gesto! Caino uccise il fratello, e senza dubbio fece male, ma diamogli almeno l’attenuante della grave, anzi gravissima provocazione, appunto perché veniva da Dio. E che dire del fatto che oggigiorno nelle Messe vengono portati al sacerdote officiante cesti di frutta? Si vuole, forse, riabilitare Caino in nome del moderno andazzo liturgico?   Non mi meraviglierei, vedendo il Papa chiedere scusa un po’ a tutti per le colpe della Chiesa, (compiute in nome di Dio, e quindi anche di Dio!). Tutto è possibile da parte della Chiesa proteiforme. E allora ci chiediamo: chi era il Dio degli Ebrei? Lo vedremo nel prosieguo di quest’opera.

Un fatto da tenere costantemente presente è che il Dio degli Ebrei si dichiara geloso.

  • Esodo XXXIV, 14 = (il Signore disse a Mosè) «Tu non devi adorare altro Dio, perché  ‹‹  geloso ›› è il nome del  Signore : egli  è un Dio geloso.»
  • Deuteronomio VI,14= «Non seguite altri déi, quegli déi che sono adorati dai popoli che vi circondano, perché il Signore, Iddio tuo, che sta in mezzo a te, è un Dio geloso».
  • Giudici X,13 = «Ma voi, nonostante questo, mi avete ab- bandonato per servire a divinità straniere ! No, non vi libererò più ! Andate ad invocare gli déi che vi siete scelti ! «

Quindi, Dio ammette implicitamente l’esistenza di altri déi; non dice che sono falsi o inesistenti, vuole che gli Israeliti adorino solo lui. Infatti, in Deuteronomio VI,14 egli chiude il suo ammonimento dicendo di essere «un» Dio, e non «il» Dio. Perciò «uno fra tanti altri».   E lo scatto di rabbia in Giudici X,13 sembra la ripicca astiosa di un innamorato deluso dalla sua donna, il cui significato è: «No,non voglio saperne più nulla di te! Vattene dal tuo nuovo innamorato!» Molto edificante, per un Dio!!

Cerchiamo di analizzare adesso la figura di Dio, così come ce la presenta l’Antico Testamento. Ci accorgiamo subito che furono quei rozzi e primitivi individui, rotti a tutte le asprezze della vita di quel tempo, a conformare a loro immagine e somiglianza il Dio che avrebbero adorato e tradito, amato e vilipeso, invocato al momento del bisogno e trascurato quando gli conveniva. Nelle Scritture ebraiche Dio ha tutte le connotazioni di un vecchio astioso patriarca, dal cuore duro e preda di risentimenti, ripicche e vendette, proprie di quei tempi difficili e, soprattutto, di genti diverse costrette al nomadismo e perciò stesso prive di disciplina e coesione. Gli Ebrei istituirono innanzitutto una diarchia: da un lato Dio e dall’altro Satana, separati da una linea di demarcazione talmente labile e sfumata, tale da consentire l’intercambiabilità delle funzioni attribuite ai due esponenti del loro credo religioso. Nel Cristianesimo, se non altro, le due figure stanno in netta antitesi.

Concepito in tal modo dagli Ebrei, oltre che «geloso», come abbiamo visto sopra, DIO E’ MALVAGIO, DI UNA CATTIVERIA  SPESSO GRATUITA.

A pagina 5 di quest’opera ho posto l’accento sul primo gesto gratuito di cattiveria da parte del Signore, quando umiliò Caino respingendo le sue offerte e preferendo quelle di Abele, in tal modo istigandolo a compiere il primo omicidio della storia. E abbiamo visto anche come la Chiesa Cattolica abbia manomesso il testo originario, aggiungendo arbitrariamente nel testo che le offerte di Caino erano scadenti, mentre gli agnelli di Abele erano dei più grassi. Tentativo puerile per nascondere la partigianeria di Dio e giustificare il suo risentimento e la vendetta contro il fratricida. Proseguiamo, perciò, nella lettura della Bibbia, soffermandoci alquanto sui casi più clamorosi e macroscopici di cattiveria divina che si presentano alla nostra attenzione. Naturalmente non pretendo di descriverli e commentarli tutti, sarebbe una fatica al di sopra delle mie forze. Confido però nella curiosità del lettore, affinchè voglia, spinto dalla lettura di questo lavoro, andare a vedere con i suoi occhi quanti e quali ce ne siano ancora.

  • Genesi VI,7 = «Il Signore vedendo che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, si pentì di avere fatto l’uomo, tanto che  disse:  Sterminerò dalla faccia della terra l’uomo da me formato: uomini e animali, rettili e uccelli dell’aria, tutto sterminerò, poiché mi pento di averli fatti».

E qui i casi sono due : o Dio fece l’uomo a Sua immagine e somiglianza, e quindi lo fece come Sé stesso; oppure non gli riuscì di farlo bene, e lo sbaglio resta suo. E poi, via ! Un Dio che si pente, che Dio è ? Bello anche quel «tanto che disse». A chi lo disse per poterlo riferire? Avrà fatto una conferenza-stampa ? E soprattutto: gli animali che c’entravano ? Perché sterminare gli animali se la malvagità era degli uomini ? Se ci fossero stati gli animalisti, in quel tempo, avremmo avuto la prima contestazione della storia a favore delle bestie!

Questo è il primo caso di vendetta divina contro gli innocenti che riscontriamo nella bibbia; quelli che troveremo appresso saranno ancora più atroci.

  • Genesi IX, 2 = Iddio benedì Noè e i suoi  figli  (erano rien- trati dal diluvio  universale) e disse loro : Siate fecondi, moltipli- catevi  e riempite la terra, e INCUTETE PAURA E TERRORE A TUTTI GLI ANIMALI DELLA TERRA».

Dov’è il Dio misericordioso e buono ? Dopo avere distrutto col Diluvio ogni forma di vita sulla terra, istiga Noè e i suoi discendenti a incutere paura e terrore agli animali sopravvissuti ! E’ credibile ?

  • Genesi XII, 10 e seguenti =  Abramo  si  era  recato in Egitto assieme alla moglie Sara. Mentre stava per enrare in quel paese disse alla moglie: «Senti, io so che tu sei una donna di bello aspetto. Or, avverrà che gli Egiziani, appena ti avranno vista, diranno: quella è sua moglie! Ed io sarò ucciso, mentre tu sarai salva. Di’, te ne prego, che tu sei mia sorella, affinchè io riceva del bene in grazia tua, e mi sia salva  la  vita  per  tuo riguardo.» Difatti, quando Abramo fu giunto in Egitto, osservarono gli Egiziani che quella donna era molto bella; e i principi di Faraone, avendola veduta, ne fecero gli elogi al Faraone, onde la donna fu presa e condotta nel suo palazzo. Ed egli, in grazia di lei, fece del bene ad Abramo, il quale ricevette pecore e buoi e asini e serve e servi e cammelli. Ma il Signore COLPI’ CON GRANDI PIAGHE FARAONE E LA SUA CASA, per il fatto di Sarai, moglie di Abramo. Allora Faraone chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa mi hai  fatto?  Perché non  hai detto che era tua moglie ?  Come mai hai detto: è mia sorella, per cui io l’ho presa in moglie ? Ecco dunque tua moglie: prendila e vattene.» E Faraone avendo dato ordini ai suoi uomini di scortare Abramo, ricondussero alla frontiera lui, la moglie e tutto quello che aveva.»

In questo episodio notiamo: la turpe morale di Abramo, che per il suo tornaconto lascia prostituire la moglie; la puttanesca acquiescenza di Sara nell’avere accettato l’indecente baratto propostole dal marito; la malvagità e l’incongruenza del Dio ebraico che, invece di punire la spregiudicata coppia per aver architettato e messo in opera l’infame mercato, punisce il Faraone che non aveva colpa alcuna, avendo preso in moglie una donna che credeva libera da legami matrimoniali ; ed infine, la magnanimità del Faraone stesso che, invece di far gettare in carcere l’Ebreo con la moglie, che lo avevano turlupinato espo- nendolo alla furia dell’irascibile dio ebraico, lascia ad Abramo tutte le ricchezze che gli aveva donato credendolo suo cognato, gli riconsegna la moglie e li fa scortare fino alla frontiera per evitare che altri Egiziani potessero infastidirli.

Questo episodio che, almeno fino al punto in cui Faraone se la spassa con la moglie di Abramo, sembra una stuzzicante novella del «Decamerone» di messer Giovanni Boccaccio, ci consente di trarre una morale niente affatto edificante. Ci conferma, semmai, che il Dio degli Ebrei era sempre disposto a perdonare il lenocidio, la prostituzione, il raggiro e la truffa, scaricando naturalmente la sua collera sugli innocenti, purchè si fosse fedeli e ubbidienti ai suoi voleri. E Abramo lo era, e come! Sentite che po’ po’ di insegnamento viene elargito nell’episodio che segue:

  • Genesi XXII, 1 e seguenti = Iddio volle mettere alla prova Abramo, lo chiamò e gli disse: «Orsù, prendi il tuo figlio, l’unico che hai e che tanto ami, Isacco, e va’ nella regione di Moria, e lì offrilo in olocausto sopra quel monte che io mostrerò».

E Abramo senza fiatare, senza provare alcun sentimento di dolore paterno verso l’amato e unico figlio, si appresta serenamente a compiere l’infame sacrificio; solo che, quando ha già alzato il coltello per scannare il povero ignaro Isacco, viene fermato da un angelo che gli comunica di sospendere l’esecuzione, perché il Signore ha gradito abbastanza la sua ubbidienza. Io sono certo che fra le centinaia di milioni di sedicenti cristiani non ce ne sia uno solo capace di compiere un delitto simile a quello richiesto ad Abramo; e se per caso ce ne fosse uno, sarebbe quello un individuo talmente imbestiato da non essere degno della qualifica di «uomo». Immaginate per un po’ che vostro figlio legga questo fatterello nella Bibbia che tenete in casa (perché voi, in casa, la Bibbia ce l’avete, non è vero? Ma…l’avete mai sfogliata?) e vi chieda : «Papà, mamma, voi mi uccidereste se Dio ve lo ordinasse?»     Al che voi rispondereste: « No, bambino mio! » E il piccolo, di rincalzo: «Ma allora voi non amate Dio!» E voi: «Lo amo, certamente, ma non gli ubbidirei!» Vi ingolfereste in tal modo in una discussione antipatica, dalla quale non sapreste come uscirne.

Dio, come ritiene ogni persona normale che ha un sano concetto della divinità, non può aver bisogno di mettere alla prova l’uomo, perché si trova già nel cuore dell’uomo, anche se quest’ultimo non ne ha sentore. Una prova simile a quella richiesta ad Abramo provoca un’afflizione terribile nel cuore di un padre o di una madre, e Dio non potrebbe mai e poi mai richiederla a un essere vivente da Lui stesso creato. Significherebbe umiliare il senso del divino che c’è in ogni genitore, perché la maternità o la paternità sono già di per sé stessi un miracolo divino.

Il fatto è che la storia di Abramo e di Isacco appartiene alla sottocultura di uomini rozzi e primitivi, costretti a lottare per sopravvivere in una terra desolata e aspra, contesa palmo a palmo alle genti che da tempo immemorabile vi erano stanziati e pacificamente vivevano, fino a quando non giunsero le orde in fuga da altri paesi in cerca di un territorio da occupare. Gli Ebrei, appunto. Uomini per i quali il numero dei figli era potenza e sicurezza, per cui non c’era posto per sentimenti d’amore paterno e filiale, essendo tutti indistintamente occupati a guerreggiare e a scannarsi l’un l’altro per una pecora o per il possesso di un pozzo, col beneplacito di Dio, come si desume dalla lettura attenta della Bibbia.

  • Esodo XXXII, 27 e seguenti = Ed egli  (Mosè) ordinò loro: «Ha detto il Signore, Iddio di Israele: Ciascuno di voi metta la spada al fianco: andate  in  giro  pel  campo, da  una parte all’al- tra, e ognuno UCCIDA IL FRATELLO, L’AMICO, IL PARENTE».  Allora i figli di Levi fecero  secondo  la parola di Mosè; e in quel giorno perirono fra  il  popolo  circa  tremila  uomini.  Poi Mosè disse: «Oggi voi siete stati consacrati al servizio del Signore…perciò egli  vi dona  la  benedizione».

Commentiamo questo episodio. Che cosa avevano fatto gli Ebrei per suscitare la collera di Dio ?   Mosè era salito sul Monte Sinai per farsi dare da Dio la prima edizione delle Tavole della Legge. Il popolo, vedendo che Mosè tardava a ritornare e credendo di essere stato abbandonato, chiese ad Aronne, fratello di Mosè e suo sostituto, un dio, cioè una guida spirituale per proseguire il cammino: Fu Aronne che si fece consegnare tutti gli oggetti d’oro reperibili fra la gente della tribù;   fu lui a fonderli e plasmare la statua del   Vitello d’Oro, simbolo del nuovo Dio; fu lui ad innalzare un altare davanti a quella statua, invitando il popolo ad offrire olocausti e sacrifici di ringrazia- mento, dopo di che permise a tutti di gozzovigliare con canti, danze e cibo in abbondanza. Voi pensate che Dio se la prese con Aronne ?

Ma niente affatto! Come al solito, ad essere puniti furono quei poveri disgraziati che, innocentemente, si erano rivolti ad Aronne per avere un supporto spirituale a sollievo delle loro fatiche. E Aronne fu punito ? Macchè! La Bibbia non ne fa parola; forse (proprio come succede al giorno d’oggi quando un raccomandato di ferro commette qualcosa di illecito) ebbe un avanzamento di grado! E così tremila straccioni sprovveduti e ignoranti pagarono con la vita gli errori di un altro, in forza di quella «giustizia divina» contemplata nella Bibbia, che ci viene indicata quale modello da seguire. E mi sovviene un vecchio proverbio siciliano   (ah, saggezza degli antichi!…) che dice testualmente : «Juta ‘u jutatu; ‘u pòviru è ‘bbituatu. Ô riccu, rricchizza; ô pòviru ‘ruppi ‘i pizza!». Ovvero, sempre restando nell’ambito della saggezza popolare: «Scappa ‘u citrolu e và ‘n culu all’ortulanu».

Con la sua potenza Dio avrebbe potuto fulminare Aronne, vero e solo responsabile della grave empietà, anzi lo avrebbe dovuto, senz’altro. E invece, no: spinse i suoi fedeli all’omicidio e alla vendetta e li benedisse per il sangue fraterno versato. Ora si spiega perché nei casi di guerra civile i farabutti e gli assassini non vengono mai puniti, ma anzi vengono premiati con medaglie d’oro, seggi in Parlamento e lauti vitalizi!… Lapidaria, poi, l’affermazione di Mosè: Oggi voi siete stati consacrati al servizio del Signore. Stava a significare che la «consacrazione» a tale divino servizio li rendeva disponibili e immuni da peccato per qualunque sanguinaria scelleratezza avessero in seguito compiuta, comandata, s’intende, da Dio. In altre parole, come James Bond, con «licenza di uccidere».

Per quanto riguarda le stragi operate su animali indifesi, ecco un florilegio dei passi più significativi del Levitico, il libro che prevede e regola le modalità di sacrifici e riti, così come Dio dispose parlando con Mosè:

  • Levitico I, 5 = I sacerdoti, figli di Aronne, offriranno il sangue e lo spargeranno intorno all’altare.
  • Levitico I, 14 = Se la sua offerta al Signore consiste in olocausto di uccelli, offra delle tortore e dei colombi. Il sacerdote presenterà il volatile all’altare, e stringendogli il collo, gli staccherà il capo, che brucerà sull’altare, poi ne sprema sulla parete dell’altare il sangue.
  • Levitico III, 12 = Se la sua offerta è una capra, la presenti dinanzi al Signore: le posi la mano sulla testa e la sgozzi all’ingresso del Tabernacolo di convegno e i figli di Aronne ne spargano il sangue tutto intorno sui lati dell’altare.
  • Levitico IV, 3 e seguenti = Se chi ha peccato è il sacerdote consacrato, per cui anche il popolo è reso colpevole, offrirà al Signore per la colpa commessa, un giovenco senza difetto, in espiazione del peccato. Condurrà il giovenco alla porta del Tabernacolo di convegno davanti al Signore. Il Grande Sacerdote consacrato prenderà del sangue del giovenco e lo porterà dentro al Tabernacolo; intingerà il dito nel sangue e ne aspergerà per sette volte innanzi al Signore…e tutto il resto del sangue del giovenco lo spargerà alla base dell’altare degli olocausti.

Naturalmente, gli esempi sopracitati sono una piccola parte di quelli contenuti in tutto il Levitico, al quale potrà ricorrere chi volesse avere il quadro completo dei sacrifici da compiere per l’espiazione di ogni forma di peccato. Si accorgerà quanto sangue di animali innocenti bisognava spargere per saziare la libidine emofila del Dio ebraico, assetato più del Conte Dracula. Di notevole importanza è il principio giuridico che sancisce la colpevolezza di tutto il popolo per i peccati commessi dal sacerdote (Levitico IV, 3), e si ha un’ulteriore conferma che a pagare sono stati sempre gli esseri innocenti e indifesi.

Fra gli animali da offrire in olocausto a Dio per i peccati commessi dagli uomini, non v’è cenno alcuno di aquile, sparvieri, falchi, avvoltoi e belve varie, che certamente non mancavano in quel tempo in Palestina; animali che, ovviamente, non si lasciavano pacificamente catturare, e quindi dissenzienti a farsi immolare senza reagire. E Dio, con sottile sionistica ipocrisia, conoscendo le difficoltà e soprattutto i pericoli cui sarebbero andati incontro i suoi figli prediletti se avesse chiesto loro sacrifici di animali feroci, prescrive soltanto la proibizione di mangiarli. E’ chiaro che se è peccato mangiare aquile, sparvieri, avvoltoi, falchi e bestie simili, è altrettanto peccato offrirli in olocausto a Dio. Non vi pare ? Insomma, gli animali graditi al Signore, guarda caso, erano proprio quelli che piacevano agli uomini. Da ciò mi convinco sempre di più che il Dio ebraico, così come è caratterizzato nell’Antico Testamento, sia stato concepito da Mosè e dai suoi epigoni, ad immagine e somiglianza di quegli indocili, duri e sanguinari nomadi che vagavano per le terre assolate ed aspre della Palestina, odiati e temuti dagli altri popoli per la loro crudeltà e per la loro sete di conquista. Peculiarità, queste, rimaste immutate fino ad oggi: basta guardare al Medio Oriente, dove la presenza degli Ebrei mantiene vivo un focolaio di guerre, aggressioni, stragi e soprusi.

Il collerico Dio degli Ebrei andava su tutte le furie anche per semplici mormorii di disapprovazione:

  • Numeri XI, 1 = Ma il popolo si mise a mormorare con amari lamenti agli orecchi del Signore; or, egli udì e l’ira sua si accese tanto che il fuoco del Signore divampò sul popolo e divorò l’estremità dell’accampamento. Allora il popolo ricorse con grida a Mosè, il quale pregò il Signore e il fuoco si spense.

Anche allora con una buona raccomandazione si otteneva tutto. E Dio mandò la manna.   Ma il popolo, si sa, non è mai contento, in special modo quando ottiene gratuitamente qualche beneficio: se gli date un dito, pretende tutta la mano, e ricominciò a lamentarsi, rimpiangendo il pesce, che in Egitto costava poco, i cocomeri, i porri, le cipolle, gli agli e tutte le altre cose buone che avevano dovuto lasciare partendo da quel paese.   E la protesta fu condivisa dallo stesso Mosè, che così disse a Dio :

  • Numeri XI, 12 = «Perché hai agito così male verso il tuo servo ? E perché non ho trovato grazia presso di te, che tu mi abbia messo addosso tutto il peso di questo popolo ? L’ho forse ge nerato io, perché tu mi dica: Portalo in collo, come una balia porta un bambino lattante, fino al paese che hai giurato ai loro padri ?»

E qui Mosè aveva ragione, che diamine! Ognuno si prenda le sue responsabilità, questo era il succo della sua protesta. E bisogna con- venire che Dio gli dette ragione, perché al posto della manna mandò giù una pioggia di quaglie. Di quaglie, sissignore. Quelli volevano mangiare carne e Dio non trovò di meglio che ricorrere ai soliti piccoli animali inermi, catturabili senza pericolo alcuno. Oh, come avrebbero gradito mettere sotto i denti un cosciotto di cinghiale rosolato alla brace! Ma si dà il caso che il cinghiale sia un animale intrattabile, alieno da qualsiasi forma di collaborazione con Dio per il sostentamento di pellegrini affamati, e il Signore sapendo ciò non gli volle dare la confidenza di chiedergli se sarebbe stato disposto ad assecondare i suoi piani. Meglio così per gli Ebrei. Ve l’immaginate la scena di migliaia di cinghiali incazzati, che caricano a testa bassa quella turba di straccioni, azzannando a destra e a manca per non farsi catturare ? Il fuggi fuggi generale si sarebbe concluso in Egitto, dove quella povera gente avrebbe finalmente riassaporato pesci, cipolle, agli e cocomeri. Comunque, la cosa non finì lì, perché Dio -e la Bibbia ci spiega il perché- mentre quelli mangiavano

  • Numeri XI, 33 = …avevano ancora la carne fra i denti, e non era finita, quando l’ira del Signore si accese contro il popolo con una piaga grandissima. Tanto che quel luogo fu chiamato «Sepolcri dell’ingordigia», perché lì furono sepolti quelli del popolo che l’ingordigia aveva travolti».

Insomma, il Signore volle punire quella gente per l’ingordigia che egli stesso aveva favorito mandando giù un numero grandissimo di quaglie. Perché non gliele aveva razionato ? Perché ne aveva spedito tante da far creare distese di quaglie tutt’intorno al campo ?

  • Numeri XXV, 16 = Poi il Signore parlò a Mosè e disse :«Fate guerra ai Madianiti e MASSACRATELI».

Proprio così : MASSACRATELI!   Si trattava di gente tranquilla che stava a casa sua senza rompere le scatole a nessuno, e mai sospettando di essere aggredita da un momento all’altro da un’orda di pezzenti assetati di sangue, venuti da chissà dove. E Mosè, ubbidiente, manda dodicimila israeliani a compiere il massacro ordinato da Dio, e dopo rimprovera aspramente i capi di quella spedizione punitiva quando, al loro ritorno, apprende che dopo l’uccisione di tutti i maschi di quel popolo sono state lasciate in vita le femmine. Allora :

  • Numeri XXXI, 17 = Mosè  ordinò:  «Or  dunque,  uccidete tutti i bambini maschi e tutte le donne che hanno  avuto  rapporti intimi con un uomo. Invece le fanciulle vergini, che  non  hanno ancora conosciuto un uomo, serbatele in vita per voi».

Non male come progetto di «pulizia etnica»! Era un reato di sterminio politico del genere di quello che i discendenti di Mosè condannarono, imputandolo ad altri, nel processo di Norimberga.

Poi, ancora non contento, Mosè rincara la dose convocando tutto il popolo e dicendo che il Signore gli ha ordinato:

  • Deuteronomio VII, 16 = «DISTRUGGI dunque TUTTI I POPOLI che il Signore, Iddio tuo, METTE IN TUA BALIA, non si impietosisca l’occhio tuo su di loro».

E aggiunge, per qualcuno che ancora non avesse capito :

  • Deuteronomio VII, 24 = Egli (il Signore) ti darà nelle mani i loro re, e tu farai perire i loro nomi di sotto al cielo: nessuno potrà starti a fronte, finchè tu non li abbia distrutti».

Il significato di «fare perire i nomi di sotto al cielo» è inequivocabile. Vuol dire che, dopo averli massacrati, bisognava sporcare la loro memoria per mezzo di accuse criminali inventate, creando precedenti legali e punire chi li avesse ricordati con rimpianto e rispetto. In altre parole, una specie di Legge Scelba «ante litteram». Ecco da dove sono scaturite le basi ideologiche dell’antifascismo! Sono trascorsi decine e decine di secoli, ma la tecnica è sempre quella!

Si deduce, perciò, che ogni concetto di pietà per i vinti, ogni principio di carità e di perdono è completamente bandito dalla morale ebraica. C’è, negli ordini che Dio dà a Mosè e per esso a tutto il popolo di Israele, una volontà di sterminio, una intolleranza esasperatamente razziale, che ancora oggi informa il comportamento degli Ebrei nei confronti dei popoli palestinesi che li circondano. Ma la volontà di sterminio non finisce qui.   Ecco cosa suggerisce il Signore al suo «popolo eletto» quando quest’ ultimo conquista una città :

  • Deuteronomio XX, 13 = «Il Signore, Iddio tuo, te la darà nelle mani e allora METTI A  FIL  DI  SPADA  TUTTI  I MASCHI ; ma le donne, i bambini, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto quanto il suo bottino, portalo via con te e goditi del bottino dei tuoi nemici, che il Signore, Iddio tuo, ti avrà dato.»
  • Deuteronomio XX, 16 = «Nelle città di questi popoli NON CI LASCERAI ANIMA VIVA».

E per evitare che il «popolo eletto» prenda sottogamba tali ordini perentori, giungono puntualmente le minacce di ritorsione divina :

  • Deuteronomio XXVIII, 15 = «Ma se tu non ubbidisci alla voce del Signore, non curandoti di mettere in pratica TUTTI I SUOI COMANDAMENTI e tutte le sue leggi che oggi io ti do, tutte le seguenti maledizioni cadranno su di te e ti raggiun- geranno. Tu sarai MALEDETTO in città e MALEDETTO nei campi. MALEDETTO sarà il tuo paniere e la tua madìa. MALEDETTO SARA’ IL FRUTTO DEL TUO VENTRE e il frutto della tua terra…sarai MALEDETTO QUANDO ENTRI E QUANDO ESCI…»

Segue una lunghissima sfilza di maledizioni, di malattie: ulcera, peste, carbonchio, tumori, e così via, dal versetto 16 al versetto 46, che qui non elenco perché troppo lungo. Da quell’elenco di affettuose…atten- zioni mancano soltanto i forni crematori e le camere a gas, che ancora non erano stati inventati. Il Signore, poi, ordina a Giosuè (successore di Mosè) di muovere guerra alla città di Ai e di comportarsi secondo le disposizioni ricevute :

  • Giosuè VIII, 24 =    Quando ebbero terminato di uccidere gli abitanti di Ai a colpi di spada, per la campagna e nel deserto dove li avevano inseguiti, tutti gli Israeliti si rivolsero contro la città e quella pure FU PASSATA A FIL DI SPADA. Il numero delle vittime di Ai, tra uomini e donne, salì quel  giorno a  12 MILA PERSONE. Giosuè non abbassò la mano che teneva alto il giavellotto, fino a che non furono TOTALMENTE STERMI- NATI TUTTI GLI UOMINI di Ai.

Un episodio in cui Dio si comporta come un antesignano di Maramaldo è quello intitolato nella Bibbia   delle Edizioni Paoline -Roma 1964- a cura di Monsignor Raffaele Macario, Vescovo supplente della città di Albano, «Splendida vittoria di Giosuè sui cinque re». Perché mai quella vittoria abbia meritato l’appellativo di «splendida» lo capirete fra poco. Giosuè si era mosso col suo esercito israelita contro i cinque re degli Amorrei. Il Signore gli aveva assicurato:

  • Giosuè X, 8 = «Non temere questi nemici: io li darò in tuo potere senza che alcuno di essi possa resistere dinanzi a te».

Con una raccomandazione simile, sfido io che Giosuè dormiva fra due guanciali! Era come andare a caccia di lumache. E infatti, successe che:

  • Giosuè X, 10 = Il Signore intanto diffuse tra quelli (gli Amorrei) un tale terrore dinanzi agli Israeliti, che li poterono sbaragliare con grande strage presso Gabaon, poi li inseguirono verso la discesa di Bet-Oron e li batterono fino ad Azèca e a Makkeda. Mentre quelli fuggivano dinanzi ad Israele ed erano giunti alla discesa di Bet-Oron, il Signore fece cadere su di loro dal cielo una fitta grandine di eccezionale grandezza fino ad Azèca, di modo che ne MORIRONO ASSAI PIU’ A CAUSA DELLA GRANDINE CHE NON PER LA SPADA DI ISRAELE.

Fu allora che Giosuè fermò il sole, cioè pregò il Signore perché fermasse il sole per consentire la strage totale dei nemici, evitando così che, col favore delle tenebre, qualcuno potesse sfuggire agli attacchi aereo-terrestri delle forze concentrate dell’Asse Dio-Israele.

Una vittoria, come vedete, che di «splendido» non ha proprio niente, e che io avrei intitolato: «Il Signore si accanisce vigliaccamente sui vinti e ne fa strage senza misericordia». Quest’episodio di particolare efferatezza, come del resto tanti altri dello stesso genere, non viene mai citato nelle Messe, nei riti e nelle varie funzioni religiose officiate dai preti, perché dopo una lettura di questo tipo, mi sapete dire con quale faccia il sacerdote potrebbe rivolgersi al suo «gregge» suggerendogli la raccomandazione evangelica di «amare i nemici più degli amici» ? La splendida vittoria di Giosuè ebbe un seguito.

I cinque re degli Amorrei che si erano salvati con la fuga, furono catturati e torturati. Poi Giosuè li fece condurre al suo cospetto e :

  • Giosuè X, 24 = Avutili dinanzi a sé, Giosuè convocò tutti gli uomini di Israele e disse ai capitani dell’esercito, che l’avevano seguito : «Venite a mettere i vostri piedi sul collo di questi re». Allorchè essi ebbero eseguito l’ordine, Giosuè soggiunse: «Non temete, né perdetevi d’animo, ma siate forti e coraggiosi, così farà il Signore con tutti i vostri nemici, contro cui dovrete combattere». Quindi Giosuè, dopo averli TRAFITTI E UCCISI, LI FECE SOSPENDERE SU CINQUE PALI, DOVE STETTERO PENZOLONI FINO A SERA. AL TRAMONTO DEL  SOLE, PER ORDINE DI  GIOSUE’,  FURONO  DEPOSTI DAI  PALI E GETTATI NELLA CAVERNA DOVE PRIMA SI ERANO RIFUGIATI, poi al suo ingresso furono poste grosse pietre, che vi rimangono anche al presente.

Soffermiamoci, adesso, a riflettere sulle parole che Giosuè rivolge ai capitani del suo esercito: «Non temete, né perdetevi d’animo, ma siate forti e coraggiosi». Ebbene, che motivo c’era di temere, sapendo che il Signore aveva predisposto tutto per consentire agli Israeliti di scannare i nemici a man salva ? Dov’era il pericolo di una strenua resistenza da parte degli Amorrei ? A quelle condizioni si può parlare di coraggio ? Il Vescovo Monsignor Raffaele Macario è certamente convinto di sì. Le parole di Giosuè ai capitani del suo esercito mi inducono a credere che in quel momento, nell’animo di quei rudi uomini, si fosse manifestato un barlume di pietà verso quei poveri vinti e umiliati nemici, stante anche la strage compiuta sui loro armati, e Giosuè che se ne era accorto, credette opportuno cancellare dubbi e tentennamenti ricordando che in tal modo voleva il Signore.  E senza dubbio Dio dal cielo gongolò di sadico compiacimento.

Ma Giosuè si era assunto il compito di annientare fino all’ultimo uomo i suoi nemici lavorando a tempo pieno. Non gli bastava una sola vittoria e mise in pratica il detto che non ci si deve accontentare di poco quando si può avere tutto. E difatti:

  • Giosuè X, 28 = Anche Makkeda, in quello stesso giorno, fu conquistata da Giosuè, che la FECE PASSARE A FIL DI SPA- DA, VOTANDO ALLO STERMINIO IL RE E GLI ABITANTI, SENZA RISPARMIARVI PERSONA.
  • Giosuè X, 30 = Il Signore diede in mano di Israele anche la città di Lebna col suo re, e FU PASSATA A FIL  DI  SPADA CON TUTTI GLI ABITANTI,   SENZA RISPARMIARNE NEPPURE UNO.
  • Giosuè X, 32 = Il Signore consegnò pure la città di Lachis in potere di Israele, che la potè occupare al secondo giorno, e PAS- SO’ A FIL DI SPADA TUTTI GLI ABITANTI, come aveva fatto con Lebna.

A questo punto l’eventuale lettore del presente lavoro si stropiccerà gli occhi, chiedendosi se sta leggendo episodi contemplati nella Sacra Bibbia, oppure la cronaca giornalistica di uno dei tanti massacri che avvengono con una certa frequenza nel mondo e che caratterizzano l’epoca aurea di pace instaurata dagli Alleati dopo aver vinto la Seconda Guerra mondiale. Rassicùrati, caro lettore: stai leggendo la Sacra Scrittura, quel libro santo che ogni famiglia deve possedere perché sia di insegnamento alla propria prole! Tu non ne sapevi nulla, e ti credo! Da buon cattolico non hai mai aperto la Bibbia…però sei sempre andato in chiesa per sentirti dire dal prete che bisogna amare i nemici ed essere buoni per onorare Dio.

Insomma, per evitare di trascrivere qui tutto l’Antico Testamento, elencherò i re e le città su cui quel prediletto da Dio potè sfogare la sua libidine di sangue :

Oram, re di Gazer, con tutto il suo popolo; la città di Eglon; la città di Ebron, col re e tutti gli abitanti; la città di Dabir, col re e tutti i villaggi circostanti; da Gades-Barne fino a Gaza, come pure in tutto il paese di Gosen, fino a Gabaon, Giosuè condannò all’interdetto OGNI VIVENTE, SENZA LASCIARE ALCUN SUPERSTITE, secondo il comando del Signore (Giosuè X, 40).

E non finisce qui. Il lettore di queste pagine è pregato di leggersi, tutti interi, i capitoli XI e XII del libro di Giosuè e ne apprenderà delle belle. Molto significativo, anche, il commento del curatore della Bibbia – Edizioni Paoline del 1964, che sto usando per l’estensione di questo lavoro; commento posto al principio del libro di Giosuè:

«L’autorità religiosa del libro è solennemente attestata dall’Ecclesiastico XLVI, 1-10, da San Paolo nella Lettera agli Ebrei, dagli Atti degli Apostoli VII, 45, nonché dal costante e unanime consenso della tradizione ebraica e CRISTIANA.  Scopo fondamentale del Libro è la dimostrazione pratica della fedeltà di Dio nel compiere le sue promesse».

Andiamo, dunque, a vedere cosa dicono i suaccennati autori riferendosi all’operato di Giosuè.

Il capitolo 46 dell’Ecclesiastico è tutto un elogio di Giosuè e ne esalta le nefandezze compiute. Ecco alcune espressioni più significative: «uomo potente per la salvezza degli eletti di Dio» , «egli guidava le battaglie di Dio» , «il Signore scagliò la grandine, perché quei popoli sapessero che il loro nemico era il Signore».

Da parte sua, San Paolo nella Lettera agli Ebrei discetta filosoficamente sul concetto ebraico del «riposo», che non deve essere inteso come noi, poveri ignoranti, riteniamo che sia da intendere. Per gli Ebrei, fedeli realizzatori dei disegni di Dio, il riposo non doveva consistere nel semplice raggiungimento della Terra Promessa, ma solo dopo la morte. Fintantochè si era in vita bisognava sterminare tutti i nemici del Signore.

Negli Atti degli Apostoli si loda il fatto che Giosuè abbia costretto i popoli vinti e assoggettati ad Israele ad accogliere il Tabernacolo e le leggi del suo Dio con l’arma terrificante dello sterminio indiscri- minato.

Ecco, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la dimostrazione che IL DIO DEGLI EBREI E’ IL DIO DEI     CRISTIANI, e che nel Cristianesimo, come vedremo nella seconda parte di quest’opera, nulla è cambiato che non fosse già nell’Ebraismo. Lo confermano le «Crociate» di vario tipo condotte dal Vaticano: quelle combattute in Palestina e quelle contro i Càtari e gli Albigesi; la distruzione dei Templari, le stragi degli Ugonotti, l’Inquisizione spagnola, fino a rag- giungere i nostri giorni con la guerra fra Cattolici e Protestanti nell’Irlanda.

Dopo aver sterminato fino all’ultimo uomo gli abitanti dei territori che andava conquistando, Giosuè intraprese la spartizione del paese fra i capi degli Israeliti che lo seguivano, proprio come fanno i rapinatori quando, dopo il   «colpo», si dividono il bottino.   E il libro si conclude con la morte di Giosuè a 110 anni di età, dopo una vita intera dedicata a fare la…volontà di Dio!

Non pensate, però, che con la morte di Giosuè gli Ebrei si fossero quietati! I figli di Israele, perciò, si rivolsero al Signore:

  • Giudici I, 1 e seguenti = «Chi di noi moverà per primo in guerra contro il Cananeo ? « – Rispose il Signore: «Moverà Giuda: ecco, io ho dato il paese in suo potere».

E Giuda, sponsorizzato e investito dal potere divino, cercò in tutti i modi di non sfigurare nei confronti del suo predecessore, cosicchè riprese a conquistare città e ad uccidere i re con i loro sudditi. Trovate, forse, qualcosa di diverso oggi, se guardate a ciò che succede fra Israeliani e Palestinesi ?

Perciò Giuda, per farsi onore da vero epigono di Giosuè, si diede tanto da fare che Adonisedec, re della città di Bezec,

  • Giudici I, 6 = si diede alla fuga, ma inseguito, lo raggiunsero e gli TRONCARONO I POLLICI DELLE MANI  E  DEI PIEDI.

La stessa sorte subirono ben 70 RE, che coi pollici delle mani e dei piedi amputati, certamente benedissero il Dio di Israele per il tratta- mento pietoso che era stato loro riservato, con una frase di fantozziana concezione : «Quanto è buono lei!…» E’ noto, infatti, che mancando il pollice, la mano non è più prènsile; mancando l’alluce ai piedi, la persona non può più camminare.

Il convincimento secondo cui tutte le stragi, le conquiste e le efferatezze sono da attribuire al Dio di Israele, è confortato dal fatto che, quando Dio si adirava contro gli Israeliti, questi, privi dell’assistenza militare divina, venivano puntualmente battuti, restan-

do in balìa dei loro nemici. Perciò gli Israeliti rappresentavano il mez- zo di cui si serviva Dio per sfogare la sua sete di sangue. E siccome gli Israeliti, spesso e volentieri, si mostravano irriconoscenti verso il loro Dio, questi si vendicava togliendo loro la sua protezione (Giudici I, 11 e seguenti) lasciandoli alle ire e alle vendette dei nemici.

In Genesi XXII, 1 e seguenti abbiamo visto con quale scellerata passività Abramo ubbidisce al comando del Signore, che gli impone di uccidere il figlio Isacco per confermare la sua fedeltà a Dio. La Bibbia in quell’episodio non accenna minimamente allo strazio provato da Abramo per l’infame sacrificio che deve compiere. Dice soltanto che, nel momento in cui Abramo stava per affondare il pugnale nel corpo del figlio, un angelo gli fermò la mano dicendogli che Dio aveva voluto provare l’animo suo. Dio aveva proprio bisogno di spingere un padre a scannare il proprio figlio per provare la sua fedeltà!

L’episodio che adesso sottopongo all’attenzione e alle riflessioni del lettore è ben più grave di quello sopracitato.

Jefte era stato eletto giudice, cioè capo, e aveva sbaragliato gli eserciti di Galaad, di Manasse e degli Ammoniti. Per ottenere quelle vittorie aveva fatto voto al Signore di uccidere

  • Giudici XI, 31 = …»chiunque per primo uscirà di casa mia per venirmi incontro.»

Soltanto un mentecatto poteva fare un voto simile. Non gli passò per la testa che la persona uscita da casa sua non poteva essere altro che un parente o un amico. Ma tant’è ! Dopo la vittoria ottenuta, e quindi dopo che il Signore accettò l’offerta (quando si trattava di spargere sangue innocente, il Signore era sempre pronto ad accettare…), ecco cosa avvenne

  • Giudici XI, 34 =  Or, mentre Jefte ritornava alla propria casa in Masfa, ecco che sua figlia gli si fa incontro, danzando al suono di cembali: era la sua unigenita, perché non gli erano nati altri figli né figlie.

Nello scorgere la figlia, Jefte si dispera pensando al terribile voto fatto al Signore. Ne parla con la ragazza, ed insieme raggiungono un com- promesso: la lascerà libera per due mesi ad errare per i monti e a piangere la sua verginità (..? ), dopo di che compirà il sacrificio promesso.

  • Giudici XI, 39 = Trascorsi i due mesi, la fanciulla ritornò dal padre suo, il quale compì su di lei il voto fatto.

Questa volta Dio non mandò l’angelo a fermare la mano omicida di un padre snaturato, dimostrando in tal modo di accettare senza riserve la vita di una fanciulla innocente, scannata sulla pietra degli olocausti proprio come un animale (perchè tale la riteneva il Signore -Ecclesiaste III, 18 e seguenti ), in forza di un voto scellerato fatto con estrema leggerezza, accettato e permesso con altrettanta infamia anche se si fosse trattato di uccidere, non la propria figlia, ma una persona qualsiasi.   Jefte si credette obbligato a rispettare la promessa fatta a Dio in cambio della vittoria sui nemici, ma non c’è voto che tenga di fronte al sangue e alla vita dei propri figli. Mi si dirà che episodi crudeli e sconvolgenti come questo appena descritto facevano parte del costume e della logica di altri tempi. Bene, ma allora togliamo dalle mani della gente libri che di sacro non hanno proprio nulla, ma che, invece, avvelenano l’animo di chi li legge. Quando si dice che il buon cristiano deve attenersi alle prescrizioni della bibbia, si intende forse che egli debba comportarsi in conformità del modo di agire di tutti i personaggi che vi figurano ? Se la risposta è no, allora si dovrebbe espurgare l’Antico Testamento di tutte le nefandezze contenute prima di darlo in lettura al popolo. In tal caso credo che resterebbero ben poche pagine da salvare. Se la risposta è sì, c’è un’unica soluzione da adottare per frenare la corsa dell’umanità verso la china delle stragi, del sangue degli innocenti sparso a cuor leggero e della cattiveria: denunciare la Chiesa alla Magistratura per la pubblicazione e la diffusione di libri il cui contenuto ricade sotto i rigori degli articoli 301, 302 e 303 del Codice Penale italiano vigente. Nessuno ci aveva pensato prima ? Beh, ci sto pensando io! La cattiveria del Dio degli Ebrei non conosceva soste o perdono. Il suo odio implacabile si manifestava in tutta la sua veemenza, senza mezzi termini e durava nel tempo. Quell’odio, quella sete di vendetta, ha plasmato nel corso dei millenni il carattere del popolo ebraico. Ne è un esempio lampante l’accanimento con cui, a distanza di tanti decenni dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Israeliani cercano per tutto il mondo «eventuali criminali di guerra nazisti» sfuggiti alla loro caccia.

Quando Mosè condusse gli Ebrei fuori dall’Egitto verso la «terra promessa», attraversato il Mar Rosso, quella moltitudine di gente si inoltrò nella penisola del Sinai. Quelle terre appartenevano da tempo immemorabile agli Amaleciti, una tribù che da sempre era stanziata in quel posto e aveva il controllo delle vie carovaniere che dall’Arabia giungevano in Egitto.  E’ logico, quindi, che all’apparire di una massa di pezzenti, sporchi e affamati quali dovevano necessariamente essere gli Ebrei in quel momento, Amalec, re di quei popoli si preoccupò alquanto di difendere i suoi possedimenti. Ignorando di essere stato sfrattato a sua insaputa dal Padreterno, che aveva fatto dono di quelle terre agli Ebrei, mosse con i suoi uomini contro le orde in arrivo. Non l’avesse mai fatto! Sotto la guida militare del loro Dio, gli Ebrei sconfissero Amalec con tutta la sua gente, passandoli a fil di spada (Esodo XVII, 13 ), insomma li scannarono coscienziosamente uno ad uno. Nel frattempo, Dio si divertiva un mondo. Sì, perché, mentre infuriava la battaglia, il Signore stava ad osservare Mosè:

  • Esodo XVII,11 = Or avveniva che  quando  Mosè  teneva alzate le mani, vinceva Israele; ma  quando  egli  le  abbassava, vinceva Amalec.  Ora,  siccome le mani  di Mosè si erano stancate, essi presero una pietra e gliela misero sotto, ed egli  ci si  pose a sedere, mentre Aronne e Hur gli sostenevano le mani,  uno da una parte e uno dall’altra. Così le mani di Mosè rimasero ferme fino al tramontar del sole.

Vinti, anzi sterminati gli Amaleciti, gli Ebrei proseguirono il loro cammino. Voi pensate che Dio avesse dimenticato l’affronto fattogli da Amelec con la pretesa di difendere la roba sua? Ma neanche per sogno ! Passarono gli anni, gli Ebrei vagavano ancora per il deserto occupando terre, scannando chiunque ostacolava la loro marcia, a Mosè erano succeduti altri condottieri, fino a quando Saul subentrò al comando degli Israeliti. Un bel giorno il profeta Samuele si presenta al cospetto di Saul e gli fa questo discorsetto: «Dio mi incarica di dirti che devi punire Amalec».

  • I° Samuele XV, 3 = «Va’ dunque, colpisci Amalec, e vota alla distruzione lui con tutto ciò che gli appartiene. NON RISPARMIARE NULLA, MA UCCIDI TUTTI : UOMINI E DONNE, FANCIULLI E LATTANTI, BOVI E PECORE, CAMMELLI E ASINI».

Insomma, con terminologia moderna potremmo definire gli affettuosi e caritatevoli comandi di Dio «la soluzione finale» del problema amalecitico». E Saul, mi pare ovvio, ubbidì senza fiatare e senza trascurare alcun dettaglio. Solo che, da buon Ebreo, risparmiò il re Agag, le pecore più belle, i bovi più grassi e carnosi e gli agnelli; in una parola, tutto quanto trovò di meglio lo tenne per sé. A quale uso fosse destinato il re Agag non si capisce. A meno che…

Per questa inadempienza Dio se la prese a male. Che diamine! Saul gli aveva lasciato gli animali da scarto, mentre si era appropriato di quelli pregiati   (Samuele XV, 9), bisognava perciò punirlo.   Così, per mezzo del solito ambasciatore Samuele, fece sapere a Saul che lo aveva rimosso dalla carica di re degli Israeliti. Il colpo di Stato «divino» non piacque a Saul, che, tanto per sfogare la rabbia, fatto condurre al suo cospetto Agag, re degli Amaleciti, lo rimproverò aspramente e

  • I° Samuele XV, 33 = Poi lo fece a pezzi dinanzi al Signore.

Il quale, naturalmente, non solo non mosse ciglio, ma ne rimase favorevolmente impressionato. Il pentimento di Saul, comunque, non rabbonì il Signore (ci voleva ben altro!…), che decise di tormentarlo continuamente inviandogli spesso uno spirito cattivo (I° Samuele XVI, 14). Ma come -direte voi- e dove l’ha preso ? Gli spiriti cattivi non stavano al servizio di Satana ? Sì, però ce n’era qualcuno, diciamo così «free-lance», e qualche lavoretto, tanto per arrotondare lo stipendio, la faceva talvolta anche per la «concorrenza».   Pare di capire che il Signore poteva disporre, così come avviene nelle polizie di tutto il mondo, di informatori e provocatori. Perciò, «nihil novi sub sole». La domanda più importante da porre è invece un’altra: ma perché il Signore ce l’aveva ancora e sempre con Saul, nonostante che questi si fosse pentito della sua disubbidienza ? Il Dio degli Ebrei era un tipo che se la legava al dito e non trovava pace se prima non avesse annientato chi gli aveva arrecato offesa. Forse era nato in Calabria dove, si dice, la vendetta per uno schiaffo ricevuto si effettua anche dopo trent’anni dal fatto. Così quando Saul, accettando il consiglio dei suoi servi (I° Samuele XVI, 15) fece venire a Corte il giovane David, affinchè con il suono della  cetra lo rinfrancasse dai tormenti provocati dallo spirito cattivo che Dio inviava periodicamente per angustiarlo, il Signore, che sempre vigilava attentamente, gli inviò ancora una volta uno spirito cattivo.  Saul in quel momento stava tranquillamente seduto a godersi la musica e il canto di David quando improvvisamente, su istigazione dello spirito perverso mandato da Dio a rompergli le…scatole, vibrò un colpo contro David con la lancia che teneva in mano, che se quello non faceva a tempo a schivarlo, sarebbe rimasto inchiodato al muro (I° Samuele XIX, 9 e seguenti).

Ora, ditemi voi : non aveva altro da fare il Dio degli Ebrei, invece di stuzzicare Saul e fargli commettere atrocità ? Perché, se non lo sapete, di atrocità Saul ne commise, e parecchie, come vedremo in seguito nel capitolo dedicato alla ferocia degli Ebrei.

Ed ecco un episodio le cui implicazioni storico-religiose presentano aspetti inquietanti, oltremodo gravi e sconvolgenti. Nel capitolo undicesimo del 2° Libro di Samuele leggiamo che David, innamoratosi di Betsabea, moglie di Uria, uno dei comandanti dell’esercito, senza pensarci due volte se la porta a letto e la mette incinta. Poi, per evitare che il marito della donna possa scoprire la tresca, lo spedisce in guerra e quello viene ucciso nel corso di un cruento combattimento. Questa volta il Dio degli Ebrei si incazzò di brutto e incaricò il profeta Natan di riferire a David :

  • 2° Samuele XII, 13 e 14 = Allora Natan assicurò David di- cendogli: «Il Signore da parte sua (…e se non, da chi?) ha perdonato il tuo peccato: tu non morrai; ma il figlio che ti è nato, poiché hai oltraggiato il Signore con tale colpa, morrà senza dubbio».

Le considerazioni che sorgono spontanee da quest’episodio sono molteplici.   Innanzitutto il principale oltraggiato non era il Signore, ma il povero Uria, che oltre ad essere stato fatto becco ci aveva rimesso anche la pelle. Non si capisce perché il Signore, invece di punire i protagonisti della boccaccesca vicenda, David e Betsabea, per come prevedeva la Legge ebraica nei riguardi degli adulteri, se la prende con un piccolo innocente. Infatti, la Legge prevedeva :

  • Levitico XX, 10 = Se uno commette adulterio con una donna maritata, moglie del suo prossimo, sarà messo a morte lui e l’adultera sua complice.

Invece il Signore, calpestando a piè pari una disposizione da lui stesso imposta ai suoi diletti figli, scavalca l’ostacolo ed applica una delle due pene previste per chi ha peccato:

  • A – Esodo XXXIV, 7  =  Il Signore castiga l’iniquità dei padri nei figli, e nei figli dei figli, fino alla terza e quarta generazione.
  • B – Deuteronomio XXIV, 16  =  Non si facciano morire i padri per colpa dei figli, né si mettano a morte i figli per causa dei padri; ciascuno sia fatto morire per il proprio peccato.

Questi due articoli di Legge ebraica, contraddittori per quanto si voglia, facevano molto comodo agli Ebrei, e fanno molto comodo ai cristiani di oggi quando devono trinciare giudizi etici sul comportamento degli altri, perché consentono scappatoie di emergenza per uscire da situazioni imbarazzanti. Ne approfittò il Signore che scelse come soluzione per punire gli adulteri l’articolo -A-, e così, «sic et simpliciter», secondo la collaudata tradizione ebraica, fece pagare ad un innocente le colpe -omicidio premeditato di Uria e adulterio- commesse dai suoi spregevoli genitori.

Le considerazioni, però, non finiscono qui. Il profeta Natan, rimproverando David , gli dice testualmente :

  • 2° Samuele XII, 9 e 10 = «Tu hai ucciso di spada Uria, l’Eteo, facendolo colpire dalla spada dei figli di Ammon, e  ti  sei preso per moglie la sua donna. Or dunque, LA SPADA NON SI ALLONTANERA’ ORMAI DALLA TUA CASA…»

Riflettiamo un po’. Quanto detto dal profeta Natan significa che le colpe di David non saranno MAI perdonate dal Signore. Ora, noi sappiamo che Gesù era discendente della stirpe di David, perciò appartenente alla CASA di David e a questo punto un dubbio si insinua nel nostro cervello : la crocifissione di Gesù fu un atto predestinato da Dio per redimere l’umanità (strano modo, in ogni caso, di redimere gli uomini dai loro peccati facendoli macchiare del più orrendo dei delitti, un DEICIDIO, essendo Gesù consustanziale al Padre suo! ); oppure si è trattato dell’ultimo atto di una vendetta divina contro la CASA di David perpetrata attraverso i secoli fino all’epilogo del Golgota ? Non è da escludere quest’ultima ipotesi, tenendo conto della ferrea memoria del Dio degli Ebrei e della sua inesorabile ferocia. E poiché David, forse stanco per le battaglie affrontate e le stragi compiute, voleva godersi il suo regno in santa pace, ecco che il Signore, sempre inesorabile nella sua ferocia, lo provoca ancora una volta PER FARLO PECCARE :

  • 2° Samuele XXIV, 1 = L’ira del Signore si accese di nuovo contro Israele ed eccitò David contro di loro, SUGGERENDOGLI : «Va’ e fa’ il censimento d’Israele e di Giuda».

Intanto notiamo che fu il Signore a «suggerirgli» di fare il censimento, poi ci chiediamo:a quale categoria di peccato appartiene il censimento ? Non si sa. La nota posta in calce alla pagina 327 della Bibbia edita dalle Edizioni Paoline 1964 dice testualmente : «Il censimento in sé non era un male ( Ah, però!.. ), ma provenendo dall’ ambizione di David ( ma quale ambizione? Quello nemmeno ci aveva pensato, fino a quando non gli fu suggerito da Dio! ) ed essendo un atto  di sovranità che Dio aveva fino allora esercitato DIRETTAMENTE, apparve come un fallo contro la teocrazia».

E come faceva Dio a fare DIRETTAMENTE il censimento ? Il contenuto di quella nota è semplicemente ridicolo. Sta di fatto che Dio si incavolò ancora ( caso unico di «nevrastenia biblica a carattere continuativo» ) e, chiamato il profeta e veggente Gad, gli disse :

  • 2° Samuele XXIV, 12 = «Va’ a dire a David: così parla il Signore: Ti propongo tre castighi a scelta: scègline uno, quello che ti pare, ed io te lo manderò».

Insomma, una specie di «Rischiatutto», quando Mike Bongiorno presentava tre buste al concorrente per fargliene scegliere una con la domanda finale. Da ciò si deduce che il noto presentatore televisivo non ha mai brillato per originalità, essendo stato preceduto in giochetti del genere dal Dio degli Ebrei! Il profeta Gad si presenta, dunque, a David e gli comunica la cosa dicendo:

  • 2° Samuele XXIV, 13 e seguenti = «Verrà per tre anni la fame nel tuo paese; o per tre mesi tu dovrai fuggire davanti ai tuoi nemici, che ti inseguiranno; o vi dovranno essere tre giorni di peste nel tuo regno. Or dunque, scegli e fammi sapere che cosa devo rispondere a colui che mi ha mandato».

David rispose a Gad:

«Sono in grande angoscia! Tuttavia è meglio che CADIAMO nelle mani del Signore, di cui è grande la misericordia ( e qui si impone quella tale esclamazione sicula conosciuta in tutto il mondo e paesi vicini: m…….a !! ), piuttosto che nelle mani degli uomini». David scelse dunque la peste.

E certamente, mica era fesso ! Scartato per ovvi motivi di tornaconto personale il castigo numero 2 – fuggire davanti ai nemici voleva dire potere essere raggiunto e ucciso. Non sia mai! – David scelse il castigo della peste, tanto, sapeva che il Signore se la sarebbe presa con gli innocenti del suo popolo, e non con lui. E così fu, infatti :

  • 2° Samuele XXIV, 15 = E morirono fra il popolo SETTANTAMILA PERSONE.

Come se si trattasse di mosche! E il Signore avrebbe continuato, però a un certo punto si mosse a pietà… Eh, sì, Dio era misericordioso. Comunque, tra i settantamila morti non figurava David. Che colpa avevano quei settantamila disgraziati per essere stati così duramente puniti ? Come si può parlare di giustizia divina di fronte a una strage di tale portata ? Per ringraziare il Signore, David gli eresse un altare, che riuscì a placare l’ira di Dio e fece sparire il flagello da Israele.

Alla morte di David salì al trono il figlio Salomone che, ricevute le debite raccomandazioni da suo padre di comportarsi secondo le «direttive» del Signore, non si discostò più di tanto dall’operato dei suoi predecessori.

Si dice che una donna riesca a far deviare dalla retta via anche l’uomo più onesto e fermo. Figuratevi che razza di deviazioni prese Salomone avendo a che fare con SETTECENTO MOGLI E TRECENTO CONCUBINE !!! Come facesse a soddisfare MILLE donne è un mistero. In questo caso è un mistero della fede. Penso che il suo letto matrimoniale fosse una specie di galoppatoio di Villa Borghese, l’equivalente dell’ippodromo di Agnano, roba da ridicolizzare la famosa Carica dei Seicento ! Ragion per cui, tirato di qua e di là da mille femmine scatenate, cominciò ad innalzare altari agli idoli delle sue mogli straniere. A titolo strettamente  personale, inoltre, due di quegli altari li eresse rispettivamente al dio Camos dei Moabiti e al dio Milcom degli Ammoniti, mandando a farsi benedire il vecchio Dio di Israele. Volete che Dio non si incavolasse per questa mancanza di riguardo ?  Non dimenticate che si trattava di un Dio geloso, vedi Esodo XXXIV, 14 oppure Deuteronomio VII, 4, ed anche Giudici X, 13, perciò ecco giungere puntualissima, come una stangata fiscale di fine anno,  la sentenza di condanna contro Salomone, sentenza, come al solito, giusta e…misericordiosa :

  • I° Re XI, 11 e 12 = «Poichè hai agito in tal modo e non hai osservato il mio patto, né le norme che ti avevo prescritto, io strapperò da te il tuo regno e lo darò a uno dei tuoi servi. Tuttavia, non compirò questo durante la tua vita, per amor di Davide, tuo padre: lo STRAPPERO’ DALLE MANI DI TUO FIGLIO».

Che non c’entrava per niente! Ed anche questa volta un innocente fu bersaglio dell’ira divina.

A questo punto, scegliendo fior da fiore, vi presento una breve e rapida carrellata di episodi che dimostrano (qualora ce ne fosse ancora bisogno) la cattiveria, la ferocia, l’intolleranza e la gelosia del Dio di Israele :

Essendosi permesso il popolo degli Aramei di dire che il Signore era soltanto Dio dei monti e non delle pianure, il Signore adiratissimo (non gli sfuggiva una sola virgola di quanto si diceva sulla terra, alla stregua di un satellite Echelon che al giorno d’oggi registra anche le telefonate casalinghe di tutto il mondo per conto della CIA) scaraventò contro gli Aramei l’esercito di Israele -sempre pronto quando si trattava di assolvere compiti di divina macelleria- che in una sola giornata uccise CENTOMILA Aramei (I° Re XX, 29).

Per punire re Acab e sua moglie Jezabel, che si erano macchiati di un orrendo delitto, il Signore, respingendo il pentimento e l’umiliazione di Acab,  così sentenziò: Or, poiché egli  si è umiliato al mio cospetto, io non farò venire quel male fino a che egli vive, ma lo farò piombare sulla sua casa durante la vita di suo figlio». ( I° Re XXI, 29 ).

Ocozia, Re di Samaria, sentendosi male mandò ad interrogare Baalzebub, dio di Accaron, per sapere se sarebbe guarito. Il Signore, incavolato per essere stato estromesso dal consulto medico, punisce Ocozia impedendogli di scendere dal letto sul quale giaceva ( !…). ( 2° Re I, 16). Ocozia, manco a dirlo, morì sul letto.

Jeu, divenuto Re di Israele, compì orrende stragi in nome del Signore. E’ sufficiente leggere per intero i capitoli IX e X del 2° Libro dei Re per rendersene conto. Jeu fu di una ferocia sanguinaria elevata a siste- ma, e ciò lo rese gradito al Signore. Poi si macchiò di una grave inadempienza, perché mantenne i vitelli d’oro che erano a Bet-El e a Dan. Questo fatto indispose il Signore :

  • 2° Re X,30 e seguenti = Il Signore disse dunque a Jeu: «Siccome tu hai eseguito BENE CIO’ CHE MI ERA GRADITO E HAI  COMPIUTO CONTRO LA CASA DI ACAB TUTTO QUELLO CHE AVEVO NEL CUORE, i tuoi figli, fino alla quarta generazione sederanno sul trono di Israele».

Jeu era stato, perciò, il braccio che aveva operato la volontà sterminatrice del Signore, ed anche se non si comportò come uno stinco di santo, fu uno zelante collaboratore. Per questi meriti Dio gli fece uno sconto sulle pene, anzi una vera dilazione sui pagamenti. Come certe ditte di elettrodomestici, la cui pubblicità televisiva dice : Prendi oggi, pagherai l’anno venturo con comode rate. Infatti Dio premiò Jeu per il suo zelo con quattro successori: Joacaz, Joaz, Geroboamo 2° e Zaccaria, dopo di che diede inizio al castigo.

Particolare importante: tutto il 2° Libro dei Re è costellato di nefandezze e stragi. Tutti i Re che si succedettero sul trono di Israele, salvo qualche sporadica eccezione, si comportarono male agli occhi del Signore, perché adorarono altri déi. Ma siccome ognuno di loro fu spietato e sanguinario, uccidendo centinaia di migliaia di persone secondo le direttive divine, Dio chiuse sempre gli occhi e continuò a proteggere Israele. Il 2° Libro dei Re è una lunga, terrificante cronistoria di abominevoli assassinii, e non si comprende come la Chiesa Cattolica si ostini a presentarlo in qualità di libro sacro, luminoso esempio per i cattolici, che nella lettura di quel testo trovano motivi esaltanti di fede e di bontà divina.

La permalosità del Dio degli Ebrei si rivela in pieno nell’episodio narrato con fredda logica in:

  • 2° Cronache XVI, 12 e 13 = L’anno trentanovesimo del suo regno, Asa si ammalò di podagra e soffriva grandemente, tuttavia anche nella sua infermità non cercò il Signore, MA RIPOSE LA SUA FIDUCIA PIUTTOSTO NEI MEDICI. Egli si addormentò coi padri suoi e morì l’anno quarantesimoprimo del suo regno.

Questo episodio è l’unico veramente sensato e istruttivo dell’intera Bibbia. Anche al giorno d’oggi, in casi di malattia, è meglio raccomandarsi al Padreterno che fidarsi dei medici, in special modo se sono quelli convenzionati con la Mutua.

Anche nel 2° Libro delle Cronache il comportamento del Signore è improntato al fine di suscitare stragi e ferocia fra le genti della Palestina. E naturalmente sorprende il fatto che quando Amasia, re di Gerusalemme, fece il censimento della sua gente, Dio non si offese come quando la stessa cosa la fece David (vedi 2° Samuele XXIV, 1). In quell’occasione Dio mandò la peste che uccise settantamila persone innocenti. Allora c’è da chiedersi: è questa la «giustizia divina»? Con un Dio simile, assetato di sangue e di vendetta, si capisce perché gli Ebrei fossero oltremodo spietati e disumani! Tutti gli altri popoli che confinavano con loro dimostravano maggiore umanità, nonostante che adorassero «déi» che la Bibbia definisce «abominevoli». Come nell’episodio che segue : Acaz, re di Giuda, non operò quello che è giusto dinanzi al Signore – dice la Bibbia- e arrivò persino a fare statue al dio Baal, provocando con tale comportamento irriguardoso l’immancabile incazzatoria di Dio.

  • 2° Cronache XXVIII, 5 e 6 = Ma il Signore, Dio suo, lo dette nelle mani del re degli Aramei,i quali lo sconfissero e gli presero un gran numero di prigionieri che condussero a Damasco. Fu poi dato anche nelle mani del re di Israele, che gli inflisse una tremenda sconfitta. Infatti, Facee, re di Israele, UCCISE IN UN SOL GIORNO 120.000 (centoventimila!) UOMINI DI GIUDA.

Quindi, per chiarire come andarono le cose, mentre gli Aramei si limitarono a prendere prigionieri, senza infierire sui vinti, gli Israeliti si accanirono contro i loro stessi correligionari e, sempre per volere di Dio, in un sol giorno ne uccisero 120.000 !  Da notare che gli Aramei non erano ebrei, erano popolazioni stanziate in quel territorio che oggi è la Siria. Ma non è questo l’unico caso in cui gli altri popoli si comportarono umanamente con gli Ebrei, anche se in molteplici occasioni furono costretti a subire le razzie e le stragi di quegli spietati guerrafondai. Eccone qualche esempio:

  • Esdra I, 1 e seguenti = Ciro, re di Persia, tollera che gli Ebrei stanziati nel suo paese osservino liberamente la propria religione, e dispone la costruzione di un tempio che li possa ospitare per i loro riti.
  • Esdra VI, 1 e seguenti   =   Il re Dario di Persia, avendo saputo che i lavori per la costruzione del tempio ebraico erano stati interrotti per mancanza di denaro, dispone di sovvenzionare col proprio tesoro il prosieguo delle opere occorrenti per terminare l’opera. Cosa che puntualmente avviene.
  • Esdra VII, 11 e seguenti = Il re Artaserse di Persia, con suo decreto dispone che gli Ebrei possano liberamente ritornare nelle loro terre, e a tal proposito ordina di riconsegnare a loro tutti i tesori che, a suo tempo, Nabucodonosor aveva sottratto da Gerusalemme. Così gli Ebrei, colmi di denaro e di facilitazioni poterono ritornare nel loro paese e darsi una organizzazione politica. Ma, da quegli ingrati che erano, immemori del bene ricevuto, calpestando sentimenti di amore e di dovere, la prima cosa che fecero fu di rimandare indietro mogli e figli, frutto di matrimoni contratti nelle terre dove erano stati esuli, e ciò perché il Signore aveva stabilito la proibizione assoluta di creare famiglia con donne o uomini non ebrei.
  • Esdra X, 2 e 3 = «Noi abbiamo tradito il nostro Dio sposandoci con donne straniere, prese fra le popolazioni del paese.
  • Facciamo ora un patto col Signore, Dio nostro, di rimandare via tutte queste donne straniere e i figli nati da loro, secondo il consiglio del mio Signore e di tutti quelli che temono il precetto del nostro Dio.»

Gli episodi biblici fino a questo momento esaminati ci hanno offerto sufficienti esempi della ferocia, della irascibilità e di tante altre qualità negative che gli Ebrei attribuirono al loro Dio, creato a loro immagine e somiglianza. Vi sono, però, altri aspetti da non trascurare, perché completano le connotazioni di un Dio che rappresenta per gli Israeliti lo stimolo e la giustificazione del loro operato attraverso i secoli. Fermiamoci ancora un istante ad analizzare un significativo passo del Libro di Neemia:

  • Neemia IX, 7 = «Sei tu, o Signore, quel Dio che hai scelto Abramo, l’hai tratto da Ur dei Caldei e lo chiamasti «Padre di una moltitudine di popoli. Tu hai trovato il suo cuore fedele dinanzi a te e facesti con Abramo il patto di dare a lui e alla sua discendenza LA TERRA DEI CANANEI, DEGLI ETEI, DEGLI AMORREI, DEI FEREZEI, DEI GEBUSEI, DEI GERGESEI, e hai mantenuto la tua promessa, perché sei GIUSTO.

Su queste affermazioni di macroscopica impudenza, ci sarebbe da scrivere a lungo, perché suggeriscono implicazioni di carattere politico, storico ed etico, i cui effetti perdurano fino ad oggi. Il fatto che Dio abbia   SCELTO Abramo   fra tutti gli uomini che popolavano in quel tempo la terra, non depone certo a favore dell’equanimità di Dio stesso. Dagli accoppiamenti incestuosi dei figli della prima coppia creata discesero gli uomini che popolarono la terra, e il soffio divino alitato da Dio sul volto di Adamo si è quindi necessariamente perpetuato per tutta la discendenza. Le genti che popolavano il mondo al tempo di Abramo avevano, ovviamente, una comune origine, e Dio avrebbe dovuto riguardarli col medesimo  occhio benevolo e paterno. Perché abbia scelto Abramo come figlio prediletto, e di conseguenza gli Ebrei come «popolo eletto», questo la Bibbia non ce lo spiega, per cui è da ritenere un’affermazione gratuita da parte degli estensori dell’Antico Testamento, che con tale assunto hanno voluto creare la base granitica della loro supremazia razziale. Da che cosa scaturiva il disprezzo e l’ odio per tutti gli altri popoli, manifestato da Dio con spietata ostinazione ? Non certo per i meriti degli Ebrei, che tanto spesso lo dileggiavano e l’offendevano; Non certo per i meriti di Abramo, uomo corrotto, assolutamente amorale. Forse che gli altri popoli furono creati da un altro Dio ? Forse Dio stesso, dopo la bella riuscita di Adamo ed Eva, si divertì a fabbricare con la terra altri esseri umani, questa volta di serie C ? E’ possibile che Abramo fosse a quel tempo il più corretto degli uomini ? Non ce n’era migliori di lui ? Non dimentichiamo che Abramo era quel tizio, e Dio doveva per forza saperlo, che aveva lasciato prostituire la moglie Sara col Faraone Genesi XII, 1 e seguenti), spacciandola come sorella per il suo tornaconto; e quello non era stato un episodio fortuito : Abramo era una magnaccia costituzionale e la moglie gli serviva come merce di scambio per arricchire. Sentite un po’ :

  • Genesi XX, 1 e seguenti = Partì poi Abramo di là, diretto verso il Negeb, cercando dimora nel territorio compreso fra Cades- Barne e Sur. Trovò frattanto ospitalità in Gerar. In quanto a Sara, sua moglie, Abramo diceva : «E’ mia sorella». E il re di Gerar, Abimelec, mandò a prendere Sara.

E bravo, Abramo ! Dopo aver giocato quel tiro birbone al Faraone d’Egitto, stava per fregare anche il re di Gerar! Ma il Signore, che conosceva bene Abramo, quando si accorse che questi si era messo in viaggio verso il Negeb accompagnato dalla moglie (in Egitto non poteva più tornare, avendo ricevuto il foglio di via obbligatorio dopo la fregatura affibbiata al Faraone!), lo seguì passo passo e non appena Sara varcò la soglia della casa del re Abimelec, pensò : «Ci risiamo !»

E nel pieno della notte comparve in sogno al re, il quale ( dice  la Bibbia- Genesi XX, 4 ) «non si era ancora accostato a Sara». Questo è semplicemente ridicolo! Vuol dire che, dopo aver portato Sara a letto, Abimelec le diede la buona notte e si girò dall’altro lato mettendosi a dormire saporitamente e rimandando al giorno dopo quella tale operazione di cui tutti conosciamo le tecniche e gli sviluppi, e che non è mai cambiata col cambiare dei tempi !? Comunque sia, la vigilanza oculata di Dio sugli organi genitali di Sara sortì effetto immediato : Abimelec apprese dalla viva voce del Signore che, se avesse tentato di spingere oltre la…conoscenza intima della bella moglie di Abramo, lui e tutta la sua casa sarebbero diventati sterili. Come si fa, ditemi voi, a sottovalutare una minaccia simile ? Abimelec perciò, suo malgrado, dovette abbozzare e, chiamato Abramo, gli fece le stesse rimostranze fatte a suo tempo dal Faraone. Poi, secondo il solito collaudato copione, lo lasciò andar via con la moglie e con tutte le ricchezze che con troppa precipitazione gli aveva donato.

Io penso che quel vecchio proverbio siciliano : «Cu’ paga avanti, mancia sempri pisci fitenti !» forse sia nato da fatti biblici come questo che vi ho presentato. Nel caso di Sara, «u pisci» era rappresentato dal suo avviato e richiestissimo esercizio anatomico che lavorava ad orario continuato, ovvero, per dirla in modo politicamente corretto : «Full time». Voi vi chiederete: Il Signore punì Abramo e Sara per quest’altro comportamento immorale ? Niente affatto ! Secondo la logica biblica, non solo il Signore si guardò bene dal punire quella disinvolta coppia, ma rimangiandosi la promessa fatta ad Abimelec di non punirlo se si fosse astenuto dal congiungersi con Sara, RESE STERILI IL RE, LA DI LUI MOGLIE E TUTTE LE SERVE DELLA CASA REALE !

Alla faccia della giustizia divina !

E sorge spontanea la seguente considerazione. L’unico ad essere veramente punito fu il re Abimelec, perché sia la moglie che le serve – specialmente quelle giovani e bellocce- avranno ringraziato il Dio degli Ebrei per essere state messe in condizione di potersi divertire con un numero imprecisato di maschi, senza dovere affrontare le conseguenze di una fastidiosa gravidanza…

Certo che, quando ci si metteva d’impegno il Dio degli Ebrei non conosceva mezze misure. Ci andava giù di brutto!  E quel povero disgraziato di Abimelec dovette sudare le proverbiali sette camicie per farsi perdonare da Dio, che per giunta, non era nemmeno il suo Dio, perciò sicuramente avrà sollecitato la raccomandazione di un qualche…collega del Dio degli Ebrei. Dopo infinite suppliche ed orazioni, finalmente il re di Gerar ebbe concessa…l’amnistia. Abramo, comunque, non tralasciò di consigliare a sua moglie:

  • Genesi XX, 13 =  «Tu mi devi fare questo favore: in qualunque luogo arriveremo, devi dire di me: «Egli è mio fratello».

E se ne partì da Gerar con la certezza che, se quella volta era andata buca, almeno per Sara.., sarebbe andata meglio in avvenire. La Bibbia non fa cenno alcuno dei luoghi dove Abramo si recò assieme alla moglie Sara -vero capitale viaggiante- dopo essere  partito dalla Corte di Abimelec. Siamo autorizzati a supporre che con i larghi mezzi finanziari di cui disponeva, in forza delle laute elargizioni del Faraone d’Egitto e del re di Gerar, abbia setacciato tutti i centri abitati -non trascurando, s’intende, i singoli casolari sperduti, dove più forte doveva essere la sete di soddisfacimenti carnali- dei territori allora conosciuti, preceduto dalla interessata pubblicità che di bocca in bocca, senza dubbio, dilagava dal bacino del Mediterraneo giù giù fino al Golfo Persico, isole comprese.

In tutta questa faccenda c’è un particolare di notevole significato giuridico : a parte il fatto che Abimelec non doveva essere punito, non avendo compiuto alcunchè di offensivo, che c’entrava la di lui moglie, assolutamente estranea all’inciucio ? E quelle poverette delle serve, cosa avevano fatto di male ? Ma tant’è ! Il Dio degli Ebrei ragionava in quel modo. Sta di fatto che, chissà quante altre volte Abramo ripropose il giochetto di farsi passare per fratello della bella e disponibile Sara, la quale ricevette, a un certo punto, il premio della sua indefessa operosità, facendosi ingravidare addirittura dal Signore.

Proprio così, controllare per  credere : Genesi XXI, 1 e 2. Può darsi che il Signore, incuriosito dalle continue profferte carnali fatte dagli uomini alla bella Sara, abbia voluto togliersi lo sfizio di appurare personalmente se la fama che precedeva e seguiva l’imbattibile ebrea fosse meritata o meno. Infatti, Dio, incuriosito dalle preferenze che gli uomini di ogni paese riservavano a quella instancabile stakanovista del sesso, volle constatare «de visu, atque de factu» l’alta professionalità erotica di Sara, che tanto bene sapeva gestire il suo personale…paradiso itinerante. Ma di ciò mi riservo di parlare più dettagliatamente nel capitolo dedicato all’attività sessuale di Dio, così come ci viene presentata nell’Antico Testamento.

Sara visse 127 anni e alla fine, stanchissima ( e ci credo!…), ma soddisfatta, chiuse gli occhi nella Gloria del Signore, reso da lei padre del figlio Isacco. La Chiesa cattolica, molto opportunamente, propone Sara come modello di Fede (Lettera di San Paolo agli Ebrei   XI, 11) e di obbedienza coniugale ( Prima Lettera di San Pietro III, 6 ), doti, queste, che stanno a simboleggiare la missione della Chiesa nel mondo. San Pietro nella sopracitata Lettera invita le fanciulle ad imitare il comportamento della biblica Sara  per meritare la grazia di Dio. Che casino !

Dopo questi fatti oltremodo edificanti e di profondo significato morale, Dio volle mettere alla prova Abramo ( vuol dire che ancora non lo conosceva bene…) e noi abbiamo visto in Genesi XXII,1 e seguenti un altro episodio sconvolgente : l’ordine dato dal Signore affinchè Abramo, per dimostrare la sua sudditanza, uccidesse il figlio Isacco. E siccome Isacco era nato dalla «visita» che Dio rese a Sara (Genesi XXI, 1 e 2 ), si desume che il giovane era figlio di Dio, e che la sua mancata uccisione da parte di Abramo abbia voluto significare la «prova generale» prima di arrivare al Golgota. Abramo morì alla venerabile età di 175 anni ( ! ) contornato dai numerosi figli avuti dalla seconda moglie, Ketura, e da un numero imprecisato di concubine. Dio lo aveva definito «padre di una moltitudine di uomini» – definizione azzeccatissima, considerato l’impegno procreativo suo e di sua moglie Sara. Questo era Abramo, cui fanno riferimento gli Israeliti di tutto il mondo.

Continuando ad analizzare quel passo del Libro di Neemia,VIII, 7 e seguenti, apprendiamo che il Signore trasse Abramo dalla città di Ur dei Caldei, una località posta sul fiume Eufrate a poca distanza dal Golfo Persico, perciò molto lontano dalla cosiddetta «terra promessa».

E Dio stipulò con Abramo il «patto» di «dargli» la terra dei Cananei, degli Etei, degli Amorrei, dei Ferezei, dei Gebusei, dei Gergesei, insomma la terra di popoli che da sempre avevano abitato quei territori e che, quindi, erano a casa loro non immaginando che, a loro insaputa Dio aveva decretato lo sfratto senza nemmeno interrogarli in merito. Le conseguenze di quella promessa divina le stiamo vedendo oggi, con gli Ebrei che si sono appropriati della terra degli Arabi, in forza di un contratto stipulato con Dio sulla pelle di quelle genti, unitamente al fatto che alcune migliaia di anni addietro avevano preso dimora nei territori sottratti con razzie e con guerre di sterminio ai legittimi proprietari. Applicando un tale metro di valutazione si potrebbe proporre al nostro Ministro degli Esteri di chiedere al governo britannico la restituzione all’Italia della parte meridionale della Gran Bretagna, fino al «Vallo di Adriano», conquistata dalle legioni romane circa duemila anni or sono. Come idea non mi sembra malvagia ! E il pugno di ferro adottato dallo Stato di Israele nei confronti delle popolazioni arabe dei territori occupati, trae origine senz’altro da quest’altro passo :

  • Neemia IX, 24 = I figli sono venuti, hanno occupato questo paese, e tu dinanzi a loro hai umiliato i CANANEI CHE LO ABITAVANO, dandoli nelle loro mani (degli Ebrei) coi re e i popoli di questa terra, perché li trattassero a loro piacimento.

Più chiaro di così!…La malvagità e la ferocia di Dio si abbattevano, al momento opportuno, non soltanto sugli altri popoli, ma anche sugli stessi Israeliti non appena questi deviavano di un soffio dai tortuosi binari tracciati dal Signore. Avveniva sovente che quegli irrequieti individui, mal sopportando le molteplici e pesanti prescrizioni etiche e rituali, si concedessero piacevoli evasioni all’abituale tran-tran quotidiano, cosicchè Dio era perennemente incazzato. Ne fanno testimonianza insospettabile i vari profeti che con le loro lamentazioni cercavano di riportare sulla «retta» via gli Ebrei, ogni qualvolta questi si allontanavano dai precetti del Signore Il profeta Geremia, ad esempio, in uno dei tanti colloqui avuti con Dio, fu incaricato di riferire agli Ebrei quanto segue :

  • Geremia XIII, 13 e 14 = Così parla il Signore: «Ecco io sto per colmare di ubbriachezza tutti gli abitanti di questa terra, i re e tutti i successori di Davide che si sono assisi sul  suo trono, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Li farò cozzare gli uni contro gli altri, I PADRI CONTRO I FIGLI. SENZA PIETA’, SENZA MISERICORDIA E SENZA PERDONO IO LI ANNIENTERO’.»

Come al solito, quando Dio montava su tutte le furie, passava paro paro su chiunque senza tralasciare nessuno ! Infatti :

  • Geremia XVI, 6 = In questa terra morranno GRANDI E PICCOLI, senza avere né sepoltura, né pianto.

A questa logorante attività persecutoria, nella quale era impegnato per ventiquattro ore consecutive, Dio univa anche un compito di cui non sono riuscito a comprendere la portata e la finalità :

  • Geremia XVII, 10 = Io, il Signore, scruto i cuori e scandaglio i reni.

Perché anche i reni ? Faceva pure l’analisi dell’urina ?… Sono solo illazioni, d’accordo, ma penso che se qualcuno aveva difficoltà nella minzione e ne parlava al proprio medico, certamente si sentiva diagnosticare : Non è niente, è il Signore che scandaglia!… E l’animo del malato si rasserenava all’istante.

La lettura attenta dei libri dei Profeti ci illumina sul carattere e il comportamento degli Ebrei e sulla ferocia del Signore. Sarebbe troppo lungo riportare in quest’opera tutti i passi, tutte le citazioni che riguardano i provvedimenti punitivi annunciati da Dio contro Israele o contro gli altri popoli. Sarebbe come riscrivere da cima a fondo tutto l’Antico Testamento. Rimando, perciò, il lettore curioso, o interessato a conoscere realmente il contenuto di questa parte della Sacra Scrittura,a consultare la Bibbia, nella quale troverà conferma di quanto qui accennato. Particolare attenzione occorrerà prestare ai Libri dei Profeti Isaia, Neemia, Ezechiele e Geremia. Una cosa è certa: Dio era conscio del suo tremendo comportamento e ne era anche orgoglioso; disprezzava gli altri déi per il fatto che non avevano le sue «qualità» :

  • Baruc VI, 65 = Essi sono incapaci di maledire i re, o di benedire.

Mentre il Dio di Israele sapeva fare questo ed altro, soprattutto se c’era sangue da versare :

  • Isaia XXXVII, 36 = E l’angelo del Signore venne e percosse nel campo degli Assiri 185.000 uomini; e al mattino, alla sveglia, NON SI VEDEVANO CHE CADAVERI.

E’ ormai chiaro e lampante come col verbo «percuotere», biblicamente bisogna intendere «uccidere» , «massacrare». Nel Libro di Ezechiele vi sono ben otto capitoli, dal XXV al XXXII compreso, raccolti sotto la dicitura «Giudizi di Dio contro le genti», che specificano le punizioni riservate ai popoli che confinavano con Israele. E il Profeta Ezechiele funzionava da portavoce per far conoscere agli interessati le vendette annunciate dal Signore:

  • Ezechiele XXV, 7 = ( Contro gli Ammoniti ) «Io stendo la mano su di te e ti do in preda alle genti: ti sterminerò di tra i popoli, ti cancellerò dal numero delle regioni.  Ti annienterò e saprai che sono io il Signore».
  • Ezechiele XXV, 9 = ( Contro i Moabiti ) «Ecco dunque che io apro il fianco di Moab; distruggo le sue città, le sue frontiere, la gloria del paese, Bet-Jesimot, Baal-Meon, sino a Cariataim».
  • Ezechiele XXV, 13 = ( Contro l’Idumea ) Anch’io stenderò la mano sull’Idumea, e ne sterminerò uomini e bestie, e la ridurrò a deserto: da Teman fino a Dedan cadranno di spada».
  • Ezechiele XXV, 16 = ( Contro i Filistei ) Ecco, io stendo la mano contro i Filistei e sterminerò i  Ceretei:  farò  perire  anche  i resti degli abitanti sulla riva del mare».
  • Ezechiele XXVI, 3 = ( Contro Tiro ) «Eccomi contro di te, Tiro : farò avanzare contro di te genti numerose, come il mare fa salire i suoi flutti:  distruggeranno le mura di Tiro,  e abbatteranno le sue torri: spazzerò via anche le sue macerie e la renderò un arido scoglio».

La sfilza delle maledizioni e delle minacce prosegue fino al versetto 21, elencando provvedimenti di fervida fantasia punitiva. E ancora :

  • Ezechiele XXVIII, dall’1 al 19 = ( Contro il re di Tiro ) Da leggere tutto.
  • Ezechiele XXIX, dal £ al 16 = ( Contro l’Egitto ) Anche in questo capitolo c’è una lunghissima teoria di punizioni e maledizioni, delle quali riporterò qualche…perla: Ecco, io sono contro di te, o Faraone, re d’Egitto, coccodrillo gigante… Io  ti  metterò  dei  raffi alle mascelle, e farò che i pesci dei tuoi Nili si attàcchino alle tue squame… Poi getterò nel deserto te e tutti i pesci dei tuoi  Nili. Cadrai in mezzo ai campi e non sarai né raccolto né  seppellito, perché io ti ho destinato in pasto alle fiere della terra e agli uccelli del cielo… Il Nilo è mio, sono io che l’ho fatto…»

E via con questo andazzo. Il Signore dimenticava, evidentemente, di avere proclamato :

  • Geremia XXXII, 27 = «Ecco, io sono il Signore di tutti i mortali: che cosa ci può essere d’impossibile per me ?»

Come Signore di tutti i mortali avrebbe dovuto amare alla stessa maniera TUTTI i suoi figli, senza preferirne alcuno rispetto agli altri. Cosa ci poteva essere di impossibile per lui? Ma una sola cosa : essere misericordioso e paterno con tutti !! E non c’è riuscito, perché ha sempre proclamato :

  • Ezechiele XXXVI, 6 =  «Eccomi ! Nella mia gelosia e nel mio furore io ho detto : poiché voi siete stati esposti all’obbrobrio delle genti, io alzo la mia mano e giuro che le genti circonvicine subiranno il loro obbrobrio».

Una sorte poco invidiabile toccò al Profeta Osea, che per assecondare i disegni persecutori del Signore fu costretto a ubbidirgli prendendo per moglie una puttana, dalla quale ebbe due figli e una partita di corna ramificate. Il Libro di Osea si apre immediatamente con :

  • Osea XIV, 2 = Quando il Signore cominciò a parlare per mezzo di Osea, gli disse : «Va’, prenditi per moglie una donna portata all’infedeltà e abbi dei figli da questa infedele, perché il paese non farà che fornicare lungi dal Signore».

In parole povere, Dio ordinò ad Osea di accettare il ruolo di cornuto. Il Profeta ubbidì senza fiatare e sposò Gomer che gli scodellò un primo figlio, al quale, per ordine del Signore, fu imposto il nome di Jezrael, che significa : «Dio disperderà». Come vedete, si tratta di un nome altamente augurale, secondo le migliori tradizioni israelite. Infatti, il Signore anticipò ad Osea la distruzione della casa di Israele.

Poi Gomer diede alla luce una figlia, alla quale, sempre su ordine di Dio, venne dato il nome altrettanto augurale, di «Non amata», quale segno dell’affetto del Signore per i suoi prediletti figli. La Bibbia non si pronuncia sulla paternità di questa seconda nascita, ma tutto lascia supporre che sia stata frutto dell’attività extraconiugale della moglie del cornuto Profeta. Interessante il commento riportato in nota a quest’episodio nella Bibbia delle Edizioni Paoline del 1964. Dice il commentatore che gli interpreti si dividono nello spiegare questo matrimonio. Alcuni sostengono che Gomer era onesta quando sposò il Profeta Osea, e divenne infedele in seguito. E qui ci si chiede cosa abbia spinto la donna a cornificare il marito : o fu per intervento divino, oppure -ed è ciò per cui io propendo- perché le prestazioni erotiche di Osea presentavano sconvolgenti lacune, che la donna saggiamente colmò rivolgendosi ad esperti del settore. In ogni caso, recita la Bibbia, la donna infedele è figura d’Israele e i  suoi  figli annunziano i destini del popolo ( vedi nota a pag. 986 della Bibbia- ediz.1964). E’ un giudizio molto pesante, ma rispecchia il parere dei cattolici prima che Papa Giovanni Paolo 2° iniziasse l’abbraccio ecumenico con tutte le altre religioni, e assolvesse gli Ebrei dall’accusa di deicidio. Per inciso : Gomer non si fermò ai primi due figli, ma proseguì la produzione, a carattere non più artigianale, di un nuovo bastardino e il Signore, come un provvido compare, stabilì il nome da imporre. Venne al mondo, per la gioia di quella bella famigliola, un altro maschietto, che venne chiamato «Non- mio- popolo».

Ma il Signore non era ancora contento. Non gli bastò di averlo fatto becco, ordinò ad Osea di accoppiarsi con un’altra donna. E’ lo stesso Profeta che parla :

  • Osea III, 1 = «Il Signore mi disse : Va’ ancora, ama una donna infedele e adultera, come il Signore ama i figli di Israele…»

E Osea, manco a dirlo, ubbidì all’istante e, comprò per quindici monete d’argento e una certa quantità di orzo un’altra professionista del sesso disinvolto. Le impose di non commettere adulterio per alcuni giorni, lasciandola poi libera di dare sfogo alla già conclamata attività erotica. E qui mi fermo, raccomandando al lettore di leggere tutto il Libro di Osea, perché ne apprenderà delle belle, perché il Profeta continua per molto nell’elencazione delle minacce e delle punizioni divine, fino a quando i figli di Israele:

  • Osea XIV, 1 =  Essi periranno di spada, i loro bambini saranno sfracellati, e le loro donne gestanti SVENTRATE.

Come sempre, a pagare erano gli innocenti ! Tutto quanto fin qui esposto e commentato conforta il giudizio espresso sulle prime pagine di quest’opera: Dio, così come è stato concepito dagli Ebrei è irascibile, spietato, vendicativo e sanguinario.

Ad ulteriore conferma, pongo qui di seguito e senza superfluo commento, i seguenti passi dell’Antico Testamento :

  • Deuteronomio XIX, 21 = «Il tuo occhio non si muova a compassione : vita per vita,occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede».
  • Deuteronomio XIII, 7 e seguenti = «Se tuo fratello…o tuo figlio…o la moglie…o l’amico…ti incitasse in segreto dicendo: Andiamo, serviamo a déi stranieri…tu non acconsentire, non gli dare ascolto: il tuo occhio non abbia pietà per lui, non lo risparmiare, non lo tener nascosto. TU LO DEVI UCCIDERE SENZ’ALTRO : LA TUA MANO SIA LA PRIMA A LEVARSI SOPRA DI LUI PER METTERLO A MORTE, POI CONTINUERA’ L’ESECUZIONE LA MANO DI TUTTO IL POPOLO.
  • Deuteronomio XXI, 18 e seguenti = «Se uno ha un figlio caparbio e ribelle, che non obbedisce alla voce del padre , né alla voce di sua madre, e per quanto lo abbiano castigato, non dà loro ascolto, suo padre e sua madre lo prendano e lo conducano dagli anziani della città: Questo nostro figlio è caparbio, ribelle, non vuole obbedire alla nostra voce, è un prodigo e un bevitore. SIA LAPIDATO DA TUTTI GLI UOMINI DELLA CITTA’, SICCHE’ MUOIA.

I tre passi sopracitati sono stati pronunciati dalla viva voce di Dio, come potete facilmente accertare consultando la Bibbia.  Chiedete, allora, a un sacerdote cattolico se, da buoni cristiani, siete tenuti ad osservare tali prescrizioni contenute nel Libro sacro per eccellenza.  Vi risponderà di no, perché Gesù, rivoluzionando il vecchio Ebraismo, ha predicato l’amore. Una simile risposta, ipocrita e bugiarda, merita qualche considerazione. Innanzitutto, se la predicazione del Cristo è in antitesi con il contenuto feroce e sanguinario dell’Ebraismo, non si capisce perché i due testi debbano rimanere indissolubilmente legati in ibrido connubio soltanto in virtù della fragile motivazione che Gesù è stato un Ebreo riformatore. Si dà il caso, però, che in diverse occasioni Gesù ebbe modo di dichiarare le sua ortodossia all’Ebraismo, vale per tutte la seguente ammissione:

  • Matteo V, 17 e seguenti = «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, MA A COMPLETARE. In verità vi dico che fino a quando il cielo e la terra non passeranno, non scomparirà alla Legge neppure un jota o un apice».

Sulla base di quanto sopra i cristiani «dovrebbero» accettare il Dio degli Ebrei. E allora ?…

Gli esempi fin qui riportati, lo ripeto ancora una volta, non sono la totalità dei fatti raccapriccianti contenuti nell’Antico Testamento : per farlo avrei dovuto ricopiare più dei due terzi dell’intero testo. Rappresentano, tuttavia, una sufficiente campionatura di scelleratezze che ignoti estensori hanno voluto attribuire al loro Dio, per giustificare quelle compiute da loro stessi, o da compiere in futuro. D’altra parte è anche comprensibile che, per tenere a freno quelle genti nomadi, rozze violente ed assolutamente amorali, bisognava edificare un testo sacro che incutesse timore riverenziale; un testo religioso in cui la figura del Dio avesse gli stessi difetti degli uomini, per poterli applicare all’occorrenza contro di loro, all’insegna della massima ebraica: Occhio per occhio, dente per dente, anima per anima, ovvero la cosiddetta «Legge del taglione». Perché quello era l’unico linguaggio che riuscivano a comprendere, quella l’unica regola convincente. Perciò : Non fu Dio a creare gli uomini a sua immagine e somiglianza, ma,al contrario, furono gli uomini che fecero Dio guardando sé stessi.

I difetti degli Ebrei, descritti dai vari Profeti nell’Antico Testamento, sono i difetti degli Ebrei di oggi, perpetuatisi lungo il corso dei secoli.

Ecco perché in ogni tempo gli Ebrei, ovunque abbiano stabilito la loro dimora, sono stati sempre osteggiati e perseguitati : perché ovunque e con chiunque, prima o poi, rivelavano una natura infida, intollerante e spietata; una bramosia di conquiste non propriamente spirituali, che li ha sempre portati a mettere le mani dappertutto, perché il loro più che bimillenario credo è ognora quello pronosticato dal loro Dio: dominare il mondo. Una frase, questa, un dogma che ricorre sovente fra le pagine dell’Antico Testamento e che l’umanità intera , per viltà, finge di non sapere, di non vedere e di non ricordare. Il cervello degli uomini,oggi, è atrofizzato e ragiona per schemi precostituiti dai detentori del potere attuale e dai persuasori occulti. La persecuzione degli Ebrei, oggi, riconosce un solo capro espiatorio: Hitler, né vale rammentare agli incitrulliti che Hitler è stato uno degli ultimi persecutori. Prima di lui, tutti i popoli e i governanti della terra si sono scagliati contro gli Ebrei per difendersi da un’invadenza ammorbante e insopportabile. L’antisemitismo che si sta manifestando di questi tempi in parecchie Nazioni non è un rigurgito di Nazismo, ma un antico millenario seme che sta germogliando nuovamente. Come è avvenuto in Unione Sovietica qualche anno dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. E nessuno ha potuto pensare che il Nazismo stesse risorgendo in Russia !! Purtroppo, nessuno vuole ammettere che la scaturigine di tanto sfascio è da attribuire ai dettami dell’Antico Testamento, riguardato da tutta la gente quale compendio di insegnamenti sacri, da imitare e da consigliare. Nessuno si accorge, invece, che il messaggio sottile, subliminale dell’Antico Testamento inquina e sconvolge i cervelli e le coscienze di chiunque lo segua.

Gli argomenti trattati in questo primo capitolo hanno riguardato la malvagità del Dio di Israele. Vedremo nei prossimi capitoli altri aspetti della figura corrusca del «Signore degli Eserciti».

CAPITOLO 2°

SESSUALITA’ DI DIO E DEGLI EBREI

Un popolo rozzo, irrequieto e spietato non può che essere amorale, perché quelle tre qualità negative plasmano individui nei quali non esiste il terreno della coscienza su cui gettare il seme dei limiti etici da non oltrepassare. In tali individui urge e si manifesta con estrema violenza un animalesco istinto primordiale che non è facile rimuovere, nemmeno dopo millenni di civilizzazione, e ciò conforta la certezza scientifica che gli uomini non sono uguali fra loro. Aleister Crowley scrisse che : «Ogni uomo è una stella», per significare che in ogni uomo esiste un incommensurabile universo di diversità caratteriali, di tendenze e di risorse spirituali, tale che potrebbe, magari, avvicinarsi di molto all’universo interiore di un altro uomo, senza mai sovrapporsi ad esso, o identificarsi con esso.  Tale assunto si riferisce alla generalità degli uomini, immaginiamo quale possa essere l’abisso caratteriale ed etico che divide questi ultimi da individui che di umano abbiano appena il dono della parola e, qualche volta, l’aspetto fisico. Gli Ebrei conobbero da vicino la civiltà egiziana e quella assiro-babilonese; civiltà che primeggiarono nel campo dello spirito, delle scienze, della letteratura, dell’arte e dell’organizzazione sociale e politica. Conobbero, perciò, la concezione del «post mortem» degli iniziati egiziani; conobbero le scoperte astronomiche e matematiche degli Assiro-Babilonesi, delle «Leggi di Manu» dell’India classica, appresero le regole morali, sociali e giudiziarie del «Codice di Hammurabi», cioè del più antico compendio del genere che si conosca. Ma non ne subirono gli influssi.  Tennero ben presenti soltanto le prescrizioni e i tabù che Mosè fece loro apprendere, dicendo che gli erano stati dettati da Dio. Un Dio dalle sfaccettature caratteriali stranamente identiche a quelle della gente ebraica;  un Dio dal quale non discese mai una parola o un gesto di vero perdono; un Dio che, tutt’al più, poteva essere rabbonito, tacitato con adeguato corrispettivo :

  • Esodo XXXIV, 20 = «Nessuno comparisca dinanzi a me a mani vuote».

La vera guida spirituale e politica degli Ebrei resta, dunque, il Pentateuco. Sotto questo nome vanno compresi i cinque Libri che costituiscono la parte fondamentale del cànone ebraico, e cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, considerati in blocco come la «Thorah» = Legge, insegnamento.

Che tipo di «leggi» e di «insegnamenti» abbia dato Dio agli Ebrei lo abbiamo potuto apprendere nel primo capitolo di quest’opera. Non v’è nulla, sia nel Pentateuco che nel resto dei Libri che compongono l’Antico Testamento, che possa elevare lo spirito del lettore, che possa esercitare quell’azione anagogica (cioè di ascesa verso il divino, il trascendente) che è invece prerogativa dei «Veda», delle «Upanishad», dei «Tantra», insomma della metafisica di popoli che non hanno mai rinunciato a nutrire lo spirito umano per ascendere e superare la dimensione terrena.

Dai testi sacri dell’Oriente sprizzano vividi bagliori di luce che la polvere dei secoli, di decine di secoli, non è riuscita ad oscurare. Dall’Antico Testamento promana un’angosciante atmosfera di sangue e di paura, di vendette, stragi e morte. Nulla, ma proprio nulla che parli d’amore come nel «Cànone buddista»; nella «Thorah» Dio è glorificato solo perché è il «Signore degli Eserciti», perché è «prode in guerra» (Esodo XV, 3), perché «la sua destra spezza il nemico» (Esodo XVI, 6), insomma perché consente ai suoi figli prediletti di abbeverarsi di sangue, di saziare la loro sete di conquiste e di dominio. Nell’Antico Testamento, Profeti e sacerdoti, condottieri e re, hanno innalzato lodi al Signore per la sua misericordia: ma trovatemi un solo punto dove si possa leggere di un gesto amorevole, di un atto di vero, disinteressato amore rivolto dal Signore degli Eserciti ai suoi figli. Quando costoro compivano stragi e sterminii, o addirittura turpitudini, Dio era «pago», perché era stata fatta la sua volontà! Niente altro. Gli Ebrei non hanno mai amato il loro Dio: lo hanno semplicemente temuto. Nel cuore di un Ebreo non c’era posto per l’amore: l’odio e la vendetta occupavano tutti gli spazi del cuore e non consentivano di scoprire e di sviluppare le tecniche dell’eros, come avevano fatto popoli di antichissima ed eccelsa civiltà: Indiani, Cinesi, Giapponesi. L’Ebreo si accoppiava brutalmente con le sue donne al solo scopo di avere figli (era poligamo per necessità politica: il numero è potenza!), senza finezza, senza poesia, facendosene padrone assoluto e dispotico.

In definitiva, la donna era soltanto un oggetto, da usare come tale.

Le prescrizioni riguardanti i servi, per esempio, contemplavano «perle» di questo tipo :

  • Esodo XXI, 4 = Se il suo padrone gli ha dato moglie, la quale l’abbia reso padre di figli o figlie, la moglie coi propri figli saranno del padrone, ed egli se ne andrà solo.

Questo diritto di padronanza sulla donna era stato dato da Dio a Mosè (Esodo XXI, 1), ma le disposizioni previste dal Signore nei confronti delle donne contenevano altre assurdità:

  • Levitico XII, 1 e seguenti = Il Signore parlò a Mosè e gli disse: «Ordina ai figli di Israele: quando una donna sarà rimasta incinta e avrà dato alla luce un maschio, sarà impura per sette giorni, tanti quanti per il tempo della sua impurità mestruale. L’ottavo giorno si circoncida la carne del bambino, e la mamma resterà ancora altri trentatre giorni ritirata a purificarsi del suo sangue: non tocchi nessun oggetto sacro, né vada al Santuario…Se invece dà alla luce una bambina, SARA’ IMPURA PER DUE SETTIMANE…E RESTERA’ PER ALTRI SESSANTASEI GIORNI RITIRATA a purificarsi del suo sangue…»

Ecco in che conto Dio teneva la donna: un essere umano di seconda serie. Impura dopo il parto, immonda dopo il suo ciclo mestruale e chiunque la toccava restava impuro…fino alla sera! (Levitico XV, 19). Da tutte queste prescrizioni che spingevano l’Ebreo a considerare la donna un sottoprodotto da usare, acquistare, vendere o ripudiare a piacimento, non potè, ovviamente, scaturire una sublimazione del sesso, una trasmutazione in Eros, come avvenne presso altre culture, né per godere dei piaceri del sesso in forma più cerebrale (vedi «Kama Shutra» indiano e «Fang-Pi-Shu» cinese), e né per trasmutare l’energia sessuale in energia mentale per raggiungere l’ascesi (vedi «Tantra Yoga» indiano col passaggio della «Kundalini» attraverso i «chakra» della colonna vertebrale). Mentre gli Orientali raffinavano il rapporto sessuale dell’uomo con la donna, inteso come parte integrante dell’espressione completa della natura umana e come stadio di sviluppo evolutivo per una più progredita e cosciente umanità, gli Ebrei schiavizzavano la donna usandola soltanto per accrescere la loro potenza razziatrice col numero dei figli che essa poteva partorire. E poiché -come ho in parte anticipato e come dimostrerò nel prosieguo di quest’opera- il Cristianesimo rappresenta la continuazione e il completamento dell’Ebraismo, ecco che il disprezzo per la donna voluto dal Dio Ebraico si riflette nel Nuovo testamento per bocca di San Paolo, portavoce del messaggio di Gesù, figlio di Dio, e Dio egli stesso (Prima Lettera ai Corinti VII,1 – idem XIV,34 e 35 – Lettera ai Galati V, 16 e 17 –   Lettera agli Efesini V, 22- a Timoteo II, 12 ecc.). 

Andiamo ora a vedere come si comportavano sessualmente gli Ebrei, e che parte aveva Dio in tali rapporti. Per i motivi già esposti sarò costretto a scegliere gli episodi più significativi, più sconcertanti, tuttavia sufficienti a fornirci un quadro esplicativo dell’attività sessuale degli Israeliti e del loro Dio. Se qualcuno avanzerà l’obiezione che quelli erano altri tempi, ebbene, sarà così dimostrato che la Bibbia non ha retto all’usura del tempo, e che non possiamo ritenerla esempio e guida per il nostro comportamento.

Per iniziare degnamente l’argomento di questo capitolo non trovo niente di meglio che riportare le parole di uno dei Libri più importanti dell’Antico Testamento :

  • Ecclesiaste VII, 26 =  «…e trovo che amara, più della morte, E’  LA   DONNA, la quale è un laccio: una rete il suo cuore,  catene le sue braccia.

Partiamo, dunque, da un tale presupposto e andiamo a vedere il primo atto sessuale della Sacra Scrittura. Dopo avere creato l’uomo :

  • Genesi II, 18 = …il Signore Iddio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: io gli farò un aiuto simile a lui «.

Dio sapeva bene quale genere di aiuto avesse bisogno Adamo; gli aveva creato il sesso, conosceva, perciò, le esigenze del sesso. Gli portò allora gli animali, pensando che Adamo se ne sarebbe servito convenientemente, essendo della stessa natura (Ecclesiaste III, 18).  Ma la cosa non funzionò. E Dio creò la donna togliendo ad Adamo la famosa costola. Questo fatto, secondo me, sta a simboleggiare la prima espropriazione subìta dall’uomo ad opera della donna, che l’uomo ha accettato, pur di potere usare quell’appendice della quale non sospettava la funzione e l’uso, prima dell’arrivo di Eva.

Nel vedere la prima donna -naturalmente nuda…

  • Genesi II, 23 = Allora Adamo esclamò: «Questa, sì, è osso delle mie ossa, e carne della mia carne!».

La frase pronunciata di getto da Adamo è oltremodo espressiva. Intanto, quell’ «esclamò» esprime l’esplosione di libidine del primo uomo nel vedere -finalmente!- la prima donna, poi, analizzando le parole che gli uscirono dalla bocca: «Questa, sì!…» ci convinciamo che l’autore della Genesi purgò senz’altro la vera espressione pronunciata da Adamo con gli occhi fuori dalle orbite, che dovette essere: «Questa, sì, è un pezzo di…» intendendo con ciò sottolineare plasticamente il gradimento per le grazie di Eva esposte alla luce del sole, che vincevano di gran lunga -a giudizio di Adamo, ed anche il nostro- il confronto con le grazie degli animali, che in principio Dio gli aveva proposto incautamente, senza tenere conto delle sue preferenze. Adamo, erettosi (termine appropriato, stante la situazione!) a padrone e unico usufruttuario di tanta …grazia di Dio, stabilì:

  • Genesi II, 24 = «Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e saranno una carne sola.»

A parte il fatto che egli non poteva parlare di padre e madre, non avendone mai sospettata l’esistenza, è singolare la precisazione che «sarà l’uomo a lasciare i genitori», mentre la donna potrà tenere liberamente con sé la madre. Nacque così l’istituto della “suocera in casa”. E siccome Dio non intervenne a frenare gli entusiasmi di Adamo, che avrebbero complicato la vita matrimoniale di tante coppie di sposi nei millenni a seguire, quello fu il primo atto di cattiveria perpetrato da Dio contro l’uomo. C’è anche da notare che Dio nel permettere l’unione carnale di Adamo con Eva, non celebrò il matrimonio. Almeno, la Bibbia non ne parla, perciò è sottinteso che in origine tale unione non fu un atto peccaminoso, mentre in seguito la Chiesa lo regolamentò con una cerimonia nuziale, naturalmente a pagamento, lanciando anatemi e scomuniche su coloro che non avessero tacitato opportunamente il prete per ottenere la «licenza di copula»!

Ma non basta.

  • Genesi II, 25 = Or, Adamo e sua moglie erano tutti e due ignudi, ma non ne avevano vergogna, in grazia della loro santità originale.

E che vuol dire? Io non sono Adamo, né ho goduto della santità originale, eppure, quando in ben precise e indimenticabili circostanze, mi sono trovato nudo davanti ad una donna, ebbene : non mi sono mai vergognato ! La sessuofobia manifesta della Bibbia è stata sempre la causa determinante di tanti delitti e di tante ipocrisie. E di tanti matrimoni falliti…

Abbiamo visto nel primo capitolo il contorto senso di giustizia applicato da Dio nei confronti del Faraone d’Egitto e di Abimelec re di Gerar, a causa della disinvoltura con cui Abramo incrementava i suoi introiti col commercio della moglie Sara. Quei turpi episodi sono presentati nella Bibbia come luminosi esempi di fedeltà ai voleri di Dio, tanto che, sia Abramo che la moglie, vengono elogiati per il loro comportamento. Certo è che Sara dovette…lavorare parecchio.   Pensate che Abramo e Lot, suo figlio adottivo (Lot era in realtà nipote di Abramo, in quanto figlio del fratello Aran), si erano talmente arricchiti di pecore, buoi e tende, che lo spazio non era più sufficiente per stare insieme. Decisero giustamente di separarsi, ed io penso che Sara sia stata costretta a lavorare un giorno per Abramo e un giorno per Lot, osservando al sabato (giorno festivo per gli Ebrei) un meritato turno di riposo. A quel tempo non c’erano i sindacati, ma la presenza e la vigilanza di Dio li sostituiva egregiamente. Sara, però, era sterile e ciò, pur rappresentando un vantaggio notevole per l’attività che svolgeva, era un cruccio per lei. Per dare un figlio ad Abramo gli consigliò di usare la schiava Agar. Abramo -sfido, io!- non se lo fece ripetere due volte e corse ad infilarsi nel letto della ragazza, mettendola subito incinta al primo assalto. Nacque Ismaele, e Sara ne fu gelosa. Il Signore, nella sua infinita misericordia, decise di intervenire personalmente:

  • Genesi XXI, 1 e 2 = Il Signore VISITO’ poi Sara, come aveva detto, e COMPI’ IN LEI quanto aveva annunciato. Sara quindi concepì e generò un figlio ad Abramo, GIA’ VECCHIO, proprio nel tempo che il Signore gli aveva predetto… Aveva Abramo cento anni, quando gli nacque Isacco suo figlio.

Mi sembra abbastanza chiaro quale sia stato il genere di «visita» che Il Signore fece a Sara, un genere molto apprezzato dalle donne di qualunque età e di qualunque razza. Non ho dubbi, perciò, che la donna ne sia rimasta compiaciuta. Anch’io, pur non essendo il Signore, ho «visitato» molte donne nel corso della mia vita, e posso dire che tutte, dico tutte, non mi hanno lesinato elogi e richieste di bis. Che Sara abbia concepito «per opera e virtù» del Signore il figlio dato ad Abramo, crea un imbarazzante precedente a quanto leggeremo in seguito nei Quattro Vangeli sinottici, e ci fa meditare sui «corsi e ricorsi storici». Isacco, nato da Sara congiuntasi con Dio, quando raggiunse i quarant’anni prese per moglie Rebecca, ma -porca miseria!- anche questa risultò sterile. Non restò altro da fare che richiedere il servizio di pronto intervento messo su dal Signore per simili casi di emergenza, in modo da soccorrere i bisognosi (meglio: le bisognose) con i suoi collaudati mezzi e la sua provata professionalità. Dio corse all’istante a «visitare» Rebecca e la donna, manco a dirlo!, concepì, e questa volta:

  • Genesi XXV, 21 = Isacco pregò il Signore per sua moglie, perché era sterile. Il Signore esaudì la sua preghiera e Rebecca, sua moglie, concepì. Ed i figli si urtavano nel suo seno.

La «visita» del Signore a Rebecca dovette essere così sostanziosa che la donna sentì urtarsi i figli nel suo grembo. Infatti, ne partorì due !

A questo punto facciamo un passo indietro per non trascurare un fatterello che riguarda Lot, figlio adottivo di Abramo. Il Signore si era insospettito per via di certi «clamori» che giungevano alle sue orecchie dalla città di Sodoma, e volle vederci chiaro (Genesi XVIII, 20). In realtà, il Signore conosceva benissimo l’origine e il significato di quei clamori, stante la nomea che gli abitanti di Sodoma si erano fatta e che aveva arricchito il vocabolario con un neologismo di grande valenza culturale: «sodomizzare». Un verbo usato senza parsimonia da quei birbantelli di abitanti, i quali nell’applicarlo non usavano affatto le precauzioni prese da Marlon Brando ne «L’ultimo tango a Parigi», anche perché a quell’epoca il film non era stato ancora girato.

Il Signore inviò allora due ispettori nella malfamata città, col compito di constatare «de visu atque de factu» come stessero in realtà le cose, per riferirne poi al diretto superiore, cioè a lui personalmente, interessato in modo particolare a nuove tecniche di «conoscenza». I due ispettori erano due angeli, che giunsero a Sodoma sul far della sera e si imbatterono in Lot che prendeva il fresco seduto alla porta della città. Lot era una persona veramente a modo che conosceva i doveri dell’ospitalità; invitò quindi i due forestieri a casa sua per ristorarli e offrire asilo notturno. Veramente, i due angeli erano intenzionati a trascorrere la notte in piazza (Genesi XIX, 2), ma Lot, che conosceva bene i suoi concittadini e sapeva quanto fosse pericoloso aggirarsi impunemente per le strade di Sodoma, al buio e con i Sodomiti (intesi nella doppia accezione di «abitanti» e di «buongustai») in agguato agli angoli delle case, pronti a ghermire l’incauto passante per una rapida applicazione terapeutica finalizzata alla cura delle emorroidi ( i Sodomiti adoperavano uno strumento personale che non aveva nulla a che fare con la crioterapia, ma era più piacevole, almeno per loro…); Lot, perciò, insistette vivacemente e li convinse a seguirlo in casa. Sennonchè, l’aspetto aristocratico e i modi sofisticati dei due messaggeri di Dio non sfuggì all’occhio esperto ed esercitato di qualche brutalone del luogo, il quale sparse la voce, facendo sapere a tutti che in città era giunto qualcosa di molto…appetibile. Una gran massa di arrapati cittadini si riversò alla casa di Lot e prese a tempestare di pugni la porta, gridando:

  • Genesi XIX, 5 =  Dove sono quegli uomini venuti da te questa notte? Màndaceli fuori, perché li vogliamo CONOSCERE!

Per chi non ha troppa dimestichezza con la terminologia biblica, spieghiamo che «conoscere» non significa esattamente fare le dovute presentazioni per chiedere come si stia in salute. No, quei maschiacci avevano interrotto momentaneamente di scandagliare gli intestini a qualcuno, abituale e peculiare occupazione locale DOC (Denominazione di Origine Controllata), intenzionati ad apporre il visto di entrata nel posto appositamente deputato all’uopo, dei due fascinosi stranieri, secondo le regole della buona creanza sodomitica. Ma Lot, che forse pregustava di assaggiare quelle primizie (la Bibbia non dice che fosse diverso dagli altri), per far cessare il baccano notturno, ebbe un’idea brillante, come solo un autentico Ebreo osservante della Legge poteva avere. Si affacciò alla porta di casa e così parlò:

  • Genesi XIX, 8 = «Ecco, io ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e NE FARETE QUEL CHE VORRETE, ma a questi uomini non fate nulla…»

La proposta, bisogna riconoscerlo, era allettante e onesta, in tutto degna di un uomo timorato di Dio. Ma, niente da fare. La massa di assatanati sbraitava che voleva «conoscere» i forestieri. La temperatura dentro i calzoni dei Sodomiti aveva raggiunto valori da altiforni; una nube di vapor d’acqua satura di acri odori maschili e di miriadi di spermatozoi in libera uscita, stagnava sulla testa di quegli esagitati. Quando i due angeli capirono che la situazione era diventata insostenibile, e poco ci mancava che ci lasciassero..beh, diciamo le penne, si rinchiusero in casa e :

  • Genesi XIX, 11 = …e colpirono di accecamento la gente che stava alla porta di casa, dal più piccolo al più grande…»

Vi lascio immaginare cosa successe a quel punto fra quella gente cieca e infoiata! Ci fu il prendi-prendi e non si salvò nessuno, soprattutto i piccoli, che erano stati portati ad assistere al rodeo carnale dei grandi per fare esperienza. Sono sicuro che i due angeli, riferendo al Signore i fatti e lo scampato pericolo, abbiano concluso la relazione dicendo: «La prossima volta vacci tu!»

Questo episodio riportato dalla Bibbia con dovizia di particolari, insegna che, per non arrecare dispiacere agli ospiti e a Dio, è meglio SACRIFICARE LE PROPRIE FIGLIE. Meditate, gente, meditate.

I discendenti di Abramo furono degni di lui in tutto e per tutto, e Dio, paterno e misericordioso soccorritore, li guardò sempre con occhio benevolo. Anche l’utero di Rebecca, moglie di Isacco e nuora di Abramo, ricevette le «attenzioni» del Signore, sfornando al primo colpo due simpatici gemelli, molto affezionati l’un l’altro: Esaù e Giacobbe. Tanto affezionati, che per dare un po’ delle lenticchie che stava mangiando al fratello Esaù, tornato stanco morto dal lavoro, Giacobbe pretese in cambio la primogenitura, che era a quel tempo un titolo preferenziale comportante notevoli privilegi. Come erano belle le famiglie e come vivevano bene in quella sana atmosfera patriarcale che vi regnava! Noi italiani, per ventennale oscurantismo, non l’avremmo mai conosciuta se l’America hollywoodiana non avesse opportunamente provveduto a colmare la lacuna con gli indimenticabili kolossal biblici! Ma andiamo avanti,e sentite cosa fece Isacco quando nel paese ci fu una nuova carestia e il Signore gli suggerì di andare a Gerar, dove regnava il re Abimelec. Questo Abimelec era colui che si era portato a letto la madre di Isacco, credendo che fosse la sorella di Abramo e, pur non avendola «conosciuta» (sapete, ormai, cosa vuol dire «conoscere»…), fu punito da Dio con la sterilità per lui, per la moglie e per le serve.

Isacco si domiciliò a Gerar dicendo alla gente che glielo domandava: «Questa donna è mia sorella», seguendo in ciò gli insegnamenti del padre, nel solco di una tradizione ampiamente collaudata e di altissimo valore etico. Un giorno Abimelec, stando alla finestra senza far niente (ecco da chi appresero come governare un paese i vari ministri italiani del centro-sinistra…), vide Isacco fare delle carezze a Rebecca, sua moglie

  • Genesi XXVI, 9 e seguenti = Allora Abimelec fece chiamare Isacco e gli disse: «Costei è senza dubbio tua moglie. Perché dunque hai detto: è mia sorella?…Qualcuno del popolo avrebbe potuto dormire con tua moglie e tu ci avresti tirato addosso un grave peccato». Allora Abimelec bandì a tutto il popolo quest’ordine: Chiunque tocca quest’uomo o sua MOGLIE, SIA MESSO A MORTE.

Mi pare che, ancora una volta, re Abimelec si comportò da gentiluomo e non offrì alcuna possibilità al Dio di Isacco di sfogare su di lui e la sua famiglia l’ormai notoria malvagità. L’episodio ora descritto dimostra quale fosse il senso dell’onestà e della giustizia presso le antiche popolazioni da sempre stanziate nei territori che le orde israelite si apprestavano a conquistare, compiendo stragi e devastazioni per potere sostenere, dopo alcune migliaia d’anni, che quelle terre le aveva loro donate Dio.

Degno figlio di Isacco, e degno nipote di Abramo, fu pure Giacobbe, il più piccolo dei gemelli di Rebecca, protagonista di una storia boccaccesca «ante litteram» e molto complicata, che io tenterò di spiegare: Giacobbe lavorava presso suo zio Labano, che aveva due figlie, la maggiore si chiamava Lia, mentre la più piccola si chiamava Rachele.  Giacobbe si era innamorato di Rachele e la chiese in moglie allo zio, il quale acconsentì a patto che il nipote lavorasse per sette anni alle sue dipendenze. Raggiunto l’accordo, allo scadere dei sette anni Giacobbe chiese il rispetto del contratto (Genesi XXIX, 15 e seguenti). Si preparò allora una gran festa con molti invitati :

  • Genesi XXIX, 23 e seguenti = Ma la sera Labano prese la sua figlia Lia e la condusse a Giacobbe, il quale ENTRO’ DA LEI. Labano dette la sua ancella Zelfa per serva alla figlia Lia. Ma ecco che al mattino Giacobbe si accorse che era Lia; e disse a Labano: «Cosa mi hai fatto? Non ti ho servito per Rachele? E perché mi hai ingannato?» Ma Labano rispose: «Nei nostri luoghi non si usa dare la minore prima della maggiore. COMPI LA SETTIMANA CON QUESTA, poi ti sarà data anche l’altra, per il servizio che mi presterai per altri sette anni..!»

Ma come fece, dico io, a non accorgersi che la donna con lui nel letto non era quella che aveva contrattato? La Bibbia dice che Lia aveva gli occhi malati e doveva essere anche di non gradevole aspetto, mentre Rachele era formosa e piacente. Sì, capisco che dopo sette anni di attesa e di astinenze l’ultima cosa che si guarda sono gli occhi, specialmente se ci si trova al buio, ma almeno al tatto avrebbe potuto capire che c’era stato un disguido rimarchevole nell’applicazione delle clausole contrattuali! Sta di fatto, che il povero Giacobbe dovette soddisfare Lia per una settimana di seguito, e lavorare poi per altri sette anni, prima di potere gustare le primizie di Rachele. Anche in quest’episodio balza alla nostra attenzione un principio giuridico degli Ebrei: poiché la figlia più piccola non poteva andare sposa prima della sorella più grande e, se lo faceva, allo sposo toccava soddisfare per prima quest’ultima, immaginate un po’ quale sarebbe stato il compito di Giacobbe se Rachele avesse avuto dieci o dodici sorelle più grandi di lei!!…

Labano diede a Rachele, finalmente congiunta a Giacobbe, un’ancella di nome Bala. Cominciò così un complicato «menage» a sei. Sissignore, a sei!! Leggetevi il capitolo XXIX della Genesi dal versetto 28 alla fine e tutto il capitolo XXX : apprenderete un carosello amatorio decisamente impressionante da fare invidia ai più scatenati film pornografici in circolazione, con Giacobbe e Dio nel ruolo di «montatori» accaniti, che si alternavano a soddisfare le voglie di quattro femmine assatanate: Lia, Rachele e le due ancelle Zelfa e Bala. E siccome fra quelle quattro femmine l’unica ad essere sterile era -ma guarda un po’!- Rachele (ci risiamo, la storia si ripete!…), ci pensò opportunamente, e senza farsi pregare, Dio, sempre pronto ad accorrere in casi delicati come questo, con somma soddisfazione di tutti.

  • Genesi XXX, 22 = Iddio si ricordò anche di Rachele, la ESAUDI’ E LA RESE FECONDA.

E meno male che «si ricordò anche» di Rachele, occupato com’era con i «ludi procreativi» delle altre femmine! Comunque, saltando da un letto all’altro, e sempre con l’aiuto di Dio, Giacobbe ebbe dodici figli, il più grande dei quali, Ruben, una volta cresciuto iniziò il suo apprendistato amatorio andando a letto con Bala, la concubina di suo padre. Dio, da parte sua, ammirato per l’irreprensibile condotta tenuta da Giacobbe durante tutta la vita, volle gratificarlo di un nome da tramandare ai posteri nei secoli futuri:

  • Genesi XXXV, 9 e 10 = Iddio apparve di nuovo a Giacobbe e lo benedì. Poi gli disse: «Il tuo nome è Giacobbe, tuttavia d’ora in poi tu non dovrai più chiamarti Giacobbe, ma il tuo nome sarà ISRAELE». E lo chiamò Israele.

Ecco, da quali magnanimi lombi discende il nome di Israele e tutta la tradizione ad esso collegata. E i dodici figli, che Giacobbe ebbe da mogli e concubine, procreati in condominio con Dio, furono a capo delle dodici tribù che costituirono il regno di Israele.

Un certo Giuda aveva dato in moglie ad Er, suo figlio primogenito, una donna di Kezir, di nome Tamar, ma ciò non piacque a Dio:

  • Genesi XXXVIII, 7 e seguenti = Ma Er, primogenito di Giuda, era spiacevole agli occhi del Signore, e il Signore lo fece morire.

Perché il giovane fosse antipatico a Dio non si sa, comunque fu liquidato senza mezzi termini. Giuda ci riprovò con il suo secondogenito, Onan, raccomandandogli di «entrare» in Tamar per assicurare la progenie al fratello morto. Infatti, presso gli Ebrei i figli concepiti da una vedova, non importa con quale o quanti uomini, erano per legge figli del defunto marito! Un po’ come le olive che l’Italia acquista non importa dove, ma trasformate in olio producono «olio italiano». Misteri e potenza della globalizzazione mondialista!

Onan, scottato dalla morte del fratello, non volle fare capolino nella vagina delle cognata e adottò un sistema di reciproco soddisfacimento sessuale, che diede il nome a un singolare esercizio:

  • Genesi XXXVIII, 9 e 10 = Ma Onan sapendo che la prole non sarebbe sua, quando si accostava alla moglie di suo fratello, impediva tutto EMETTENDO IN TERRA. Ciò che egli faceva dispiacque molto al Signore, che fece morire anche lui.

E due! Giuda non aveva capito che Dio, oltre a detestare i suoi figli, aveva formulato altri progetti per soddisfare la bella Tamar. Però non si diede per vinto e promise a Tamar che quando l’ultimo suo figlio, Sela, sarebbe cresciuto glielo avrebbe dato per marito. Ma la donna era tutta in ebollizione per la pessima riuscita dei due precedenti mariti che le avevano lasciato una fame gagliarda. Il primo era morto durante l’assalto inaugurale; il secondo, ancor più cretino perché sprecava per terra le sue sostanze, morto per   ignoranza tecnica e senza averle fatto provare la soluzione adottata alla Casa Bianca da Monica Levinsky. Stanca di tutto questo, Tamar stabilì di prendere lei stessa l’iniziativa. Si sa che la donna ne sa una più del diavolo, e Tamar non faceva eccezione, decise perciò di andare fino in fondo, affinchè un uomo come si deve andasse fino in fondo a lei. Il sistema che escogitò diede i frutti sperati. Saputo che suo suocero Giuda si sarebbe recato nal paese dove lei abitava col padre, si agghindò come una prostituta e lo attese seduta lungo la strada.

  • Genesi XXXVIII, 15 e seguenti = La vide Giuda e la credette una meretrice, perché si era velata la faccia, e rivolto a lei sulla via, le disse: «Permettimi di accostarmi a te» -non sapendo che era sua nuora. Ed ella gli disse: «Che cosa mi darai per accostarti a me?» Rispose: «Ti manderò un capretto del mio gregge». Ed ella disse: «Lasciami un pegno, finchè non l’avrai mandato». E Giuda: «Che pegno devo lasciarti?» Ed ella: «Il tuo sigillo e il tuo cordone e il bastone che tieni in mano». Giuda glieli dette, si unì a lei ed ella concepì.

Come è possibile che Giuda non riconobbe sua nuora? Misteri della fede! E il Signore che faceva nel mentre egli, con comprensibile impegno,essendo già vedovo da lungo tempo, provava a spegnere l’incendio uterino della nuora? Era distratto in quel momento, o approvava l’operazione? Io sono propenso a credere alla seconda ipotesi, conoscendo il metro di valutazione del Dio degli Ebrei. I risultati di quel «match» sui materassi di Tamar si manifestarono ben presto : la donna restò talmente soddisfatta della cavalcata storica, che mise al mondo due gemelli, segno evidente che Dio l’aveva voluto gratificare con la stessa mercede di Rebecca, moglie di Isacco (Genesi XXV, 21).

Il rispetto che il Signore dimostrava nei riguardi della donna era pari alla sua licenziosità copulativa: nessun freno, nessun limite morale, nessun segno di delicatezza e di poesia, ma solo crudezza di cuore.

Ecco uno dei consigli dati dal Signore al suo popolo eletto:

  • Deuteronomio XXI, 10 e seguenti = Quando andrai in guerra contro i tuoi nemici, e il Signore Iddio tuo te li avrà dati nelle mani, e avrai fatti dei prigionieri, se scorgerai fra di essi una donna di bell’aspetto e tu ti invaghisci di lei, la potrai prendere per moglie e condurla a casa tua…

E se avviene che ella non ti sia più gradita, LASCIALA ANDARE DOVE MEGLIO LE PIACE, ma non la potrai vendere in nessun modo per ricavarne denaro, ne vilipenderla, poiché tu TE NE SEI GIA’ SERVITO.

Questo brano del Deuteronomio inizia con una proposizione che la dice lunga sul carattere e sulla vita giornaliera degli Israeliti. La raccomandazione che Dio fa ai suoi figli prediletti ha un preciso scontato significato. «Andare in guerra» è posto come un’attività quotidiana di nessun rilievo, è un fatto normale, abituale, come fare una passeggiata per prendere una boccata d’aria e conversare con gli amici, e non ha la valenza di un fatto eccezionale capace di sconvolgere la vita della comunità. Altrettanto scontata è l’assicurazione dell’assenza totale di pericolo e di impreviste sconfitte, in quanto provvederà Dio stesso a porgere su un vassoio i nemici da trattare come ben sappiamo. In aggiunta a tutto ciò, è di notevole valore etico il permesso accordato di trattare le donne prese prigioniere alla stregua di mezzi per soddisfare i più bassi istinti, senza tener conto della dignità umana di quelle povere disgraziate. Anche lo status di «moglie» era di nessun valore. Il termine serviva a mascherare l’assoluta liceità per l’Ebreo di sfogare i suoi istinti fino a sazietà ottenuta, ammantando il tutto col paravento del «matrimonio», e poi di gettare via la donna di cui si era   servito. Ma senza «vilipenderla» e lasciandola libera perché se ne servissero altri. Proprio come si fa abitualmente con gli oggetti che noi non intendiamo più usare, e li offriamo ad organizzazioni di pubblica raccolta, perché ancora buoni per essere adoperati da altri.

Un’altra massima di alto contenuto morale è la seguente:

  • Deuteronomio XXIII, 18 = Tra le figlie e i figli di Israele, non ci sia nessuna prostituta, né alcun prostituto.

Ciò significa che gli altri popoli, anch’essi figli di Dio, possono avere prostitute e prostituti, tanto a Dio non gliene frega niente!

Ci imbattiamo adesso in un episodio colmo di particolari edificanti, sui quali vi invito a riflettere. Avvenne che un uomo, un Levita, abbandonato dalla moglie perché «disgustata» di lui (Giudici XIX, 2), si partì da casa con un servo e due asini per andare a riprendersi la donna. Finalmente riappacificato con la sua donna ( l’avevano, forse, convinta le prestazioni del servo e dei due asini…?), sulla via del ritorno non gli riuscì di trovare asilo per la notte. Giunto nei pressi della città di Gaaba, gli si fece innanzi un vecchio che, avendo appreso le difficoltà di quei forestieri, li condusse a casa sua per ristorarli. Mentre stavano mangiando :

  • Giudici XIX, 22 e seguenti = …quand’ecco degli uomini della città, gente scellerata, si affollarono intorno alla casa e, bussato alla porta, si misero a dire al vecchio: «Metti fuori l’uomo che è entrato da te, affinchè ne abusiamo». Si presentò il padrone di casa e rispose loro: «No, fratelli miei, vi prego, non fate questo male; egli è ospite presso di me: non commettete una simile infamia. HO UNA FIGLIA CHE E’ VERGINE, E IL  MIO OSPITE HA LA MOGLIE ; LE CONDURRO’ A VOI: ABUSATENE E FATE DI LORO QUEL CHE VI PIACE, PURCHE’ NON COMMETTIATE TALE INFAMIA CONTRO  IL  MIO  OSPITE».

Ma quegli uomini scellerati non ne vollero sapere, sicchè il Levita dovette prendere la moglie e consegnarla ad essi, I QUALI NE ABUSARONO E LA VIOLENTARONO PER TUTTA LA NOTTE, FINO AL MATTINO E LA LASCIARONO   SOLTANTO AL SORGERE DELL’ AURORA. Ma la donna, ritornando al mattino, cadde sfinita presso la porta di casa, dov’era alloggiato suo marito e vi rimase esanime fino al giorno. Al mattino il Levita si alzò e, aperta la porta di casa, USCI’ PER RIPRENDERE IL SUO  VIAGGIO, quando vede la propria moglie stramazzata a terra presso la porta di casa, con le mani stese sulla soglia. La chiama, dicendole:«Alzati e partiamo». Ma ella non risponde. Allora la caricò sull’asino e ripartì verso casa sua. Ma appena arrivato, afferrò un coltello e presa la moglie, ne squartò il cadavere con le ossa in dodici parti e le mandò per tutto il territorio di Israele.

In questo racconto biblico si accavallano e si sommano delitti di una tale atrocità da disgustare anche il più incallito delinquente. La Chiesa Cattolica ha sempre stigmatizzato e condannato l’omosessualità dell’antica Grecia, che aveva un altro significato e un altro scopo, nella cosiddetta «Terra Santa» era un passatempo di massa, non necessariamente relegato al perimetro urbano delle due città malfamate, Sodoma e Gomorra, dovuto non più a pratiche iniziatiche, ma a barbariche esplosioni di libidine incontrollata, così come descritte dalla stessa Bibbia in molteplici episodi. Provoca, perciò, in noi un profondo senso di ribrezzo la disinvoltura di un padre, disposto a dare in pasto la propria figlia -e aggiunge «vergine» per solleticare di più la fregola di quegli imbestiati debosciati- pur di salvare le terga dell’uomo che ospitava.   Ci muove lo schifo pensando a un marito (!) che spinge fuori la propria moglie, sapendo quale sorte le fosse riservata, pur di proteggere l’integrità (?) del proprio sfintere. Proviamo una profonda pietà per quella povera donna costretta a subire per tutta la notte le turpi violenze dei «maiali» prediletti da Dio. Ci coglie il vomito apprendendo che, mentre la moglie veniva martirizzata dagli  infoiati  figli di Israele, il marito dormiva il sonno del giusto. Restiamo letteralmente sconvolti leggendo che, al mattino, l’uomo si accinge a riprendere il cammino, dimentico ormai della sorte della moglie e restiamo senza parole nel leggere che, avendola vista stramazzata a terra, sfinita per le torture subite, non le chiede come stia, per aiutarla a riprendersi, ma si limita a dire: «Alzati e partiamo». E infine, facciamo sforzi sovrumani per non sputare su questa pagina infame di un libro ritenuto «sacro» e consigliato per tutte le famiglie, là dove si narra dello squartamento della donna da parte del marito, che con tale gesto simbolico intendeva tacitare la sua sporca coscienza e mettere i suoi stessi correligionari di fronte al loro obbrobrio. Avete mai chiesto ad un sacerdote cosa pensa di questo episodio contenuto nel «Libro santo»? Avete mai chiesto ad un Ebreo di giudicare il suo passato e quello della sua gente, prima di condannare i campi di concentramento nazisti e l’orrore per l’ «Olocausto»? PROVATECI !

Io resto sempre dell’idea di espurgare adeguatamente la Bibbia usata dai Cristiani , e cioè togliere l’Antico Testamento, vera enciclopedia del crimine, e lasciarlo agli Ebrei per pascersi e comportarsi come il loro Dio comanda. Così i Cristiani non saranno costretti, nei paesi dove è richiesto, di posare la mano su quel concentrato di turpitudini nel momento di prestare giuramento solenne. Il Nuovo Testamento può, per altri versi, essere criticabile, ma se non altro, non contiene oscenità. E, a proposito di oscenità, rifacciamoci la bocca con un’altra boccaccesca novelletta dell’ineffabile «testo sacro» per apprendere l’origine dei Moabiti e degli Ammoniti -che, poi, sono Ebrei.

I due angeli che erano stati inviati da Dio a Sodoma per appurare taluni gusti erotici particolari degli abitanti, erano riusciti, come ricordate, a salvare il fondo schiena dall’assalto dei Sodomiti infoiati. Quando fu ristabilita la calma dissero a Lot:

  • Genesi XIX, 12 = «Chi c’è qui ancora dei tuoi? Fa’ uscire da questo luogo generi, figli e figlie e chiunque de’ tuoi si trovi in questa città, perché noi siamo qui per distruggere questo luogo».

E poiché Lot indugiava, furono i due angeli a prendere per mano Lot, la moglie e le figlie, e a trascinarli fuori di casa, incitandoli a mettersi in salvo. Strano che abbiano consigliato di far mettere in salvo anche i generi, pur sapendo che le figlie di Lot non avevano fino a quel momento «conosciuto» uomo. Comunque, la famigliola partì a rotta di collo verso un vicino centro abitato, Segor, con la raccomandazione di non voltarsi indietro durante la fuga. La moglie di Lot, curiosa come tutte le donne, non seppe resistere all’imposizione e si voltò a guardare la tempesta di zolfo e di fuoco che Dio scagliava su Sodoma e Gomorra. La donna disubbidiente fu punita immediatamente, perché il Signore con un occhio prendeva la mira sulle città da colpire e distruggere, e con l’altro seguiva attentamente i fuggiaschi. Lo strabismo consente queste cose!… La moglie di Lot, perciò, fu trasformata in una colonna di sale. Sissignore, in una colonna di sale!!

Ora, dico io, che razza di punizione fu quella? Avrei capito che Dio l’avesse incenerita, quantomeno paralizzata, o che so io, ma perché trasformarla in una colonna di sale e non di roccia, oppure di marmo? Certamente il Signore doveva conoscere bene i gusti e le preferenze della donna…Dovete sapere che in quelle zone inospitali vagavano, a quel tempo, branchi di capre selvatiche, e le capre -informatevi se non ci credete- sono ghiotte di sale, soprattutto quando hanno sete, e quando ne trovano si dànno a leccare con frenesia fino a saziarsi. Ciò anche perché il sale stimola la produzione del latte. Di sicuro il Signore volle, con tale mezza-punizione, essere clemente e misericordioso con la donna, della quale conosceva le particolari inclinazioni, e la «condannò» ad essere continuamente leccata da ogni capra, o altro animale vagante, di passaggio da quelle parti. Fino al totale, piacevole scioglimento…è ovvio! Così la Bibbia insegna che non tutto il male viene per nuocere. Lot, incurante della perdita della moglie, continuò la fuga e si mise in salvo con le due figlie. Poco tempo dopo, lasciata la città di Segor, ascese il monte vicino e si stabilì in una caverna. Quel ritiro ascetico non piacque alle due figliole, rimaste deluse per non aver potuto provare le gioie sodomitiche in quella famosa «notte degli angeli». Adesso aprite le orecchie e spalancate gli occhi per apprendere alcuni insegnamenti di altissimo valore etico:

  • Genesi  XIX,  31  =   Or,  la  maggiore  disse  alla  minore: «Nostro padre è vecchio e non c’è più nessun uomo al mondo per venire da noi, come si costuma ovunque. Diamo dunque da bere del vino a nostro padre e mettiamoci a giacere con lui e così sopravviverà da nostro padre la discendenza.

Come idea, non è che fosse sbagliata, anzi, da un punto di vista pratico era ineccepibile. Così la sera stessa, le due pimpanti e fantasiose pulzelle stordirono col vino il vecchio genitore, che si addormentò ignaro di quanto avrebbero fatto su di lui le due figliole durante la notte. Restò, però, diritta e ben piantata in marmorea posa statuaria, l’ancor valida appendice paterna, oggetto delle filiali attenzioni, sulla quale, senza por tempo in mezzo, si calò decisamente e con un sospiro di sollievo che scaturiva dalle profonde e inesplorate intimità muliebri, la maggiore delle figlie. Era giusto, d’altronde, che fosse la più grande ad inaugurare quella originale «società a conduzione familiare», secondo quanto prescriveva la «Legge». Incesto, sì, ma tutto canonicamente regolare. Il vecchio Lot, manco a dirlo, non si accorse di niente, né le figlie accennarono alcunché. Egli avvertì soltanto un leggero mal di schiena, al mattino successivo, dovuto ai frenetici assalti dell’indiavolata primogenita.

  • Genesi XIX, 34 e seguenti = Il giorno dopo la maggiore disse alla minore: «Ecco, la notte scorsa io ho dormito con mio padre. Facciamogli bere del vino anche stanotte e tu entra e giaci con lui, così otterremo discendenza da nostro padre».

E anche quella notte dettero da bere del vino al loro padre, e la minore andò a giacersi con lui ed egli non si accorse né quando si coricò, né quando si levò. Così le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre. La maggiore ebbe un figlio e lo chiamò Moab. Egli è il capostipite dei Moabiti, che sussistono anche oggi. Anche la minore diede alla luce un figlio e lo chiamò Ben-Ammi. Egli è il capostipite degli Ammoniti, che durano fino al presente.

La Bibbia non specifica quale scorta di vino Lot avesse portato con sé in montagna; noi, perciò, non abbiamo potuto fare il conto di quei caroselli notturni.

A questo punto facciamo un breve inciso per ricordarvi che stiamo scegliendo «fior da fiore» dalla Bibbia cattolica e non dal «Decamerone» di messer Giovanni Boccaccio. E adesso, proseguiamo.

Dal I° Libro di Samuele apprendiamo quanto segue: Vi era in Rama un uomo di nome Elcana che aveva due mogli: una chiamata Anna e l’altra Feninna. La seconda aveva avuto dei figli, mentre Anna era sterile e si doleva per questo fatto. Si rivolse, perciò, con fervide preghiere all’unico ginecologo di collaudata bravura e millenaria esperienza: Il Signore, il quale fece in modo che Elcana mettesse incinta la moglie. E fin qui, tutto regolare. Un bel momento, il Signore avrà pensato: «E dove è scritto che, per compiere miracoli, io debba agire per interposta persona? Sono, o non sono onnipotente?» Fatto questo pensierino:

  • I° Samuele II, 21 =   Il signore «visitò di nuovo» Anna, la quale concepì e dette alla luce tre figli e due figlie.

Cinque in una volta ! Un vero «Guinnes dei primati», segno manifesto della potenza di Dio ! Così Anna potè pareggiare la contabilità procreativa con Feninna, l’altra moglie di suo marito.

Ed ecco un’altra amena storiella, che ha tutti i titoli per far parte di questo sollazzevole capitolo, in quanto vi sono cointeressati gli organi genitali di un paio di centinaia di uomini. Re Saul detestava il giovane David, perché era convinto che questi, una volta cresciuto, gli avrebbe tolto il trono. Cercava, perciò, di esporre David a sempre nuovi pericoli per farlo morire. Ora, avvenne che Mical, figlia di Saul, si innamorasse di David. Saputo ciò, l’astioso re escogitò un sistema per eliminare il giovane: gli fece dire dai cortigiani che il re sarebbe stato contento di averlo per genero.  In principio, David si mostrò restio a chiedere la mano della bella Mical, a causa della sua umile condizione, allora:

  • I° Samuele XVIII, 24 = I cortigiani riferirono al re le parole di David, ma Saul suggerì loro: «Dite così a David: il re non chiede la dote, ma desidera solo CENTO PREPUZI di Filistei, per vendicarsi dei suoi nemici».

Saul pensava così di far cadere David nelle mani dei Filistei.

E ci credo ! Non penso che i Filistei, come qualunque altra gente, fossero ben disposti a farsi tagliare i prepuzi per favorire il matrimonio di David. Cosa avreste risposto voi lettori se vi fosse stato richiesto un tale sacrificio? Che désse il suo, se proprio non gli serviva, ma non rompesse i prepuzi degli altri! La condizione posta da re Saul piacque a David, -e non c’era da dubitarne- che partì in quarta, deciso a conquistarsi la moglie a colpi di prepuzi filistei:

  • I° Samuele XVIII, 27 =  David si levò, partì con i suoi uomini, UCCISE DUECENTO Filistei, portò i loro prepuzi e li rimise in NUMERO ESATTO al re, per diventare suo genero. Allora Saul gli dette in moglie la propria figlia Mical.

Calma, e non andiamo avanti. Qui c’è qualcosa che non quadra. Il re gli aveva chiesto CENTO prepuzi. David uccise DUECENTO filistei ai quali, si suppone, tolse i corrispondenti prepuzi. Cosa significa: «li rimise in numero esatto al re»? Glieli consegnò tutti e duecento? E perché tanto spreco di prepuzi, quando, secondo gli accordi, ne sarebbero bastati cento ? Se invece, come crediamo, per «numero esatto» si debba intendere «la quantità concordata», allora: che fine hanno fatto gli altri cento prepuzi ? Forse li depositò in banca come risparmio fruttifero, per l’eventuale acquisizione di un’altra moglie? Sembrerebbe un mistero, ma se avete la pazienza di sfogliare alcune pagine della Bibbia, fino al 2° Libro di Samuele, saprete come sono andate le cose. Dopo un certo tempo, David si prese altre due mogli, Abigail e Achinoam (I° Samuele XXV, 40-43), e certamente dovette pagare per averle. E con che cosa, se non con i prepuzi, vista la moda instaurata da Saul? Il quale Saul, offeso per questi due ultimi matrimoni, gli tolse la figlia Mical e la diede a un certo Falti (I° Samuele XXV, 44). David, che non aveva dimenticato le grazie di Mical, si recò dal nuovo marito dell’ex moglie e gli disse:

  • 2° Samuele III, 14 = «Ti prego, rendimi mia moglie  Mical, che io sposai a prezzo di CENTO PREPUZI di Filistei».

Ed ecco svelato il mistero della scomparsa dei cento prepuzi avanzati : erano stati messi da parte, forse addirittura in banca a un certo tasso di interesse, e utilizzati per l’acquisto delle altre due mogli. Non c’è altra soluzione. E’ probabile che il baratto delle figlie da marito con i prepuzi abbia preso piede nelle famiglie di allora, per cui è da ritenere che ogni padre di famiglia abbia stilato un prezziario, per far conoscere agli eventuali pretendenti il valore in prepuzi delle figlie, a seconda della venustà di ognuna.   Le più brutte si potevano prendere con appena due o tre prepuzi. Le bellissime, con una quantità di prepuzi da convenire. I Filistei, è logico, essendo stati elevati ad unico rifornimento degli Israeliti, si saranno premuniti da qualsiasi esproprio forzato con una «assicurazione prepuziale» cautelativa.

L’attività sessuale di David, ovviamente benedetta da Dio, non si esaurì con quei tre soli matrimoni, perché, non appena diventato re:

  • 2° Samuele V, 13 = David prese poi ANCORA CONCUBINE E MOGLI in Gerusalemme, dalle quali ebbe altri figli e altre figlie. Ecco i nomi di quelli che gli nacquero in Gerusalemme: Samua, Sobab, Natan, Salomone, Jebhar, Elisua, Nefeg, Jafia, Elisama, Baaliada, Elifelet.

Questi sono i nomi dei figli nati in Gerusalemme; non sappiamo quanti altri ne ebbe da altre mogli e concubine prese nei territori del suo regno. Comunque, il suo capolavoro, in materia sessuale oltre che penale, resta la sua storia con Betsabea.

Questa donna era la moglie di Uria, uno dei comandanti dell’esercito di David, ed era talmente bella che il re David se ne invaghì all’istante avendola vista al bagno. La mandò a chiamare e se la portò a letto, cosa che la bella Betsabea gradì moltissimo.

  • 2° Samuele XI, 5 = Quando la donna si accorse di avere concepito, mandò a dire a David: «Sono incinta!»

Stando alle leggi vigenti, Betsabea doveva essere condannata a morte unitamente a re David (Levitico XX, 10), bisognava, perciò, trovare il modo di eludere la legge.  David fece di tutto per far sì che Uria, il marito, stesse a casa per avere rapporti sessuali frequenti con la moglie, e coprire in tal modo il mal fatto. Non ci riuscì. In quel periodo Uria era senza…appetito. Fu giocoforza, allora, architettare il delitto perfetto. Uria fu spedito in guerra -ce n’era sempre qualcuna sottomano- e venne ucciso nel corso di una tremenda battaglia. Il Signore, dice la Bibbia, si incavolò di brutto per il male compiuto da re David e gli mandò a dire col Profeta Natan:

  • 2° Samuele XII, 13 e 14 = «Il Signore da parte sua ha perdonato il tuo peccato: tu non morrai; ma il figlio che ti è nato, poiché hai oltraggiato il Signore con tale colpa, morrà senza dubbio».

Perciò, secondo la morale ebraica, l’oltraggiato non era Uria, ma il Signore. E come sempre, il Signore sfogò la sua collera su un innocente. Poi David aggiunse Betsabea all’elenco già abbastanza nutrito delle sue mogli, e con lei ebbe un altro figlio, al quale pose nome Salomone.

David non restò immune da nessuna delle pecche che caratterizzarono i personaggi della storia di Israele, re o uomini comuni che fossero. Fu adultero e assassino, sanguinario e blasfemo; in seno alla sua famiglia si perpetuarono gli orrori e le nefandezze abituali degli avvenimenti Biblici, compresi incesto e fratricidio. Tuttavia, il Signore fu sempre benigno con lui e chiuse tutti e due gli occhi sulle sue malefatte, anzi gli assicurò una luminosa discendenza, il cui ultimo germoglio finì sul Monte Calvario, immolato dall’equivoca giustizia del Dio di Israele.

La conclusione che si trae da questi sconcertanti episodi è che l’alleanza con Dio e l’ubbidienza ai suoi voleri, conferiva una sorta di «immunità divina», una «licenza di uccidere», tipica di un «padrino di Cosa Nostra». Quello che io sto citando in questa modesta opera, commentando spesso con ironia, è nulla o quasi, rispetto a ciò che potrebbe trovare il lettore nel contesto dell’intero Antico Testamento. I milioni di Cristiani non hanno mai letto per intero la Bibbia; hanno accettato supinamente quei brani che la demagogia clericale ha estrapolato ai fini della propria ragione di vita e di sussistenza. Bisogna prendere in mano il Santo Libro e con pazienza leggere attentamente quanto vi è contenuto, senza animosità, senza idee preconcette, affidandosi soltanto al raziocinio e al buonsenso di cui si dispone, inquadrando fatti e comportamenti nella logica del nostro tempo e della nostra civiltà. Ci si accorgerà, allora, che la Sacra Scrittura, santa per eccellenza, è un concentrato di nefandezze e oscenità che inquinano le coscienze. Non esiste traccia alcuna di spiritualità; non esiste senso di umanità; non c’è nulla che stimoli la promozione umana. E’ una lunga ossessionante cronistoria di guerre, di conquiste territoriali, di sangue innocente versato per volere divino, di stragi e di turpitudini sessuali, di persecuzioni e di vendette, tutte cose, queste, ordinate da un Dio feroce e spietato, intento sempre a calpestare e terrorizzare l’uomo da esso stesso creato. Non si capisce, perciò, quali edificanti esempi possa trarre l’umanità dalla lettura di un cotale trattato del crimine; quali esempi educativi possano contribuire a migliorare la gioventù odierna, già per altri versi allo sbando. La Bibbia è un testo largamente superato dai tempi; e un testo di tal fatta non può mai essere un libro «sacro», perché un messaggio spirituale deve poter sfidare i secoli, i millenni, ed essere sempre valido punto di riferimento per il nostro cammino terreno e ultraterreno. Prendete un qualunque testo di Yoga: le indicazioni e gli argomenti trattati potrete, magari, non capirli, ma non susciteranno mai in voi un senso di orrore, di raccapriccio e di disgusto -e molto spesso di ridicolo- per come avviene leggendo la Bibbia.

Ma ritorniamo ai «campionati del sesso libero» degli Ebrei e del loro Dio. Dopo una vita abbastanza movimentata, tutta finalizzata all’avvento del Regno di Dio sulla terra, re David vecchio e stanco, non riusciva più a scaldarsi:

  • I° Re I, 2 = Allora i suoi servi gli suggerirono: «Si cerchi per il re, nostro signore, una FANCIULLA VERGINE, la quale lo assista e si prenda cura di lui, gli dorma in seno, e riscaldi il nostro re».

Venne risolto in tal modo il problema del riscaldamento domestico per gli anziani, assolutamente ecologico perché non inquinante, di gran lunga superiore al metano, che magari «ti dà una mano», ma non ti può dare quello che una dolce fanciulla vergine può dare! Alzi la mano chi di voi rinuncerebbe a tenere nel proprio letto una fanciulla vergine, per stringersi invece con una stufa! Giustificato, altresì, l’accorgimento della verginità richiesta. E’ noto che le vergini abbiano capacità impensate di voli pindarici, durante i quali la loro accesa fantasia si scatena, provocando un flusso di energia sussultoria, che ben presto si trasforma in calore radiante. Cosicché chi si trova a loro stretto contatto riesce a scaldarsi sentendosi rinascere, se non proprio in tutto il corpo, almeno in una parte periferica di esso.. La Fisica ci insegna che il calore dilata e allunga i corpi, in special modo quelli cavernosi, perciò con quel sistema re David potette trovare sicuro beneficio.

Gli Ebrei perlustrarono tutto il territorio di Israele (I° Re I, 3) per trovare la fanciulla adatta -nella vecchiaia re David era diventato di gusti difficili, rispettando alla lettera un proverbio siciliano (c’erano anche allora i Siciliani sparsi per il mondo, credetemi..!) che dice: « A jattu vecchiu, surciteddu tènniru!» -ovvero, in tedesco: «Dem alten Kater, eine junge Maus»- e finalmente reperirono l’eletta: si chiamava Abisag. Costei si prese cura del re, ma, dice la Bibbia, il re non ebbe con lei rapporti coniugali. Sarà, ma io non porrei la mano..sul fuoco: devo proprio credere che quell’impenitente stallone da monta, anche ammettendo che era vecchio, non abbia qualche volta rispolverato le antiche memorie, affidando alle delicate mani di Abisag il suo glorioso vessillo, ancorché ammainato, per sferrare un ultimo disperato attacco al grido di : «Aiuto, o Signore, che morta è la…pietà!» (Salmo XII, 2) ?  Mah!

A David successe al trono il figlio Salomone. Il nuovo re si contornò di lusso e di cortigiani. Le persone mantenute a Corte erano quattordicimila! Alcune migliaia di anni dopo, a quell’andazzo si uniformarono i partiti dell’Arco Costituzionale Italiano, nati dalla resistenza, che, per formare i vari governi e dare da mangiare a tutti i ruffiani del seguito, si limitarono a moltiplicare per quattro tale cifra.

Per dare da mangiare a quella massa di parassiti (quelli di re Salomone) :

  • I° Re V, 2 e 3 = Il vettovagliamento di quanti erano mantenuti da Salomone richiedeva OGNI  GIORNO trenta «cori» di fior di farina e sessanta «cori» di farina ordinaria; dieci buoi grassi, venti buoi da pascolo, cento pecore, senza contare i cervi, i caprioli, i daini e gli uccelli ingrassati.

Avete capito? Ecco da dove ha preso esempio la classe politica italiana, sia per numero di rappresentanti, che per appetito!

Facciamo un po’ di conti. Un «coro» equivaleva a 338 litri; perciò 30 cori erano 10.140 litri. I governi italiani, di cui ho fatto cenno sopra, si sono limitati ad infossare le finanze dello Stato soltanto di due milioni e mezzo di miliardi… Quisquilie!

Tutto quello che compì Salomone lo fece con magnificenza. Dopo avere pregato a lungo il Signore (I° Re VIII, 22 e seguenti), lo ringraziò con l’offerta sacrificale più munifica che si potesse immaginare:

  • I° Re VIII, 63 = Salomone immolò al Signore come sacrificio pacifico, VENTIDUEMILA BUOI E CENTOMILA PECORE.

Uno sterminio, anche se si trattava di un «sacrificio pacifico». Figuriamoci se fosse stato un sacrificio guerresco!… Il senso del «kolossal» improntava il comportamento politico e privato di questo re e si manifestò -era l’ora di saperlo!- anche nella sfera sessuale:

  • I° Re XI, 1 e 3 =   Il re Salomone, oltre alla figlia di Faraone, amò pure molte altre donne straniere: Moabite, Ammonite, Idumee, Simonie, Etee, di quelle nazioni di cui il Signore aveva detto ai figli di Israele: «Non avrete rapporti colle loro donne, ed essi non li avranno con le vostre, affinché non pervertano i vostri cuori, fino al punto di indurvi a seguire i loro déi».

Invece Salomone si unì con ardente amore a tali donne ed ebbe SETTECENTO MOGLI principesse e TRECENTO CONCUBINE; ma dalle sue donne rimase sedotto.

Mille donne, lo pensate voi? Per soddisfare le quali, ammettendo di usarne una al giorno, senza osservare riposi festivi o feste comandate, ci avrebbe impiegato due anni, otto mesi e ventisette giorni!! E voi credete veramente che una donna possa aspettare con pazienza per tanto tempo fino a che venga di nuovo il suo turno? Chissà quali e quanti surrogati e sostituti si saranno alternati in quel pletorico harem, per sopperire alle annose assenze di re Salomone, e fornire adeguato appagamento all’arretrata gagliarda fame di alimenti coniugali! E considerato il fatto che almeno una trentina di donne al giorno avrebbero dovuto trovarsi indisposte per il ricorrente ciclo mestruale, vi lascio immaginare il fetore ammorbante che doveva aleggiare per i saloni della reggia… Comunque, il comportamento di re Salomone dispiacque a Dio, non perché quello fosse impegnato nel quotidiano straordinario copulativo, ma perché andava dietro (nel senso metaforico) a déi stranieri, e il Signore era un dio dai princìpii fortemente autarchici.

Salomone doveva essere punito e il Signore sentenziò:

  • I° Re XI, 11 e 12 = «Poiché hai agito in tal modo e non hai osservato il mio patto, né le norme che ti avevo prescritto, io strapperò da te il tuo regno e lo darò a uno dei tuoi servi. Tuttavia non compirò questo durante la tua vita, per amore di David, tuo padre: LO STRAPPERO’ DALLE MANI DI TUO FIGLIO.

E, come al solito, la punizione si scaricò sulle spalle di chi non aveva colpa alcuna!

Alla morte di Salomone salì al trono di Giuda suo figlio Roboamo; anche costui si comportò male agli occhi del Signore, anzi «eccitò» la gelosia di Dio più di quanto avessero fatto i suoi predecessori (I° Re XIV, 22). Infatti, in quel paese venne apportata un’innovazione:

  • I° Re XIV, 24 = Si ebbero nel paese PERSINO DEI PROSTITUTI SACRI.

Questo significa che quei prostituti non potevano esercitare la «libera professione», ma restare nel Tempio a disposizione dei sacerdoti, affinché questi potessero recitare le orazioni in una forma nuova e più confacente alle esigenze del clero. La figura del «prostituto sacro» si è tramandata attraverso i secoli, fino a raggiungere la civiltà cattolica. Molti sono i giovinetti imberbi e implumi che hanno seguito l’iter «anocratico», passando per gli oscuri anfratti delle sacrestie e le silenti ovattate celle di frati benefattori,   onde ricevere l’imprescindibile «imprimatur» per approdare, ormai maturi di esperienza, ai ben remunerati scranni di deputati o ministri della Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro. Ah, dimenticavo: e pasciuta di antifascismo!…

Nel Secondo Libro dei Re troviamo un altro caso di procreazione misteriosa. In quel tempo viveva a Gerico un tale di nome Eliseo, che era stato servo del Profeta Elia, e «unto» Profeta egli stesso per comando del Signore (I° Re XIX, 16); Eliseo era un uomo buono, tollerante e misericordioso. Pensate che una volta, mentre passava per una strada, un gruppo di ragazzetti lo beffeggiò chiamandolo «testa pelata», perché era calvo. Ebbene:

  • 2° Re II, 24 = Egli, voltatosi, li guardò e li MALEDI’ NEL NOME DEL SIGNORE; allora due orse, sbucate dal bosco, sbranarono QUARANTADUE di quei ragazzi.

Notevole, in quest’altro esempio di «bontà umana» descritto nella Bibbia, il particolare delle due orse. A parte il fatto inspiegabile della presenza in Palestina di animali di quella razza, vuol dire che, mentre i quarantadue ragazzi venivano sbranati, per il pronto intervento divino, l’anonimo cronista, scrupolosissimo, invece di portare aiuto ai ragazzi stava chino in terra a guardare il sesso degli animali, onde riferire ai posteri che in quell’avvenimento miracoloso, non di due orsi si era trattato, ma di due orse. E questo per la precisione. Al giorno d’oggi, un posto alla RAI per una delle tante rubriche di «giornalismo verità», non glielo avrebbe negato nessuno! Ma lasciamo da parte quest’episodio come fatto puramente marginale, ed occupiamoci di un misterioso ingravidamento :

  • 2° Re IV, 8 = Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove abitava una ricca donna, che lo trattenne a mangiare. E quando passava di là, andava da lei a prendere cibo. Ella disse una volta al marito: «Ecco, mi sono convinta che è un uomo di Dio colui che passa spesso da noi. Facciamogli dunque una piccola stanza sulla terrazza, con un letto, un tavolino, una seggiola e una lucerna, affinché, venendo da noi si possa riposare.»

Io ho già capito quello che voi state pensando…e ritengo di essere d’accordo con voi. Infatti, Eliseo non si fece pregare due volte e prese possesso del suo nuovo alloggio, dove con molta probabilità potè trovare «vitto, letto, lavatura…e stiratura». Volle perciò ringraziare in qualche modo la prodiga donna, e saputo che lei non aveva bisogno di nulla, perché era ricca, insistendo apprese che, sì, un desiderio ce l’aveva: un figlio, ma non poteva concepirlo perché suoi marito era vecchio. Eliseo, cuore d’oro, provvide:

  • 2° Re IV, 15/17 = Egli allora ordinò di farla salire, e salita che fu, si fermò alla soglia della porta. Eliseo le disse: «A questo tempo, l’anno prossimo, tu porterai nelle braccia un figlio». Ma quella rispose: «Non voler, o signor mio e uomo di Dio, non voler ingannare la tua serva».

La donna concepì davvero ed ebbe un figlio all’epoca predetta da Eliseo.

Apparentemente questo episodio sembra di nessuna importanza, ma riflettiamo: chi fornì gli spermatozoi indispensabili al concepimento? Non certo il Signore, poiché non v’è cenno di una sua abituale «visita» a quella donna che desiderava avere un figlio, e allora? Più che di un caso di «telespermia», cioè di trasmissione a distanza di un certo numero di quegli indiavolati bricconcelli che hanno l’abitudine di aggredire l’ovulo femminile, penso che sia stato un caso di «paraspermia» (dal greco «para»,cioè: «vicino»), confortato in tale convincimento dal fatto che Eliseo, frequentando con assiduità l’alloggio in terrazza, con vista panoramica e ogni comfort, abbia goduto del vitto, dell’abitazione, della lavatura ed anche della… stiratura. Sotto l’occhio vigile e benevolo del Signore, che vede e provvede.

Un altro fatto misterioso è quello raccontato nel Libro di Tobia:

  • Tobia III, 7 e 8 = In quel medesimo giorno anche a Sara, figlia di Raguel di Ectabana nella Media, avvenne di ascoltare degli insulti da parte di una serva di suo padre, perché bisogna sapere che essa era stata data in sposa a SETTE MARITI, MA IL DEMONE ASMODEO, MALVAGIO, LI AVEVA UCCISI prima che si unissero a lei, COM’E’ PRESCRITTO ALLE DONNE.

E qual è questa «prescrizione»? Fino al punto in cui siamo giunti scorrendo l’Antico Testamento non ci siamo mai imbattuti in prescrizioni del genere. Che ci sia, a parte, un manuale teorico-pratico di norme suppletive, riguardanti le modalità da seguire per trovare marito alle donne ebree?  Non ve lo sò dire. La nota n. 8 posta in calce alla pag. 477 della Bibbia edita dalle Suore Paoline nel 1964 dice: Asmodeo (=devastatore) potè nuocere a chi si accostava a Sara CON DISPOSIZIONI MALVAGIE, perché Dio si serviva di lui per punire i peccati dei mariti di Sara. Anche in questo episodio troviamo un diavolo servizievole a disposizione del Signore, in funzione di killer, pronto ad eseguire le condanne a morte allorché Dio rinunciava ad operare in prima persona; ma la sullodata nota, anziché fare luce sulla morte di sette uomini, infittisce di più il mistero. Di che natura erano le «disposizioni malvagie» con cui i mariti si accostavano a Sara? Se erano quelle prevedibili e previste in simili circostanze, non vedo come si possano definire «malvagie» certe operazioni che hanno portato l’umanità al ragguardevole numero di circa sei miliardi di individui. A meno che, quei sette uomini, attirati dalla prorompente venustà retrospettiva di Sara,non abbiano pensato -indipendentemente l’uno dall’altro, ma con pensiero univoco e identico progetto di attuazione- di inaugurare il matrimonio tagliando il nastro di apertura dell’entrata di servizio,  anziché dell’ingresso principale ! Cosa, questa, che incavolava sommamente il Signore, il quale intendeva riservare quelle particolari attenzioni soltanto ai «prostituti sacri» di recente istituzione.

Molto interessante è il Libro denominato «LEVITICO», che io vi esorto a leggere per intero e con molta attenzione, in quanto si apprendono tutte le norme che regolavano la vita di quelle comunità israelite. Io mi soffermerò su quelle parti che riguardano l’argomento del presente capitolo, e cioè i problemi relativi alla sessualità.

Diamo, perciò, uno sguardo al capitolo XXVII del Levitico:

  • Levitico XXVII – Tariffe e valutazioni: I° – Le persone. = Il Signore rivolse ancora la sua parola a Mosè, ordinandogli : “Parla ai figli d’Israele e di’ loro: se qualcuno vorrà adempiere un voto fatto al Signore e che riguardi persone, tali persone dovranno essere riscattate, e saranno valutate secondo la stima che ne farai tu.  La tua stima sarà fatta così :  cinquanta sicli d’argento, in base al siclo del Santuario, per l’uomo dai venti ai sessant’anni; e trenta sicli d’argento per una donna. Se è una persona dai cinque ai vent’anni, la tua stima sarà di venti sicli per il maschio e dieci sicli per la femmina…Se poi la persona che ha fatto il voto è tanto povera da non poter pagare la somma, si presenti al sacerdote, che ne farà la stima secondo la possibilità di colui che ha fatto il voto.

Sapevamo già in quale stato di inferiorità veniva tenuta la donna nella società ebraica, quindi il fatto di valere meno dell’uomo, secondo il giudizio di Dio stesso, non ci sorprende più di tanto. Ci insospettisce, però, la possibilità data sacerdote di stabilire a sua discrezione il valore da dare alla persona venuta al suo cospetto, in special modo se tale persona è una donna giovane e appetibile. Voi pensate davvero che un sacerdote -ebreo o cristiano, per via dell’accanita fobia nei confronti della “donna”- trovandosi davanti a un bocconcino delizioso, non necessariamente femminile, che implori clemenza fiscale a causa della sua povertà, si lasci scappare l’occasione per “cacciare lo diavolo nello inferno” (Boccaccio : Decamerone) ? Ma scherziamo? Chissà quante donne ebree, belle o brutte che fossero -(ogni acqua toglie la sete, e nella Palestina del tempo, arida e aspra, la “sete” doveva essere tremenda, visto che anche il Signore ne soffriva), avranno rivolto al sacerdote la frase, che poi divenne propria a San Francesco: “Omnia mea mecum porto”, sentendosi rispondere dall’accondiscendente sacerdote: “Fa niente. In ginocchio, figliola, e lasciami fare secondo coscienza!”…

Altrettanto interessante era il cosiddetto “Sacrificio della gelosia”, previsto e codificato nel Libro dei Numeri. Se un marito si insospettiva sulla condotta della moglie e diventava geloso, a prescindere se la donna l’avesse tradito o no, aveva il diritto di condurre la moglie dal sacerdote e, con una congrua offerta, s’intende!, invocare di sottoporla alla prova dell’innocenza. Il sacerdote poneva la donna in piedi davanti al Signore (?) e le faceva bere “l’ACQUA AMARA DELLA MALEDIZIONE”, ottenuta diluendo   nell’acqua santa contenuta in una ciotola un po’ della polvere presa dal pavimento del Tabernacolo, assieme alle parole di maledizione scritte su un pezzo di carta. A questo punto il sacerdote diceva alla donna:

  • Numeri V, 21 e seguenti = “Il Signore ti renda oggetto di maledizione e di esecrazione in mezzo al tuo popolo, TI FACCIA AVVIZZIRE IL SESSO E GONFIARE IL VENTRE. Ti entri quest’acqua di maledizione nelle viscere per farti gonfiare il ventre e avvizzire il sesso. E la donna dica: Amen! Amen! “
  • ……..
  • Quando le avrà fatto bere l’acqua, avverrà che, se ella si è contaminata ed è stata infedele al marito, l’acqua di maledizione entrerà in lei per produrre amarezza, il ventre le si gonfierà, IL SESSO LE SI AVVIZZIRA’, e quella donna diventerà oggetto di maledizione in mezzo al suo popolo.

Voi capite che con tale procedimento empirico, anche se escogitato da Dio, non si riusciva mai a provare l’infedeltà di una moglie. Innanzitutto, veniva subito scartata la prova del gonfiamento del ventre, perché sarebbero occorsi almeno tre mesi per accertare in qualche modo il verificarsi del fenomeno, mentre il marito esigeva risultati analitici immediati. Restava la prova dell’avvizzimento del sesso. Noi sappiamo che un organo avvizzisce quando diventa infecondo, secco e ruvido al tatto. Per constatare l’infecondità del sesso bisognava innanzitutto effettuare copule plurime, perché una donna non è che concepisca sempre al primo assalto; poi attendere alcuni mesi. Un lasso di tempo troppo lungo per l’irrequieto sposo, che intendeva uscire dal Tempio con la certezza di non essere cornuto.

Si preferiva, perciò, ricorrere alla prova della secchezza e ruvidezza del sesso, per accertare le quali non c’era che la palpazione dell’organo in parola, scandagliando “in loco” con la mano -o anche con un solo dito. Operazione affidata in esclusiva al sacerdote, abilitato alla bisogna direttamente dal Signore. Ebbene, al cento per cento dei casi, subito dopo un lieve e sapiente insistere sui punti anatomici ben noti al sacerdote, la secchezza e la ruvidità, se mai ce ne fossero state, lasciavano il posto ad un rassicurante umidore, prova inconfutabile che il Signore, vigile e misericordioso, riteneva assolta la donna dal sospetto di infedeltà. E il marito, asciugandosi la fronte – quella sì, qualche volta secca e…ruvida -, riconduceva a casa la moglie, benedicendo il Signore e fieramente intenzionato a dare, in nottata, ulteriore incremento alla sua discendenza, cosa, questa, che chiudeva in modo definitivo qualunque problema rimasto insoluto e riconduceva l’uomo alla pace con sé, con la moglie e con Dio.

Ci lasciavano la pelle soltanto rarissime donne affette da frigidità costituzionale, disfunzione per la quale non c’era palpazione sacerdotale bastevole a commuovere l’insensibile organo sospettato, anche se ci si metteva di buona volontà un “team” di giovani sacerdoti di collaudata resistenza e zelo. E quelle poverette finivano lapidate secondo la Legge, ma ciò dava credito al “Sacrificio della Gelosia” e gloria eterna al Signore degli Eserciti. Conoscendo il temperamento degli ebrei, rozzo e sanguigno negli uomini, ardente e disinvolto nelle donne, io immagino quale mole di lavoro abbia dovuto svolgere quotidianamente un sacerdote, il quale, alla fine di una stressante giornata di ispezioni manuali, condotte sempre con scrupolosa professionalità e competenza, stanco e con le dita quasi paralizzate dall’accumulo di acido lattico alle falangi, avrà ringraziato il Signore auspicando alternative soluzioni di indagine.

La nostra veloce scorribanda nel campo della sessualità degli Ebrei e del loro Dio si è conclusa. Con ciò non intendo dire che gli episodi presi in esame siano gli unici particolari erotici contenuti nell’Antico Testamento. Ve ne sono molti altri, di minore portata, che non ho voluto menzionare per non appesantire troppo questo capitolo, e sono tutti di una banalità disarmante, presentati ed esposti con una improntitudine degna di miglior causa. Non v’è sentimento, non v’è poesia, ma soltanto animalesca brutalità. Da civiltà e culture preesistenti o coeve all’Ebraismo ci sono giunte testimonianze religiose in cui l’Eros è trattato con squisita dolcezza. Il corpo della letteratura religiosa dell’Antico Egitto è pieno di delicati episodi nei quali magia, mistero e amore sono sapientemente fusi e mostrano il comportamento dell’Egiziano verso i suoi déi e il modo con cui attribuisce loro sentimenti umani, in aderenza alle eterne leggi della natura. L’egittologo inglese T.G.H. James, responsabile delle campagne di scavi in Egitto per conto del British Museum, ha raccolto e trascritto numerosi papiri e testi religiosi che ornano le pareti delle tombe dei Faraoni. Le traduzioni sono state pubblicate anche in Italia nel 1971 dalla Mondadori sotto il titolo “Miti e leggende dell’Antico Egitto”, ed offrono un panorama suggestivo della cosmogonia di quel civilissimo popolo dell’antichità. La creazione del mondo e quella dell’uomo, i rapporti fra il dio Ra e gli uomini, la lotta fra il Bene e il Male, sono tutti argomenti trattati con profondo sentimento d’amore. Non esiste traccia alcuna di stragi, di odio divino, di vendette perpetrate su innocenti. Soprattutto non v’è turpitudine e amoralità nelle relazioni sessuali, che sono descritte con un empito di alta poesia. Sulla nascita del Faraone, per esempio, figlio di un dio e dio egli stesso, mi riprometto di parlare nella seconda parte di questo libro, quando mi occuperò del Nuovo Testamento.

L’India vedica ci ha lasciato anch’essa opere di profonda religiosità. A parte le “Upanishad” e gli Inni del “Rig-Veda”, basterebbe la sola “Bagavad-gitah” a fornire l’esempio più luminoso di comportamento etico e religioso che l’umanità abbia mai conosciuto. Andate a leggere quei testi sacri e dopo, con l’animo ancora soffuso di poesia per le grandi, eterne verità in essi contenute, prendete in mano la Bibbia e soffermatevi sulle ire e le vendette del Dio degli Ebrei: vi sentirete stringere il cuore per l’angoscia e il disgusto.

C’è ancora un argomento nell’Antico Testamento del quale non intendo per il momento parlare, ed è quello del “Cantico dei Cantici”. Non ne parlo, perché ritengo che sia meglio affrontare la trattazione critica di quel poema erotico e fondamentalmente sapienziale quando mi occuperò del Nuovo Testamento. Infatti, la Chiesa Cattolica se ne è appropriata per presentarlo come un’anticipazione della venuta di Cristo, dando al contenuto del poema cervellotici significati assolutamente ridicoli. Rimando, perciò, il lettore alla seconda parte di questo lavoro.

CAPITOLO 3°

CONTRADDIZIONI

Nonostante che la scienza abbia dimostrato a sufficienza che molte delle “verità” bibliche si siano rivelate autentiche assurdità, la Chiesa Cattolica, pur accettando a denti stretti tali “incidenti di percorso”, continua a sostenere l’infallibilità e la giustezza degli insegnamenti della Bibbia, quale “Summa” delle verità rivelate e prive di contraddizioni. E ciò è falso. A questo punto devo operare uno sconfinamento critico nel campo del Cristianesimo, giustificato dal fatto che il Nuovo Testamento continua ad essere strettamente legato all’Antico Testamento che ricorre continuamente nelle molteplici citazioni dei sacerdoti e dei prelati delle tante sette cristiane esistenti, Cattolicesimo compreso. La Chiesa mente sapendo di mentire, affidandosi al fatto che si possono contare sulle dita quei Cristiani che si siano presa la briga di leggere attentamente e per intero la Sacra Scrittura, a cominciare dall’Antico Testamento. Io qui dimostrerò che le contraddizioni ci sono e sono tutte di gravissima portata, poiché riguardano interventi contrastanti di Dio, o disposizioni a lui riferite, che ingenerano confusione e perplessità nell’animo del lettore della Bibbia. Cominciamo col tenere presente alla nostra memoria la seguente affermazione di Dio, assolutamente ineccepibile dal punto di vista teologico:

  • Geremia XXXII, 27 = “Ecco, io sono il Signore di tutti i mortali: che cosa ci può essere d’impossibile per me?”

Di fronte ad un assunto simile il cuore del fedele, ebreo o cristiano che sia, si riempie di gioia e di speranza, perché gli consente -in quanto “religioso”, perciò stesso “legato ad un credo”- di invocare il perdono per le manchevolezze e i limiti propri alla sua condizione umana, ad una Entità Superiore di illimitata potenza, che è Verità perché Giustizia, ed è Giustizia perché Verità. Ma non è così: le contraddizioni e i ripensamenti manifestati da Dio negli innumerevoli episodi biblici, rafforzano l’opinione che non fu Dio a creare gli uomini a sua immagine e somiglianza, ma questi ultimi ad attribuire al loro dio tutti quei difetti, tutte quelle storture e tutti quei comportamenti vergognosi del loro bagaglio caratteriale, che poteva essere giustificato solo se contenuto in un testo sacro di “verità rivelate”.

Dopo aver solennemente proclamato di essere il “Signore di tutti i mortali”, Dio smentisce sé stesso scegliendo, fra tutti i suoi figli, gli Ebrei come “popolo eletto”, autorizzandolo a sterminare tutti gli altri popoli per appropriarsi dei loro territori. Non solo, ma arriva addirittura a promettere il suo personale intervento nell’opera di “pulizia etnica” programmata. Insomma, si comportò come Oscar Luigi Scalfaro che invece di essere il Presidente di tutti gli Italiani, secondo quanto dichiarato, scelse a sinistra i suoi figli prediletti e intervenne personalmente per far cadere il primo governo Berlusconi. Le stragi e le distruzioni compiute da quella massa imbestialita di straccioni, venuti su dalla lontana città di Ur per ordine di Dio, provocarono rabbia e risentimento nelle popolazioni autoctone che, vistesi emarginate dal Signore, certamente gli avranno rivolto la stessa frase pronunciata dal calciatore Andrea Carnevale al momento della sua sostituzione in campo con Totò Schillaci.

E poiché, per sua stessa ammissione, il “Signore di tutti i mortali” ritiene che non c’è nulla di impossibile per lui, dobbiamo pensare che la malvagità innata degli uomini -Genesi VIII, 21- sia stato un grazioso regalo elargito all’umanità intera, un atto scientemente voluto per affliggere gli uomini, mentre invece avrebbe potuto risparmiare a tutti i suoi figli tanti lutti e dolori. Tranne che, quando nella Bibbia si parla di “uomini”, si debba intendere “gli Ebrei”. In tal caso si capisce perché Dio non potette eliminare la malvagità dal cuore della sua creatura: perché l’aveva fatta a sua immagine e somiglianza. E quella creatura dovette essere per forza un Ebreo. Infatti, leggiamo in Esodo XXXII, 22 cosa dice Aronne al Signore : “…Tu sai quanto questo popolo sia inclinato al male”. Quel popolo era sorto per atto creativo di Dio, che lo fece uguale a sé stesso. Leggendo la Bibbia deduciamo che esistevano altre donne e altri uomini creati da un altro Dio. Caino, infatti, dopo avere ucciso Abele fu cacciato dal Paradiso Terrestre:

  • Genesi IV, 16 = Caino si allontanò quindi dalla presenza del Signore e abitò nel paese di Nod, a oriente di Eden. In seguito CAINO CONOBBE LA SUA MOGLIE ED ESSA CONCEPI’ E DIEDE ALLA LUCE ENOC.

Come fece Caino a trovare moglie, se gli unici esseri viventi in quel momento erano Adamo, Eva e Caino?   Vuol dire che nel paese di Nod, a oriente di Eden, esistevano già altre donne e altri uomini. E’ impossibile che la moglie di Caino sia stata una sua sorella, perché sappiamo (Genesi IV, 25) che dopo l’allontanamento di Caino dal Paradiso Terrestre, Adamo “conobbe” ancora una volta Eva ed ella ebbe un figlio, cui pose nome Set. E niente altro. Non è nemmeno possibile che la moglie di Caino sia stata una sua nipote, figlia del fratello Set, perché costui ebbe un solo figlio maschio, cui pose nome Enos.  Allora è giustificato un altro nostro interrogativo : con chi lo fece quel figlio, Set ?  Con sua madre Eva ?  C’è da pensare che Set sia andato anche lui nel paese di Nod a cercarsi la moglie, e ciò vuol dire che le donne e gli uomini di quel paese a oriente di Eden erano stati creati da un altro Dio, non cattivo e spietato come il Dio degli Ebrei. Quei popoli, infatti, prima dell’arrivo delle orde israelite, avevano convissuto in santa pace e conobbero la guerra soltanto per difendersi dalle aggressioni e dalla barbarie di quei nomadi pezzenti (vedi il Capitolo I° di quest’opera).

Nel 2° Libro di Samuele leggiamo che Dio si offese per il censimento fatto da Davide in Israele e Giuda. Intanto ricordiamoci che tale censimento fu comandato da Dio, a scopo provocatorio per punire re Davide :

  • 2° Samuele XXIV, 1 = L’ira del Signore si accese di nuovo contro Israele ed eccitò Davide contro  di  loro,  suggerendogli: “Va’ e fa’ il censimento”.

E’ chiaro che Davide non ci pensava lontanamente a fare il censimento e, se lo fece, fu per ubbidire al suo Dio. Sappiamo come poi andò a finire. Più avanti, con riferimento allo stesso episodio, leggiamo:

  • I° Cronache XXI, 1 = Or Satana si levò contro Israele e indusse David a fare il censimento degli Israeliti.

Questa pacchiana contraddizione, posta una ottantina di pagine dopo avere appreso che fu “l’ira” del Signore a indurre Davide a quell’operazione, a ben guardare, dice molto di più di quanto fa capire una lettura superficiale del testo. Mentre da un lato si resta in dubbio se fu il Signore a provocare Davide, o fu Satana -questa è la contraddizione elementare- una più attenta lettura ci conduce assai lontano. L’ignoto estensore dei due Libri delle Cronache -gli esegeti e gli studiosi non sono ancora d’accordo se fu effettivamente Esdra o uno sconosciuto Levita – nel tentativo di discolpare Dio dall’aver provocato Davide a fare il censimento, getta la colpa su Satana, alterando volutamente quanto era scritto, invece, nel 2° Libro di Samuele. Infatti, quest’ultimo testo era stato già composto fra il 900 e il 700 avanti Cristo, mentre quello delle Cronache si fa risalire al 400 a.C. perciò postumo, e l’autore doveva per forza conoscerlo. Ma non è la data di composizione che ci interessa. Sono le due diverse attribuzioni del suggerimento a Davide per fare il censimento che hanno per noi una enorme importanza. Un autore si riferisce a Satana, e l’ altro all’ira del Signore. Tutti e due, però, pensavano ad “una stessa Entità”, e senza volerlo, come avviene quando l’inconscio si manifesta, i due autori hanno confermato una sacrosanta verità tradizionale: Satana non è altri che l’ira del signore; e poiché l’ira scaturisce dall’interno dell’uomo, essendo un moto dell’animo, come l’amore, l’odio e tutti gli altri sentimenti (ecco ancora la concezione antropomorfa ebraica della Divinità!), viene confermata la tesi tradizionale che Bene e Male sono due aspetti antitetici, ma complementari, della Divinità, uguali ma di segno contrario, necessitanti nella Creazione, che rappresentano una delle tante manifestazioni degli “Opposti” scaturenti dal “TUTTO” e che, nella loro interazione equilibratrice regolano le Leggi Eterne del Creato stabilite dalla MENTE UNIVERSALE, dalla Intelligenza Cosmica increata, senza principio e fine, che è DIO.

Mettiamo a confronto:

  • I° Samuele XVI, 7 =  L’uomo vede le apparenze, ma il Signore vede nel cuore.

con :

  • Genesi XXII, 1 e seguenti =  Iddio volle mettere alla prova Abramo…e gli disse: “Orsù, prendi il tuo figlio, l’unico che hai…e offrilo in olocausto…”

Ma se Dio vedeva nel cuore, che bisogno aveva di mettere alla prova -e che prova!- Abramo per saggiare la sua fedeltà? Non era, forse, il Dio cui nulla era impossibile?  Anche qui la contraddizione emerge dai fatti e ci fa dubitare della divinità della Sacra Scrittura, che per noi resta una raffazzonata esposizione di fatti cruenti, utile soltanto a giustificare nel passato, come nel presente, la sete di dominio degli Ebrei.

Il comandamento incluso nel Decalogo dato a Mosè sul Monte Sinai: Esodo XX, 13 = Non uccidere viene contraddetto e smentito in

  • Deuteronomio XIII, 10 = Tu lo devi uccidere senz’altro: la tua mano sia la prima a levarsi sopra di lui, per metterlo a morte, poi continuerà l’esecuzione la mano di tutto il popolo.

E, badate bene, non si trattava di uccidere un pollo per cucinarlo : si trattava del proprio FIGLIO o FRATELLO!! Semplicemente orrendo! Nemmeno nella più arretrata e incivile tribù di cannibali c’è mai stata un’ordinanza simile! Voi la trovate nella SANTA BIBBIA! Ma non basta, ecco un altro caritatevole suggerimento che evidenzia ancor meglio l’intolleranza “divina” per la libertà di coscienza e di culto :

  • Deuteronomio XVII, 2 e seguenti = Se in mezzo a te, in una delle tue città…si troverà un uomo o una donna che faccia quanto è male agli occhi del Signore, trasgredendo il suo patto, e vada a servire altri déi e si prostri dinanzi a loro,…se questo ti verrà riferito e tu verrai a saperlo, informatene bene.  Se poi risulta vero ed è certo che questa cosa abominevole è stata commessa in Israele, conduci alle porte della città quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’atto abominevole, E SIANO UCCISI A COLPI DI PIETRA. Il condannato non sia messo a morte se non sulla deposizione di due o tre testimoni, ma non sia messo a morte sulla deposizione di un testimone solo. La mano dei testimoni sarà la PRIMA A SCAGLIARE PIETRE SOPRA DI LUI, per farlo morire, poi continuerà la mano di tutto il popolo: così devi estirpare il male di mezzo a te.

Avete capito ? In altre parole: con tali disposizioni crudeli veniva istituita una specie di mobilitazione generale permanente, che attivava ciascuno, spingendolo allo zelo delatorio, senza tenere conto di eventuali relazioni di amicizia o di parentela, esattamente come avveniva in Russia dopo la vittoria del Bolscevismo, quando i giovani attivisti giungevano a denunciare alla famigerata Ghepeù financo i propri genitori, indicandoli come elementi antirivoluzionari nemici del Comunismo. Ciò dimostra ancora una volta il parallelismo e la concomitanza fra etica ebraica e comunismo. In dettami legislativi siffatti si statuisce un clima di sospetto e di crudeltà che lascia la porta aperta alle vendette personali. Basta, infatti, trovare due persone compiacenti e assolutamente disposte a compiacere i potenti di turno, per mandare a morte il proprio nemico senza ricorrere al giudizio di un tribunale.

I versetti del Deuteronomio qui sopra riportati parlano senz’altro del “condannato”, ma non fanno cenno di una sentenza emessa dal giudice, o quanto meno da un sacerdote che abbia ascoltato l’accusa.   Significa che l’Ebreo zelante e ossequiente, una volta appreso il fatto disdicevole compiuto da un suo correligionario, con l’ausilio di due o tre amici compiacenti si tramutava all’istante in giudice e boia. Nello stesso tempo tutto il popolo di Israele, ubbidendo ciecamente alla spietata legge del suo Dio, senza sapere nulla dell’accaduto si prodigava ad uccidere -e in che maniera!- un povero disgraziato, maciullandolo lentamente a colpi di pietra. Quella natura bestiale assetata di sangue, nel corso dei secoli, anzi, dei millenni, non è mutata, così come dimostrano gli eccidi compiuti in questi ultimi tempi dai soldati israeliani nei confronti delle popolazioni arabe dei territori occupati, e in special modo a Gerusalemme. Una cosa è certa : la cosiddetta “Sacra Scrittura”, in qualunque punto si apra e si legga, gronda sangue e morte, ferocia e massacri, tutto all’insegna della volontà del “Dio degli Eserciti” che contraddice sé stesso dimostrando in tal modo che la “Creazione” non fu un atto d’amore, ma l’occasione per sfogare la sua crudeltà che, teologicamente non ebbe principio e non avrà mai fine.

Incitamenti del genere or ora commentato costellano infiniti altri punti dell’Antico Testamento. Che fine fece, allora, il “NON UCCIDERE” imposto da Dio con le Tavole della Legge e valido per tutti gli Ebrei? Era dunque lecito uccidere soltanto per ordine del Signore, e di questo principio si avvalse Pietro l’Eremita, che al grido di : “Dio lo vuole!” incitava i Crociati a massacrare senza pietà i Musulmani per “liberare” il Santo Sepolcro, che non aveva bisogno di essere liberato, in quanto era oggetto di rispetto da parte dei seguaci di Maometto.

Un’altra contraddizione la riscontriamo ancora nel Decalogo, là dove si dice: “Non desiderare la roba d’altri”. Come si spiega, allora, l’incitamento di Dio agli Israeliti di muovere alla conquista di territori appartenenti a popoli che da sempre vi erano stanziati ?  I casi sono due: o gli altri popoli erano anch’essi creature di Dio, oppure erano stati creati da un altro Dio, perciò in concorrenza col Dio di Israele.  Nel primo caso il Signore non doveva togliere quanto aveva donato in precedenza a quelle sue creature; nel secondo caso siamo in presenza di un vero FURTO, perpetrato da Dio in contrasto con quanto stabilito nelle Tavole della Legge! Né vale sostenere che Dio puniva gli altri popoli perché lo avevano abbandonato per onorare altri déi, in quanto anche gli Ebrei lo ripudiarono reiteratamente, ma non per questo Dio cessò di perdonarli e di spingerli a sempre nuove conquiste.

Nel I° capitolo di quest’opera ho esposto e illustrato a sufficienza la contraddittorietà di due paragrafi della Legge biblica, quelli riguardanti l’attribuzione delle colpe e la loro conseguente condanna. Ho dimostrato altresì la disinvoltura con cui il Dio degli Ebrei, per sfogare la sua ferocia, applicava ora uno, ora l’altro dei dettati da lui stesso imposti. Infatti, leggiamo:

  • Esodo XXXIV, 7 = Il Signore castiga l’iniquità dei padri nei figli, e nei figli dei figli, fino alla terza e quarta generazione.

Questo dispositivo sancisce un equivoco ed assurdo principio di equità e di giustizia, tanto più assurdo e tanto più inaccettabile in quanto viene spacciato per volontà divina. Più avanti, continuando nella lettura dell’Antico Testamento, apprendiamo il contrario:

  • Deuteronomio XXIV, 16 = Non si facciano morire i padri per colpa dei figli, né si mettano a morte i figli per causa dei padri; ciascuno sia fatto morire per il proprio peccato.
  • 2° Re XIV, 6 = I padri non morranno per i figli, né i figli per i padri; ma ognuno sarà ucciso per il proprio peccato.
  • 2° Cronache XXV, 4  =  Non saranno messi a morte i padri a causa dei figli, né i figli per colpa dei loro padri: ma ciascuno morrà per il proprio peccato.

Meno male che i popoli, niente affatto illuminati dal Dio degli Ebrei spietato e sanguinario, hanno conformato i loro testi giurisprudenziali al saggio “Diritto Romano”, secondo il quale : Unicuique suum tribuere”, cioè dare a ciascuno il suo, principio, questo, che va molto al di là del campo puramente penale, la cui disquisizione ci porterebbe assai lontano dagli argomenti di questo lavoro…

Proseguiamo nella lettura della Bibbia e ci troviamo subito di fronte ad una macroscopica contraddizione. La materia del Deuteronomio riguarda l’esposizione delle leggi divine fatta da Mosè agli Israeliti, in quattro suoi discorsi chiaramente ispirati da Dio. Rivolgendosi ad Israele, Mosè dice:

  • Deuteronomio XVIII, 15 = “Egli  (cioè Dio )  invece susciterà un profeta, come me, dall’intimo tuo, di mezzo ai tuoi fratelli: questo dovrete ascoltare.”

Il commento posto in calce alla pagina e relativo al versetto sopraccennato, parla di un vaticinio riferito propriamente a Gesù Cristo. Io non credo a tale interpretazione di comodo, innanzi tutto perché da Mosè a Gesù Cristo gli Ebrei ebbero modo di conoscere e seguire tanti altri Profeti, ognuno dei quali poteva essere quello vaticinato, anche per il tipo di predicazione che faceva. Escludo che gli Ebrei potessero ritenere Gesù il Profeta cui alludeva Mosè nel suo discorso, in quanto la predicazione del Cristo, stando a quanto riportato nei Vangeli sinottici, era diametralmente all’opposto dallo stile jettatorio e maledicente dei Profeti di ortodossa estrazione ebraica. E la crocifissione sul Golgota mi dà ragione. Quelli erano abituati a sentir parlare sempre di punizioni, di colpe mai perdonate da Dio, di vendette, di istigazioni ad uccidere, di lutti e sofferenze per Israele, come volete che potessero accettare una predicazione di tolleranza e di amore verso il prossimo ? Ma ecco la contraddizione:

  • Isaia XLIII, 10 = “Avanti di me non esistette alcun dio e dopo di me non ne esisterà nessun altro. IO, PROPRIO IO, SONO IL SIGNORE, E ALL’INFUORI DI ME NON V’E’ ALCUN SALVATORE.
  • Isaia XLIII, 14 = “Così parla il Signore, IL VOSTRO REDENTORE.
  • Isaia XLIII, 25 = “Sono io che cancello le tue colpe”.
  • Geremia XIV, 14 = “Questi Profeti annunziano menzogne in mio nome; MA NON LI HO MANDATI IO, NON HO DATO AD ESSI DEGLI ORDINI, non ho parlato loro. Visioni false, vane divinazioni, FANTASIE DA LORO INVENTATE, ecco ciò che profetizzano. …Questi profeti che parlano in mio nome…e dicono: la spada e la fame non verranno su questa terra, proprio essi periranno di spada e di fame.”

Così è sufficientemente provato che: o Dio non disse quanto riferì Mosè in Deuteronomio XVIII, 15, oppure che Dio si rimangiò tutto, contraddicendosi in pieno. Io sono propenso a credere alla prima ipotesi. Infatti, dall’ultima frase riportata da Geremia XIV, 14, apprendiamo che coloro i quali parleranno di pace e benessere non potranno essere profeti ispirati da Dio, in quanto egli non ha mai messo in testa ai suoi “inviati speciali” cretinaggini di tal fatta, avendo sempre comandato di predicare sangue, stragi, lutti e maledizioni. In perfetto stile ebraico. Senza principio, né fine.

Prendiamo in esame, adesso, qualche altro esempio per ottenere ulteriori conferme.

Gli Ebrei incappavano spesso e volentieri nelle ire del Signore, e il Profeta Geremia non faceva altro che predire catastrofiche conseguenze nel futuro dei suoi irrequieti conterranei. Così, una delle tante volte, il Signore incacchiato più che mai parlò a Geremia:

  • Geremia XV, 1 e seguenti = Ma il Signore mi disse: “Quand’anche si presentassero a me Mosè e Samuele, l’anima mia non si piegherebbe più verso questo popolo; cacciali dal mio cospetto e se ne vadano. E se ti domandano: “Dove dobbiamo andare?”, risponderai loro: “Così parla il Signore: chi è destinato alla peste, vada alla peste, chi è destinato alla spada, vada alla spada, chi è destinato alla fame, vada alla fame, chi è destinato alla schiavitù, vada alla schiavitù…”

Insomma, il Signore disse a Geremia: “Mandali a farsi fottere!”, visto che chiedevano dove potevano andare.

Ebbene, questa decisione pronunciata da Dio, che per il tono sembrerebbe irrevocabile, viene immancabilmente smentita poco più avanti nello stesso Libro di Geremia:

  • Geremia XXX, 1 e seguenti = Parola rivolta a Geremia dal Signore: ecco quanto dice il Signore, Dio di Israele: “Scrivi in un libro tutte le profezie che ti ho comunicato; perché, ecco, stan per venire i giorni in cui farò ritornare gli esuli del mio popolo, Israele e Giuda; li farò tornare nella terra che io ho data ai loro padri e la possederanno.”

Voi pensate che sia stato un atto di clemenza divina? Siete allora in errore. Si trattò, invece, di uno zuccherino che Geremia pensò bene di offrire ai suoi conterranei, certamente irritati dalla virulenza delle sue invettive, per le quali temeva spiacevoli ritorsioni. La sua nomea di menagramo lo rese inviso a tutta la gente, tanto che:

  • Geremia XX, 1 e 2 = Or, il sacerdote Fasur, sovrintendente in capo nel tempio del Signore, sentendo che Geremia profetizzava con tali minacce, percosse il profeta e lo fece mettere in catene nella prigione…

Fece bene, che diamine! Bisognava in qualche modo far tacere quel fottutissimo jettatore. Durante la notte, però, Fasur ci pensò meglio e il giorno dopo fece liberare Geremia, per non incorrere nella vendetta di quel terribile profeta dall’ “occhio pesante”. Geremia, per tutta risposta e ringraziamento, gli scaraventò addosso tutto il repertorio di maledizioni e disgrazie di cui disponeva :

  • Geremia XX, 3 e seguenti = …Geremia : “Non Fasur ti chiama il Signore, ma “Terrore da ogni parte” …Ecco, io ti abbandono al terrore, tu e tutti i tuoi seguaci e cadranno sotto la spada dei loro nemici. I tuoi occhi li vedranno…E tu, Fasur, e tutti quelli che sono in casa tua, sarete condotti in schiavitù; andrai in Babilonia, là morrai e vi sarai sepolto…”

e Fasur, di sicuro, non potette far altro che infilare la mano sotto la veste sacerdotale per contattare quelle parti del corpo umano che, da quando esiste l’uomo sulla terra, sono ritenute infallibilmente scaramantiche.

Ora facciamo un passo indietro per tornare al Genesi, primo Libro della “Sacra Scrittura”, dove riscontriamo un’altra contraddizione. Nei “giorni” della Creazione Dio aveva stabilito:

  • Genesi I, 30 = E a tutti gli animali della terra e a tutti gli uccelli del cielo e a tutto ciò che sulla terra si muove, e che ha in sé anima vivente, IO DO’ L’ERBA VERDE PER CIBO. E così fu.

Quando Mosè scrisse il “Genesi” esisteva già sulla terra una grande varietà di animali. Possibile che egli non si sia accorto che, a parte le pecore, le mucche, gli asini e i cavalli, tutti gli altri animali si cibavano di carne? Non sapeva, Mosè, che dai cani fino alle bestie feroci il cibo abituale era la carne delle prede catturate? Mosè non sapeva che falchi, aquile e gli altri uccelli si nutrivano di carne? Che anche fra i pesci il più grosso ingoia il più piccolo? O c’è da pensare che le abitudini gastronomiche degli animali siano mutate dopo l’ estensione grafica del “Genesi”? Questo è un punto in cui la Bibbia è chiaramente lontana dalla realtà, nonostante che la sua narrazione sia ritenuta “storica” dai commentatori cattolici. Anche l’uomo era stato creato vegetariano (Genesi I, 28 e seguenti), perché, allora, il Signore fece piovere sulla testa dei suoi figli prediletti una gran quantità di quaglie, per sfamarli? Quelli si erano allargati un po’ chiedendo della carne, alla quale non erano abituati. Infatti rimpiangevano cocomeri, meloni, porri, cipolle ed agli, con un semplice accenno al pesce (Numeri XI, 5). Ciò porta a concludere che Mosè non sapeva quello che scriveva, oppure che Dio, facendo piovere le quaglie, ancora una volta si mostrò tentatore e feroce.

Le contraddizioni sopraesposte si aggiungono alla antropomorfa e cattiva figura del Dio degli Ebrei e alle boccaccesche vicende di cui è piena la Bibbia. Ma i Cristiani, i Cattolici non vedono nulla di tutto questo.   Credenti per abitudine e non per convincimento meditato, a loro basta sentire biascicare le solite insulsaggini apologetiche per sentirsi la coscienza a posto. E non si rendono conto che stringendo al petto la “Sacra Scrittura” si rendono complici di tutte le nefandezze in essa contenute.  Sangue, stragi, vendette, crudeltà, incesti, intolleranza e razzismo spinto fino alle estreme conseguenze, ecco: sono questi i mattoni con cui è stata costruita la Bibbia. Ma nessuno ci fa caso, o perché non ha mai letto quel libro, oppure perché da vero “chretienne” è troppo vile e infingardo per reagire. E intendo dare al termine “chretienne” sopra citato, lo stesso significato che aveva nell’antica lingua francese: quando si alludeva a persone povere di spirito, ignoranti e presuntuose si diceva che erano “chretienne”, cristiani, appunto. Da cui nacque l’aggettivo “cretino”.  In questo caso le convinzioni di Don Abbondio dei “Promessi sposi” fanno testo: “Il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare!”

Leggiamo ora le disposizioni date da Dio ad Aronne in materia di cibo sacro:

  • Numeri XVIII, 9 e 10 = …ogni offerta, cioè ogni oblazione, ogni sacrificio…sono tutte cose santissime…le mangerai nel luogo più sacro; ne mangerà  SOLO  OGNI  MASCHIO :  siano per te cose sante.

Poco più avanti Dio, dimentico di quanto aveva raccomandato prima, dice ad Aronne :

  • Numeri XVIII, 19 = “Io do a te , ai tuoi figli e alle TUE FIGLIE per legge perpetua, tutto ciò che viene prelevato sulle cose sante, che i figli di Israele presenteranno al Signore”.

E allora, come la mettiamo? Debbono, o non debbono le figlie mangiare le carni e le altre offerte di cibo ritenuto sacro? Come faceva in quel tempo, e come fa oggi un sacerdote ebreo, strettamente osservante, a comportarsi bene per non urtare il suo Signore?

Nel Libro della Sapienza è contenuta una affermazione che demolisce le basi su cui si fonda il Cristianesimo, e cioè la nascita miracolosa di Gesù. Colui che parla è Salomone, sapiente per antonomasia:

  • Sapienza VII, 1-6 =  “Sono anch’io un mortale come tutti gli altri, discendo da quel primo uomo plasmato di terra, e nel seno della madre fui formato di carne, in dieci mesi, nel suo sangue, PRESI CONSISTENZA DAL  SEME  VIRILE…E  NESSUN RE EBBE ORIGINE DIVERSA. UNICO PER TUTTI E’ IL MODO DI ENTRARE NELLA VITA E DI USCIRNE”.

Un’asserzione di portata immensa, questa, che contrasta in modo netto con quanto narrato in Matteo I, 18 e in Luca I, 35, ma della quale mi riprometto di parlare nella seconda parte di quest’opera dedicata al Cristianesimo.

Ed ecco cosa troviamo nello stesso libro della sapienza, al capitolo XI, là dove si sostiene che Dio :

  • Sapienza XI, 24 =  …non aborrì mai nulla di quello che fece.

E non è vero, perché ripetutamente il Signore si pentì della Creazione, si pentì di aver creato l’uomo, si pentì di avere aiutato gli Ebrei. Vedi per conferma: Genesi VI, 6-7 ; Deuteronomio XXXII, 19 ; Giudici X, 13 ; e tanti altri passi, che qui è troppo lungo ricordare.

  • Ezechiele XXXIII, 11 = “Come è vero che io vivo”  – afferma il Signore Dio- “io NON VOGLIO LA MORTE DELL’ EMPIO, ma che si converta della sua condotta e viva”.

Ma quando mai! In una sua precedente affermazione abbiamo visto:

  • Deuteronomio XIII, 7 e seguenti = Se il tuo fratello…o il figlio, o la figlia, o la moglie, o l’amico, ti incitasse dicendo: Andiamo, serviamo a déi stranieri, TU LO DEVI UCCIDERE SENZ’ALTRO: LA TUA MANO SIA LA PRIMA  A LEVARSI SOPRA DI LUI  PER  METTERLO  A  MORTE; POI CONTINUERA’ L’ESECUZIONE  LA MANO  DI TUTTO IL POPOLO.

A quale di questi due imperativi bisognerà, allora, ubbidire? In ogni caso il fedele infrangerà la legge di Dio.

Queste ed infinite altre sono le contraddizioni contenute nel “Libro Santo” per eccellenza, che lasciano di stucco il lettore e affievoliscono la sua fede. Ed ecco spiegato il motivo per cui la Chiesa è stata sempre contraria alla libertà di insegnamento, arroccandosi nella pretesa di voler essere l’unica istituzione deputata alla formazione culturale e religiosa dei giovani, per stipare nel loro cervello le surrettizie spiegazioni dei passi più scottanti delle Sacre Scritture, secondo le disposizioni del Vaticano.

CAPITOLO 4°

RIDICOLAGGINI E ASSURDITA’

Le religioni “rivelate” sono tre: l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. L’Ebraismo e l’Islam fondano i loro presupposti sui colloqui diretti avuti, rispettivamente, da Mosè con Jahvè e da Maometto con Allah. Il Cristianesimo, invece, sulle ispirazioni avute dai quattro Evangelisti e altri scritti. Ci occuperemo adesso di un altro aspetto dell’Antico Testamento ebraico, e cioè dell’assurdità di talune esposizioni, spesso incomprensibili e quasi sempre ridicole. Incomprensibili, perché a lume di logica non si riesce a comprendere quale apporto positivo rechino alla serietà di un testo che vuole essere sacro, e quindi guida spirituale per coloro che lo accettano; ridicolo, perché i vari autori, nel tentativo di sbalordire i seguaci -sempre indocili e difficili da trattenere legati alla fede dei padri-  vi hanno profuso a piene mani tante balordaggini, che soltanto un bigotto o un fanatico può prendere sul serio. La Bibbia, perciò, non ha potuto resistere all’usura del tempo, ne è conferma la notizia appresa recentemente, che un consesso di teologi stia studiando l’opportunità di “ripulire” la Sacra Scrittura da quei particolari scabrosi, assurdi e antifemministi di cui è piena, per renderla più accettabile ai “palati” moderni, mandando così a farsi benedire la cosiddetta perennità del messaggio divino…

Per certi versi non trovo nulla da ridire : gli Ebrei conformarono alle loro personali caratteristiche la figura e l’operato del loro Dio; mi sembra giusto, o “politicamente corretto” come si dice oggi, che gli uomini di questo tempo creino qualcosa che degnamente li rappresenti. Non mi meraviglierei, perciò, di trovare nell’Antico Testamento di una prossima edizione della Bibbia, qualche velato accenno sulla figura di Carlo Marx e di George Washinghton, quali illuminati predecessori di altre personalità operanti in seguito nei Quattro Vangeli sinottici, e cioè Stalin, John Kennedy, Papa Giovanni XXIII, il sindaco Giorgio La Pira, Palmiro Togliatti, Oscar Luigi Scalfaro, Romano Prodi e compagnia allegra…  Naturalmente, quando si   parlerà degli interventi di Satana e dei suoi diavoli vedremo all’opera Adolf Hitler con schiere di SS, mentre per punire i colpevoli interverranno le squadracce fasciste dei manganellatori. Per i reprobi ci sarà l’olio di ricino. Tutto è possibile, è solo questione di tempo : “Nihil novi sub sole!”

La prima notizia spassosa è posta in:

  • Genesi XVII, 9 e seguenti = Disse ancora Iddio ad Abramo: “Osserverai il mio patto, tu e i tuoi discendenti nel corso delle loro generazioni. E il patto che io fo tra me e voi, cioè i tuoi discendenti dopo di te, e che voi dovrete osservare, è questo: ogni maschio fra voi sia CIRCONCISO… e questo sarà il segno del patto fra ME e VOI”…

La circoncisione, lo sanno tutti, si ottiene incidendo il prepuzio attorno al glande, asportandolo tutto o in parte. Era un’operazione conosciuta dagli Egizi e da altri popoli prima ancora che l’adottassero gli Ebrei, ed era una misura igienica atta ad evitare fastidiose infiammazioni al pene, dovute a depositi di smegma, stante anche il fatto che a quei tempi non è che si avesse tanta dimestichezza con l’acqua e il sapone. Ora, i casi sono due: o Dio l’aveva rivelata in precedenza agli Egizi e agli altri popoli, e non comprendiamo perché mai non fece il “patto di alleanza” con quelle popolazioni; oppure, avendo visto che era già in uso, la consigliò agli Ebrei, e in tal caso siamo di fronte a un fatto sconvolgente: Dio che copia dagli uomini un rituale al quale non aveva mai pensato prima! Il ridicolo della faccenda STA NEL FATTO CHE, MENTRE I COMUNI MORTALI STABILIVANO PATTI DI ALLEANZA CON LA STRETTA DI MANO, DIO AFFIDAVA LA SACRALITA’ DEL PATTO AL…PENE!

Da ciò si presume che un Ebreo, viaggiando da una città all’altra per i suoi affari, volendo entrare in una sinagoga dove non era conosciuto, doveva mostrare come segno di riconoscimento il pene circonciso, che sostituiva a tutti gli effetti la carta di identità…

Altro particolare risibile : quando Abramo circoncise sé stesso aveva novantanove anni (Genesi XVII, 24). Penso che, dopo avere asportato la pelle del prepuzio, gli sarà rimasta ben poca roba…

Un bel giorno il Signore, scortato da due angeli, apparve ad Abramo che stava seduto a prendere il fresco presso il querceto di Mamrè. Dio aveva progettato di fare di Abramo il capostipite di un popolo grande e potente (Genesi XVIII, 18), ma non sembrandogli idonei i figli che quel vecchio patriarca aveva di già messo al mondo, fra cui Ismaele di soli tredici anni, pensò di intervenire in prima persona affinché Sara, la moglie di Abramo, ne mettesse alla luce un altro, e questa volta in maniera miracolosa. E così fu, per cui si può vedere in questo episodio una “immacolata concezione” ante litteram. Ma non è questo ciò che ci incuriosisce in tutta la vicenda, c’è ben altro:   Il Signore e i due angeli che lo scortavano restarono a pranzo (!) sotto la tenda di Abramo, e MANGIARONO FOCACCE E CARNE DI VITELLO (Genesi XVIII, 6-.8). Inaudito! Dio ha fame e mangia come un comune mortale le creature da lui stesso messe al mondo ! Ne consegue che poi dovette digerire il cibo ingerito. Domanda scatologica: Dove andarono a finire i prodotti della digestione ? Furono evacuati in Paradiso, o restarono sulla terra, affinché il fedelissimo Abramo li adorasse come oggetti di culto? Ecco uno dei tanti misteri “gloriosi” della Bibbia da farsi spiegare da un ministro della Chiesa.

Abbiano appreso poc’anzi che il pene rappresentava presso gli Israeliti un vero e proprio contratto di società con Dio e, probabilmente, come segno di riconoscimento. Scopriamo, adesso, un’altra parte non proprio nobile del corpo che aveva funzioni importantissime nel siglare impegni contrattuali : la coscia, che veniva usata per solenni giuramenti. Abramo, per farsi promettere da un servo l’adempimento di alcune sue disposizioni, gli disse:

  • Genesi XXIV, 2 = “Metti, ti prego, la tua mano sotto la mia coscia in segno di giuramento…”

Attenzione: non “sopra”, ma “sotto” la coscia, e possibilmente a stretto contatto con gli allentati testicoli del vecchio patriarca. Il motivo di tale rituale ci resta oscuro.  L’uomo, da sempre, quando vuole giurare solennemente porta la mano sul cuore al momento di fare la promessa, per dimostrare che quanto si impegna a compiere scaturisce dal profondo del suo essere; oppure si limita a stringere la mano del suo interlocutore, per chiudere col sigillo della stretta l’argomento trattato. La Bibbia ci fa sospettare che gli Ebrei avessero la coscienza sotto le cosce, in un luogo, cioè, che per quanto si osservi la più rigorosa igiene non è mai pulito. Sarà questa, forse, la spiegazione di quella usanza ebraica…

Ma sentite quest’altra favoletta, che oltre ad essere assurda, è anche ridicola: narra la lotta ingaggiata nottetempo da Giacobbe con un imprecisato individuo, che poi risulta essere un angelo e dopo ancora addirittura Dio :

  • Genesi XXXII, 25 = Giacobbe rimase solo: or, un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell’alba.

Così, di punto in bianco, un uomo spuntato chissà da dove, senza preavviso e senza un preciso motivo, si mette a lottare con Giacobbe per tutta la notte fino all’alba, dando vita ad un match degno di grandi campioni olimpici. Poi, leggendo oltre, veniamo a sapere che si trattava di un angelo, il quale, visto che non riusciva a battere Giacobbe, lo colpisce all’anca azzoppandolo e se ne va. Misteriosamente, come era venuto. Certo è che gli angeli e Dio, in quel tempo, avevano uno strano modo di divertirsi nottetempo, entrando all’improvviso in casa delle persone per battersi fino all’alba col primo che trovavano ancora sveglio. Quest’episodio è semplicemente ridicolo e assurdo. E lo è anche per la spiegazione che la Bibbia fornisce dell’accaduto. Pare, secondo il commento, che quell’angelo fosse Dio in sembianze umane, che si lasciò vincere da Giacobbe per dimostrare che il Signore si lascia vincere dalle preghiere umane. Ma quali preghiere ? Giacobbe ingaggiò la lotta con uno sconosciuto entrato di notte nella sua tenda chissà con quali malvagie intenzioni, senza sospettare che si trattava del Padreterno a zonzo per il deserto, forse in preda all’insonnia, e comunque deciso a divertirsi fino all’alba del giorno successivo mostrando la sua potenza a un comune mortale. Il commento prosegue spiegando che Dio azzoppò Giacobbe per dimostrare che, se anche si lascia convincere dalle preghiere degli uomini, egli è pur sempre infinitamente più potente di loro.  Bella forza!  E c’era proprio bisogno di sciancare un poverocristo che riposava per gli affari suoi, presentandoglisi di notte in forma umana e aggredendolo nella sua stessa tenda? Bella prodezza, quella di un Dio che confronta la sua potenza e la sua forza con quella di un uomo!

Episodi di questa fatta facevano sgranare tanto d’occhi a quella gente rozza e violenta, abituata alla lotta e al sangue, che conosceva come unici argomenti persuasivi l’aggressione e la ferocia. Queste due ultime qualità erano il tratto caratteriale dell’Israelita di qualunque estrazione sociale.  La cultura e la saggezza non erano sufficienti a mitigare la rissosità congenita dell’Ebreo. Era, piuttosto, la religione praticata che formava il carattere, il temperamento aggressivo di tutti indistintamente gli appartenenti a quelle tribù nomadi, che percorrevano il deserto della Palestina rapinando e uccidendo chiunque si scontrasse con loro.

A conferma di quanto detto, leggiamo cosa fece Mosè, prima ancora di mettersi alla testa del suo popolo per lasciare l’Egitto.

Mosè nacque in Egitto da genitori ebrei, ed era così bello al momento della nascita, che la madre lo tenne nascosto per tre mesi. Poi, non potendolo più tenere celato, lo mise in una cesta di vimini e lo abbandonò sulle acque del Nilo. La sorellina maggiore di Mosè vide la figlia del Faraone, sulla riva del fiume intenta a fare il bagno, prendere la cesta per salvare il bambino e le propose di trovare una nutrice per il piccolo. Così Mosè fu portato alla corte del Faraone e nutrito dalla sua stessa mamma spacciata per nutrice.

Intanto, non sappiamo perché la madre di Mosè tenesse nascosto il piccolo, la Bibbia non ne parla. Inoltre è deplorevole che la donna decida di abbandonare il bambino nelle acque del Nilo, col rischio di farlo morire affogato. Esemplare la grande umanità della principessa che salva il bambino da morte sicura e comanda che venga portato a corte e là nutrito. Cosa, questa, che un’ebrea non avrebbe mai fatto per un’egiziana. Intanto, Mosè cresce in un ambiente raffinato e viene fatto studiare. La Bibbia non ne parla, ma altri autori che si sono interessati al personaggio -vedi ad esempio di Eduardo Schurè: “I grandi iniziati”- hanno appurato che Mosè, accolto presso la scuola sacerdotale del tempio di Osiride, con lo studio si era portato fino al massimo livello di iniziazione. Giunto all’ultimo grado della scala gerarchica, fu inviato fuori del tempio per essere messo alla prova, come si usava per i Grandi Sacerdoti. Mosè uscì dal tempio per vivere a contatto con la gente per un certo periodo di tempo, finchè un bel giorno, camminando per via:

  • Esodo II,  11   =   …vide un Egiziano percuotere un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Egli allora si voltò di qua e di là; e visto CHE NON C’ERA NESSUNO, uccise l’Egiziano, poi lo nascose nella sabbia.

E’ sufficiente il particolare che “non c’era nessuno” per scolpire il carattere vile di Mosè. Non si trattò di difendere un suo conterraneo (non si può parlare ancora di correligionario. A quel tempo gli ebrei non avevano una loro religione), e non si può parlare di coraggio. Si è trattato, invece, di un bestiale atto di violenza che la lunga permanenza alla corte del Faraone e gli studi iniziatici compiuti, non erano riusciti ad eliminare. La Bibbia non fa commento su quest’episodio. Sorvola, come se il fatto fosse di nessuna importanza, però si premura a dire che i “veri principi religiosi Mosè li aveva ricevuti dalla madre” (nota in calce alla pag.70 della Bibbia -edizioni Paoline-1964). E meno male! Figuriamoci se non li avesse acquisiti da piccolo!

Mosè si comportò da vile. Dopo avere ucciso l’Egiziano, sicuro di non essere stato visto, lo sotterrò nella sabbia. Sapeva in cuor suo di essersi comportato male, come uomo e come sacerdote. E la sua vigliaccheria si manifestò il giorno seguente all’incidente narrato. Uscito per fare la solita passeggiata, con l’animo tranquillo per avere ammazzato un Egiziano, si imbattè in una scena uguale a quella del giorno prima. Questa volta erano due Ebrei a litigare, ed egli chiese a quello che aveva torto: “Perché batti il tuo compagno?” Ma quello, che non era uno stinco di santo, rispose pronto: “Perché, vorresti uccidere me, come hai ucciso l’Egiziano?” Allora Mosè ebbe paura e decise di squagliarsi. Il fatto, però, si seppe in giro, cosicché

  • Esodo II, 15 = Quando Faraone venne a conoscere il fatto, mandò a cercare Mosè per ucciderlo, ma Mosè era già fuggito dal cospetto di Faraone, raggiungendo il paese di Madian: e là si era messo a sedere vicino a un pozzo.

In quella località Mosè prese moglie e, dietro suggerimento del Signore, cominciò a darsi da fare per mettersi alla testa del popolo ebraico. Il tempestivo intervento del Signore, che entra in scena improvvisamente per accaparrarsi un così valido elemento per la creazione del suo popolo eletto, fa pensare ai metodi usati dalla mafia per arruolare nuovi adepti. Quando qualcuno si macchia di un grave reato, accorre subito un emissario della “cupola” a rassicurare il colpevole, proponendogli di entrare nella “famiglia” per essere protetto. Il Signore aveva bisogno di un condottiero, con tutte le caratteristiche richieste per guidare quelle orde di nomadi. Mosè evidentemente incarnava il tipo perfetto per i disegni di Dio, e fu così che venne “arruolato”. Quando giunse il momento di passare all’azione :

  • Esodo V, 1 = Mosè e Aronne si presentarono poi  al Faraone e gli dissero: “Così ha parlato il Signore Iddio di Israele : Lascia andare il mio popolo a celebrarmi una festa nel deserto…”

A quei tempi il Faraone era ritenuto l’incarnazione di Osiride sulla terra e non era permesso, al primo venuto, di portarsi alla sua divina presenza. Perciò è impensabile che Mosè si sia recato alla presenza di un personaggio quasi divino senza un invito specifico, a parlargli con disinvoltura da pari a pari e con palese arroganza. E’ semplicemente assurdo, e perciò incredibile. C’è anche da tenere presente che Mosè era ricercato per l’uccisione dell’Egiziano, e se pure il Faraone del tempo era morto, quello che gli era succeduto avrebbe senza meno dato corso alla sentenza di morte. Non so se in Egitto vigesse in quel tempo lo stesso Codice Penale operante in Italia. Da noi, il “non luogo a procedere” dipende spesso dalla “scadenza dei termini”, per cui il reato cade in prescrizione. Ma quella gente non era stata baciata ancora dalla democrazia!

Alla corte del Faraone avvenne, poco tempo dopo, una singolare ed avvincente gara di illusionismo, degna in tutto e per tutto dei mirabolanti giochetti che vediamo alla televisione ad opera dell’ineffabile Giucas Casella. Allo scopo di divertirsi un po’ -non trovo altra spiegazione al fatto che sto per citare- Dio fornì Mosè ed Aronne, suo fratello, di poteri eccezionali e li spinse a presentarsi davanti al Faraone per strabiliarlo con alcuni giochetti di prestigio. Quando il re egizio invitò i due truculenti ebrei a compiere qualche prodigio per dimostrare la loro potenza :

  • Esodo VII, 10 = Mosè ed Aronne si presentarono dunque a Faraone e fecero come il Signore aveva loro comandato. Aronne gettò la sua verga davanti a Faraone e ai suoi servi, ed essa diventò un serpente.

Evidentemente il signore riteneva di essere il solo a conoscere il trucco di quel prodigio, e non immaginava che i savi, gli incantatori e i maghi del Faraone potessero ripetere a volontà quell’esperimento, trattandosi sicuramente di uno degli esercizi di base che ogni illusionista deve conoscere, e che rappresenta l’ABC del mestiere. Infatti, fra le risate di compatimento del Faraone :

  • Esodo VII, 11 = …i savi, gli incantatori e i maghi d’Egitto fecero lo stesso coi loro incantesimi. Ognuno di loro gettò la sua verga, ed esse diventarono serpenti; ma LA VERGA DI ARONNE INGHIOTTI’ LE VERGHE DEI MAGHI.

A questo punto il Faraone non rise più : i serpenti egiziani furono inghiottiti dal serpente ebraico, esattamente come i popoli e i territori della Palestina furono inghiottiti dai predoni israeliti. Il serpente di Aronne si adeguò allo stile del suo Creatore e agì conformemente alle disposizioni del Dio di Israele : “Arraffa e distruggi tutto ciò che ti capita davanti!” A distanza di oltre quattromila anni non è che le cose siano cambiate…

Giungiamo adesso ad uno dei punti chiave dell’intera Bibbia : le famose piaghe d’Egitto, su cui tanto hanno sbavato Ebrei e Cristiani per dimostrare la potenza di Dio e la cattiveria del Faraone. Certo, una let- tura superficiale dell’episodio indurrebbe a credere che il Faraone fu punito giustamente per la sua protervia. Analizzando bene i fatti, si riscontrano, invece, le abituali tortuosità di comportamento del Dio degli Ebrei e la sua costituzionale divina ferocia. Innanzitutto c’è da tenere presente la precisa volontà di Dio di fare del male:

  • Esodo VII, 3 = “Ma io PERMETTERO’ che Faraone indurisca il suo cuore, e così avrò modo di moltiplicare i miei prodigi e i miei portenti nella terra d’Egitto”.

Chi parla -lo avete capito- è Dio, che si rivolge alla terra d’Egitto con l’animo di un commerciante che voglia allargare il suo giro d’affari conquistando un mercato straniero, dove fino a quel momento non era riuscito a introdursi per la vendita dei suoi prodotti. E pensare che era stato il creatore di tutto il mondo, Egitto compreso. Allora ci si chiede: quando fu estromesso dall’Egitto? E da chi, più potente di lui, tanto da spingerlo a ritentarne la conquista facendo mostra della sua potenza?

La decisione, poi, di indurire il cuore del Faraone sta a significare che l’animo di quel re non era per natura cattivo (basta ricordarsi delle alte cariche raggiunte da quel Giuseppe, che era stato venduto dai suoi fratelli, e aveva trovato apprezzamento alla corte del Faraone). Il cuore del Faraone divenne duro per intervento di Dio e fu un atto di ferocia gratuita e di sadico esibizionismo. E ascoltate con quale impudenza il Signore dice a Mosè:

  • Esodo VII, 14 = “Il cuore di Faraone si è indurito; egli non vuol lasciar partire il popolo.

Sfido io : era stato lui a farlo indurire! Se invece lo avesse intenerito, eh beh! allora sarebbero saltate alcune decine di pagine della Bibbia e gli Ebrei, unitamente ai Cristiani, non avrebbero avuto argomenti validi per recriminare persecuzioni e angherie da parte dei biechi adoratori di falsi déi. Gli Ebrei in Egitto non erano tenuti prigionieri; rappresentavano una popolazione di immigrati dedita a molteplici attività lavorative. Esercitavano vari mestieri, praticavano l’artigianato e stavano tanto bene che, quando poi si ritrovarono morti di fame nel deserto, rimpiansero il vitto lasciato in Egitto. Praticavano liberamente la loro religione -o, per meglio dire: le loro religioni, perché i diversi gruppi avevano culti differenziati- e avrebbero potuto, volendo, andar via a loro piacimento, così come erano arrivati.

Le notizie bibliche contengono enormi falsità storiche, al fine di commuovere i fedeli e gli eventuali lettori con le angherie e le persecuzioni subite da un popolo che anelava la terra che Dio aveva loro promessa. Quindi, nulla di più falso della richiesta avanzata da Mosè e Aronne al Faraone di lasciare libero il popolo ebreo. Ma era necessario creare le basi storiche delle loro sofferenze da inculcare nell’animo delle giovani generazioni, per far sì che si ricordassero sempre dei patimenti sopportati dai loro progenitori in modo da creare un solido legame sul quale erigere il loro sentimento nazionale.

Perché non vollero rimanere in Egitto? E’ semplice: perché in Egitto, paese perfettamente governato da un punto di vista politico e amministrativo, non avrebbero potuto organizzarsi militarmente e muovere contro tutti i popoli vicini per distruggerli e annettersi i loro territori. Come avvenne in seguito. E il solido legame lo crearono il Pentateuco (cioè l’insieme dei cinque principali libri dell’Antico Testamento), e i Libri dei Profeti, con il corollario dei Salmi, dei Proverbi,dei Numeri ecc. ecc.

Detto questo, le dieci piaghe scaraventate da Dio sull’Egitto e sulla casa reale egiziana, hanno il sapore di una barzelletta ignobile, per altro non confermata dalla storia di quel paese. Ma restiamo nell’ambito del racconto biblico. Una sequela impressionante di punizioni e di catastrofi si abbattè sull’Egitto e sulla popolazione, quando sarebbe bastato punire soltanto il Faraone, ammesso che questi fosse stato il vero responsabile del divieto di liberare gli Ebrei. Le acque del Nilo si cambiarono in sangue (il sangue è sempre presente nelle storie ebraiche!), i pesci morirono, il fiume puzzava, gli Egiziani non poterono bere acqua e in tutto il paese vi fu sangue.

Il Faraone, col cuore INDURITO DA DIO, non lasciò partire gli Ebrei. Ci fu, allora, l’invasione di rane e tutto il paese brulicò di quegli innocui ma fastidiosi animaletti. Perché proprio le rane? Mah! Sta di fatto che quando il Faraone stava per cedere, Dio gli indurì nuovamente il cuore, e fu la volta delle zanzare. E sapete come giunsero in Egitto?

  • Esodo VIII, 12 = Allora il Signore ordinò a Mosè: “Di’ ad Aronne: stendi la tua verga e percuoti la polvere della terra, ed essa diventerà zanzare per tutto il paese d’Egitto”.

Anche questo esercizio di magia spicciola, buono per ammaliare i gonzi, riuscì bene. Ma il Faraone tenne duro. Non contento di avere mandato le zanzare, il Signore fece invadere l’Egitto da uno sciame immenso di tafani, che si sparsero per le case e danneggiarono la terra. Il Faraone cominciò a tentennare e parve cedere. Forse Dio si era momentaneamente distratto e il cuore del re si avviò a tornare alla normalità. Chiamò Mosè e Aronne e disse loro:

  • Esodo VIII, 21 e 22 = “Orsù, i sacrifici che volete fare al vostro Dio, offriteli qui nel paese”. Mosè però rispose: “ Non sta bene far così, perché i sacrifici che noi offriamo al Signore Iddio nostro, SONO COSA ABOMINEVOLE PER GLI EGIZIANI, e se noi offriamo sotto i loro occhi sacrifici che essi detestano, ci lapideranno”.

Fermiamoci un attimo a commentare queste frasi. Cosa poteva esserci di tanto abominevole per gli Egiziani da impaurire gli Ebrei? Gli Egiziani non erano usi a torturare o uccidere gli animali, anzi taluni erano addirittura considerati sacri. Il falco, il cane, il gatto e persino il coleottero erano protetti da quel popolo civilissimo e saggio. Perciò non avrebbero sopportato l’uccisione di vitelli, agnelli e colombe, con conseguente spargimento di sangue tutto attorno.  Ciò mette in evidenza la concezione pietosa e umanitaria della vita presso gli Egiziani, di fronte ai sanguinosi e truculenti riti propiziatori degli Ebrei. Il Faraone, però, volle essere magnanimo e consentì che gli Ebrei si recassero nel deserto per compiere i loro riti, anzi, aggiunse :

  • Esodo VIII, 24 = “PREGATE PER ME”.

Mi pare che ce ne fosse a sufficienza per commuovere Dio e farlo desistere dalle sue vendette. E invece, no! Il signore, più incaponito che mai, restò fermo nella sua decisione di colpire l’Egitto e il Faraone. E il Faraone nemmeno questa volta lasciò partire gli Ebrei. Dio si sollazzò ancora facendo morire il bestiame d’Egitto, poi suggerì a Mosè e ad Aronne di spargere al vento della cenere per produrre sugli uomini e sugli animali delle ulcerazioni che si trasformarono in pustole. Come è facile intuire, raccontini di questo tipo hanno mandato in sollucchero intere generazioni di fanatici baciapile, che si sono esaltati nel glorificare la potenza del Signore. Bastava invece domandarsi perché Dio, cosi potente e terribile, avesse bisogno che due uomini spargessero polvere al vento per produrre piaghe e pustole, quando avrebbe potuto benissimo provvedere lui direttamente. Ma in tal caso sarebbe mancata la spettacolarità del fatto, e oggi non avremmo avuto il “kolossal” dei film biblici hollywoodiani, prodotti e diretti da noti capitalisti e registi di razza ebraica al fine di avvertire il mondo che Israele è più vivo che mai!!

Ma andiamo avanti:

  • Esodo IX, 12 = E tuttavia il Signore PERMISE CHE IL CUORE DEL FARAONE SI INDURISSE SEMPRE PIU’, sicchè egli, come aveva predetto il Signore a Mosè, non dette loro ascolto.

Notate quell’eufemistico “permise” con cui il traduttore della Bibbia tenta di mascherare la durezza del comportamento di Dio. Ritengo che la frase esatta sarebbe : “E tuttavia, il Signore si accanì sempre più a fare indurire il cuore del Faraone, al fine di farlo odiare da tutti.” Usando il verbo “permettere” sembra quasi che Dio abbia voluto, nella sua immensa misericordia, concedere una grazia…

Non ancora sazio di vendetta, Dio mandò sull’Egitto la grandine accompagnata da tuoni e fulmini, ed essa fu così violenta che devastò la campagna e schiantò gli alberi. Ed ecco l’ottava piaga: le cavallette, che invasero l’intero paese e divorarono ogni cosa, perfino l’erba della terra e i frutti degli alberi. Di quali frutti parli la Bibbia non si capisce, visto che con la punizione precedente erano stati sradicati tutti gli alberi. Comunque, meno male che Dio non conosceva ancora i Partiti dell’Arco Costituzionale Italiano, perché in tal caso, mandandoli a sciami sull’Egitto, non sarebbe rimasto più nulla di quell’antica civiltà: né piramidi, né la Sfinge e né i ruderi del tempio di Luxor. E, naturalmente, avrebbero prosciugato il Nilo, perché là dove c’è del “liquido” sarebbero arrivati i procacciatori del finanziamento dei loro partiti.

La nona piaga fu rappresentata dalle tenebre:

  • Esodo X, 22 = Mosè stese la sua mano verso il cielo e per tre giorni dense tenebre ricoprirono tutto il paese d’Egitto. Non si vedevano l’un l’altro: nessuno, per tre giorni, potè muoversi dal luogo dov’era. Ma per tutti i figli d’Israele non venne meno la luce nelle loro dimore.

Questo episodio è assurdo e ridicolo. Se le tenebre erano un fatto atmosferico, il buio doveva valere per tutti indistintamente, anche per gli Ebrei. Che vuol dire, poi, che per i figli d’Israele la luce non mancò nelle loro dimore? Forse che Dio fornì loro un sole di scorta? Gli Egiziani non avevano le usuali lampade ad olio o le torce con cui rischiaravano le case e i templi durante le ore notturne? Comunque, in quel “black out” di produzione divina solo gli Ebrei erano forniti di illuminazione, forse per merito di gruppi elettrogeni preventivamente installati nelle loro case da angeli elettricisti inviati da Dio, la cui potenza, come sappiamo, non conosce limiti. E siccome il Faraone neanche questa volta lasciò partire il popolo ebraico, eccoci giunti al gran finale: la morte dei primogeniti degli uomini e degli animali a conclusione di un “serial” di persecuzioni finalizzate all’ Esodo del popolo ebraico.

Avendo esaurito il repertorio di calamità usate per torturare gratuitamente il Faraone e il suo popolo, Dio pensò di infliggere la “soluzione finale”. Avvertì Mosè e Aronne che durante la notte sarebbe passato su tutto il territorio egiziano l’Angelo Sterminatore per uccidere ogni primogenito, di uomo o di animale, trovato in ogni casa. Per evitare che anche i prediletti suoi figli avessero a soffrire per tale punizione, costoro furono invitati a cospargere col sangue di un agnello gli stipiti e il frontone della porta di casa: quello sarebbe stato il segno di riconoscimento per l’Angelo Sterminatore, che sarebbe passato oltre senza fare del male. Nel frattempo, gli Ebrei avrebbero fatto uno spuntino veloce.

Non essendo ancora funzionanti le paninoteche di Mac Donalds, il Signore consigliò di mangiare, stando in piedi, le carni degli agnelli (uccisi per ricavarne la pittura da applicare alle porte), accompagnandole con delle lattughe (Esodo XII, 8 : eh, sì, un po’ di insalata ci voleva proprio!…). Dopo di che, approfittando della distrazione della gente e delle guardie, intente a piangere i loro morti, potevano partire indisturbati verso la terra promessa.

Adesso arriva la solita domandina maliziosa che si fa strada nella mia mente: che le famiglie piangessero la morte dei loro primogeniti, questo lo posso ammettere. Ma come facevano gli animali a capire che erano morti i loro primogeniti? Tutto ciò è semplicemente ridicolo e puerile, oltre che assurdo. Ridicolo e puerile perché : la verga di Aronne tramutata in serpente che divora i serpenti dei maghi egiziani; le rane che invadono l’Egitto; la polvere che si trasforma in nugoli di zanzare; la cenere che provoca ulcerazioni e pustole; le tenebre che paralizzano ogni persona, e tutti gli altri giochetti escogitati da Dio, degni di prestigiatore da circo equestre, ebbene: sono tutte cose che hanno potuto strabiliare i bigotti e i fanatici di una volta, e certamente lo hanno fatto nei secoli passati, ma oggi fanno ridere anche i bambini. I fatti narrati, inoltre, sono assurdi perché descrivono il comportamento tortuoso e illogico non di un Dio, ma di un invelenito astioso essere umano, esibizionista e sadico, in antitesi col concetto spirituale e di livello superiore che ogni uomo intelligente ha di Dio, Mente Infinita e Intelligenza Cosmica Suprema.

Dio, così come è concepito dagli Ebrei nell’Antico Testamento, è un Dio rivolto a fare del male con pertinace costanza a una sua creatura, quale era appunto il Faraone, discendente da quell’atto di creazione che pose il primo uomo sulla terra. Perché indurre una sua creatura a comportarsi in modo disumano? Perché, di conseguenza, far soffrire e morire esseri viventi che non avevano colpa alcuna per i contrattempi, da Dio stesso frapposti, che impedivano agli Ebrei di allontanarsi dall’Egitto? Non sarebbe stato più lineare, più corretto e confacente a un Dio che dichiarava di essere il Dio di tutti gli uomini, intenerire il cuore del Faraone, o meglio lasciarlo agire secondo il suo modo di vedere che non era affatto cattivo, e così, senza tortuosità e senza giochi di prestigio, lasciar partire quel branco di ingrati? E invece no! Dio spinge il “Male” nel cuore del Faraone per consentire alla figura di Mosè di giganteggiare dalle pagine della Bibbia e per dare alle generazioni future ulteriori esempi della sua truculenta potenza.

Gli autori dei Libri che compongono l’Antico Testamento non sospettavano affatto che i tempi, anzi gli uomini, si sarebbero evoluti ed emancipati dalla sudditanza grettamente religiosa, e avrebbero cominciato a ragionare col proprio cervello, senza aspettare che rabbini e sacerdoti fornissero loro cervellotiche interpretazioni di quei vecchi testi ammuffiti su cui avevano creato la loro potenza.

Quando Aronne, alla presenza del Faraone e dei suoi servi (Esodo VII, 20), alzò la verga e tramutò in sangue le acque del Nilo, non fece nulla di eccezionale che avesse potuto impensierire il Faraone e tutti gli astanti, perché anche i maghi egiziani presenti (Esodo VII, 22) fecero la stessa cosa, segno evidente che il trucchetto era da loro conosciuto e non impressionava più di tanto. L’ignoto estensore dell’Esodo -l’attribuzione del testo è sconosciuta- forza il significato e la portata dell’avvenimento quando aggiunge che per quel fatto il cuore del Faraone si indurì ancor di più, intanto perché dimentica, o finge di dimenticare, che l’indurimento lo aveva provocato Dio stesso, e poi perché interpreta come crudezza d’animo ciò che invece era semplice scetticismo per quello che Mosè e Aronne spacciavano come “eccezionali poteri divini”.

Tutta l’impalcatura delle “Piaghe d’Egitto crolla nel ridicolo e nell’assurdità: possono meravigliarsi e gioire per tanta esibizione soltanto i baciapile, i poveri di spirito (quelli sì, sono vicini al Signore!…) e i distratti, cioè coloro che hanno letto superficialmente la Bibbia (sempre che l’abbiano letta!?) e ne accettano ancora, supini, i commenti elargiti dal clero, ebraico o cristiano che sia. Sono gli atrofizzati mentali, per costituzione o per libera scelta.  Sono quelli che si intruppano nel gregge dei cosiddetti “credenti”; quelli che per pigrizia o paura non osano affrontare le altezze del pensiero. Perché sanno che chi sale in alto è sempre esposto agli sguardi e all’attenzione della gente, fra cui una sparuta minoranza è formata da solidali estimatori, mentre tutto il resto è costituito da malevoli invidiosi e scettici sprezzanti. E sono proprio questi ultimi, impantanati negli acquitrini inerti e maleodoranti della mediocrità intellettuale, che passano inosservati, e possono fare i loro comodi senza suscitare reazioni. Insomma, meglio al buio, rintanati come gli scarafaggi, piuttosto che liberi per spaziare nell’azzurrità di cieli superiori, guardando il sole come le aquile.

Le “Dieci piaghe d’Egitto” prepararono così la fuga degli Ebrei da quel paese, cui seguì il famoso “passaggio del Mar Rosso”, altra solennissima bufala, ammannita per ammaliare i gonzi!

Anche in quest’ultimo episodio, la sfrenata fantasia del narratore biblico raggiunge il culmine di una stupefacente ignoranza. Gli Israeliti partirono, dirigendosi verso la “Terra Promessa”. Il Faraone, colpito da tante disgrazie, li aveva lasciati andar via ( Esodo XIII, 17 ), sperando di essersi finalmente liberato da quei rissosi piantagrane, causa prima di tutte le calamità che si erano abbattute sul suo regno. Ma Dio, che quando si trattava di rompere le scatole a qualcuno che gli era antipatico non desisteva fino alla rovina totale del malcapitato, suggerì a Mosè, elevato al grado di comandante supremo della spedizione, di cambiare l’itinerario già predisposto e raggiungere la penisola del Sinai non più per via di terra, ma, con una lunga conversione verso sud, attraversando il Mar Rosso. Anzi, aggiunse:

  • Esodo XIV, 4 = Io “permetterò” che il cuore di Faraone si ostini, sicchè egli vi inseguirà, ma io farò risplendere la mia potenza contro Faraone e contro tutto il suo esercito…

Voi capite bene il significato di quel “permetterò”. In altre parole, Dio voleva dire: “Il Faraone non ci pensa nemmeno a farvi inseguire, ma io lo istigherò a farlo per avere il piacere di punirlo.” I prodigi che il signore degli Eserciti compì in quell’occasione per frenare l’inseguimento degli Ebrei, ordinato dal Faraone su istigazione di Dio, e favorire la fuga dei figli prediletti, accrebbero la Bibbia di alcune pagine strabilianti. Non solo, ma consentirono alla cinematografia americana, notoriamente in mano agli Israeliti, di sfornare nel ventesimo secolo una enorme quantità di film del genere “Kolossal”, autentici polpettoni indigesti, (per la gioia dei frequentatori delle sale parrocchiali e delle beghine di tutto il mondo), con i quali inondarono il mondo e gli schermi televisivi nei giorni canonici celebrativi di Pasqua e Natale. Veri tormentoni, indistruttibili dall’uso e dall’autocombustione, che mettono a dura prova gli attributi virili dei teleutenti ed anche la pace familiare, quando vengono programmati dalle emittenti televisive in concomitanza alle partite di calcio di Coppa dei Campioni.

Per consentire l’attraversamento del Mar Rosso al popolo eletto, Dio fece l’elettricista e l’idraulico. Per prima cosa provocò il buio totale per oscurare la vista agli inseguitori egiziani, ponendo fra loro e gli Ebrei un colonna di nube e quindi si trasformò in una colonna di fuoco per illuminare il campo ebraico; poi aprì un varco nel mare per far passare le turbe predilette e lo fece rinchiudere alle loro spalle per affogare i soldati del Faraone; infine, quando gli Ebrei, comprensibilmente affannati e bisognosi di ristoro, giunsero nel deserto e trovarono acque non potabili, Dio si rivolse a Mosè e:

  • Esodo XV, 25 = …gli mostrò un legno, che Mosè gettò nelle acque, le quali diventarono dolci.

Per districarci fra tante assurdità noi, che non abbiamo l’aiuto del Padreterno, siamo costretti a farci largo con il nostro raziocinio, tentando di aprire un varco ancor più ampio di quello che permise agli Ebrei di attraversare il Mar Rosso e di venirne fuori prima di restare definitivamente rincretiniti.

I sofisticati mezzi tecnici a disposizione dell’industria cinematografica statunitense, con l’apporto notevole del Technicolor, hanno mandato e mandano ancora in visibilio le beghine di tutto il mondo. Ma nessuno che abbia i piedi per terra e il cervello funzionante si chiede come abbiano fatto quelle migliaia di fuggitivi -fra cui donne, vecchi, bambini e carri con masserizie- assolutamente impreparati, a scendere lungo una scarpata disagevole, pietrosa e scivolosa di centinaia e centinaia di metri, per risalire la riva opposta con le medesime difficoltà della discesa. Anche volendo credere all’intervento divino per l’apertura di un valico fra le acque del mare, è impossibile ammettere che quella turba di esagitati in fuga abbia potuto discendere fino alla profondità del Mar Rosso con la stessa facilità di un miticultore messinese che si inoltra, calzando stivaloni di gomma, nel bel mezzo del lago di Ganzirri per prelevare una certa quantità di cozze da vendere al mercato. Il lago di Ganzirri è profondo circa ottanta centimetri, tuttavia i pescatori che vi si inoltrano stanno bene attenti a non scivolare e, perciò, si muovono lentamente e con cautela. Nel Mar Rosso, oltre alla graduale e accidentata discesa fino al fondo vi è l’ostacolo di alghe e altre piante marine e le difficoltà sono le medesime di chi discende da un monte fino al fondo valle, per poi risalire inerpicandosi dall’altro versante. Chiaramente il percorso è ostico per un esperto scalatore, figuriamoci per una turba di alpinisti improvvisati. Mi si dirà che quello fu un fatto miracoloso, ed io rispondo che il vero miracolo consiste nell’aver fatto sì che centinaia di milioni di persone vi credessero senza obiettare.

Assurdo e ridicolo anche il particolare dell’acqua resa potabile da un pezzo di legno buttatovi dentro. Che bisogno aveva Dio di un pezzo di legno per far diventare dolci le acque amare? Non sarebbe stato molto più semplice che intervenisse direttamente con i suoi poteri divini per compiere il miracolo ? Nossignore! C’era bisogno di un pezzo di legno. E, guarda caso, in mezzo al deserto si trovava già bell’e pronto un pezzo di legno. Non era un ramo d’albero, in tal caso la Bibbia l’avrebbe specificato. Gli Ebrei avevano camminato per tre giorni in pieno deserto senza trovare acqua, significa che non avevano incontrato neanche una piccola oasi dove reperire un rametto d’albero. Ma il pezzo di legno stava lì, in prossimità delle acque non potabili, pronto per essere usato da Mosè. Forse se ne erano serviti altri maghi per rendere potabile l’acqua. Non è un’ipotesi azzardata, visto che i maghi egiziani avevano saputo compiere gli stessi giochetti di Mosè ed Aronne. E’ semplicemente ridicolo e puerile che fandonie di questo tipo facciano parte degli insegnamenti elargiti da un libro sacro! Del resto, è sufficiente confrontare qualunque altro cànone religioso o sapienziale con la Bibbia per accorgersi dell’abisso spirituale che esiste: dalla Bhagavad-Gitâ ai “Versi aurei pitagorici”, dai Discorsi del Buddha alla dottrina dei Sufi Islamici, dagli Inni del Rig-Veda alle “Upanishad”, vi si trova l’Anima del mondo e la dottrina dell’Uomo, l’amore per la natura in ogni manifestazione. Non v’è odio, non vi sono stragi, non v’è spargimento di sangue innocente, non v’è intolleranza per altri credi religiosi. Quelle norme di comportamento contenute nel “Decalogo” che la Bibbia vuole siano state consegnate da Dio a Mosè sul Monte Sinai, erano già conosciute dalla più antica umanità.

Il mistero della morte, ad esempio, non è trattato in nessuna parte dell’Antico Testamento. L’ Ebreo di quel tempo pensava soltanto a vivere una vita di guerre, di sangue, di sopraffazioni, di vendette, di incesti e fornicazioni varie, ma non si preoccupava del “post mortem”, di come presentarsi al cospetto di Dio, dopo aver chiuso con la morte la sua vita terrena. Un problema, questo, che invece assillò tutte le altre civiltà e regolò la vita di tante civilissime etnie. L’antico Egitto, tanto per citare un esempio, aveva conformato tutta la sua vita politica, sociale e religiosa proprio in funzione del problema della morte, attingendo alla sua tradizione esoterica esistente da tempo immemorabile, alla tradizione, cioè, che gli uomini primordiali di quella regione ricevettero da Toth, il Legislatore. Si tratta di norme vigenti da oltre diecimila anni prima di Cristo, alle quali l’antico Egiziano si atteneva con scrupolo per presentarsi a fronte alta al cospetto del suo dio, Osiride. I papiri rinvenuti nel corso di accurati scavi, e che possono essere consultati nei Musei del Cairo, di Londra e di Parigi, forniscono molteplici prove dello scrupolo con cui l’Egiziano regolava il suo comportamento in vita, che non era barbaro e incivile, ma altamente etico e spirituale. A prova di ciò, ecco qui di seguito la stupenda “Confessione negativa” contenuta nel papiro di Nû, recitata dal sacerdote nelle veci del defunto, affinché questi potesse presentarsi a Osiride ed essere giudicato benevolmente :

CONFESSIONE NEGATIVA. – I

  • Salve, dio grande, Signore della Verità-Giustizia, dio possente! Eccomi giunto a te dinanzi!
  • Lasciami dunque contemplare la tua radiosa bellezza!
  • Io conosco il tuo magico Nome e quello delle 42 divinità che, nella vasta Sala della Verità-Giustizia, ti circondano nel giorno nel quale si rende conto dei propri peccati, innanzi ad Osiride;
  • il sangue dei peccatori serve loro quale nutrimento. Il tuo Nome è : “Il Signore-dell’Ordine-Universale- i-cui-due-occhi-sono-le-due-dee-sorelle”.
  • Ecco, io conservo nel mio cuore la Verità e la Giustizia, in quanto vi ho estirpato tutto ciò che è male.
  • Io non ho inferto sofferenze agli uomini.
  • Io non ho usato violenza ai miei consanguinei. Io non ho sostituito l’Ingiustizia alla Giustizia. Io non ho frequentato i malvagi.
  • Io non ho commesso dei crimini.
  • Io non ho imposto, per mio vantaggio, eccessivo lavoro. Io non ho intrigato per soddisfare una smodata ambizione. Io non ho maltrattato i miei servi.
  • Io non ho bestemmiato il nome degli déi.
  • Io non ho privato l’indigente della sua sostanza. Io non ho commesso atti esecrati dagli déi.
  • Io non ho permesso che un servo fosse maltrattato da un suo superiore.
  • Io non ho fatto soffrire il mio prossimo. Io non ho provocato delle carestie.
  • Io non sono stato cagione di pianto per gli uomini, che sono miei simili.
  • Io non ho ucciso, né provocato omicidi.
  • Io non ho provocato delle malattie fra gli uomini. Io non ho manomesso le offerte dei templi.
  • Io non ho rubato i pani degli déi.
  • Io non ho manomesso le offerte destinate agli Spiriti santificati. Io non ho mai commesso azioni riprovevoli.
  • Io non ho arbitrariamente diminuito le razioni delle offerte nelle cinte consacrate dei templi.
  • Io non ho tentato di accrescere, mediante mezzi illeciti, i miei beni terreni, né usurpato campi altrui.
  • Io non ho falsato i pesi della bilancia, né spostato il suo ago. Io non ho tolto il latte dalle labbra al fanciullo.
  • Io non mi sono mai impadronito del bestiame altrui mentre pascolava nelle praterie.
  • Io non ho mai teso le reti ai volatili destinati agli déi.
  • Io non ho mai pescato dei pesci con cadaveri di altri pesci.
  • Io non ho mai ostruito le acque correnti ed i canali, quando era necessario il loro regolare flusso.
  • Io non ho mai aperto le dighe poste alle acque correnti.
  • Io non ho mai estinta la fiamma del fuoco, quando era necessario che ardesse.
  • Io non ho violato le regole poste sulle offerte della carne.
  • Io non mi sono mai impossessato del bestiame appartenente al tempio degli déi.
  • Io non ho mai frapposto ostacoli al manifestarsi di un dio. Io sono puro! Io sono puro! Io sono puro! Io sono puro!
  • Io sono stato purificato come lo è stata la Grande Fenice di Eracleopolis.
  • Poiché io sono il Signore delle Respirazioni che dona la vita a tutti gli Iniziati.
  • Nel giorno solenne in cui l’Occhio di Horus, in presenza del divino Signore di questa Terra, culmina ad Eliopolis.
  • Poiché io ho visto culminare ad Eliopolis, l’Occhio di Horus, nessun male possa cogliermi in queste Regioni, o déi, e neppure nella vostra vasta Sala di Verità-Giustizia!
  • In quanto io conosco il Nome di quelle divinità che attorniano Maat, la Grande Dea di Verità-Giustizia.

Fin qui la “Confessione negativa” numero 1 del Papiro di Nû.  Nel papiro Nebseni è contenuta la “Confessione negativa” numero 2, della quale riporto quelle parti che non figurano nella precedente:

CONFESSIONE NEGATIVA. – 2

  • Il mio cuore detesta la brutalità. Io non ho rubato.
  • Io non ho mentito. Io non ho diffamato.
  • Io non sono stato mai aggressivo. Io non ho mai origliato alle porte.
  • Io non sono stato mai un chiacchierone.
  • Io non ho mai scagliato maledizioni per un danno che mi era stato causato.
  • Io non ho mai commesso adulterio. Io non ho mai terrorizzato nessuno.
  • Io non ho mai violato le disposizioni del tempo. Io non ho mai provocato litigi.
  • Io non ho mai fatto versare lacrime ai miei simili.
  • Io non ho mai commesso peccati contro natura con uomini. Io non ho mai ingiuriato nessuno.
  • Sappilo: io mi sono arricchito solamente in modo lecito.

……….

Entrambe le “Confessioni negative”, oltre a un centinaio di preghiere e invocazioni, si possono trovare nel “Libro dei Morti” degli Antichi Egiziani, edito da Ceschina. Si tratta di un prezioso volume in cui viene spiegata, in forma chiara ed accessibile, la filosofia e la religione dell’Antico Egitto. Scorrendo i versi che costituiscono le due “Confessioni”, ci si rende conto che la vita di quel popolo era improntata alla massima rettitudine e spiritualità. Non v’è nulla che la possa avvicinare ai truci e sanguinari principî ebraici, perché è chiaro che il defunto per identificarsi col suo Dio doveva aver condotto una vita assolutamente irreprensibile e conforme ai dettami divini. Per entrare nella grazia del suo Signore, l’Ebreo doveva uccidere, massacrare i suoi simili e, all’occorrenza, anche i suoi stessi figli; doveva spargere sangue di innocenti, non aver pietà per i vinti ( ne abbiamo una dimostrazione oggi, col caso Priebke…), doveva incendiare città ed essere sempre pronto a portare guerra alle genti limitrofe, perché così voleva il suo Dio, “Signore degli Eserciti”.

L’Egiziano, invece, per ben figurare al cospetto del suo Dio, doveva condurre una vita onesta. Doveva essere stato buono, caritatevole con i servi e non aver “frapposto ostacoli ad una eventuale manifestazione di un altro Dio”. Ma innanzi tutto doveva essere stato fautore della pace. A comprovare ciò, ecco alcuni stralci di una preghiera rivolta dall’Egiziano ad Osiride e agli altri déi :

Salve, o Signori delle offerte!

  • Ecco che io giungo in pace verso di voi… Io navigo sul Lago della Pace…
  • Io creo il Bene, io apporto la Pace…e domino coloro che usano violenza ai deboli….
  • O Dio della Pace!…Ho vissuto nella Pace e avanzo nella Pace Che la Pace sia con me!…

Tutto quanto avete letto qui sopra, ed altro ancora molto più interessante, lo troverete nel testo già citato edito da Ceschina. Quella, perciò, era la vita normale in Egitto al tempo in cui vi soggiornavano liberamente gli Ebrei. Niente a che vedere con le affermazioni contrarie contenute nella Bibbia, dove il Faraone col suo popolo e il suo esercito sono tacciati di crudeltà persecutoria. Nell’Antico Testamento ci troviamo di fronte a un falso storico nei confronti dell’Egitto, e Dio, quello degli Ebrei, fa una ben meschina figura confrontato con la solare, ieratica spiritualità di Osiride. C’è un abisso fra le due concezioni religiose e i due sistemi di vita quotidiana, un abisso che è rimasto profondo e insuperabile. Ancor oggi si guarda all’Antico Egitto con stupore e ammirazione; i papiri, i sarcofaghi, i monumenti e ogni reperto che ci è pervenuto -e le scoperte non sono affatto terminate!- attraverso ricerche e scavi, emana bagliori di grandezza mai offuscata. Il metodo ebraico-biblico di criminalizzare gli avversari del loro Credo, ha avuto ampia e clamorosa applicazione alla fine della Seconda guerra mondiale con il Processo di Norimberga, che ha sancito la liceità ed il diritto dei vincitori di impiccare i vinti, e tutte le conseguenti campagne diffamatorie per instillare nella mente delle nuove generazioni atrocità e nefandezze del Fascismo in Italia che storicamente non sono mai avvenute.

Dalla storia cruenta di Israele, ci giunge il tanfo del sangue sparso e dei cadaveri degli uccisi per la libidine di grandezza e di dominio di un popolo che ha scaricato sul proprio Dio la colpa e la responsabilità dei tanti crimini compiuti. Crimini oggi rinverditi e peggiorati dagli odierni epigoni dei Profeti dell’Antico Testamento, che alla guerra di sterminio hanno aggiunto la potenza del denaro, col quale riescono a corrompere le coscienze degli ultimi uomini che tentano di resistere al capovolgimento totale degli antichi valori tradizionali.

Fra le ridicolaggini in cui ci si imbatte leggendo la Bibbia, ecco un’altra serie di “perle”

  • Levitico XIII, 40 e 41 = Se a qualcuno cadono i capelli del capo, è un calvo: egli è puro. Se gli cadono i capelli sul davanti del capo, è calvo di fronte: egli è puro.

Lapalissiano, non vi pare? E c’era bisogno di leggere la Bibbia per sapere che quando cadono i capelli si è calvi? Sentite ancora:

  • Numeri XV, 37 e seguenti = Poi il Signore disse ancora a Mosè: “Parla ai figli di Israele e di’ loro che si facciano, anche per le generazioni future, dei fiocchi agli angoli dei loro mantelli e mettano al fiocco di ogni angolo un cordone violaceo. Tale ornamento avrà per voi questo scopo: quando lo vedrete, vi ricorderete di tutti i Comandamenti del Signore e li metterete in pratica, e non andrete vagando dietro ai mutevoli desideri del vostro cuore e degli occhi vostri, che vi han trascinato a prevaricare”.

Indubbiamente il Signore conosceva assai bene i suoi figli e non si fidava del loro self-control. Giusto, perciò, che consigliasse l’uso di alcuni pro-memoria per l’osservanza dei Comandamenti. Se, poniamo il caso, qualcuno commetteva una qualche infrazione al Decalogo della Legge, poteva sempre giustificarsi col dire: Non mi sono ricordato di astenermi dal farlo, perché dal mio vecchio mantello si sono staccati i fiocchi e li ho persi.

Il Signore parlava continuamente con Mosè, dandogli disposizioni e suggerimenti di ogni tipo, dalla caduta dei capelli alla causa delle macchie di umido sui muri delle case ! (Levitico XIV, 43), dai pro- memoria posti agli angoli dei mantelli alle misure canoniche per costruire un altare con quattro corna agli spigoli (Esodo XXVII, 1 e 2). Non si capisce perché, per nominare il Capo dell’Ufficio Reclami delle tribù di Israele nella persona di Aronne, abbia creduto opportuno ricorrere ad un giochetto. Infatti, scocciato dalle continue lamentele che gli Israeliti rivolgevano a lui, Dio pensò di affidare l’incarico di accogliere le proteste ad Aronne, insomma istituì una specie di segretariato per i reclami. Disse a Mosè di portare all’interno del Tabernacolo dodici verghe, in rappresentanza delle dodici tribù :

  • Numeri XVII, 20 = L’uomo la cui verga germoglierà, sarà quello da me eletto, e così io non lascerò salire fino a me i mormorii che i figli di Israele fanno contro di voi.

Semplice, no? E con questo sistema Dio frappose fra sé e gli Ebrei scocciatori, una specie di filtro che gli consentì da quel momento di non essere più disturbato, e scaricò sulle spalle di Aronne reclami, lamentele e grattacapi quotidiani. Non sarebbe stato meno ridicolo dire a Mosè: “Fai sapere a tutti che io ho scelto Aronne per quell’incarico”. Ma in tal caso Dio non si sarebbe divertito a fare i soliti giochetti e la Bibbia non avrebbe potuto meravigliare i bigotti.

Dio detestava le donne, perché non aveva perdonato ad Eva il furto della mela. Le detestava, anche se di tanto in tanto si concedeva un piacevole strappo alla regola e ne “visitava” qualcuna in difficoltà di procreazione, lasciando immancabilmente un ricordino che si manifestava entro i nove mesi. Al momento della Creazione non ci aveva pensato nemmeno a fare la donna, ritenendo che con la fabbricazione di Adamo avesse concluso ogni suo progetto. Quando si accorse che i “corpi cavernosi” della protuberanza sporgente dal pube di Adamo, si riempivano di sangue più di tutti gli altri organi  -si vedeva a occhio nudo anche da lontano!- e provocavano continue vistose irrequietezze, quasi come lo scodinzolamento di un cane, capì che bisognava trovare una immediata soluzione. Decise allora di trarre Eva dal costato di Adamo, e male gliene incolse, perché la prima donna del mondo dimostrò ben presto di avere un caratterino niente affatto docile e remissivo. Fu Eva a scoprire che dopo la “carne” ci sta bene la “frutta”.

La scoperta di Eva non piacque a Dio, che da quel momento trattò tutte le donne come esseri umani di infima serie. Una delle prove a conforto di queste mie affermazioni, la troviamo leggendo le disposizioni date ad Aronne, riguardanti le offerte di animali per i sacrifici e la parte riservata ai sacerdoti :

  • Numeri XVIII, 9 e seguenti =  Ecco che cosa ti apparterrà delle cose santissime non consumate dal fuoco…che apparterranno a te e ai tuoi figli. Le mangerai nel luogo più sacro; NE MANGERA’ SOLO OGNI MASCHIO: siano per te cose sante.

In altre parole: alle cose sante non sono degne di accedere le donne, nemmeno per nutrirsi. E continua :

  • Numeri XVIII, 13 = Siano tue tutte le primizie della loro terra, che essi presenteranno al Signore : ne mangi CHIUNQUE di casa tua, purchè sia puro.

Sappiamo dal Levitico XII, 1 e seguenti, che le donne restavano impure per 40 o 73 giorni   (7+33 o   7+66), a seconda se avevano dato alla luce un maschio o una femmina. Perciò se le primizie della terra venivano offerte in coincidenza col parto di una donna, anche l’uomo che avesse avuto rapporti con quella donna ancora impura sarebbe stato impuro, e perciò non degno di mangiare la carne dell’offerta. La donna, presente al banchetto, doveva restare a digiuno e limitarsi a guardare. Semplicemente assurdo!

A ciò aggiungiamo il ridicolo della spartizione delle carni dell’animale sacrificato :

  • Numeri XVIII, 18 = La loro carne sarà tua; come è tuo il petto dell’offerta e la coscia destra.

A chi spettava la coscia sinistra? Questo è un altro dei tanti misteri della Bibbia. Forse Dio non voleva disturbare la “sinistra” politica del suo tempo, togliendole un mezzo di sostentamento. Così è la vita: si comincia col concedere la coscia sinistra e si finisce con “l’affare” Mitrokhin!

Un’ altra spassosissima disposizione divina in materia di sanità è quella che riguarda l’antidoto infallibile per i morsi di serpente. Sappiamo quanto sia macchinosa oggigiorno la nostra struttura sanitaria, e il tempo che si spreca per curarsi. Lunghe, snervanti attese nell’anticamera del medico curante convenzionato, oppure attese di quattro o sei mesi per ottenere accertamenti specialistici dalle ASL.

C’è da pagare il ticket e sperare che chi ti visita o ti fa le analisi richieste non sia un macellaio. Insomma, un casino che non finisce mai. Alla fine di queste traversie non è detto che giunga la guarigione. A quei tempi, invece, tutto era più facile e sicuro :

  • Numeri XXI, 8 e 9 = Allora il Signore disse a Mosè: “ Fatti un serpente e mettilo sopra un’antenna. Chiunque sarà morso e lo guarderà, resterà in vita”.  E Mosè fece un serpente di bronzo, poi lo mise sopra un’antenna, e quando un serpente mordeva qualcuno, costui guardava il serpente di bronzo e rimaneva in vita.

Però! Quello sì, poteva chiamarsi un servizio sanitario perfetto!.. Se un serpente velenoso mordeva qualcuno lontano dalla città -suppongo che i serpenti velenosi abitino nel sottobosco o nel deserto, e non al terzo piano di un condominio- il veleno inoculato si tratteneva dal fare effetto spargendosi per le vene del malcapitato, in attesa che costui raggiungesse la città, dove era innalzata l’antenna col serpente di bronzo, per consentire alla persona morsicata di curarsi guardando il simulacro voluto da Dio. Ciò che mi sembra assurdo e ridicolo è il fatto che, mentre il popolo ebraico si lamentava della mancanza di acqua e cibo, e di ogni altra cosa necessaria al sostentamento, rimproverando a Mosè e a Dio il lungo estenuante cammino nel deserto (Numeri XXI, 5 e seguenti), Mosè aveva sufficienti scorte di rame, stagno, zinco e piombo, unitamente ad una attrezzata fonderia a portata di mano, per costituire la lega chiamata bronzo. Teniamo presente che il bronzo non si può scolpire, e gli oggetti di quella lega metallica devono essere ottenuti per colata dentro uno stampo di materiale refrattario ricavato attorno ad un esemplare modellato in argilla o gesso. Non c’era pane e acqua per nutrire le persone, ma c’era tutto quel po’ po’ di materiali per gingillarsi con la scultura!

Dobbiamo riconoscere, tuttavia, che al giorno d’oggi quel sistema di curare i mali guardando simulacri di bronzo, non funziona. Quante volte abbiamo guardato le facce di bronzo dell’intera classe politica italiana attraverso i giornali, la televisione o i comizi elettorali, sperando in un miracolo… Niente! E i mali, anziché scomparire, aumentano sempre più. Sarà forse perché manca un “Mosè” capace di trovare l’amalgama idoneo per fondere in una unità coerente il popolo italiano…

Ma quello che è sorprendente e lascia interdetti i lettori della Bibbia è la spiegazione che Monsignor Raffaele Macario (con quel cognome, che risate!!) Vescovo di Albano e commentatore della Sacra Bibbia,edizioni Paoline 1964, dà del serpente in una nota in calce alla pagina 165 del testo sopraccitato. Secondo l’ineffabile monsignore, il serpente rizzato sull’asta per ordine di Dio, rappresenta Gesù, che per arcana disposizione sarà elevato in croce. Ma come –direte voi, e lo dico anch’io- il serpente non è stato sempre identificato con Satana?  E quando la Madonna, così come fu preconizzato, schiaccerà la testa al serpente, vuol dire che schiaccerà la testa a Gesù, suo Figlio? Come si fa a capire se il rettile posto sotto i piedi di Maria Vergine, in tante statue e immagini, sia Satana oppure Gesù ?  Sarebbe stato meglio che Monsignor Macario avesse tralasciato di spiegare l’improbabile e amena favoletta del serpente guaritore, affidando l’interpretazione alla cieca fede dei fedeli. Avventurarsi in spiegazioni esoteriche si rischia di finire fortemente sospettati di eresia.

E veniamo adesso al simpatico episodio dell’asina di Balaam, dove si dimostra che gli animali, con il loro istinto, comprendono Dio meglio degli uomini. Le “truppe” israeliane guidate da Aronne e Mosè avevano già distrutto il paese degli Amorrei, uccidendo tutta la popolazione (Numeri XXI, 32 e seguenti); avevano poi sterminato tutta la gente di Basan compreso il re e la sua famiglia, naturalmente in conformità agli ordini di Dio! Avendo appreso di quelle stragi, Balac, re di Moab, si preoccupò alquanto per sé e per il suo popolo e si rivolse a Balaam, una specie di mago e profeta, affinché maledicesse con un sortilegio quelle orde barbare che seminavano terrore dappertutto.

  • Numeri XXII, 12-14 = Ma Iddio ordinò a Balaam: “Non andare con loro, né maledire quel popolo, perché è benedetto”. La mattina Balaam si alzò e disse ai principi di Balac: “Ritornate al vostro paese, perché il Signore non permette che io venga con voi”. Allora i principi di Moab si alzarono, tornarono da Balac e gli dissero: “Balaam ha ricusato di venir con noi”.

Intanto, qui ci sono due cose da porre subito in evidenza: la pronta ubbidienza di Balaam ai voleri di Dio e la magnanimità di re Balac, che avrebbe potuto costringere con la forza Balaam ad ubbidirgli, e invece gli manda ambascerie di principi con doni. Ma re Balac non era ebreo!…e continuò ad insistere con principi di più alto rango e con doni più sostanziosi.

  • Numeri XXII, 20 = Or, Iddio venne di notte a Balaam e gli disse: “Questi uomini non sono forse venuti a chiamarti ? Alzati, va’ con loro. Però tu farai solo quello che ti dirò io”.

Discorsetto notturno in contraddizione con quanto aveva ordinato prima. E Balaam, ubbidiente, sellò la sua asina e andò coi principi di Moab.

  • Numeri XXII, 22 = Ma il Signore si sdegnò, perché egli andava: e l’angelo del Signore si presentò sulla strada per impedirlo.

Ditemi sinceramente cosa pensate di questo modo di agire! Vi sembra un comportamento corretto per un Dio? Ma chi è quell’imbecille che possa esaltarsi nel leggere panzane simili? Cosa avrebbe dovuto fare quel poverocristo di Balaam, andare o non andare? Non è ridicolo che un libro sacro contenga stupidaggini simili? E qui viene il bello, perché l’asina scorse l’angelo con la spada sguainata che le sbarrava la strada, e giustamente impaurita deviò per i campi, mandando in bestia Balaam che invece non vedeva l’angelo e lo strano comportamento dell’asina gli faceva ritenere che si trattava di capricci dell’animale. L’angelo provò parecchie volte a sbarrare la strada all’asina, e ogni volta l’animale sempre più spaventato cambiava direzione. Balaam fuori dalla grazia di Dio -è il caso di dirlo!- caricava di botte l’innocente bestia, la quale alla fine non potendone più, si accasciò a terra, mentre Balaam infieriva col bastone.

  • Numeri XXII, 28 e seguenti = Ma il Signore aprì la bocca all’asina ed ella disse a Balaam : “Che cosa ti ho fatto io che tu mi hai percosso per ben tre volte?”

E l’asina si convinse finalmente che nella religione di Mosè a pagare sono sempre gli innocenti! A questo punto l’angelo si manifestò a Balaam e gli disse che gli aveva sbarrato il cammino perché sapeva che il suo viaggio era fatto con cattive intenzioni. Ma quando mai!? Balaam era partito dietro ordine di Dio, come faceva a sapere che l’autorizzazione ricevuta dal Signore conteneva una riserva mentale? Non vi sembra ridicolo e assurdo che per alcuni millenni intere generazioni di credenti di bocca buona abbiano potuto accettare come oro colato fesserie di tal genere? Comunque, Balac re di Moab, accolse con tutti gli onori il profeta Balaam e lo pregò di maledire gli Israeliti per aver devastato i territori vicini e si apprestavano a devastare anche il suo. Balaam non ascoltò le sollecitazioni del re Balac e fece come il Signore gli aveva ordinato: benedì i figli di Israele e vaticinò un luminoso futuro, colmo di vittorie per il popolo ebraico.

  • Numeri XXIV, 10-11-25 = Allora l’ira di Balac si accese contro Balaam, e battendo le mani disse a Balaam: “Io ti ho chiamato per maledire i miei nemici, ed ecco tu li hai benedetti per ben tre volte. Parti e torna a casa tua “… Poi Balaam si alzò e partì per tornarsene al suo paese, mentre Balac se ne andò per la sua strada.

Avete capito? Balac, re di Moab, adirato perché Balaam non si era comportato come egli desiderava, non infierisce contro il profeta e lo lascia andar via tranquillamente. Un Ebreo si sarebbe sfogato in modo animalesco, con torture e uccisione di colui che aveva disatteso le sue aspettative. Da ciò che la Bibbia inconsciamente si lascia sfuggire, possiamo tratteggiare un quadro abbastanza esplicativo e veritiero del carattere dei re e dei popoli che attorniavano Israele: tutti, nessuno escluso, erano più civili e più umani degli Israeliti; molto più tolleranti e magnanimi dei rozzi, sanguinari Ebrei. A commento del fatterello sopraccitato, ecco l’illuminato pensiero dei redattori della Sacra Bibbia -edizioni Paoline 1964, a pag 166-:

“Si discute fra gli interpreti se Balaam fosse un mago e un incantatore, oppure un profeta del vero Dio. E’ certo che Dio in questa occasione se n’è servito per i fini suoi, ma è pure certo che Balaam ha dato consigli completamente contrari ai voleri di Dio, poi prevaricò, peccò contro il Signore e infine fu ucciso”.

Ora, tutto ciò è falso, oltre che ridicolo e assurdo!! Di Balaam non si parla più nell’intera Bibbia; quello che egli fece lo si deduce in maniera lampante dalla semplice lettura dell’episodio in cui egli appare. Non importa se egli sia stato un mago, un incantatore, o un profeta del “vero” Dio. Sta di fatto che Dio gli apparve, gli parlò, lo indusse ad agire nel modo in cui egli agì. Dove sta la “prevaricazione”? Il verbo “prevaricare” significa : “oltrepassare i limiti del giusto o del lecito”. Come li oltrepassò Balaam, avendo compiuto la volontà di Dio? Perché forzare l’interpretazione del suo comportamento con un commento tendenzioso e falso? Perché definirlo “falso profeta”, così come si legge nel titolo del 23° capitolo dei Numeri? Da cosa hanno dedotto, gli esimi cristianissimi commentatori della Bibbia, che Balaam “peccò contro il Signore”, e per questo fu ucciso? Siamo alla presenza di un vero insulto all’ intelligenza dei lettori, e così si spiega la pretesa della Chiesa Cattolica di rifiutare ai fedeli la libera interpretazione della Bibbia. Il Cristiano, il Cattolico può leggere la Sacra Scrittura, ma non può e non deve capirla!! Deve chiedere “lumi” al sacerdote, l’unico abilitato ad essere “chretienne”. Sì, è vero, Balaam nel pronunciare i suoi quattro oracoli alla presenza del re di Moab disse alcune inesattezze. Ma da quale punto di vista lo fece? Non certo da quello di Dio, che, anzi, gli doveva essere grato, ma da quello della verità storica:

  • Numeri XXIII, 18 = Iddio non è un uomo, perché possa mentire, né figlio di uomo, perché si ritratti.

E noi abbiamo constatato quante volte Dio ha mentito, inducendo qualcuno a compiere azioni che, poi, ha condannato; quante volte si è rimangiato le disposizioni date come verità assolute, eterne.

  • Numeri XXIII, 21 = “Io non vedo iniquità in Giacobbe, né miro sofferenze in Israele”.

Alla faccia dell’impudenza!! E tutte le stragi compiute da Israele? E il sangue innocente versato, e gli stupri, gli incesti, i tradimenti, non sono forse iniquità?  Uccidere la figlia per far piacere al Signore cos’è, un atto di umana pietà? Ordinare il massacro di uomini, donne, bambini e animali, cos’è, un atto di divina tolleranza? Tagliare i pollici delle mani e dei piedi ai prigionieri, cos’è, un atto di prevenzione sanitaria? E si potrebbe continuare a lungo, ma è sufficiente rileggere i capitoli precedenti di questo stesso libro per rinfrescare la memoria e compatire il miserabile tentativo dei redattori della Bibbia di indurre a credere quello che non è. E’ stato, appunto, per questo che nell’Avvertenza importante posta all’inizio di quest’opera ho consigliato di tenere a portata di mano vecchie e nuove edizioni della Sacra Scrittura per poterle confrontare. Nelle edizioni del passato, infatti, i termini usati dai traduttori erano quelli crudi e spietati adoperati da millenni, mentre, di edizione in edizione, col progresso culturale e la presa di coscienza degli uomini, i vocaboli più terrificanti sono stati addolciti. Sia chiaro, e lo ripeto ancora una volta, che le mie critiche e la mia avversione ai cruenti, spietati comportamenti di Dio, non sono rivolti al Sommo Creatore in quanto tale, ma alla figura che hanno tratteggiato gli Israeliti e che, secondo me, rispecchia solamente il loro animo e il loro modo di intendere la vita e i doveri ad essa attinenti. Volevano un Dio che avesse i loro stessi difetti e le loro stesse esigenze: e così l’hanno eternato in una serie di scritti, la « Torah » da usare come “codice” per muovere alla conquista del mondo. Ben altra valenza hanno, invece, gli scritti sapienziali, in cui la profondità di pensiero è veramente ammirevole e si inoltra in dottrine esoteriche che non sono alla portata di tutti.  Ne è un esempio, fra gli altri, quel “Cantico dei Cantici” svilito al livello di poemetto catechistico da una interpretazione cattolica ridicola e beghina.

Dopo avere creato un Dio a loro immagine e somiglianza, gli Ebrei pensarono bene di provvedere alla sua nutrizione, secondo una precisa scelta di cibo. Venne studiata, perciò, una gagliarda dieta alimentare, tenuto conto del gran daffare che in quel momento teneva occupato il Signore: due agnelli al giorno, uno al mattino e l’altro la sera (naturalmente, teneri e senza difetti), e inoltre:

  • Numeri XXVIII, 5-6-7 = …e insieme a ciascuno offrirai pure la decima parte di un efa di fior di farina, intrisa con la quarta parte di un hin di olio vergine. E’ questo l’olocausto perpetuo, già offerto sul Monte Sinai, sacrificio consumato col fuoco in odore soave al Signore. La libagione di questo sacrificio sarà un quarto di hin per ciascun agnello; spargerai nel luogo sacro la libagione di vino puro in onor del Signore.

Come avete visto, Dio fornì anche la ricetta per preparare il desinare, e ci tenne a raccomandare che l’olio fosse vergine e il vino puro. Non accennò alle marche preferite, in ottemperanza alle leggi sulla pubblicità.

Comunque, tutta roba che il Signore non mangiava di certo, limitandosi ad aspirare il soave odore prodotto dalla cottura col fuoco, ma ci pensava, in suo nome, il solerte sacerdote, che così si assicurava il vitto per tutta la vita. Si trattava di due pasti sostanziosi, ai quali si aggiungeva nel giorno di sabato il supplemento festivo costituito da altri due agnelli e due decimi di fior di farina intrisa con olio, come oblazione insieme alla sua libagione (Numeri XXVIII, 9). Il menu divino continuava con l’aggiunta, al primo giorno di ogni mese, di due giovenchi, un montone, sette agnelli e, come dessert, un capro. Un’abbuffata degna di un racconto di Rabelais!! Siccome la carne degli animali si bruciava nel luogo sacro, e nello stesso posto si spargeva a terra la farina, l’olio e il vino, (non tutto, s’intende…), vi lascio immaginare che sporcizia, che puzza doveva esserci da quelle parti !  Il regime alimentare del Signore, però, non finiva   qui: nei giorni di particolare solennità era previsto il vitto speciale. Se ne volete sapere di più, vi consiglio di leggere l’intero capitolo XXVIII dei Numeri.

Una notizia singolare e non meno divertente di quelle apprese fino a questo momento, la troviamo a conclusione della strage dei Madianiti (Numeri XXXI) compiuta dai prediletti figli di Dio. Il bottino ricavato da quell’infame prodezza ammontava a 675.000 pecore, 72.000 bovini, 61.000 asini e 32.000 donne che non avevano ancora conosciuto l’uomo (Numeri XXXI, 32 e seguenti). Sto pensando che se Israele oggi muovesse guerra a noi Italiani, e ci trattasse come trattò i Madianiti, si potrebbe portar via una cinquantina di milioni di asini, ma sarebbe costretto a lasciare qui tutte le donne! Il Signore, giustamente, pretese la sua parte, avendo contribuito in maniera determinante alla vittoria. Parlandone con Mosè, dispose che la metà delle prede sarebbe stata divisa fra i combattenti, mentre il “tributo per il Signore” si sarebbe limitato a un tasso decente, all’uno per mille : 675 pecore, 72 bovini, 61 asini e 32 donne. Infatti:

  • Numeri XXXI, 41 = E Mosè dette al sacerdote Eleazaro il tributo prelevato per il Signore, come il Signore gli aveva comandato.

Dopo averci detto la destinazione del  “tributo prelevato per il Signore”, la Bibbia tace sull’uso che Eleazaro fece di così ingente bottino. Poiché è impensabile che sia stato consegnato materialmente a Dio, non restano che due possibilità: che Eleazaro abbia offerto, secondo il rituale sancito da Dio stesso, pecore, bovini, asini e donne al Signore, bruciandoli nel “luogo sacro”, oppure che abbia tenuto per sé ogni cosa, usandola a suo piacimento. Le pecore e i bovini gli saranno serviti per abbuffarsi; gli asini per cavalcare di giorno, e le donne per sfrenati galoppi notturni, col piacere della varietà… Che vita, eh?!

Ed ecco le gesta strabilianti di alcuni eroi israeliti, degni di comparire fra le storie dell’Opera dei Pupi Siciliani :

  • 2° Samuele XXIII, 8 = Isbaal, l’Acmonita, brandì la sua lancia contro ottocento uomini che uccise in un solo combattimento.
  • 2° Samuele XXIII, 18 = Abisai, fratello di Gioab, brandì la sua lancia contro trecento uomini e li uccise.
  • 2° Samuele XXIII, 20-21 = Banaia, figlio di Joiada, uccise inoltre un Egiziano di statura imponente, che aveva  la  lancia  in mano. Banaia gli andò contro solo con un bastone, strappò a forza la lancia di mano all’Egiziano, lo uccise con la sua lancia stessa.

Nella seconda Guerra Mondiale, la Mecca del cinema americano, Hollywood, invase il mondo con una serie di film propagandistici, per tenere alto il morale delle truppe statunitensi, che in combutta con il democraticissimo Stalin si sacrificavano in Europa per affermare la libertà e la democrazia. Ebbene, in uno dei tanti film, zeppi di smargiassate, ce ne fu uno in cui il sergente americano York, da solo, riuscì a prendere prigionieri un centinaio di terribili SS armati di tutto punto. L’attore era Gary Cooper.

A proposito degli episodi esilaranti che ho presentato qui sopra, la mente corre agli anni della mia adolescenza, quando nel rione di Messina in cui abitavo, “la Giostra”, operava con successo un “puparo” messinese, tale Alessandro Morasca, conosciuto nella zona col titolo familiare di “don Lisciandru”. I suoi spettacoli serali richiamavano puntualmente una nutrita schiera di estimatori, ma anche ragazzacci sfottenti, che andavano a teatro solo per fare cagnara. Si racconta che nel corso di una spettacolare rappresentazione che aveva per argomento le gesta dei Paladini di Francia, don Lisciandru si permise annunziare l’entrata in scena di un personaggio con le seguenti parole: “Arriva la regina Galiacella, seguita da ottocento ancelle!” Immediatamente scattò la protesta dei ragazzi del loggione: “Scalàmula, don Lisciandru!” Armato di pazienza il puparo ritirò la regina per farla uscire di nuovo, questa volta con le parole: “Arriva la regina Galiacella, seguita da quattrocento ancelle!” E i ragazzi del loggione: “Scalàmula, don Lisciandru!” con fischi, grida e battito di piedi sull’impiantito. Don Lisciandru scese di volta in volta il numero delle ancelle al seguito della regina Galiacella, fino a quando, essendo arrivato ad una sola e sempre con strepito maggiore, non resistendo alla rabbia, si affacciò al di sotto della mantovana che copriva la parte alta del proscenio e sbottò: “La regina Galiacella non è come vostra sorella che esce da sola!” La sera successiva, i soliti ragazzi si precipitarono a teatro per ripetere la manfrina, ma quando don Lisciandru capì che tutto era fatto per indispettirlo, tagliò corto esclamando a voce altissima: “Arriva la Regina Galiacella, seguita da “tutti ‘i buttani dî vostri soru!!”

Propongo un lapidario commento, improntato allo stile di quello di don Lisciandru, per commentare le smargiassate dell’Antico Testamento.

Anche quest’altra notizia merita un commento:

  • 1° Re VIII, 63 = Salomone immolò al  Signore come sacrificio pacifico 22.000 buoi e 120.000 pecore: così il re e i figli di Israele dedicarono il Tempio al Signore.

Insomma, una gigantesca carneficina! E se pensiamo che l’olocausto di ogni singolo animale doveva completarsi, secondo le disposizioni date da Dio, con lo spargimento in terra di una certa quantità di fior di farina, olio e vino, oltre alla logica fuoruscita di sangue della vittima, avremo davanti agli occhi la macabra scena di una folla inferocita, ebbra di vino e di sangue, che sguazza fra pelli e intestini fumanti, fra carni e ossa bruciate, in un’ammorbante atmosfera di puzzo ferino. Assurdo e schifoso!

Roboamo, figlio di Salomone, divenne re di giuda e apportò nel paese alcune novità:

  • 1° Re XIV, 24  =   Si ebbero nel paese persino prostituti sacri.

Noi abbiamo appreso, leggendo la Bibbia fin qui, che ogni cosa sacra apparteneva al signore e, per esso, al gran sacerdote. Non penso che Dio avesse bisogno di prostituti sacri, occupato com’era a “visitare” donne sterili in ambasce. Di conseguenza, i prostituti sacri dovevano servire al sacerdote quando questi decideva di variare le usuali copule giornaliere con le donne prese prigioniere ai nemici. A meno che, essendo i prostituti “intoccabili”, non venissero adibiti a particolari servizi segreti paralleli (del tipo “Gladio”, tanto per intenderci…), visto che a Gerusalemme, al tempo di re Sedecia, il sovrintendente degli uomini di guerra era un eunuco ! (2° Re XXV, 19).

Altra assurdità:

  • Neemia X, 1 = Poi, in conseguenza di tutti questi avvenimenti, noi rinnovammo PER ISCRITTO il formale impegno di osservare la legge divina. I nostri capi, i nostri Leviti e i nostri sacerdoti lo sottoscrissero di PROPRIO PUGNO.

Bene, e per il Signore chi firmò? L’impegno preso unilateralmente, da una sola delle parti, è un’offerta gratuita ed inutile se non è accettata contemporaneamente dall’altra parte. Come sottoscrisse il Signore per accettazione?

E’ la volta, adesso, di una storiella stupida e sconclusionata. Il Signore ordinò al Profeta Geremia di comprarsi una cintura di lino e di portarla ai fianchi, senza metterla mai nell’acqua. Geremia ubbidì, ma subito dopo il Signore gli ordinò di togliersela e di andare a nasconderla in una fessura della roccia sulle rive del fiume Eufrate. Geremia ubbidì ancora una volta e il Signore ritornò alla carica esortandolo a riprenderla. La cintura era tutta marcia e non serviva più a nulla:

  • Geremia XIII, 8-11 = “Allora Dio mi rivolse la parola e mi disse : “Così parla il Signore: allo stesso modo annienterò il grande orgoglio di Giuda e Gerusalemme… Or, come una cintura aderisce ai fianchi dell’uomo, così avevo disposto che aderisse a me tutta la casa di Israele e quella di Giuda…ma non mi hanno ascoltato”.

Non vi sembra anche questo un modo puerile per evidenziare la disubbidienza di Israele e renderla comprensibile a un Profeta, che, si suppone, illuminato dallo Spirito divino? Il Signore ricorreva spesso a paragoni del genere, come nella risibile storiella che segue:

  • Geremia XXIV, 1 e seguenti  =  “Il Signore mi fece vedere due panieri di fichi posti davanti  al  Tempio  del  Signore…Un paniere conteneva fichi eccellenti, come quelli precoci: l’altro conteneva fichi così scadenti e cattivi che non si  potevano mangiare.”

Allora il signore chiese a Geremia: “Che cosa vedi?” Rispose quello: “Dei fichi. Quelli buoni sono eccellenti; quelli cattivi sono così scadenti e guasti che non si possono mangiare”. E il Signore gli fornì questa spiegazione:

  • Geremia XXIV, 5 e seguenti = “Come si guardano con piacere questi fichi buoni, così io guarderò con favore gli esuli di Giuda…Ma, come si fa dei fichi cattivi, così farò io di Sedecia, re di Giuda, dei suoi ufficiali e degli altri abitanti di Gerusalemme…”

E giù, una sfilza di minacce, di imprecazioni e di maledizioni. Era proprio necessario ricorrere ai due panieri di fichi per stigmatizzare il cattivo comportamento dei suoi figli prediletti? Sono storielle che possono far sgranare gli occhi agli scemi e ai soliti bigotti fanatici, pronti a inghiottire ogni fesseria riportata nella Bibbia. I fanatici e i bigotti bevono tutto, anche la coppa di spumante portata in giro da Geremia per farla bere a tutte le Nazioni (?) (Geremia XXV, 15 e seguenti), e provocare con tale mezzo la loro rovina, in ossequio alle disposizioni ricevute da Dio. Sempre più ridicolo e assurdo. Ve lo immaginate Geremia itinerante fra tutti i popoli, che offre coppe di spumante a destra e a manca, mentre alle sue spalle crollano le città, le campagne si trasformano in deserto e gli uomini muoiono? Io vedo gli scampati, che si sono rifiutati di bere, scappare a gambe levate tenendo le mani strette attorno agli attributi maschili, cercare salvezza il più lontano possibile da quell’emerito iettatore!

E, dite un po’, non vi sembra ridicolo che il Signore dica ad Ezechiele:

  • Ezechiele IV, 12 = “Mangerai questo nutrimento sotto forma di galletta d’orzo, che tu farai cuocere SU RIFIUTI UMANI.

Il Profeta, giustamente schifato per una simile cottura, implora allora Dio di trovare una soluzione meno disgustosa. E il Signore, sempre misericordioso e caritatevole, la trova:

  • Ezechiele IV, 15 = “Ecco, invece dei rifiuti di uomo, ti concedo di usare rifiuti di bovini, e con questi cuocerai il tuo pane.”

Ah, meno male! A raccontarle, senza citare la fonte, sembrerebbero barzellette da caserma, e invece sono luminosi passi della Bibbia!

E’ opinione diffusa che la Sacra Scrittura serva per tutti i bisogni e le necessità dell’uomo. In passato, i più fanatici arrivarono addirittura ad incendiare tutti i libri che riuscivano a sequestrare, sostenendo che per la vita dell’uomo era sufficiente la sola Bibbia. Così può succedere che ci si debba liberare dal demonio, ed ecco pronta la Bibbia con una ricetta “pret-a-porter” da utilizzare in una evenienza simile.

Il giovane Tobia, dovendo recarsi nella città di Ecbatana presso un suo parente, per sposare la figlia di costui, non conoscendo la strada chiese informazioni ad un giovanotto incontrato per caso. Questi era l’angelo Rafael, inviato da Dio per indicare il cammino a Tobia. A quel tempo non era stato ancora costituito il Corpo dei Vigili Urbani e, fatto ancora più grave, mancava la segnaletica, tanto che molti viandanti non riuscendo a raccapezzarsi, erano convinti di trovarsi sulla superstrada che collega l’Adriatica all’autostrada del Sole, passando per luoghi inospitali dove tu puoi crepare tranquillamente e nessuno se ne accorge.  Appunto per questo, Dio che vede e provvede, aveva istituito un servizio d’informazioni stradali affidato agli angeli. L’angelo Rafael si rese subito disponibile per accompagnare Tobia a destinazione, cosa che non fa nemmeno l’ACI, e i due partirono.

Sul far della notte fecero sosta presso le rive del fiume Tigri, e Tobia ne approfittò per lavarsi i piedi. Ma un grosso pesce, senza dubbio attirato dal delicato odore di gorgonzola misto a pecorino che emanavano le estremità inferiori di Tobia, si avventò per mordere (Tobia VI, 2). Tutti i pescatori sanno che i pesci sono ghiotti di formaggio, nessuna meraviglia, quindi, che il pesce che nuotava nelle vicinanze dei piedi di Tobia si sia lasciato attrarre da quell’olezzo incantevole. Ma gli andò male, perché Tobia lo catturò all’istante e, su consiglio dell’angelo lo sventrò per mangiarlo arrostito in compagnia del messaggero divino.  Conservò il fiele, il cuore e il fegato del pesce. Infatti, dopo avere disbrigato la faccenda del suo matrimonio, allestì la camera da letto per trascorrere la notte con la sposa. La giovane sposa era quella tale Sara che era stata data a sette mariti, tutti morti prima di potersi accostare a lei, perché il demonio Asmodeo, incaricato da Dio, li aveva fulminati (Tobia III, 8). Tobia, furbo di tre cotte, si ricordò di questo fatto e dei consigli datigli dall’angelo Rafael:

  • Tobia VIII, 2 e 3 = …prese dal suo sacco il cuore e il fegato del pesce e li pose sul braciere dei profumi. L’odore del pesce si diffuse e costrinse il demonio a fuggire fino in Egitto, dove Rafael, inseguitolo, lo incatenò e lo rese immobile all’istante.

Che ve ne pare? E’ bastata la puzza insopportabile delle frattaglie del pesce, ormai avariate e in decomposizione, per mettere in fuga un diavolo, cosa, questa, alla quale non pensò nemmeno Monsignor Milingo quando si ritirò in camera da letto, nella prima notte di nozze. Se l’avesse fatto, i fulmini di Giovanni Paolo 2° non avrebbero avuto effetto su di lui, e il suo matrimonio sarebbe ancora salvo!

Che il diavolo sia scappato a rotta di collo, lo capisco, scapperei anch’io in una situazione simile, pur non essendo, almeno fino a questo momento, un diavolo. Ma come mai l’angelo Rafael lo ha dovuto rincorrere fino in Egitto, prima di afferrarlo? Cosa aveva Asmodeo nelle gambe, un motore turbo ad iniezione? E perché si rifugiò proprio in Egitto? Non poteva andare, che so io, in Grecia, o in Libia? A Roma, no. Quella piazza era stata già prenotata da tempo dai membri della Santa Inquisizione, con un’OPA da non poter rifiutare.

La Bibbia è piena di raccontini spassosi e melensi come quello sopraccitato, che di sacro e di esoterico non hanno nulla: servono soltanto a far risaltare la scatenata e rozza fantasia di quel popolo che afferma di essere l’Eletto del signore. Di ieri e di oggi.

A proposito dell’Egitto, non mi sembra giusto trascurare le ridicolaggini contenute nella “Sapienza”, libro che in un primo momento era stato attribuito a Salomone -sapiente per eccellenza!- mentre gli esegeti sono più propensi a riconoscere come autore di questo libretto un anonimo Ebreo di Alessandria d’Egitto. Io non so chi abbia avuto l’infelice idea di intitolare “Sapienza” un tale concentrato di idiozie, di menzogne e ridicolaggini. Dopo aver letto Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio e tutti gli altri componenti della Bibbia; dopo aver provato raccapriccio per le stragi, i massacri, il sangue e le infinite nefandezze compiute da quel Dio, o dagli Ebrei per volere di Dio, mi chiedo come si possa pretendere di far inghiottire al lettore le bugie e le cretinaggini della “Sapienza”!

  • Sapienza I, 13 – 14 = La morte certo non è opera di Dio, né egli gioisce che i vivi debbano morire. Egli creò ogni cosa perché sussista.

Cominciamo bene! E allora, di chi è opera la morte? Ma di Satana, perbacco! Risposta scontata, come quella che veniva fornita alcuni anni or sono in Italia -pardon: nella Repubblica Italiana nata dalla Resistenza- quando si verificava un fatto delittuoso e i colpevoli non venivano scoperti. La risposta era sempre quella: sono stati i fascisti! Né mi si venga a dire che parlando di morte si debba intendere la morte dello spirito, secondo l’asserzione di Gesù Cristo: “Chi crede in me, anche se morto vivrà”, perché la dottrina ebraica non prevede un “aldilà” di ricompensa e di rinascita. I morti vanno a finire nello “sheol”, un oltretomba indistinto e non meglio specificato, e basta. Perciò, se nella “Sapienza” si parla di morte, bisogna intendere la morte nel significato stretto del termine. Infatti, poco più avanti nel capitolo n.2 troviamo scritto:

  • Sapienza II, 5 = La nostra vita è come il passaggio di un’ombra, e finita che sia, non ricomincia, perché le è stato posto questo sigillo: nessuno ritorna.

Più chiaro di così!? Le spassose idiozie continuano con l’elogio della donna che preferisce rimanere sterile, pur di non avere rapporti sessuali illeciti, escludendo a priori un sincero, profondo innamoramento ostacolato da cause indipendenti dalla volontà della donna stessa. Ma quello che è umoristico è che a tale beatitudine partecipa anche l’uomo dai gusti sessuali “particolari” :

  • Sapienza III, 14 = Così pure l’eunuco, che non ha compiuto nulla contro la legge, né si dilettò di perversi pensieri verso il Signore.

Vorrei capire: quali potrebbero essere i “perversi pensieri” di un eunuco verso il Signore ? Lo avete già capito, ma in tal caso sarebbe meglio chiamarli   “un pensierino”.  E voi credete che un eunuco, con tanti marcantoni che ci sono in giro, vada a pensare di farsi sodomizzare proprio da Dio? E avete chiesto cosa ne pensa Dio in proposito? Ma fatemi il piacere! Quando Dio vuole sodomizzare gli uomini, e in questi ultimi tempi lo ha fatto spesso e volentieri…, conosce tanti altri sistemi che, magari, non saranno di gradimento a un eunuco, tuttavia sono efficaci e duraturi.

Nello stesso terzo capitolo c’è l’immancabile leit-motiv della contorta giustizia del Dio degli Ebrei: le colpe dei genitori che ricadono sui figli, a dispetto di quanto affermato in Deuteronomio XXIV, 16.

  • Sapienza III, 16-19 = I figli degli adulteri non giungeranno a maturità e sparirà il seme di un letto illegittimo, perché, pur vivendo a lungo, non godranno nessuna stima, e senza onore sarà infine la loro vecchiaia. Se muoiono presto non avranno speranza, né conforto nel giorno del giudizio. Poiché acerba è la fine di una generazione malvagia.

Compaiono, evidenti, due condanne per gli innocenti venuti al mondo senza il “placet” del sacerdote: quella degli uomini (“non godranno nessuna stima”), (“senza onore la loro vecchiaia”), e quella di Dio (“non avranno conforto e speranza nel giorno del giudizio”). E questo è più grave e pericoloso, perché la gente, sapendo che Dio stesso non avrà misericordia per un uomo nato “da un letto illegittimo”, si guarderà bene dal mettersi contro Dio ed emarginerà quel povero disgraziato, che sarà costretto a condurre una vita di stenti e umiliazioni. Bella giustizia!! E’ dunque questo il Dio

  • Sapienza XII, 15 = Giusto, con giustizia tu reggi ogni cosa e giudichi atto contrario alla tua potenza condannare chi non è degno di castigo.
  • Sapienza XII, 18 =  Tu giudichi con mitezza.
  • Sapienza XII, 19 =  …Dopo  il  peccato  concedi  il pentimento.

è questo, dunque, il Dio osannato dai Patriarchi, dai Profeti, dallo stesso autore ipocrita della “Sapienza” ? Secondo me, il motivo di tante lodi sperticate è lo stesso che spinge il subalterno a fingere di apprezzare le scempiaggini del suo superiore per entrare nelle sue grazie e fare carriera. I Salmi, i Proverbi, la Sapienza e tutto quanto scritto da Profeti e laudatori, è frutto esclusivo della paura, del terrore che un Dio crudele, spietato e sanguinario, oltre che vendicativo, incuteva a chi pensava di non averlo sufficientemente incensato e blandito. Soprattutto se diceva la verità.

Il capitolo XII della Sapienza è tutto un cumulo di menzogne. E’ un miserabile tentativo di attribuire ad altri le colpe e i difetti degli Ebrei. State a sentire, e trattenete le risa:

  • Sapienza XII, 3 =  “Tu infatti odiavi gli antichi abitanti della tua terra santa, perché facevano opere detestabili, pratiche di magia e riti sacrileghi.

Dio, perciò, odiava le sue stesse creature per gli stessi portenti che poi fece compiere a Mosè e Aronne: la verga che si trasformò in serpente e ingoiò i serpenti dei maghi del Faraone; il serpente di bronzo che, al solo guardarlo, guariva dal morso dei serpenti velenosi; il pezzo di legno gettato nell’acqua amara per farla diventare dolce, eccetera.

  • Sapienza XII, 5 = “Avevi in orrore questi crudeli uccisori dei propri figli, divoratori di viscere e di carni umane.

Qui sta il ridicolo, infantile tentativo di attribuire agli altri le nefandezze degli Ebrei. Evidentemente l’autore della Sapienza ha dimenticato, o ha finto di dimenticare, che in materia di uccisione di figli, gli Ebrei non avevano nulla da imparare. E’ sufficiente ricordare la legge stabilita dal loro Dio in Deuteronomio XIII, 7 in cui si ordina di uccidere il fratello, il figlio, o la moglie se questi tentassero di istigare l’Ebreo ad adorare altri déi. L’autore della Sapienza non si è ricordato, o ha finto di non ricordare, che Dio aveva stabilito in Deuteronomio XXI, 18 e seguenti, che se “un figlio è caparbio, ribelle e non obbedisce alla voce dei genitori”, questi erano autorizzati ad ucciderlo, facendosi aiutare dai concittadini. L’autore della Sapienza sconosceva, o fingeva di sconoscere, che di viscere e carni umane si nutrirono donne ebree durante l’assedio di Samaria. Leggete e inorridite :

  • 2° Re VI, 25-29 = E vi fu una terribile fame in città…Or, mentre il re di Israele passava sulle mura, una donna gli gridò: “Aiuto, o re, mio sovrano!” Ma egli rispose:”Se non ti aiuta il Signore come posso soccorrerti io? Che cos’hai?” Ed ella rispose: “Questa donna mi ha detto: Dammi il tuo bambino, perché lo mangiamo oggi, domani mangeremo il mio. NOI ABBIAMO DUNQUE COTTO IL MIO FIGLIOLO E L’ABBIAMO MANGIATO. Il giorno dopo le ho detto: Dammi il tuo bambino, perché lo possiamo mangiare; ma essa ha nascosto il suo figliolo”.

L’autore della Sapienza sorvola, con fare disinvolto, sull’episodio di Abramo che conduce il figlio Isacco all’altare per ucciderlo, e viene frenato a tempo da un angelo; e su quello di Jefte che promette di uccidere la figlia se tornerà vittorioso a casa, e mantiene la promessa. Come vedete, si tratta di episodi altamente morali ed edificanti.

L’immaginate una bella famigliola, raccolta attorno al nonno che legge ai nipotini queste storielle così piene d’amore?

Dio era anche fantasioso, sì, perché gli piaceva variare il mezzo con cui tormentare le sue vittime :

  • Sapienza XII, 8 = Tu usavi indulgenza, inviando, quali precursori del tuo esercito, le vespe, affinché A POCO A POCO li distruggessero.

Un’indulgenza simile non la conosceva nemmeno il Marchese De Sade. Far morire la vittima a poco a poco vuol dire farla soffrire più a lungo, e provare godimento per le sue sofferenze. Solo carnefici abietti possono ricorrere a simili sottigliezze. Ebbene, cose raccapriccianti di tal genere sono inserite in un libro che l’umanità distratta e ignorante ritiene “SACRO”! L’autore della Sapienza continua la sfilza di lodi sperticate a Dio, ricordando il suo provvidenziale aiuto agli Ebrei affamati nel deserto:

  • Sapienza XVI, 2 = Hai colmato di favori il tuo popolo e per soddisfare la ardenti sue brame gli preparasti le quaglie come vitto di squisito sapore.

Sì, e subito dopo per aiutare la digestione, gli preparò una “malanova sicca” (per dirla alla siciliana) che se quelli, aiutati da Mosè, non chiedevano aiuto e pietà, sarebbero rimasti stecchiti e con le quaglie sullo stomaco! Altre bugie ridicole e infantili le troviamo nel capitolo XIX della stessa Sapienza : l’inseguimento degli Ebrei da parte del Faraone:

  • Sapienza XIX, 2-3 = Essi, dopo aver permesso agli Israeliti di partire e fatta loro premura perché se ne andassero, avrebbero mutato pensiero affrettandosi ad inseguirli. Infatti, mentre ancora erano in lutto e piangevano sulle tombe dei morti, si appresero ad ALTRO STOLTO CONSIGLIO.

Questa è bella ! Non furono gli Egiziani a mutare parere, fu Dio che li istigò ad inseguire gli Ebrei. Il Faraone li aveva lasciati partire, felicissimo di aver liberato il paese da quei rompiscatole, ma Dio voleva per forza creare i martiri, e indurì il cuore del Faraone, spingendolo a cambiare parere (Esodo XIV, 4 = Io permetterò che il cuore di Faraone si ostini, sicchè egli li inseguirà). Esattamente come fece il Sionismo internazionale nel corso della seconda guerra mondiale, quando si oppose alla liberazione degli Ebrei internati nei lager nazisti, rifiutando lo scambio proposto da Hitler con una certa quantità di camion, necessari per continuare la guerra. Al Sionismo interessava che il maggior numero possibile di Ebrei morisse nei lager, prima di tutto per liberarsi di gente superflua, e poi per chiedere, a guerra finita, il cor- rispettivo in denaro per ogni Ebreo morto. Come puntualmente avvenne, e la Repubblica Federale   Tedesca dovette pagare allo Stato di Israele miliardi di marchi sonanti per risarcimento.

Così si giustificano i  presunti sei milioni di Ebrei sacrificati nei campi di concentramento tedeschi.

Provocare il nemico, al fine di fargli commettere degli spropositi e trovarsi dalla parte della ragione, è un sistema vecchio come il mondo, e gli Ebrei lo conoscono bene. Ma c’è, nell’episodio riportato sopra, qualcosa che a una prima lettura può facilmente sfuggire. Ed è un insulto al loro Dio che gli Ebrei mantengono nell’Antico Testamento, nel punto finale della frase, là dove testualmente c’è scritto : “(gli Egiziani) si appresero AD ALTRO STOLTO CONSIGLIO”, cioè “ si convinsero ad inseguire gli Israeliti soltanto perché consigliati stoltamente da un ulteriore suggerimento”. E’ chiaro? Ma chi lo aveva dato quel suggerimento nel cuore del Faraone? Dio, e in modo stolto. Perciò: un consiglio stolto dato da un Dio stolto. Bell’elogio! Non solo, ma non era stato l’unico suggerimento stolto, era un ALTRO di una lunga serie. Da ciò si ricava che per l’autore della Sapienza DIO E’ STOLTO !

L’assurdo e il ridicolo di questo Libro della Sapienza raggiungono il vertice più alto nella parte finale del testo, là dove si sostiene che gli Egiziani hanno avuto più colpa dei sodomiti (vedi Genesi , capitoli XVIII e XIX):

  • Sapienza XIX, 15-16 = Ma qualche riguardo vi può essere per quelli ( i sodomiti ), sebbene abbiano ricevuto ostilmente stranieri ( cioè gli angeli mandati da Dio ). Gli Egiziani, invece, prima accolsero lieti il popolo tuo, poi lo ammisero a godere dei loro stessi diritti, e infine l’oppressero con lavori durissimi.

In altri termini: la colpa degli abitanti di Sodoma che volevano fare quel…servizietto agli angeli mandati da Dio, è meno grave dei soprusi compiuti dagli Egiziani sul popolo ebreo. E se ancora vi ostinate a non volere capire, significa: sarebbe stato meno grave lasciar sodomizzare gli angeli anziché fare soffrire il popolo ebreo. Non sono riuscito a sapere cosa ne pensano gli angeli. Ciò che balza, però, in tutta la sua fulgente verità è l’ammissione che gli Ebrei erano andati spontaneamente in Egitto, quindi non erano prigionieri; vi erano stati accolti in modo molto ospitale; godevano degli stessi diritti degli Egiziani, come è giusto in un paese civile. La Bibbia non spiega come erano “oppressi con lavori durissimi”.

Non è credibile che siano stati tutti costretti con la forza a fare lavori diversi da quelli che la gente  comune del tempo faceva. E aggiungo che non è nemmeno credibile che per andare via dall’Egitto bisognava avere l’autorizzazione del Faraone. Così come erano venuti, potevano andar via. Ma ciò sarebbe stato troppo semplice e privo di spettacolarità per la storia ebraica, non dicendo che nel secolo ventesimo a Hollywood non avrebbero saputo sfornare quei polpettoni in Technicolor con tanto di Ebrei tartassati da biechi Egiziani senza cuore. A sostituire gli Egiziani, in seguito, i cineasti americani avrebbero messo i cattivi legionari romani. Ma questa è un’altra storia che vedremo dopo.

E con questo argomento “retrospettivo” (con evidente riferimento agli angeli di Sodoma) termina la parte dedicata alle ridicolaggini riscontrate un po’ dappertutto nella “Sapienza” dell’Antico Testamento.

Devo ripetermi: non ho la pretesa di avere evidenziato ogni fatto assurdo, o turpe, o ridicolo di cui è infarcito il testo preso in esame. Chi è mosso da curiosità o scetticismo, vada a leggersi la Bibbia. Ne troverà più di quanti io ne abbia illustrati.

L’ “Ecclesiastico” -da non confondere con l’ “Ecclesiaste”- è un testo redatto da un certo Ben Sira attorno al 180 avanti Cristo, che contiene insegnamenti sul modo di comportarsi col prossimo e con Dio. Nulla di eccezionale, se vogliamo, trattandosi di atteggiamenti prudenziali che qualunque persona accorta e di buon senso mette in pratica, senza bisogno di apprenderlo dalla Bibbia. Sennonché, a un certo punto, fra le esortazioni alle opere di misericordia, si consiglia al perfetto credente:

  • Ecclesiastico IV, 10 = Sii per gli orfani come un padre, E COME UN MARITO PER LE VEDOVE.

Il secondo periodo della frase lascia alquanto perplessi. Non vi sono note esplicative che consentano di intendere rettamente quel “sii come un marito per le vedove” per frenare una interpretazione estensiva del compito suggerito. Essere come un padre per un ragazzo orfano significa aiutarlo con ogni mezzo -consigli, denaro per la sua istruzione e il suo sostentamento, protezione,ecc.- fino a quando sarà capace di badare a sé stesso. Essere come un marito per una vedova significa, sì, provvedere al suo sostentamento e a quanto altro occorra perché possa vivere degnamente, ma significa anche non farle mancare il soddisfacimento di precise e imprescindibili esigenze, la cui natura non sto qui a descrivere, avendola voi capita perfettamente. E’ questo che intendeva dire l’Ecclesiastico? Se è così, immagino la lunga fila di volontari dietro la porta della vedova, soprattutto se avvenente, in attesa di essere ricevuti      per mettere in pratica il suggerimento dell’Ecclesiastico, a turno, reiteratamente, con orario continuato e senza il riposo festivo previsto dai sindacati.

Ed ecco un altro spassoso consiglio:

  • Ecclesiastico IX, 5-8 =  Non fissare una vergine, per non essere punito insieme a lei. Distogli i tuoi occhi da una  donna formosa.

Qui c’è veramente da ridere! Poiché secondo la legge mosaica venivano puniti con la morte sia l’uomo che la donna che avessero avuto rapporti sessuali illegittimi (Esodo XX, 14 – Deuteronomio XXII, 23 – Proverbi V, 20 – Proverbi VI, 32 – Sapienza III, 16), si desume che lo sguardo dell’Ebreo doveva avere una tale carica erotica da riuscire a mettere incinta una vergine con una sola occhiata, rendendola compartecipe dell’illecito rapporto. In quanto a distogliere gli occhi da una donna formosa, ebbene, questa è pura cattiveria! Specificando che non si debbono guardare le donne “formose”, l’Ecclesiastico intende forse permettere che si guardino le racchie? Deve essere proprio così: infatti guardando una donna dall’aspetto poco piacevole vengono a mancare nello sguardo dell’uomo quegli impulsi “elettrici” che stimolano il risentimento dei corpi cavernosi, ponendo in stato di “non allerta” le forze armate spermatozoiche, che così rimangono consegnate nelle caserme delle gonadi.

I consigli dell’Ecclesiastico si prolungano per ben 43 capitoli. Dal quarantaquattresimo in poi iniziano le ridicole farneticazioni dell’autore, che intende attribuire ai Patriarchi doti e virtù assolutamente inesistenti in loro. Parlando, infatti, di Abramo lo definisce:

  • Ecclesiastico XLIV, 19-21 = …Padre di numerose nazioni, e nessuno può gareggiare con lui nella gloria. Conservò la legge dell’Altissimo, che pattuì con lui l’alleanza…Perciò Dio gli promise con giuramento di benedire tutti i popoli nella sua discendenza…di esaltare  la  sua  stirpe…di lasciargli  in eredità il paese, dal Mediterraneo al Mar Rosso, e dal fiume Eufrate ai confini d’Egitto.

Senti, senti! Ecco che viene fuori la sete di dominio, che ha contraddistinto la caratteristica peculiare degli Ebrei: arraffare i territori limitrofi ad Israele, spargendo sangue e terrore.  Gli elogi sperticati rivolti alla memoria di Abramo non fanno minimamente cenno alla sua turpe moralità. Abramo fu quel bel tipo di lenone che per il suo tornaconto spacciava la propria moglie come sorella, e la faceva prostituire per arricchirsi. Conobbero le grazie di quella donna, -connivente nell’infame traffico- prima il Faraone d’Egitto (Genesi XII,10), poi Abimelec, re di Gerar (Genesi XX, 1 ), e chissà quanti altri personaggi importanti, visto che andava in giro per i paesi circostanti ostentando la moglie, in attesa che uomini ricchi si decidessero di portarsela a letto. Suo figlio Isacco fece esattamente la stessa cosa con la moglie Rebecca (Genesi XXVI, 6 e seguenti); peggio ancora si comportò il nipote Giacobbe, che si portò a letto quattro donne: la moglie Lia, la cognata Rachele, Zelfa la serva della moglie e Bala la serva della cognata (Genesi XXX, 1 e seguenti). Non c’erano cani e gatti in casa, se no avrebbe fornicato anche con loro. Rinverdì le glorie della famiglia il pronipote Ruben, che iniziò la sua attività erotica divertendosi a letto con Bala, serva di Rachele e concubina di suo padre Giacobbe. Insomma, un carosello amatorio degno di Casanova. Da questa genìa di depravati venne fuori il nome di  “Israele”, e scusate se è poco! L’Ecclesiastico accomuna alla gloria di Abramo, naturalmente, le vite esemplari di Isacco e Giacobbe (Ecclesiastico XLIV, 22-23). Non sono dimenticati gli altri Patriarchi. Di Mosè dice:

  • Ecclesiastico XLV, 1-4 = E da lui fece sorgere un uomo misericordioso, che incontrò il favore agli occhi di tutti, amato da Dio e dagli uomini, Mosè, la cui memoria è in benedizione. Lo rese eguale ai santi gloriosi…Lo stabilì nella fedeltà e nella mansuetudine…

Quanto fosse mansueto e misericordioso lo dimostrò prima ancora di portare i suoi correligionari fuori dall’Egitto, uccidendo un uomo e nascondendone il cadavere (Esodo II, 12); la sua mansuetudine toccò il vertice quando si accese d’ira -e in questo potremmo scusarlo, visti i motivi che la determinarono- e spezzò le Tavole della Legge ricevute da Dio poco prima, compiendo con tale gesto un atto blasfemo imperdonabile (Esodo XXXII, 19); misericordioso e amato dagli uomini, oltre che da Dio, lo fu quando in preda all’ira uccise tremila uomini (Esodo XXXII, 27-29); ridicolo, perciò, il tentativo di ricordare con elogi quelle virtù che egli non ebbe e non tentò nemmeno di praticare. Lo stesso discorso vale per suo fratello Aronne, che l’Ecclesiastico paragona addirittura a un santo, mentre sappiamo che fu l’ideatore e costruttore del vitello d’oro, idolo creato in opposizione a Dio (Esodo XXXII, 2-6).  Poi l’Ecclesiastico si occupa di un certo Finees, dicendo di lui:

  • Ecclesiastico XLV, 23 e seguenti =  Finees,  figlio di Eleazaro, è il terzo nella gloria; egli ebbe zelo per la legge del Signore…

Sapete come dimostrò il suo zelo? Compiendo un omicidio per far piacere a Dio. Avendo visto un uomo della sua tribù in compagnia di una donna madianita -cioè appartenente a una tribù odiata da Dio- seguì la coppia fin dentro l’alcova e trucidò barbaramente sia l’uomo che la compagna:

  • Numeri XXV, 6 e seguenti = Ed ecco giungere un uomo dei figli d’Israele che conduceva ai suoi fratelli una donna madianita… Ma Finees, figlio di Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne, avendo veduto questo, uscì dall’assemblea, prese una lancia, andò dietro a quell’Israelita, fin dentro l’alcova e li trafisse ambedue, l’uomo israeliano e la donna, in pieno ventre. Allora cessò lo sterminio che infieriva tra i figli d’Israele.

Cioè a dire : avendo avuto piacere per quell’omicidio, Dio si placò e fece tornare la pace in Israele. Infatti, poco dopo:

  • Numeri XXV, 10 e seguenti = Poi il Signore parlò a Mosè, dicendo: “Finees, figlio di Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne, ha fatto cessare la mia ira che infieriva sui figli di Israele, perché egli è stato mosso DAL MIO STESSO ZELO… IO GLI DO DUNQUE LA MIA ALLEANZA DI PACE….FATE GUERRA AI MADIANITI E MASSACRATELI.

“D’accordo?!”-sbraiterebbe Vanna Marchi, fra una proposta per dimagrire e un sortilegio per vincere al lotto. Per stringere patti di alleanza con Dio era sufficiente attivarsi per ammazzare i nemici di Israele.

Anche Giosuè -e non poteva essere diversamente!- viene ricordato con parole magniloquenti nell’Ecclesiastico:

  • Ecclesiastico XLVI, 1 e seguenti = Giosuè, figlio di Nun, uomo valoroso in guerra, e successore di Mosè nel comunicare al popolo i divini voleri…

In che modo e in che misura Giosuè riuscì a comunicare alla sua gente i “divini voleri” lo apprenderete, in forma succinta, leggendo il prossimo capitolo di quest’opera, che ha per titolo “Ecco gli Ebrei”. Oppure andate a leggere nella Bibbia il Libro di Giosuè e saprete, fin nei minimi particolari, come qualche milione di persone, spedite al Creatore con procedura d’urgenza e mezzi spicci, ricordi ancora nell’ “Aldilà” i divini voleri impartiti da quest’eroe biblico. Per inciso: in lingua ebraica il nome Giosuè vuol dire “salvezza”…Boh!

Nel novero di questi santi uomini non poteva mancare l’eccelso Davide, la cui discendenza, pare, si sia conclusa sul Golgota. Davide non conosceva mezze misure; a chi gli chiedeva cento, dava duecento (1° Samuele,XVIII, 25-27); se era costretto a procurarsi di che vivere compiendo qualche violenza, ebbene, anche in tali frangenti devastava ogni cosa e non lasciava vivo nessuno (1° Samuele XXVII, 9); si incapricciò di Betsabea, moglie di Uria, la mise incinta e, non contento di aver fatto cornuto il marito, lo spedì in guerra  -c’era sempre una guerra a portata di mano nella quotidianità ebraica!- dando ordine che fosse lasciato solo per essere ucciso dai nemici (2° Samuele XI, 2-17). In altre parole, era un amorale e Dio, seguendo una prassi scontata, lo perdonò, lo benedì e lo rese potente (Ecclesiastico XLVII, 11).

Si potrà pensare che io ritenga soltanto “ridicole” le gesta di questi personaggi presenti nell’Ecclesiastico, vera gentaglia priva di scrupoli e assetata di sangue. A scanso di equivoci, voglio chiarire che provo un profondo ribrezzo per quanto sopra esposto traendolo dal “libro Sacro”(!), e che di ridicolo trovo soltanto il miserabile tentativo degli apologeti e dei commentatori di contrabbandare oscenità e crudeltà per fatti santificanti. Contrariamente a quanto hanno fatto centinaia di milioni di altre persone, IO NON HO PORTATO IL MIO CERVELLO ALL’AMMASSO, NE’ MAI LO PORTERO’. Non è possibile fare una netta distinzione tra atti di ferocia e ridicolaggini, essendo le due categorie talmente intrecciate fra loro, che non si può biasimare l’una senza ridere dell’altra. Perciò la suddivisione in categorie, fatta da me nei capitoli di quest’opera, deve ritenersi puramente approssimativa e indicatrice per l’esposizione ragionata dei fatti più significativi del testo.

Un altro personaggio, singolare per i prodigi compiuti, è Eliseo. Costui percorse una folgorante carriera: da servo del Profeta Elia divenne profeta egli stesso, essendo stato “unto” da Dio. Il fatto non mi meraviglia, molti sono i casi di rapide e imprevedibili carriere, che nel corso della storia dei popoli hanno portato alla ribalta individui insospettabili, in possesso di qualità nascoste, delle quali nessuno fino a quel momento aveva sospettato l’esistenza.

La Repubblica Italiana nata dall’ antifascismo, per esempio, è in grado di fornire esempi luminosi di uomini che sono riusciti a percorrere carriere folgoranti in virtù della loro abilità atletica, essendo riusciti a saltare coraggiosamente sul carro del vincitore, prima di schiantarsi col carro su cui erano stati prima. A Messina, dove siamo in quattro e ci conosciamo in cinque, c’è stato un cuoco, dipendente dell’Amministrazione Provinciale, che è riuscito a diventare deputato e infine Ministro. Direte: Ma come ha fatto? Vi rispondo: Se conoscete la “Smorfia” giocatevi al Lotto l’ambo 27 e 23 sulla ruota di Roma. Anzi, provate a fare una divisione aritmetica, e vedrete quante volte entra il 27 nel 23. Avrete la risposta. E se Dio ha circonfuso di gloria tanti assassini, dei quali avete potuto ammirare le gesta nelle pagine di questo mio lavoro, ebbene, l’Italia democratica e resistenziale ha saputo onorare degnamente un illustre delinquente, portandolo al Parlamento e concedendogli la grazia per tutti gli omicidi che aveva compiuto: l’onorevole (non in senso cinese, comunque…) MORANINO. « Nihil novi sub sole! »

Eliseo è ricordato nella Bibbia per i prodigi compiuti, roba che nessuno dei più acclamati maghi e prestigiatori della nostra epoca si sognerà mai di compiere. Era stato in precedenza a fianco del Profeta Elia come un fedele discepolo e collaboratore. Quando Elia fu rapito in cielo in un turbine di fuoco, Eliseo rimase molto contrariato, in quanto avrebbe voluto seguire il suo maestro. Secondo me il rapimento in cielo di Elia fu tutta una scusa. Il Profeta si vide costretto a compiere uno dei suoi soliti giochetti di prestigio per liberarsi dello scocciatore che gli stava appiccicato addosso come una piattola. Prima di scomparire:

  • 2° Re II, ) = Elia disse a Eliseo : “Chiedi quello che desideri da me, prima che io ti sia tolto”. Allora Eliseo gli disse: “ Chiedo per me UNA DOPPIA PORZIONE DEL TUO SPIRITO”.

E’ proprio vero: se offrite un dito a un Ebreo, quello si piglia tutto il braccio! Elia accontentò Eliseo e subito dopo fu rapito da un carro di fuoco trainato da due cavalli di fuoco. Rimasto solo, Eliseo raccolse da terra il mantello di Elia e lo sbattè sulle acque del fiume. Immediatamente le acque si spartirono, creando un varco per consentire al Profeta di passare all’altra riva senza bagnarsi i piedi e non prendere dolori artritici e reumatici. I prodigi di Eliseo continuarono in modo sempre più sorprendente: risanò le acque di Gerico gettandovi dentro del sale (?) per renderle potabili (2° Re II, 19 e seguenti); moltiplicò l’olio di una vedova per consentirle, vendendolo, di pagare i suoi debiti (2° Re IV, 1 e seguenti); risuscitò addirittura il figlio della vedova (2° Re IV, 8 e seguenti) -ma non si sa per quale motivo la vedova non volle che risuscitasse anche il marito…; risanò una minestra velenosa (2° Re IV, 39 e seguenti). Oggi Eliseo sarebbe stato utile per risanare il vino al metanolo, la carne della “mucca pazza”, la frutta trattata con i pesticidi, le trasmissioni di Michele Santoro, i due milioni e mezzo di miliardi di debiti dello stato italiano,ecc. ecc.; moltiplicò alcuni pani che gli erano stati portati, fino a farli diventare un centinaio (2° Re IV, 42 e seguenti), precedendo di molti secoli qualcosa di simile accaduto presso il lago di Tiberiade; insomma, compì tali e tanti prodigi, che non si capisce perché Dio non abbia affidato a lui quelle prerogative attribuite seicento anni dopo a Gesù Cristo! Né riusciamo a spiegarci come mai, non dico fra i Cristiani, ma almeno fra gli stessi Ebrei, non sia più apparso un uomo di tal fatta capace con i suoi miracolosi interventi di confermare la validità storica e religiosa dell’Antico Testamento, e zittire gli increduli. E sì, che di gesti miracolosi ne avremmo di bisogno, sentite questo:

Esodo XVII, 9 e seguenti = Allora Mosè disse a Giosuè: “Scegli, da parte nostra, degli uomini preparati  a  combattere contro Amalec; io domani me ne starò sulla vetta del monte, CON LA VERGA DI DIO IN MANO…Or, avveniva che quando Mosè teneva alzate le mani, vinceva Israele; ma quando egli le abbassava, vinceva Amalec. Ora, siccome le mani di Mosè si erano stancate, essi presero una pietra e gliela misero sotto, ed egli ci si pose a sedere, mentre Aronne e Hur gli sostenevano le mani, uno da una parte e uno dall’altra.

E’ notorio che qualunque verga è più sensibile ai movimenti discendenti delle mani, che a quelli ascendenti. La verga di Dio in particolare. Quando le mani frenetiche di Mosè si portavano decisamente verso il basso, producevano una specie di confusione nella mente di Dio, cosicché le truppe di Amalec ne approfittavano per avere la meglio su quelle di Israele. Mentre col movimento ascendente, ritornava la lucidità nella mente del Signore, il quale poteva controllare meglio l’andamento della battaglia in corso e fornire aiuto ai suoi figli prediletti. Tenendo alzate e ferme le mani di Mosè, è chiaro che cessò la confusione nella testa di Dio, e alla fine vinsero gli Israeliti, ma credo che il Signore abbia richiesto un po’ di tempo per riprendersi da quell’ostinato saliscendi: ci si erano messi in tre!…

Dopo il primo colloquio avvenuto sul Monte Sinai fra Dio e Mosè, fu quest’ultimo a preoccuparsi di incidere sulla pietra quelle dieci disposizioni, conosciute dopo col termine di “Decalogo”:

  • Esodo XXIV, 4 = Quindi Mosè mise per scritto tutte le leggi del Signore.

Quelle “tavole” fecero una brutta fine. Quando Mosè, ritornato all’accampamento, si accorse che suo fratello Aronne aveva dato agli Israeliti un nuovo dio sotto forma di Vitello d’Oro, montò su tutte le furie. E meno male che Mosè era un uomo pio, umile e misericordioso (Numeri XII, 3). Appunto per questo si limitò a sbattere per terra le Tavole della legge, rompendole in mille pezzi e fottendosene di chi gliel’aveva dettate. Pensate un po’ se invece fosse stato un tipo irascibile: credo che avrebbe risalito il Monte Sinai per schiaffarle in faccia all’autore. E che?! Mentre lui aveva corso il rischio di rimanere ustionato dall’improvvisa vampata del roveto, quell’infame di suo fratello Aronne, rimasto in panciolle all’accampamento, gli remava contro! Non possiamo dargli torto, sebbene la rottura delle Tavole della Legge, alle nostre orecchie suoni come un atto blasfemo nei confronti di Dio. Mah! Per la stesura della seconda edizione del Decalogo con le leggi canoniche, Dio non si fidò più di Mosè, pensando giustamente che, col caratterino che quello si ritrovava, non ci avrebbe pensato due volte a ripetere lo sgarbo. “Quello me le rompe di nuovo!” -pensò il signore, alludendo certamente alle Tavole, e decise di scriverle di suo pugno:

  • Esodo XXXIV, 1 = E il signore disse a Mosè: “Tàgliati due tavole di pietra simili alle prime: su queste tavole IO SCRIVERÒ le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato”.

Peccato che non sia rimasta traccia di quelle tavole scritte di pugno del signore: avremmo avuto un documento olografo della massima importanza storica e religiosa. Che fine hanno fatto? Come mai gli Ebrei hanno conservato con immenso scrupolo la cosiddetta “Arca dell’Alleanza”, portandosela  dappresso per il deserto, con i membri della famiglia di Aronne, che le facevano la guardia, fino a nasconderla -pare ad Axum,in Etiopia- per non farla cadere in mano ai nemici, e non hanno protetto con estrema cura quel documento così importante e unico, scritto di pugno da Dio?

Comunque, ai fedeli non resta che credere ciecamente all’esistenza del manoscritto divino, avallata dall’autorità di Profeti e Patriarchi. E quando l’autorità sancisce, bisogna credere. Così come credettero i Messinesi all’esistenza di un diploma di geometra, conseguito in un Istituto dell’ex Africa Orientale Italiana da un rampante giovanotto, amico intimo di quel tale ex cuoco dell’Amministrazione Provinciale diventato Ministro, sotto le cui coltri maturò la sua ascesa politica, unitamente a consistenti proprietà immobiliari, degne di un “Parnaso”…Strano a dirsi, per quante ricerche fossero state fatte, di quel diploma non era rimasta traccia in Etiopia. Si disse che quando le truppe italiane si ritirarono sotto l’incalzare delle forze inglesi, i bombardamenti che costellarono quegli eventi distrussero l’Istituto, e con esso tutti i documenti esistenti. Allora bastò la parola dell’interessato. Penso che quel diploma si trovi… a fianco delle Tavole della Legge, ad Axum.

L’acqua è stata sempre un bene prezioso nel deserto, ed anche le persone notoriamente pulite l’ hanno usata con parsimonia per lavarsi, o lavare le loro cose, quando si siano trovati a soggiornare nel deserto. Figuratevi, poi, una massa di nomadi affamati e stanchi, costretti a vagare su terre inospitali per una quarantina d’anni. Tutto questo importava poco o niente al Signore; ciò che lo mandava in bestia era il fatto che gli Ebrei avevano preso l’abitudine di defecare qua e là per l’accampamento, costringendo Dio a fare i salti mortali per evitare di imbrattarsi i piedi quando decideva di passeggiare per il campo. Onde eliminare tale sconcia consuetudine e per evitare a sé stesso spiacevoli e puzzolenti conseguenze, egli stabilì :

  • Deuteronomio XXIII, 13-15 = “Avrai pure un  luogo FUORI DEL CAMPO, dove andare per i tuoi bisogni; e nel tuo equipaggiamento devi avere pure UNA PALA, con la quale scavare una buca in terra e poi, dopo esserti seduto, coprire i tuoi rifiuti. Il Signore Iddio tuo CAMMINA IN MEZZO AL TUO CAMPO per proteggerti e darti in potere i tuoi nemici, per questo il tuo campo sia pulito, e fa’ sì che egli non veda nessuna bruttura in mezzo a quello, onde non debba rivolgersi da te.”

La preoccupazione del signore non era rivolta alla salvaguardia dell’igiene e della salute dei figli prediletti, ma alla nettezza dei suoi piedi, e le sue parole avevano il significato di un vero aut aut. In altre parole, volle avvertire: o mantenete pulito il campo, o io, la prossima volta che metterò i piedi sulla merda, giro le spalle e me ne vado! La risoluzione del Signore mise in ambasce i Profeti e gli esegeti della dottrina, e vi spiego il perché. Dovendo sotterrare gli escrementi prodotti in una buca del terreno, è chiaro che Dio intendeva non solo quelli umani, ma anche e soprattutto per la quantità, quelli animali. Ma come avrebbero fatto, allora, gli Israeliti a cuocere il pane? Il Signore aveva stabilito che la panificazione doveva avvenire su brace prodotta da escrementi di animali, avendo concesso di non farla su quelli umani (Ezechiele IV, 12 ed Ezechiele IV, 15). Obbligando i suoi figli prediletti a sotterrare gli escrementi, significava condannarli a non cuocere più il loro cibo essenziale. Come fu risolto il quesito non si sa, bisognerebbe chiederlo a un rabbino.

Il signore amava moltissimo il fumo che saliva a lui dagli altari su cui gli Israeliti bruciavano gli intestini delle vittime sacrificate per onorarlo (Genesi VIII, 21 e altrove nella Bibbia). Ed è questo, senza dubbio, il motivo per cui preferiva gli agnelli immolati a lui da Abele, anziché i prodotti della terra offerti da Caino. A proposito: Chi insegnò ad Abele ad uccidere innocenti bestie, per onorare Dio? Ricordiamoci che, dopo aver creato tutti gli animali, stabilì che essi dovevano nutrirsi esclusivamente di erbe (Genesi I, 29-30). La stessa regola, perciò, vigeva per l’uomo. Perché, allora, Abele uccideva agnelli per sacrificarli a Dio?

Perché Dio preferiva il solo fumo e il solo odore della carne cotta alla brace non si è mai capito, forse seguiva una dieta particolare per non ingrassare, visto che, se gli capitava, mangiava, e come! (Genesi XVIII, 1-8). Ora, conoscendo le preferenze gastronomiche del Signore, un certo Razis, uno degli Anziani di Gerusalemme, si trovò un giorno nella necessità di difendersi dall’assalto dei soldati nemici, i quali ebbero la meglio su di lui e lo colpirono a morte. Ma egli:

  • 2° Maccabei XIV, 46 = Già esangue, prese colle proprie mani le sue viscere e le gettò su quegli empi, pregando il Signore della vita e dello spirito a RESTITUIRGLIELE UN GIORNO. E così morì.

Eroico, ma sempre Ebreo! Insomma volle significare: “Io gli intestini li sacrifico per te, o Signore, ma non facciamo che te li cucini arrosto? Tienili quanto vuoi, però un giorno, col tuo comodo, me li devi restituire”. E penso anch’io che avesse il diritto di soggiornare nell’Aldilà con tutti gli organi al completo. Prestare, va bene, magari con gli interessi, però mai donare, nemmeno a Dio!

Bisogna riconoscere che gli Ebrei si sono sparsi raminghi per il mondo per colpa del loro Dio. Mi spiego meglio. Il Signore si intratteneva spesso a conversare familiarmente con Samuele, anzi, per certe confi- denze gli parlava all’orecchio per evitare che altri sentissero (I° Samuele IX, 15). Ora, dico io, non poteva paternamente consigliare a Samuele, o a qualunque altro capoccia, di non muoversi dai territori dove si erano stanziati ? Quelle zone si trovavano a pochissima distanza dove oggi c’è l’Irak, il Kuweit e l’Iran. Se gli Ebrei avessero saputo che quel liquido denso, puzzolente, capace di prendere fuoco e che veniva chiamato “Fuoco sacro”, si trovava in grandissima quantità sotto terra e sarebbe stato un giorno fonte di immense ricchezze e di guerre cruente per averlo, col cavolo avrebbero lasciato il Medio Oriente!! Ma vallo a sapere che si trattava di petrolio! :

  • 2° Maccabei I, 10 e seguenti = All’epoca in cui i nostri padri vennero deportati in Persia, i pii sacerdoti di allora, preso del fuoco dall’altare, lo nascosero segretamente nel fondo di un pozzo senza acqua e lo misero così bene al sicuro che il luogo restò sconosciuto a tutti. Passati poi molti anni, quando piacque a Dio, Neemia inviato dal re di Persia in Giudea, mandò a cercare il fuoco alcuni discendenti di quegli stessi sacerdoti che l’avevano nascosto : questi ci raccontarono che non trovarono più del fuoco, ma UN LIQUIDO DENSO. Allora egli disse di tornare ad attingerne e di portarglielo. Quando ebbero preparato ciò che era necessario per offrire il sacrificio, Neemia ordinò ai sacerdoti di versare quel liquido sulla legna e su quanto vi era sopra. Eseguito quest’ordine, appena il sole fece brillare i suoi raggi, si accese un gran fuoco tra l’ammirazione di tutti i presenti.

Ma Dio, che certamente lo sapeva avendo creato la terra, stette zitto e gli Ebrei, spinti dalle necessità e dalle persecuzioni, andarono a rallegrare tutti gli altri popoli della terra e perdettero l’occasione di restare padroni assoluti di un così ingente tesoro!

Il petrolio, perciò, rappresenta uno dei tanti motivi per cui gli Ebrei odiano gli Arabi: Allah è stato più furbo e previdente di YHVH, e ha dimostrato di saperne più di Dio.

Di notiziole così saporite è pieno l’Antico Testamento. Il mio consiglio rimane quello espresso all’inizio di questo lavoro: leggete la Bibbia, dalla prima all’ultima parola, senza fretta, meditando con il vostro criterio e senza suggerimenti altrui su ogni fatto e su ogni personaggio che incontrate. Le contorte spiegazioni di sacerdoti e baciapile lasciatele fuori del vostro cervello.

Ora, se siete di stomaco forte, ascoltate le seguenti disposizioni in materia di malattie veneree:

  • Levitico XV, 1 e seguenti = Il Signore rivolse la parola a Mosè e ad Aronne, dicendo : “Parlate ai figli di Israele e dite loro: Chiunque soffra di scolo nella sua carne sarà impuro. La sua impurità consiste nel fatto del suo scolo: sia che la carne lo lasci uscire, sia che lo trattenga, vi è impurità… E se chi è affetto da scolo, sputa addosso a persona che è pura, questa lavi le sue vesti e sé stessa coll’acqua…”

Intanto, cominciamo col dire che in Terra Santa, a quel tempo, sputarsi l’un l’altro incontrandosi doveva essere un fatto talmente abituale, quasi come salutarsi e stringersi la mano. Se non fosse stato così, il Signore non ne avrebbe fatto cenno. Poi c’è la considerazione lapalissiana che “se uno ha lo scolo è impuro, e che la sua impurità deriva dallo scolo”.

E questo l’avevamo capito da soli, come pure avevamo capito che, ricevendo uno sputo da una persona impura bisogna lavarsi, mentre, se quello che sputa non ha lo scolo, la persona che ha ricevuto lo sputo in faccia può tranquillamente tenerselo, senza bisogno di lavarsi. Ma che schifo è? Si deve essere proprio scemi per ritenere queste lordure degne di un libro sacro! Guardate fin dove andava a ficcare il naso il Dio di Mosè. Lo scolo è il termine volgare per definire quella infezione da gonococco che attacca prevalentemente la mucosa degli organi genitali maschili e femminili, con emissione di pus e che in patologia viene chiamata blenorragia o gonorrea. Ora io mi domando: come avrebbero potuto ammalarsi di scolo gli uomini se Dio, nella fregola di creare quanto più cose possibili, non avesse creato anche il gonococco? E poi, vi sembra giusto che Dio non abbia anche suggerito come curarsi? I suoi suggerimenti si limitavano all’obbligo per l’Ebreo di portare a tracolla una pala per sotterrare gli escrementi qualora avesse sentito l’impellente bisogno di sbarazzarsi di quanto aveva digerito, e ciò non per una fatto di nettezza urbana, ma per non impiastricciare i piedi di Dio se vi fosse pervenuto sopra; a imporre a quel povero disgraziato di Ezechiele di nutrirsi col pane cotto sugli escrementi suoi o degli animali. Sono questi gli argomenti di un libro che si autodefinisce sacro, perché ispirato da Dio?  E allora, perché il sacerdote, a un certo punto della Messa, invece di leggere le belle frasi laudative tratte dai Salmi, o dai Proverbi, o che so io, non rinfresca la memoria dei fedeli ricordando le prescrizioni sanitarie o i profumati metodi di panificazione inventati dal Signore degli eserciti?

Raccomandando caldamente a chi ha lo scolo di non sputare in faccia al vicino. Sarebbe una lettura davvero edificante e, immagino, seguita con molto interesse da tutti i presenti.

Il re Nabucodonosor si era fieramente incazzato nell’apprendere che tre Ebrei al suo servizio rifiutavano di inchinarsi davanti ad una statua d’oro, in osservanza di un decreto da lui stesso emanato. Fece condurre alla sua presenza i tre Israeliti -Sidrac, Misac e Abdenago (Daniele III, 13)- e, ricevuto ancora un rifiuto, ordinò che quei tre uomini venissero legati e gettati in un forno “acceso sette volte più del solito” (Daniele III, 19) :

  • Daniele  III,  21    =    Ma essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodando Dio e benedicendo il Signore.

A parte il fatto che l’episodio non mi impressiona più di tanto, dopo aver visto alla televisione Mino D’Amato passeggiare sui carboni ardenti, è rimarchevole l’estro poetico risvegliatosi in Abdenago (il cui vero nome era Azaria), il quale, imperturbabile fra le fiamme, riuscì ad improvvisare una poesia di lode al Signore di ben settantacinque versi, e se non ci credete andatevela a leggere nel capitolo terzo del libro di Daniele. I servi del re alimentavano il fuoco con bitume, pece, stoppa e legna secca; le fiamme erano alte quarantanove cubiti a spandendosi intorno bruciarono i Caldei che stavano troppo vicini. Il Signore, commosso da tanta forza d’animo, decise di salvarli, alla faccia di Nabucodonosor:

  • Daniele III, 49-51 = Ma un angelo del Signore discese nella fornace con Azaria e i suoi compagni, spinse fuori la fiamma del fuoco acceso, e fece spirare nel centro della fornace come un venticello fresco e rugiadoso. Il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, né recò alcuna molestia. Allora i tre, all’unisono, si misero a cantare, glorificando e benedicendo Dio nella fornace.

Sotto la direzione musicale dell’angelo, i tre improvvisati cantautori declamarono una tiritera di altri novantasette versi (Daniele III, 52-90) con una facilità di improvvisazione da far invidia a Jovanotti quando comincia a sciorinare quelle sue melense cicalate di rap. Questo episodio miracoloso spinge a fare alcune considerazioni. Il Signore riconobbe nei tre Israeliti una fede profonda ed eroica e, giustamente riconoscente, inviò l’angelo per salvarli. Come si spiega il fatto che nel corso della seconda Guerra Mondiale nessun angelo fu inviato dal Signore nei campi di concentramento nazisti per salvare sei milioni di Ebrei dai forni crematori? I casi sono due: o il Signore ritenne quei prigionieri non degni di essere salvati, oppure quanto narrato dalla Bibbia nel Libro di Daniele è soltanto una fantasiosa novelletta, buona semplicemente a stupire i bigotti e i fanatici. Perché le sofferenze, le denutrizioni, l’olocausto di milioni di uomini, donne, vecchi e bambini non commossero Dio, tanto da indurlo a mandare schiere di angeli in soccorso di quei poveretti ? A meno che le cifre fornite dagli storici del secondo conflitto mondiale non siano state artatamente gonfiate ad uso della propaganda sionista.

Il Profeta Daniele, che ha narrato l’episodio sopraccitato, con i suoi atteggiamenti provocatori rompeva continuamente le scatole a tutti. Racconta egli stesso scandalizzato che :

  • Daniele XIV, 3 = I Babilonesi avevano un idolo, chiamato Bel, per il quale si consumavano ogni giorno oltre sei ettolitri di fior di farina, quaranta pecore e più di due ettolitri di vino.

Questo fatto lo infastidiva enormemente, per cui si rifiutava di rendere i dovuti omaggi al dio Bel, provocando le ire del re Ciro, il Persiano, dal quale dipendeva. Daniele riteneva che fossero lecite soltanto le offerte e le bestie immolate dai sacerdoti della sua religione al Signore degli Eserciti, mentre inorridiva per le medesime cerimonie officiate agli altri déi. Da quale pulpito veniva la predica! Che dire, allora, delle migliaia di colombe, pecore, agnelli e buoi sgozzati sugli altari di Dio, e del sangue di quelle bestie spruzzato tutto attorno? Che dire delle centomila pecore e dei ventiduemila buoi sgozzati da Salomone in un solo giorno per festeggiare l’inaugurazione del Tempio? (1° Re VIII, 63). La Bibbia nasconde il fatto che quei riti erano usuali presso tutte le religioni dell’epoca, e si sforza di dimostrare che solamente le cerimonie e gli olocausti offerti a déi diversi dal Dio di Israele fossero barbare e stupide manifestazioni di credulità popolare.

Daniele, comunque, aveva una fantasia fervida, e vedeva angeli dappertutto in funzione di soccorritori aerei. Come quando fu gettato nella fossa dei leoni affamati, dove stette sette giorni senza che quegli animali lo molestassero, fino a quando giunse provvidenzialmente l’aiuto angelico:

  • Daniele XIV, 33-39 = Or, viveva in giudea il Profeta Abacuc: egli aveva fatto cuocere un intriso e spezzettato del pane in un piatto, e si recava al campo per portarlo ai mietitori.  Ma l’angelo del Signore gli disse: “Porta il cibo che hai preparato, in Babilonia, a Daniele, nella fossa dei leoni”. Abacuc disse: “Signore, non ho mai veduto Babilonia e non so dove sia la fossa”. Ma l’angelo del Signore lo prese al vertice del capo per i capelli e lo depose in Babilonia sopra la fossa dei leoni con la celerità di un soffio. Allora Abacuc gridò: “Daniele, servo di Dio, prendi il cibo che il Signore ti ha mandato”. E Daniele esclamò: “O Dio, ti sei ricordato di me e non hai abbandonato coloro che ti amano”. Poi si alzò e si mise a mangiare, mentre l’angelo del Signore riportò Abacuc al luogo di prima.

Stupefacente! Un vero e proprio ponte aereo, con biglietto di andata e ritorno come si effettua al giorno d’oggi per soccorrere degli assediati quando è impossibile raggiungerli per via di terra. Ma il Signore non disponeva di altre risorse per sfamare Daniele? Non poteva far piovere quaglie dentro la fossa dei leoni per sfamare contemporaneamente Daniele e gli animali affamati? Nossignore, bisognava inventare la linea aerea angelica per consentire ai predicatori -quasi sempre americani- che compaiono periodicamente alla televisione, di raccontare con enfasi declamatoria e faccia ispirata, fatti mirabolanti e di profondo contenuto di fede! E’ anche interessante notare che Abacuc, per sfamare i mietitori, che si suppone fossero almeno una decina, aveva preparato un imprecisato intriso e alcuni pezzetti di pane in un piatto. Temeva forse che una razione più sostanziosa potesse causare un’indigestione a quei rudi lavoratori dei campi?

Ora occupiamoci di un delizioso fatterello e andiamo a spulciare nel Libro di Osea. Osea (il cui nome significa “salvezza” , “liberazione”) appartiene alla categoria dei cosiddetti Profeti minori. Vale la pena di raccontarlo perché si tratta di corna, e per giunta corna consigliate dal Signore. Un giorno il Signore apparve al Profeta Osea  -e a chi, se no?- Il Signore disdegnava di parlare con la gente comune: la democrazia non era ancora arrivata in cielo, e gli disse:

  • Osea I, 2 e seguenti = Va’, prenditi per moglie una donna portata all’infedeltà e abbi dei figli da questa infedele, perché il paese non farà che fornicare lungi dal Signore.

La Bibbia non riporta la risposta data da Osea al Signore nel sentirsi dire che doveva diventare cornuto sol perché il paese andava a sollazzarsi lungi dal Signore. Né riesco a comprenderlo io, sta di fatto che Osea abbassò la testa , che già cominciava a pesare gravata anzitempo da un palco ramificato da ingelosire un alce, e andò a sposare una certa Gomer che esercitava il nobilissimo mestiere di intrattenitrice da letto, con la quale si cimentò con impegno per dare a Dio e alla storia di Israele un’altrettanto nobilissima discendenza. Nacque il primo figlio e il signore ordinò che venisse chiamato Jezrael, che significa “Dio disperderà”, nome veramente augurale e profetico. Poi venne alla luce un secondo bebè, una femmina, e Dio ordinò che venisse chiamata “Non amata” a significare il disprezzo del Signore per la casa di Israele. Nacque un terzo figlio e il signore volle che si chiamasse “Non-mio-popolo”, a significare che Israele non era più il popolo di Dio. Insomma, Osea stava collezionando un campionario di figli, sulla paternità dei quali non avrebbe certamente messo la mano sul fuoco, e penso che, se ne avesse avuto un quarto, e un quinto, Dio gli avrebbe imposto rispettivamente i nomi di “Figlio-di-bagascia” e “Mio-padre-non-è- ancora-convinto-di-essere-inguaribilmente-cornuto”. La cosa, però, non finì lì. Dio aveva ancora una partita di corna da smerciare, e a chi poteva affibbiarli se non ad Osea? E così fu: il Signore apparve una seconda volta e disse:

  • Osea III, 1 e seguenti = “Va’ ancora, ama una donna infedele e adultera, come il Signore ama i figli di Israele, mentre essi si rivolgono ad altre divinità E AMANO LE FOCACCE D’UVA”.

Non sono riuscito a spiegarmi perché le focacce d’uva rappresentassero un’offesa al Signore: forse gli erano indigeste! Anche questa volta Osea chinò la testa -diventata decisamente pesantissima- e si recò nel più vicino supermercato per acquistare un’altra puttana, con la quale raggiunse un democratico accordo sulla falsa riga della “par condicio” di Oscar Luigi Scalfaro, che Dio l’abbia in gloria! Ascoltiamo le testuali parole di Osea per sapere quanto pagò per quella donna e cosa le disse:

  • Osea III, 2-3 = “Io l’acquistai per quindici  monete d’argento e per un “coro” e mezzo di orzo. Poi le dissi : “Per molti giorni te ne starai tranquilla senza commettere infedeltà e senza appartenere a nessun uomo, e anch’io farò lo stesso verso di te”.

Alla seconda moglie non parve vero di potere finalmente concedersi un periodo di ferie per riposarsi. Chiuse il suo avviato esercizio e si godette una pausa ristoratrice: avrebbe ripreso, con maggiore slancio e fantasia la sua lucrosa attività, dopo un congruo periodo di vacanze comandate. Dopo avere siglato questo patto bilaterale, Osea, le cui escrescenze frontali gli procuravano gran peso alla testa e incessanti cefalee, non uscì più di casa e si dedicò ad osannare il Signore con una lunga serie di profezie sui destini di Israele, come chiunque può constatare leggendo il suo libro nella Bibbia. Questa che vi ho raccontato è la biografia di uno dei Profeti che sono presenti nell’Antico Testamento, definito come “il Profeta dell’amore di Dio” ed anche se gli esegeti lo ritengono un “Profeta minore”, penso che sarete d’accordo con me nel ritenerlo “il cornuto maggiore”.

Restiamo ancora un po’ in compagnia dei Profeti minori, ed occupiamoci di un altro esemplare di quella benemerita categoria di piantagrane.

Giona, per esempio, restò impresso nella memoria collettiva della gente per essere stato inghiottito da un pesce, nel cui ventre rimase ben tre giorni e tre notti, uscendone poi vispo e arzillo più di prima. Come è possibile?-direte voi. Ve lo spiego io: era talmente un rompiballe, che neppure il pesce lo…digerì. Giona aveva disubbidito a un ordine del Signore, il quale lo voleva inviare a Ninive per annunciare ai cittadini di quella città che Dio era fieramente incazzato con loro e si apprestava a punirli. Ma Giona sapeva che a Ninive lo avrebbero bastonato di santa ragione per via delle cattive predizioni recate, perciò ritenne prudente fuggire il più lontano possibile da Dio, e si imbarcò su una nave in partenza per la città di Tarsis. Il Signore, che come sappiamo non amava essere preso in giro, scatenò una tremenda tempesta per fare affondare la nave. Gli importava poco che a bordo ci fossero persone estranee ai rapporti fra lui e Giona.

Quando i marinai si resero conto che la causa della tempesta era la presenza a bordo di quello jettatore, lo scaraventarono in mare, e la tempesta si placò. Allora:

  • Giona II, 1= Il Signore fece sì che un gran pesce inghiottisse Giona, e Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.

Dopo aver fatto quella cortesia al Signore, il grosso pesce sicuramente si pentì della sua ingordigia. Quel boccone piovuto dal cielo, che in un primo momento gli era sembrato appetibile, gli era rimasto nello stomaco, restio a qualsiasi processo di digestione, per cui il pesce si chiese che razza di porcheria avessero buttato a mare gli uomini. Non appena l’ebbe vomitato, si sentì subito meglio, e promise a sé stesso che non avrebbe mai più inghiottito prede che non fossero di sua personale conoscenza. Ora è inutile che mi chiedete come può stare un uomo vivo nel ventre di un pesce per tre giorni e tre notti, perché non lo so. Vi dico soltanto che ci credo. Giona era un Ebreo. Basta guardare alla storia del popolo ebraico per convincersi: scacciati da ogni paese, perseguitati e messi a morte da re, papi e dittatori, gli Ebrei, appunto perché “indigeribili” resistono agli acidi di ogni stomaco, ed anche se vomitati, tornano in piedi, come quel giocattolo per bambini chiamato “misirizzi”.

Michea di Moreset, fu un altro dei Profeti minori di cui parla l’Antico Testamento. Pare che per tutta la durata della sua vita, si sia limitato a tenere soltanto tre discorsi, che è un gran bel risultato per quelli che erano costretti ad ascoltarlo. Non brillò per originalità di inventiva, restando nel solco delle solite ammonizioni e delle inevitabili minacce di punizioni divine. Una sua profezia rivolta ad Israele suona così:

  • Michea IV, 13 = Sorgi, o figlia di Sion, e trebbia. Io renderò le tue corna di ferro e ti farò zoccoli di bronzo, TU STRITOLERAI NUMEROSI POPOLI e consacrerai il loro bottino al Signore.

Un programma di pace ( eterna…) che ha reso Israele simpatico e gradito a tutti i popoli con cui è venuto a contatto. Molto interessante il rafforzamento delle corna. Ma non si limitò a questo. Per sua stessa ammissione preconizzò ad Israele un futuro da animale feroce :

  • Michea V, 7 = Allora il resto di Giacobbe sarà, fra tutta la moltitudine di popoli, come il leone in mezzo alle bestie della foresta, come il leoncello tra greggi di pecore, il quale passa, calpesta, porta via, e nessuno gli può togliere la preda.

Penso che sia facile capire cosa intendesse dire: gli Ebrei si spargeranno per il mondo e faranno strage di chiunque li attornierà, calpestando e rubando e nessuno sarà capace di togliere loro ciò che hanno preso. Come vedete, un programma in carattere con la bontà del loro Dio.

Un altro Profeta, Sofonia -il cui nome significa “il Signore protegge”- è citato nell’Antico Testamento per aver scritto una trentina di strofette, tutte sulla medesima solfa: le colpe di Israele e le punizioni in arrivo, roba da stancare un mulo. Ecco un esempio :

  • Sofonia I, 12 = “in quel tempo, io scruterò Gerusalemme con le lanterne”.

Chi parla è Dio. Il lettore sprovveduto e digiuno delle spiegazioni di un sacerdote -non è possibile averne sempre uno a portata di mano- cosa potrebbe capire da una frase simile? Che il Signore, a causa di un improvviso black-out (maledetta ENEL!), o per l’ abbassamento della vista dovuto all’età, avrebbe seguito i fatti di Gerusalemme con mezzi acconci e personali, soprattutto di notte.

Era questo il compito dei Profeti. Come uccellacci di malaugurio rinfacciavano ossessivamente, fino all’esasperazione, le colpe e la corruzione di Israele, intimando il ravvedimento foriero di un luminoso avvenire di potenza per tutti i figli prediletti da Dio. Nello stesso tempo, quei biblici jettatori, usando un frasario catastrofico, annunciavano la distruzione di tutte le nazioni che attorniavano Israele, con sangue, stragi e vendette di ogni tipo. Se non è PANSIONISMO questo, ditemi che cos’è. Ed è tragico assistere alla demonizzazione di ogni sano nazionalismo da parte dei governi di tutto il mondo, per compiacere Israele, che pone come valore assoluto il suo “Olocausto”, sul quale si può essere d’accordo, senza, tuttavia, dimenticare che altri popoli ed altre persone abbiano sofferto atrocità simili. Il linguaggio dei Profeti è reboante, tronfio di bolsa retorica, assolutamente vuoto di contenuti. E’ un fiume di parole che scende a valanga portando con sé insulti, accuse prive di fondamento, minacce e maledizioni, preannunziando sangue e vendette. Provate a leggere quelle lunghe, noiose tiritere: dopo una decina di righe e saltando da una pagina all’altra, voi chiuderete il libro con un senso di angoscia nell’animo. L’Antico Testamento non è un libro di vita : è un elenco di maledizioni e di morti. E’ un libro che non dà speranza, che non aiuta a vivere, in special modo, questa vita di tutti i giorni colma di angosce, che non eleva lo spirito e fa star male. E’ un testo che insegna a raggiungere traguardi di conquista e di potenza passando sul cadavere di chiunque, anche dei propri congiunti. E’ l’equivalente dei film programmati da tutte le emittenti televisive, che insegnano a uccidere e ad agire con violenza gratuita. Statene alla larga!!

Io non sapevo, lo confesso, che nell’alto dei cieli dove soggiorna il Signore degli Eserciti di ebraica costruzione, ci fosse l’Ufficio Tecnico dove lavorano angeli geometri. Ho appreso questa novità leggendo la Bibbia delle suore Paoline-1964. Il titolo posto nella prima colonna del capitolo 2° del Libro di Zaccaria a pag. 1029, porta testualmente: Terza visione: l’angelo geometra. Intanto, voglio rassicurare il lettore: quel tale Profeta Zaccaria non è assolutamente da confondere col presidente della RAI. Quest’ultimo, semmai, potrebbe essere scambiato col Padreterno, visto che ha fatto il bello e il cattivo tempo nell’Amministrazione che ha presieduto, e non ha mai avuto bisogno di profeti per esternare le sue leggi, in quanto servito a dovere da cialtroni del calibro di Santoro, Chiambretti e Luttazzi. Perciò occupiamoci del Profeta Zaccaria, portavoce del Signore degli Eserciti.

  • Zaccaria II, 5-7 = “Alzai nuovamente gli occhi ed ecco apparirmi un uomo che teneva in mano una corda per misurare. Gli chiesi: “Dove vai”? -Ed egli: “Vado a misurare Gerusalemme, per vedere qual è la sua larghezza e la sua lunghezza”. Or, l’angelo che mi parlava stava fermo, e un altro angelo s’avanzò fino a lui…”

E fin qui niente di male, Zaccaria era un visionario, come tutti i Profeti, e può avere scambiato due uomini, come egli stesso dice all’inizio del racconto, per angeli. Del resto, nessuna meraviglia, qualche tempo prima aveva sognato un angelo seguito da una moltitudine di cavalli, e lui sosteneva che anche i cavalli erano angeli mandati dal Signore a ispezionare la terra (Zaccaria I, 7 e seguenti). Era così visionario che avrebbe scambiato per angelo addirittura Lamberto Dini, con quella faccia che si ritrova! Il commentatore della Bibbia, però, va oltre, ed affibbia a quei due “angeli” un diploma di geometra, al quale il Profeta non aveva pensato. Al ridicolo di taluni episodi biblici si aggiunge quello provocato da un disinvolto commentatore. Come ha saputo, costui, che l’angelo era un geometra? Né si può pensare che volesse intendere, secondo l’etimologia del vocabolo greco, che l’angelo era un incaricato del Catasto mandato a prendere misure, poiché in tal caso lo avrebbe definito “angelo misuratore”. Comunque, resta sempre il dubbio: e se fosse stato veramente un geometra, anziché un angelo?… I sogni premonitori di Zaccaria non   erano   finiti. Un’altra volta sognò un enorme libro che volava e l’angelo, sempre presente nei suoi sogni, gli spiegò che quel libro rappresentava la maledizione che si diffondeva su tutto il paese. Ci credo, quando Dio imprecava contro qualcuno, le maledizioni che gli uscivano dalla bocca erano tante. Perciò, a scanso che si sperdessero per il cielo, aveva preferito quella volta riempire un grosso libro.

Un’altra volta sognò un’anfora con dentro una donna, e il solito angelo onnipresente gli spiegò che la donna rappresentava l’ “iniquità” che c’era nel paese. Un bel complimento per la donna, essere l’ipostasi dell’ iniquità! Insomma, Zaccaria sognava le cose più strane, ne dava una sua personale cervellotica spiegazione e la gente prendeva tutto per oro colato. E’ proprio vero : “Nomen omen”!

Zaccaria, quello della RAI, nelle furfanterie di Santoro, Chiambretti e Luttazzi vedeva humor e satira. Mah!

L’ultima profezia di quel menagramo biblico lascia esterrefatti. Gli Ebrei hanno sempre avuto una particolare adorazione per i loro Tabernacoli, che poi erano i Tabernacoli del Signore, e ci tenevano che il popolo li venerasse come si deve. Infrangere, cioè rompere quella tradizione era un’azione blasfema imperdonabile, che assumeva un chiaro significato: la rottura dei Tabernacoli al Signore. Ora, voi capite che a nessuno piace avere rotti i Tabernacoli, tanto meno al Signore, che così dispose:

  • Zaccaria XIV, 16 e seguenti =…”saliranno ogni anno, per adorare il re, Signore degli eserciti, e celebrare la solennità dei Tabernacoli. Se qualche famiglia della terra non salirà a Gerusalemme NON AVRA’ PIU’ LA PIOGGIA sopra di sé.”

Nel momento in cui scrivo, c’è una situazione di disagio ambientale e agricolo in Italia: non piove dall’estate scorsa. Sono già cinque mesi che le campagne soffrono la siccità e i prezzi dei prodotti agricoli hanno raggiunto cifre astronomiche. Vuoi vedere che ciò succede perché gli Italiani hanno rotto il patto con il Signore degli Eserciti, col rompergli conseguentemente i Tabernacoli ? Con i quali vi lascio, per passare al profeta successivo.

Adesso parlerò di Malachia, l’ultimo dei Profeti minori con il quale si chiude l’Antico Testamento. Le sue profezie, al solito, sono tutte una sfilza di biasimi e minacce per il popolo ebraico che ha disatteso le aspettative del Signore degli Eserciti. Perciò è inutile che io elenchi qui tutte le maledizioni e le punizioni che per bocca del suo messaggero Dio scaglia sui reprobi. Mi soffermerò su alcuni versetti che hanno attratto la mia attenzione, e che denotano la suscettibilità di Dio:

  • Malachia I, 8 = “Ritenete la mensa cosa trascurabile. Or, non è peccato offrire in sacrificio una bestia cieca? E non è dunque male offrirne una zoppa o inferma?

Ci si domanda: la bestia serviva per ammazzarla in sacrificio, oppure per portarla a un concorso di bellezza? Passi pure per quella inferma, ma per accertarsi che la bestia era cieca, bisognava sottoporla a visita oculistica? Oppure, se era zoppa, farla ingessare presso una clinica ortopedica? Ma la raccomandazione più esilarante sta in questi versetti:

  • Malachia I, 9 = “Non solo, ma dopo quello che hanno fatto le vostre mani, osate ancora supplicare il Signore ad avervi pietà!”

E a questo punto ci si domanda: che cosa avevano fatto gli Ebrei con le loro mani, tanto da suscitare l’ira di Dio? Non è facile rispondere, la Bibbia non ne parla. Andiamo per esclusione: Se le mani degli Ebrei grondavano sangue, il Signore non poteva avercela con i suoi diletti figli per via delle stragi e delle uccisioni indiscriminate compiute, PERCHE’ GLIELE AVEVA ORDINATE LUI STESSO. Se gli Ebrei si erano macchiati di sfruttamento della prostituzione, non ne avevano colpa, perché L’ AVEVA VOLUTO LUI STESSO. Se gli Ebrei si erano macchiati di incesto, non avevano colpa, perché L’ AVEVA PREDISPOSTO LUI STESSO. Di tradimenti, adulterî e porcherie varie gli Ebrei non avevano colpa, perché LI AVEVA FACILITATI LUI STESSO.  E allora: cosa avevano fatto con le mani gli Ebrei di così grave al punto da fare incavolare Dio? Non s’è mai saputo e né si saprà mai!

Il razzismo esasperato degli Ebrei, e per conseguenza, del loro Dio ha un’ulteriore conferma da questo passo:

  • Malachia II, 11 = Giuda ha prevaricato. Giuda infatti osò profanare il Santuario caro al Signore, perché sposò le figlie di un dio straniero. L’uomo che agisce in tal modo, chiunque egli sia, il Signore lo faccia sparire dal popolo di Giacobbe…

Non ci sono commenti da fare a queste asserzioni. Gli Ebrei erano, e restano, il popolo più razzista vivente sulla faccia della terra. Insofferenti al massimo verso tutte le aperture sociali, chiusi nei loro clan, odiosi e odiati da tutte le genti di tutte le epoche.

CAPITOLO 5°

ECCO GLI EBREI

La lettura attenta dei capitoli precedenti, ritengo che abbia fornito sufficienti elementi di valutazione critica per stabilire, al di là di ogni altra interpretazione, esoterica o letterale, che nella “Sacra Scrittura” l’Antico Testamento sia un’antologia di vari delitti contro l’umanità; una silloge di stragi e massacri raccapriccianti, presentati come attuazione di un superiore volere divino, e per ciò stesso degni di configurarsi in libro “sacro”, guida e faro per gli uomini di questa terra. E non può essere ritenuto semplice coincidenza il fatto che, nel corso dei millenni, i giudizi espressi sul conto degli Israeliti da personalità di ogni censo e cultura siano sostanzialmente identici.

Che cos’ha, dunque, questo popolo che ha sempre attirato su di sé l’odio di tutte le altre genti? La persecuzione degli Ebrei da parte del Nazismo è stata soltanto una delle ultime in ordine di tempo, ingigantita e reclamizzata per favorire Israele dai mezzi tecnici di propaganda che prima non esistevano. Alcuni anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, nella Russia bolscevica -che aveva partecipato a fianco degli Alleati alla guerra contro Italia e Germania- si scatenò una tremenda persecuzione contro gli Ebrei, ma tutto fu messo a tacere, perché l’Unione Sovietica aveva…vinto la guerra calda, ma si trovava in stato di “guerra fredda” con gli Stati Uniti! Perciò, la persecuzione nazista fu soltanto la punta di un iceberg, la cui massa sommersa è infinitamente più consistente della parte che emerge e affonda fra le acque di un odio storico, cosciente e motivato, perché le genti che hanno provato sulla propria pelle le stragi, le devastazioni e le nefandezze ebraiche, hanno cercato di proteggersi con la “derattizzazione”, allo stesso modo di come si disinfestano gli ambienti dai topi.

L’ Ebraismo non ha avuto la sua culla in Palestina. Gli Ebrei sono venuti su da Ur dei Caldei, in Babilonia, sciamando per la penisola arabica come cavallette. Hanno straziato e distrutto ogni cosa al loro passaggio; nelle innumerevoli guerre di conquista hanno massacrato donne e bambini innocenti; hanno invaso e depredato pacifici regni e intere popolazioni, portando dappertutto il terrore e la desolazione. Appunto per questa loro crudeltà nell’agire, non si è più spento nel mondo l’odio e il ribrezzo che hanno suscitato.

Rifiutarsi di riconoscere questi fatti, per altro sopportati da una lettura attenta e non di parte dell’Antico Testamento, vuol dire essere in malafede e succubi della persuasione occulta esercitata sui cervelli degli uomini di oggi, spiritualmente pigri ed eticamente instabili. Le gesta disumane compiute dagli Ebrei fanno parte della storia dell’umanità, e non saranno le leggi restrittive, promulgate dai vari governi sotto l’incalzare della influenza sionista, a nascondere in eterno fatti che parlano da soli e non hanno bisogno di interpretazioni. Quando si parla di “razzismo” la mente dei vili di ogni latitudine corre immediatamente al “Mythus des 20° Jahrhunderts” (Il mito del ventesimo secolo) di Alfred Rosenberg, ma nessuno pensa all’Antico Testamento, nessuno si azzarda a riconoscere nell’ebraica concezione di vita e del mondo, la forma più esasperata di razzismo.

E’ facile per i servi sciocchi del Sionismo dire che si tratta di calunnie, ma andate a leggere “I Protocolli dei Savi di Sion” e vi convincerete che tutto quanto figura esposto in quel libro si è verificato, o si sta verificando. Il libro era stato pubblicato nel 1905, perciò al di fuori di qualsiasi influenza fascista o nazista. Si vuole chiamare anche questo: coincidenza? E non vi pare che troppe “coincidenze” siano una realtà? Cominciamo, perciò, a leggere la Bibbia per conoscere meglio gli Ebrei. Aman, funzionario alla corte di re Serse, così li descrive:

  • Ester XIII, 4 e seguenti = Vi è un popolo, sparso dovunque in mezzo alle altre nazioni della terra, odioso per le sue leggi e di costumi contrari a quelli di tutte le altre genti…questo popolo, unico al mondo, IN CONTINUO CONTRASTO CON TUTTO IL RESTO DEL GENERE UMANO, che seguendo leggi tutte sue…commette i peggiori eccessi per disturbare la pace del regno.

Migliore descrizione degli Ebrei non potrebbe farsi! Ogni parola, ogni concetto espresso in questi versetti, ci riporta ai nostri giorni. E’ un giudizio lapidario, senza alcuna ambiguità di interpretazione, che non lascia adito a dubbi e riserve. Se qualcuno, forse pensando ad una mia forzatura interpretativa, volesse togliersi lo sfizio di controllare la veridicità di quanto sopra riportato, apra la Bibbia edita dalle Suore Paoline nel 1964, a pag.491, seconda colonna, sotto il titolo: 13 – Il decreto, e legga tutto il capitolo. Dio, che li conosceva bene,ebbe modo di esprimersi così:

  • Ezechiele V, 5 = Questa è la città di Gerusalemme che io avevo collocata nel centro delle genti e dei loro territori. Ma ella si è ribellata con empietà alle mie leggi PIU’ DI QUEI GENTILI, e ai miei statuti PIU’ CHE LE TERRE DA CUI E’ CIRCONDATA… VOI SIETE PIU’ TURBOLENTI DELLE NAZIONI CHE VI STANNO D’INTORNO.  NON AVETE NEPPURE AGITO SECONDO GLI USI DELLE GENTI CHE VI STANNO D’INTORNO.

In altre parole, Dio voleva dire: magari vi foste comportati secondo gli usi delle altre genti le quali, pur adorando altri déi, sono più civili e pacifici di voi! E se lo diceva Dio!!… Una relazione dettagliata sugli Ebrei la fece anche Achior, condottiero di tutti i figli di Ammon, ad Oloferne comandante in capo dell’esercito assiro :

  • Giuditta V, 6 e seguenti = “Questo popolo è discendente dai Caldei. Dapprima vennero ad abitare in Mesopotamia, perché non vollero seguire gli déi dei loro padri dimoranti nella Caldea. Abbandonarono dunque la via dei loro antenati e adorarono il Dio del cielo, quel dio cioè CHE AVEVANO RICONOSCIUTO COME PROPRIO…

Vale a dire che gli Ebrei, in origine, professavano lo stesso culto dei Caldei, poi sentirono il bisogno di “crearsi” un Dio come piaceva a loro. Ritorno, quindi, all’opinione espressa all’inizio di questo libro: non è stato Dio a creare l’uomo a sua immagine e somiglianza, bensì gli Ebrei a conformare una Divinità secondo le loro caratteristiche somatiche e spirituali. E Achior continua ad elencare ogni nefandezza compiuta dagli Ebrei per conquistare terre che non erano mai appartenute a loro. Dalle parole di Achior si deduce che gli Ebrei NON ERANO UN POPOLO, come si vuole sostenere oggi, ma un gruppo di esagitati, i quali, abbandonato il Dio dei loro avi, SI DIEDERO UN DIO A LORO IMMAGINE E SOMIGLIANZA, cioè secondo la loro natura di eversori, per potere giustificare in tal modo ogni ferocia, ogni massacro ed ogni  CONQUISTA FUTURA. L’Antico Testamento pervicacemente rispettato, ha condizionato nel corso dei secoli il codice genetico degli Israeliti, talchè l’Ebreo di oggi è copia conforme dell’Ebreo di ieri, quasi una clonazione spontanea “ante litteram”. E così sarà per i secoli a venire. Ne era convinto Tacito, eminente storico latino, di certo non influenzato dal razzismo di Alfred Rosenberg, che così li descriveva :

  • Tacito, “Annali” = Gente ribalda, ostinata e dura di cervice, misericordiosi tra loro, nemici mortali degli altri, correttissimi e spregiatori degli déi.

Qualcuno vuole sostenere che Tacito era nazista?

Lo stesso Mosè, legislatore e condottiero degli Ebrei, figura dominante dell’Antico Testamento, rivelò la sua natura indocile con l’omicidio di un Egiziano, con atti di crudeltà nei confronti delle pacifiche popolazioni aggredite e con un atto blasfemo nei confronti del suo Signore che gli aveva dettato le Tavole della Legge. Dio, però, non mosse ciglio, non punì l’empio Mosè per il gravissimo atto offensivo, e sì che per fatti di minore importanza Dio era intervenuto pesantemente: per non aver circonciso uno dei suoi figli, Mosè fu colpito da una gravissima malattia (Esodo IV, 24-25). Fu dimenticanza, o strafottenza? Non si sa, e se la moglie Sefora non avesse provveduto con un coltello alla circoncisione del ragazzo, Mosè ci avrebbe lasciato la pelle. Si trattava, comunque, di un peccato di minore importanza, che coinvolgeva soltanto la persona di Mosè. Le Tavole della Legge rappresentavano la volontà di Dio estesa a tutto il popolo israelita, e la loro distruzione suonava offesa gravissima verso Dio. Eppure, quella volta il Signore non prese provvedimenti contro Mosè, forse perché aveva conservato fotocopia -pardon: litocopia- del documento, con la quale procedere alla ristampa della circolare distrutta ! E Aronne, che assisteva alla frantumazione delle Tavole, ergendosi ad avvocato difensore degli Israeliti, pronunciò rivolto al Signore il seguente telegrafico giudizio :

  • Esodo XXXII, 22 = “Tu sai quanto questo popolo sia inclinato al male!”

In altre parole : “E’ inutile che ti arrabbi: Nessuno può sapere meglio di te che lo hai creato a tua immagine e somiglianza, quanto questa gente sia CATTIVA PER COSTITUZIONE!”

Quando le legioni di Roma si spinsero fino in Palestina, stroncarono in maniera DEFINITIVA le velleità di grandezza degli Israeliti, per cui questi furono costretti a spargersi per il mondo e ad abbandonare il culto delle armi per dedicarsi a quello dell’oro. Il fine restava sempre quello di prima: la conquista della terra e la sottomissione di tutte le nazioni, secondo la promessa divina. Infatti, abbiamo visto nel Deuteronomio la solenne promessa del Signore degli Eserciti :

  • Deuteronomio VII, 22-24 = E il Signore, Iddio tuo, caccerà a poco a poco questi popoli dinanzi a te; tu non li potrai distruggere a un tratto, altrimenti si potrebbero moltiplicare a tuo danno le bestie feroci della campagna, ma il Signore, Iddio tuo, li darà in tuo potere, mettendoli in grande scompiglio, FINCHE’ NON SIANO STERMINATI. Egli ti darà nelle mani i loro re, e tu FARAI PERIRE I LORO NOMI di sotto al cielo: nessuno potrà starti a fronte, FINCHE’ TU NON LI ABBIA DISTRUTTI.

Altro che campi di concentramento nazisti! Nella Bibbia c’è l’istigamento alla distruzione del genere umano che non sia di osservanza ebraica! E poiché sappiamo che gli Ebrei fondano sui libri dell’Antico Testamento la loro vita etico-socio-politica, è chiaro che essi costituiscono un immanente pericolo per tutte le nazioni. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, ritengo che i versetti del Deuteronomio sopraccennati abbiano a che fare con gli articoli 295, 302 e 303 del nostro Codice Penale, tutt’ora vigente.

Non potendo più affidare alle armi la realizzazione dei loro progetti di grandezza e di espansione, gli Ebrei si sono serviti di un altro potente mezzo di “persuasione” : il denaro, certamente più infido delle spade, silenzioso e sicuro. Con le armi é necessario affrontare il nemico a viso aperto, mettere a repentaglio la vita e, magari, essere sconfitti; col denaro si può stare tranquillamente nell’ombra, tessere complotti e rivoluzioni, approfittare delle miserie altrui, corrompere e rendere schiavi i diseredati fino al loro annientamento. Un mezzo subdolo, se vogliamo, ma molto, molto più comodo ed efficiente. Nacque così la figura dell’usuraio, da sempre accomunata a quella dell’Ebreo. Calunnie? Niente affatto, e poi, lo aveva ordinato Dio :

  • Deuteronomio XXIII, 20-21 = Non esigere nessun interesse dal tuo fratello, né per denaro, né per viveri, né per qualunque altra cosa che si presta ad interesse. ESIGI INVECE L’INTERESSE DALLO STRANIERO.

Applicando strettamente questo principio, passando con cinismo sulle disgrazie e le ristrettezze della povera gente, l’Ebreo usuraio accumulò denaro e potenza nel corso dei secoli e mosse, non visto, le fila dei destini dei popoli. Si trattava, pur sempre, della sua sopravvivenza a scapito di quella dei “non Ebrei”, proprio come aveva comandato il Signore nel:

  • Deuteronomio XIX, 21 = “Il tuo occhio non si muova a compassione: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente…”

Per amore del denaro l’Ebreo si dissociò spesso e volentieri dalle leggi del suo Dio, facendosi corrompere pur di accumulare ricchezze, dimostrando con ciò che il suo vero dio è IL DENARO :

  • 1° Samuele VIII, 3 = Tuttavia non seguivano il suo esempio, ma se ne allontanarono PER AMOR DI GUADAGNO, E ACCETTANDO REGALI, VIOLAVANO LA GIUSTIZIA.

Al punto che Dio stesso, giustamente, si lamentò:

  • 1° Samuele VIII, 8 = Come han sempre trattato me dal giorno in cui li feci uscire dall’Egitto, sino ad oggi, abbandonandomi per servire altri déi.

Che le guerre, le stragi e i massacri fossero aspetti e manifestazioni della natura feroce degli Ebrei, lo si desume dalla disinvoltura con cui la Bibbia ne parla :

  • 2° Samuele XI, 1 = All’inizio del nuovo anno, la stagione in cui i re SOGLIONO USCIRE IN GUERRA, Davide mandò Gioab con i suoi uomini e tutto Israele, i quali saccheggiarono i figli di Ammon e assediarono Rabba.

Vuol proprio dire che per gli Ebrei esisteva la “stagione della guerra” come un fatto meteorologico, così come per dire primavera, si dice: la stagione dei fiori. Quindi una fraseologia connaturata al loro bellicoso carattere. Stupefacente quel termine “sogliono”, come a dire: “all’inizio del nuovo anno, quando le persone “sogliono” scambiarsi gli auguri..”. Tutto ciò significa una sola cosa: che le guerre, le stragi, i massacri erano cose di ordinaria amministrazione per gli Ebrei; azioni come bagaglio culturale della loro costituzione psico-fisica, per cui era ritenuto scontato che, coll’inizio del bel tempo (rammento che l’anno ebraico cominciava col mese di Nisan, corrispondente alla seconda metà di marzo con la prima metà di aprile) iniziasse lo “sport nazionale” degli Israeliti : i massacri e le devastazioni dei popoli vicini. Talvolta, quando non sapevano con chi prendersela -e ciò molto raramente!- si scannavano fra di loro. L’odio contro tutti gli altri popoli veniva incessantemente alimentato dai presagi che i vari profeti pronunciavano dicendosi ispirati da Dio. Il Profeta Isaia, ad esempio, aveva delle continue visioni, durante le quali gli appariva il Signore, che così si esprimeva nei confronti di Israele :

  • Isaia I, 4-6 = Nazione peccatrice, popolo carico di iniquità, seme di malfattori, figli scellerati!…Dalla pianta del piede fino alla testa non vi è niente di sano.

E più avanti, nello stesso capitolo al versetto 22, Dio ritiene addirittura Sion “covo di assassini”! A parte le evidenti contraddizioni in cui cade il Signore degli Eserciti, essendo stato proprio lui a comandare tutte le nefandezze compiute dai suoi figli prediletti, resta tuttavia il fatto che persino il loro Dio li condanna aspramente. Se noi ripetessimo in pubblico tali epiteti, saremmo tacciati di “spregevole razzismo nazista”, mentre invece si tratta di “apprezzamenti” scaturiti da una lettura attenta e capillare dell’Antico Testamento ebraico, esposti, e nemmeno celatamente, fra le pieghe del libro santo, che nessuno si prende la briga di andare a leggere.

Dopo aver riconosciuto ed elencato le nefandezze degli Israeliti, il Profeta Isaia avverte che, se questi ultimi si pentiranno, riprendendo la strada indicata dal Signore, sboccerà per Israele un periodo di gloria e di potenza. Comincia, l’ineffabile profeta, ad annunciare una sfilza di minacce e di maledizioni che la Bibbia chiama con eufemismo: “oracoli contro le Nazioni”. Ecco l’odio ebraico scagliarsi contro gli altri popoli :

CONTRO BABILONIA

  • Isaia XIII,  15-16  =  Quanti  saranno trovati saranno trucidati, e chi sarà preso perirà di spada. I loro bambini saranno sfracellati sotto i loro occhi, le loro case saccheggiate, e le loro donne violate.

CONTRO L’ASSIRIA

  • Isaia XIV, 23-215 = La ridurrò in dominio di ricci spinosi e a palude stagnante e la spazzerò con scopa devastatrice. Farò a pezzi Assur nella mia terra e lo calpesterò sulle mie montagne. Questo è il disegno stabilito CONTRO TUTTA LA TERRA, e questa è la mano tesa CONTRO TUTTE LE NAZIONI.

CONTRO I FILISTEI

  • Isaia XIV, 30-31 = Farò perire la tua razza di fame, e ciò che rimarrà di te sarà sterminato. Urla, o porta, grida, o città, sgomèntati, Filistea tutt’ intera, perché dal settentrione viene un fumo, avanza un’armata a schiere serrate.

CONTRO I MOABITI

  • Isaia XV, 1-7 = Sì, nella notte che vide Ar devastata, Moab fu distrutto…Moab è stato annientato. Nelle sue vie si portano abiti di lutto…ché le acque di Nimrin sono prosciugate, l’erba è disseccata, anche l’erbetta è appassita, essi portano con sé ciò che loro rimane e ciò che hanno salvato al di là del torrente dei Salici…

CONTRO DAMASCO

  • Isaia XVII, 1-9 = Ecco Damasco cesserà di essere città e non sarà più che un mucchio di rovine…In quel giorno le tue città diventeranno mucchi di rovine, come le città abbandonate dagli Evei e dagli Amorrei davanti ai figli di Israele: esse diverranno un deserto.

CONTRO LA NUBIA

  • Isaia XVIII, 1-6 = Guai alla terra dal ronzio di ali, che si trova al di là dei fiumi di Etiopia…Saranno tutti dati in preda agli uccelli rapaci dei monti ed alle bestie feroci della terra.

CONTRO L’EGITTO

  • Isaia XIX,2-7 = Io ecciterò l’Egitto contro l’Egitto e combatteranno fratello contro fratello, amico contro amico, città contro città, regno contro regno. L’avvedutezza dell’Egitto verrà a mancargli, io sconvolgerò i suoi piani…Si seccheranno le acque del mare, il fiume resterà arido senz’acqua…I prati lungo il Nilo e tutte le semine sulle sue rive seccheranno, diventeranno aridi, non daranno frutti.

L’Egitto era dunque un paese “avveduto”, lo dice Dio, cioè un regno guidato con assennatezza e giustizia, e nonostante ciò viene maledetto e il Signore si ripromette di devastarlo. Isaia, che è ritenuto il primo dei “profeti maggiori”, sostiene che quanto esprime è frutto delle conversazioni con Dio. L’elenco delle maledizioni e delle minacce continua ancora senza trascurare alcuno dei popoli che in quel tempo attorniavano Israele. Anzi, a un certo punto, il profeta annuncia la fine del mondo, facendo capire che sulla faccia della terra dovrebbe rimanere soltanto il popolo degli Ebrei! Ecco in quali termini :

  • Isaia XXIV, 1-3 = Il Signore spopola la terra, la devasta, ne altera l’aspetto, ne disperde gli abitanti. E come sarà il popolo, così il sacerdote, come il servo così il suo padrone, come la serva così la sua padrona, chi compra come chi vende, chi presta come chi prende in prestito, il debitore come il creditore. LA TERRA SARA’ COMPLETAMENTE DEVASTATA E SACCHEGGIATA, perché questo ha decretato il Signore.

Si capisce bene come un tale martellamento ossessivo determinasse nell’animo degli Israeliti uno stato di continua tensione e di odio verso tutti gli altri popoli. Tensione e odio che si sono ingigantiti nel corso dei secoli, dando vita ad una “Weltanschauung” sionistica di inarrestabile potenza. Siamo, dunque, all’ “Israel über alles”, al Pansionismo del quale vediamo i frutti maturati nel mondo intero, e nel Medio Oriente in particolare.

Con il lavaggio del cervello operato dall’Antico Testamento, l’Ebreo si è convinto tenacemente che il suo Dio lo abbia predestinato al dominio del mondo e non per vivere in pace nel consesso civile degli altri popoli. L’Ebreo è più che convinto del suo ruolo di guida e di dominio delle altre genti, e tutto ciò dopo aver devastato nazioni e città, istituzioni e culti e con l’applicazione di tutti i metodi possibili per il   “Genocidio Universale” voluto da Dio. Altro che lo sterminio degli Ebrei nella Seconda Guerra Mondiale!! Andate a leggere nella Bibbia i Libri dei Profeti: vi troverete odio, sangue, vendette e maledizioni da fare accapponare la pelle! E’ una lettura angosciosa e terrificante, in cui si avverte la presenza continua di un Dio crudele e vendicativo, che non vuole essere amato, ma temuto. A chiusura della sua farneticante predicazione, Isaia così conclude :

  • Isaia LX, 10 e seguenti = E i figli degli stranieri edificheranno le tue mura, e i loro re ti serviranno; perché se nel mio sdegno ti percossi, nella mia clemenza ebbi pietà di te. Anzi, la nazione e il re che non ti vorranno servire periranno, le nazioni saranno interamente distrutte… E SUCCHIERAI IL MEGLIO DELLE NAZIONI, LA’ ATTIRERAI LE RICCHEZZE DEI RE…

Questa previsione apocalittica, con la promessa della vittoria finale e definitiva di Israele, serviva a tenere su il morale degli Ebrei, a farli resistere a tutte le persecuzioni e sconfitte, insomma a renderli sempre più determinati per il raggiungimento dell’ultimo traguardo indicato da Dio: il dominio del mondo intero e lo sterminio degli altri popoli. A questi principî si uniformava con entusiasmo non soltanto l’esercito, ma anche il popolo. Dopo che i soldati avevano sbaragliato i nemici sul campo di battaglia, si dava carta bianca alle turbe di cenciosi assatanati perché sfogassero la loro libidine di sangue sulla povera gente delle città conquistate:

  • Giosuè VI,20-21 = Il popolo dunque lanciò alte grida: le trombe squillarono. E mentre il popolo, all’udire le trombe, andava gridando, il muro della città crollò dalle fondamenta; il popolo allora penetrò nella città, ciascuno dal lato che aveva di fronte e si impadronirono di Gerico. E VOTARONO ALLO STERMINIO TUTTO CIO’ CHE VI ERA NELLA CITTA’ : UOMINI E DONNE, FANCIULLI E VECCHI, PERSINO BUOI, PECORE ED ASINI, TUTTO PASSARONO A FIL DI SPADA.

Se non l’avete capito, si tratta della gloriosa impresa compiuta da Giosuè per conquistare Gerico;   impresa osannata da Ebrei e Cristiani per il fatto che al suono delle trombe degli Israeliti, crollarono le mura della città, che in tal modo potè essere invasa e distrutta. Si disse di Attila, condottiero degli Unni, che dove passava il suo cavallo non cresceva più un filo d’erba. Ma Attila non agiva in nome e per conto di Dio, come invece faceva Giosuè, e forse restavano le formiche e altri piccoli animali. Sta di fatto che dopo essere passati gli Ebrei non restava più la benché minima forma di vita. Perciò, quando il sacerdote vi parlerà con ammirazione di questo fatto miracoloso, chiedetegli cosa pensa dei massacri compiuti contro la povera gente che abitava a Gerico.

Il vero nome di Giosuè, comandante di quella masnada di trucidatori di donne vecchi e bambini era in origine Hoshea, che in lingua ebraica significa “Salvezza”; nome tramutato in seguito dallo stesso Mosè in Jehoshua, cioè “Jahwèh salva”. Viste le sue belle imprese, nessuno riesce a capire cosa salvasse Jahwèh. In lui era lo spirito di Dio” -dicono gli esegeti cristiani- e ci credo: ho appreso dalla lettura della Bibbia quale immenso amore avesse Dio verso le creature che egli stesso aveva posto sulla faccia della terra.

Intanto, questo carnefice, privo assolutamente del benché minimo senso di umanità, è ritenuto un grande eroe anche dai Cristiani, che tanto volentieri parlano di amore e di bontà. Davanti a lui fuggivano intere popolazioni in preda al terrore. Perché nessuno storico ci illuminò mai di quell’Attila ante-litteram che fu Giosuè? Perché le sue “prodezze” sono eternate ed esaltate nella Sacra Scrittura, ad edificazione dei bigotti e dei fanatici di ogni tempo?

Prendiamo in esame, adesso, il Libro dei Giudici. Il termine “Giudici” dato a questo libro, che è il settimo del Cànone, non vuole designare dei magistrati che operano in tribunale quali amministratori della giustizia, ma dei capi scelti da Dio per guidare gli Israeliti. Li possiamo dunque definire dei condottieri carismatici, insigniti di autorità militare e religiosa. Dalla lettura di questo libro apprendiamo che spesso e volentieri gli Israeliti si comportavano male nei confronti del Signore, e per questo fatto subivano sconfitte e lunghi anni di oppressione da parte dei nemici, in quanto privati della consulenza e assistenza militare del loro Dio. Tra le figure di spicco del libro dei Giudici, risalta in modo particolare quella di Abimelec, figlio di Gedeone condottiero-carnefice degli Ebrei. Gedeone aveva avuto più mogli, che lo avevano gratificato di ben 70 figli. Il settantunesimo, Abimelec, nacque dal rapporto con una concubina e poiché ambiva comandare da solo, non tollerava il condominio con i suoi settanta fratelli. Da vero figlio di puttana -è il caso di dirlo!- pensò di liberarsene:

  • Giudici IX, 5 = Arrivato in Ofra alla casa di suo padre, UCCISE I SUOI FRATELLI, I 70 FIGLI DI GEDEONE, sopra una sola pietra. Potè scampare soltanto Giotam, il più piccolo dei figli di Gedeone, che era nascosto.

Come vedete, si tratta di un luminoso esempio di amor fraterno di autentico stampo ebraico, e quando il Signore suscitò discordia fra lui e gli abitanti della città di Sichem che egli governava, Abimelec avvertito anzitempo della congiura passò al contrattacco e:

  • Giudici IX, 45 = …dopo aver combattuto tutto quel giorno contro la città, la prese, ne uccise tutti gli abitanti e la distrusse cospargendola di sale.

Per non morire in salamoia, i cittadini si rifugiarono nella sala del tempio di Baal-Berit, pensando che Abimelec non avrebbe osato profanare un luogo sacro, pur se di una religione diversa dall’ebraica. Figuratevi se quello si sarebbe fermato davanti alla porta di un tempio! Abimelec tagliò allora un ramo d’albero e ordinò ai suoi scagnozzi di fare altrettanto:

  • Giudici IX, 49 = Allora a gara tagliarono anch’essi ciascuno il suo ramo e imitando Abimelec, lo disposero attorno alla grande sala e LA BRUCIARONO CON QUANTI VI ERANO DENTRO. Morirono così tutte le persone della Torre, in numero di circa mille fra uomini e donne.

La Bibbia non dice se Abimelec aggiunse un po’ di sale a quel croccante arrosto umano…

Un altro esempio di civiltà ci viene fornito dalla tribù dei Daniti, anch’essi ebrei, che non avevano ricevuto la loro porzione di territorio per abitarvi. Pensarono allora di andare a rompere le scatole alla città di Lais e ai suoi abitanti che, dice la Bibbia in Giudici XVIII, 7, erano un popolo che se ne viveva sicuro, secondo le usanze dei Sidonei, quieto e tranquillo. Ma con gli Ebrei non si può stare mai tranquilli e sicuri, lo sanno le popolazioni arabe di oggi, perciò i Daniti:

  • Giudici XVIII, 27 = …mossero contro Lais, contro quel popolo tranquillo e sicuro, NE PASSARONO GLI ABITANTI A FIL DI SPADA E APPICCARONO IL FUOCO ALLA LORO CITTA’.

Non si sottrassero al dilettevole gioco dei massacri indiscriminati e delle devastazioni nemmeno i personaggi storicamente più noti della tradizione ebraica. Re Saul, per esempio, era incline in modo sfrenato alla crudeltà, lo apprendiamo, fra le altre cose, da:

  • 1° Samuele XXII, 19 = Saul percosse poi anche Nob, città sacerdotale, e passò tutti a fil di spada: UOMINI E DONNE, BAMBINI E LATTANTI, come pure bovi, asini e pecore, tutto fu passato a fil di spada.

La locuzione “a fil di spada” ricorre con molta frequenza nei fatti biblici e ciò porta a pensare quale mole di lavoro avessero gli arrotini dell’epoca per mantenere in perfetta efficienza gli strumenti di lavoro dei loro correligionari combattenti!

Per quanto riguarda David, antenato di Gesù Cristo, ecco un edificante curriculum della sua attività umanitaria:

  • 1° Samuele XXVII, 9-.11  = Davide devastava tutte quelle terre e NON VI LASCIAVA VIVO NESSUNO, né uomo, né donna, ma portava via pecore, bovi, asini, cammelli e vesti; poi se ne tornava da Achis. E se Achis gli domandava: “Dove avete fatto incursione oggi?”, Davide rispondeva: “Nel Negheb di Giuda, nel Negheb di Ierameel, nel Negheb dei Keniti”. Davide NON LASCIAVA IN VITA NE’ UOMO, NE’ DONNA, per non doverli condurre a Gat. Egli pensava : “Potrebbero parlare contro di noi e dire : “Ecco che cosa ha fatto Davide!”

Questo fu il suo modo di agire in tutto il tempo della sua permanenza nel paese dei Filistei.

E pensare che ancora nei libri di Storia si parla delle razzie e delle devastazioni compiute dalle orde di barbari, calati nei territori dell’impero romano dopo il suo disfacimento! Uccidere tutti indistintamente coloro che avevano casualmente assistito a un qualche reato, è servito alla Mafia per non lasciare alle spalle fastidiosi inopportuni testimoni. E’ in tal modo provata l’incisiva influenza esercitata dall’Antico Testamento su ogni associazione del crimine. Vi sono insegnamenti che non perdono freschezza e attualità nemmeno se passano milioni di anni dalla loro prima attuazione.

A loro volta, i figli di Davide non si comportarono meglio del loro padre. Il primogenito Amnon violentò sua sorella Tamar (2° Samuele XIII, 14); un altro figlio, Gioab, uccise il fratello Assalonne (2° Samuele XVIII, 14) conficcandogli tre giavellotti nel cuore e ripetendo la prodezza su un altro fratello, Amasa:

  • 2° Samuele XX, 9-10 = Intanto Gioab disse ad Amasa: “Stai bene, fratello mio? E con la mano destra prese la barba di Amasa per baciarlo. Amasa non fece attenzione che Gioab aveva ripreso la spada in mano: Gioab lo percosse al ventre, SPARGENDONE GLI INTESTINI PER TERRA, e non ebbe bisogno di vibrare un secondo colpo, perché Amasa era stato colpito a morte.

Nonostante tutto ciò, la Chiesa Cattolica ci tiene a dimostrare che Gesù Cristo appartiene alla Casa di Davide!! “Il trono di Davide sarà stabile in perpetuo dinanzi al Signore. – 1° Re II, 45. Che bella discendenza!

Re Salomone, figlio di Davide, passò alla storia come un regnante di illuminata saggezza. Quando assegnò i governatorati ai suoi uomini più fidi, stabilì che tutti gli Amorrei, gli Etei, i Ferezei, gli Evei e i Gebusei, rimasti nella “terra promessa” e che non appartenevano ai figli di Israele

  • 1° Re IX, 21 = …cioè i discendenti restati dopo di loro nel paese PERCHÉ I FIGLI DI ISRAELE NON AVEVANO POTUTO STERMINARLI, Salomone li assoggettò a prestazioni di mano d’opera GRATUITA, come sono fino ad oggi.

Avete capito bene! : quella gente, che era sopravvissuta allo sterminio compiuto dagli Ebrei, rimasta in vita soltanto perché i figli prediletti di Dio “non avevano potuto sterminarla” fu assoggettata alla schiavitù perpetua e costretta a lavorare gratis per realizzare le grandi opere di Salomone. Quella gente rimase in vita non per un atto di clemenza degli Ebrei, ma soltanto perché quei sanguinarti assertori della misericordia del loro Dio “non ce la fecero proprio a completare l’opera”! Fu la vastità del compito assunto che frenò – momentaneamente, s’intende!- la sete di sangue di quelle orde scatenate, che ancora si dolgono di non aver terminato il genocidio. Successe la stessa cosa in Italia nel 1945: gli assertori della Libertà e della Democrazia bolscevica, non riuscirono ad infoibare tutti coloro che si erano battuti da leoni per difendere la civiltà italica. Risolsero in parte quel compito alleandosi con i cattolici per dare al mondo un esempio della grandezza italiana nel campo del Diritto. E così videro la luce due leggi ferree : la Legge Scelba e la Legge Mancino.

Ci fu un certo ufficiale di nome Zamri -o Zimri- al tempo in cui Ela governava su Israele, che si mise in testa di uccidere il re per mettersi al suo posto. Una sera in cui il re era ubriaco (dopo alcuni millenni ci pensò Saragat a rispolverare quella sana abitudine) Zamri riuscì in qualche modo ad uccidere il re:

  • 1° Re XVI, 11 = Ma appena divenuto re e si assise sul trono, sterminò tutto il casato di Baasa (il casato di re Ela), senza lasciare in vita neppure un maschio, SIA FRA I PARENTI, CHE FRA GLI AMICI.

Anche il Profeta Elia fece la sua parte. Elia -dice la Bibbia- fu il più celebre dei Profeti, fu mandato da Dio per opporsi all’idolatria dilagante. Egli compì l’opera sua con le virtù e coi miracoli. Ecco qui di seguito un chiaro esempio delle sue virtù umanitarie:

  • 1° Re XVIII, 40 = Allora Elia ordinò: “Prendete i Profeti di Baal: non ne scampi nemmeno uno!” Ed essi li presero. Poi egli li fece scendere presso il torrente Cison, DOVE LI SGOZZÒ.

Sic et simpliciter! Pensò a sgozzarli personalmente, non fidandosi della professionalità dei suoi aiutanti, proprio come fece, molto tempo dopo di lui, un certo Stalin in Russia, che con un colpo di pistola alla nuca toglieva a chiunque ogni velleità di ribellione alle sue direttive. Sì, è proprio vero: se vuoi fare qualcosa a perfetta regola d’arte, falla con le tue mani e non incaricare uno svogliato aiutante.

Un commovente episodio di amore materno ci viene narrato nel 2° Libro dei Re. Me ne sono occupato nelle pagine precedenti di questo libro, però desidero tornare sull’argomento perché è un fatto significativo di crudeltà costituzionale di quella etnia.

Nella città di Samaria, assediata da Ben-Adad, re dell’Aram, imperversava una terribile carestia. L’assedio era così duro e la fame tanta, che la testa di un asino morto costava ottanta sicli d’argento, una somma elevata, dovuta alla scarsità delle teste d’asino in città. Se, oggi come oggi, un esercito nemico cingesse d’assedio Roma, ritengo che i cittadini di quella città potrebbero resistere alla fame per una decina d’anni, avendo a disposizione Parlamento, Senato, Consiglio Regionale, Consiglio Provinciale, Consiglio Comunale e un numero imprecisato di Istituzioni internazionali. Comunque, in attesa che ciò si verifichi, ritorniamo alla Bibbia.

Durante l’assedio una donna si lamentò col re per il fatto che, pur avendo diviso con una amica le carni del proprio figlio per sfamarsi, quell’altra donna non voleva cuocere il suo figliolo per mangiarlo assieme a lei. E’ vero il detto che nei momenti cruciali si manifesta la vera natura di una persona. Una madre nostra, che ebrea non è, avrebbe tagliato il suo braccio per nutrire il figlio, o avrebbe dato addirittura la vita per salvare quella del bambino.

I due Libri dei Re narrano la storia dei re di Giuda e di Israele a partire dalla morte di Davide. In particolare, il secondo dei due libri accenna brevemente al succedersi dei vari re nei due distinti regni ebraici, sino alla totale estinzione del regno di Israele, con la distruzione di Samaria nel 721a.C. ad opera del re assiro Salmanasar 5°. Tutti i re elencati, salvo qualche sporadica eccezione, si distinsero per le nefandezze compiute: stragi, vendette e devastazioni, in tale quantità che, per riportarle interamente bisognerebbe trascrivere tutto il libro. Io consiglio di prendere in mano la Bibbia e accingersi alla lettura metodica, cercando di vincere il disgusto e l’orrore provocato dall’apprendimento di fatti estremamente vergognosi. Qualcuno dirà che la storia di ogni paese, di ogni popolo sia costellata di episodi ignobili. E’ vero, ma le storie ignobili dei vari popoli non sono ritenute “sacre” come la storia di Israele, e non vengono proposte come modelli di comportamento per le giovani generazioni!

Ogni popolo ha almeno un cadavere nell’armadio del suo passato, e di ciò se ne vergogna. Gli Ebrei e i Cristiani ostentano interi cimiteri, si vantano dei genocidi compiuti per affermare la loro religione e li spacciano per eventi divini. E questa è un’altra cosa. In nessun altro Credo religioso compaiono tanti delitti quanti se ne trovano nella Bibbia; gli Ebrei immolarono i loro figli e le loro figlie, bruciandoli col fuoco (2° Re XVII, 17). Lo stesso fece Manasse: bruciò suo figlio (2° Re XXI, 6) e non soltanto perché il giovane si era allontanato dalle vie indicate dal Signore (se avesse eseguito gli ordini di Dio avrebbe compiuto azioni più efferate!), ma perché era un padre ebreo, e l’Ebreo era costituzionalmente perfido, amorale e sanguinario. Accanto al nome di ogni re, elencato nel secondo Libro dei Re, compare immancabilmente la frase : “Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore”. Ma che cosa “era male” agli occhi del Signore?

Il concetto di “male” è talmente impantanato col concetto di “bene” secondo la morale ebraica, che non sappiamo se inorridire o felicitarci con lui per quello che ha fatto, stando a quanto abbiamo appreso dal primo capitolo di quest’opera trattando della malvagità del Dio degli Ebrei.

Il “Primo Libro delle Cronache” riguarda la lottizzazione degli incarichi. E’ un lungo, dettagliato elenco della distribuzione dei compiti e delle funzioni nel regno di Israele. Leggendolo, sembra di trovarsi al cospetto della “longa manus” della partitocrazia italiana, perciò non ci sorprende più di tanto. Apprendiamo che quando Joram divenne re di Giuda :

  • 2° Cronache XXI, 4 = …uccise di spada TUTTI I SUOI FRATELLI e alcuni dei principi di Israele.

Fu un originale esempio di “pulizia etnica familiare”, che eliminò in una volta sola il fastidio di eventuali sorprese alle spalle…Poi Amasia divenne re e, a sua volta:

  • 2° Cronache XXV, 11-12 = Amasia sconfisse gli abitanti delle montagne di Seir, uccidendone 10.000. I figli di Giuda avevano pure fatto prigionieri altri 10.000 uomini vivi e condottili sopra la Rupe, li precipitarono giù dall’alto, sicchè tutti rimasero sfracellati.

Pare che Amasia avesse orrore del sangue e volle, con quel sistema sbarazzarsi dei nemici senza causare il benché minimo graffio. Delicatezza di animo nobile e misericordioso! Fu, dunque, un fatto di ordinaria amministrazione, secondo la civilissima dottrina ebraica, in ottemperanza ai voleri di Dio.

Gli ultimi due Libri della serie cosiddetta “storica” sono i due libri dei Maccabei, nei quali figurano, come al solito, guerre e lotte di ogni genere ma con un tasso di crudeltà ridotto al minimo. C’è da considerare, però, che gli avvenimenti descritti riguardano il periodo storico in cui Israele venne a contatto con l’Ellenismo, introdotto dai successori di Alessandro Magno e, soprattutto, con l’alleanza e la protezione di Roma, verso la quale sono espressi giudizi oltremodo lusinghieri.

Nel Primo Libro dei Maccabei, al capitolo VIII, i Romani vengono elogiati per la loro lealtà, per la fermezza con cui osservano i patti e per l’alto senso di giustizia che li distingue. Gli elogi sono ripetuti nel capitolo XV dal versetto 15 al 24. Fatto veramente strano, considerando gli attacchi sferrati a Roma dal Cristianesimo nei suoi testi sacri, in special modo nell’Apocalisse. Ma il motivo c’è, e lo tratterò al momento opportuno.

Veniamo adesso ai libri sapienziali. Il primo in cui ci si imbatte è quello di Giobbe, un uomo, dice la Bibbia, perfetto, integro, timorato di Dio e lontano dal male. Pensate che i suoi figli -tre femmine e sette maschi- si divertivano banchettando assieme agli amici, mentre lui, Giobbe, chiedeva scusa a Dio per gli eventuali peccati compiuti da loro. L’ignoto autore del libro presenta Giobbe come il non plus ultra della pazienza e della sopportazione, e su questi temi diluisce una storia melensa nel tentativo di dimostrare la grandezza d’animo di un uomo ebreo. E tutto ciò per ben 42 capitoli e un epilogo! Non mancano, è ovvio, le lodi al Signore, ma quello che conta di più è la assoluta inutilità di tale libro nel contesto della Bibbia.

Il secondo dei libri sapienziali è quello dei Salmi, attribuito a diversi autori, principalmente a Davide. Si tratta di un libro che contiene in sunto tutta la dottrina dell’Antico Testamento. I salmisti parlano in relazione con lui. Gli esegeti vogliono vedere in questo libro il più rigoroso monoteismo. Io penso, invece, che si tratti di pura e semplice “monolatria”. Il termine “monoteismo” presuppone un concetto spirituale della divinità, una fede profonda e un amore assoluto per un Dio unico, cose, queste, che sono assenti in tutto l’Antico Testamento, vi si trova soltanto la paura e la pedissequa obbedienza ad un Dio feroce e vendicativo. Perciò, non di monoteismo si tratta, ma di “monolatria”.

Nel Libro dei Salmi vi si leggono le solite lodi al Signore, magnificando la sua munificenza e la sua bontà, mentre nello stesso tempo vengono preannunciate disgrazie e catastrofi per quegli empi che non seguono gli indirizzi etici e politici disposti da Dio. Insomma: un pompaggio mentale continuo per spingere l’Ebreo a non desistere dalla lotta contro tutto il mondo. Ai Salmi hanno fatto sempre ricorso gli Israeliti nei momenti avversi della loro storia, per ritrovare compattezza e novello stimolo finalizzato alla restaurazione del regno di Dio sulla terra.

Il Libro dei Proverbi è l’unico a contenere preziosi grani di saggezza. Non esalta la violenza, le stragi, i massacri, tutte quelle cose, cioè, che stanno alla base della dottrina ebraica. Si tratta certamente di brani di antica saggezza, preesistente all’Ebraismo, tramandati da bocca a bocca. Al limite, i Proverbi potrebbero sostituire integralmente tutti gli altri libri che compongono l’Antico Testamento, perché hanno una validità intrinseca perenne, unita a un soffio di dolce poesia.

L’Ecclesiaste è un libro contraddittorio e non brilla certamente per acume. E’ una specie di concentrato di filosofia spicciola, in cui spiccano considerazioni di questo tipo:

  • Ecclesiaste II, 14-15 = Il savio ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio. Ma so pure che una sorte comune hanno tutti e due. E dissi in cuor mio: Anche a me toccherà la sorte dello stolto! E allora a che pro ho cercato di essere savio?

Profonda riflessione! Con lo stesso ragionamento potremmo concludere: se un paio d’ore dopo di avere mangiato mi ritorna la fame, a che pro mangiare? L’Ecclesiaste continua a distribuire altre piacevolezze:

  • Ecclesiaste III, 19  =  La superiorità dell’uomo sulla bestia è zero.

In fondo, non è che abbia tanto torto, visto come agiscono gli uomini.

  • Ecclesiaste IV, 13-14 = Meglio un giovinastro povero, ma accorto, che un re vecchio e demente. Il giovinastro può uscire di prigione ed essere proclamato re, anche se in patria sua è nato povero.

Quest’ultimo principio ha trovato vasta applicazione in Italia: larga messe di giovinastri -e anche meno giovani- hanno trovato occupazione in politica, se non proprio da re, ma sicuramente come rappresentanti del cosiddetto popolo lavoratore…

Un altro principio sancito nell’Ecclesiaste, che rappresenta il codice comportamentale del cittadino italiano di oggi, è il seguente:

  • Ecclesiaste V, 7 = Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia violati, non ti meravigliare: è perché sopra un grande sta un altro grande, e sopra loro altri grandi ancora.

Fino a formare la…”Cupola”.

Alla fine, l’autore di questi preziosi consigli sbotta, e mettendo da parte la filosofia spicciola, manda a farsi benedire Dio e tutto l’Ebraismo con le seguenti affermazioni scaturite dal profondo del cuore:

  • Ecclesiaste VIII, 14-15 = Ma sulla terra si ha però questa delusione: vi sono giusti ai quali avviene secondo le opere degli empi, e vi sono degli empi ai quali avviene secondo le opere dei giusti. Perciò io dico che questa è una delusione! E allora, viva l’allegria: perché l’uomo non ha altra felicità al mondo che MANGIARE E BERE E STARE ALLEGRO! Sia questa la sua compagnia nelle fatiche, durante i giorni che Dio gli  concede  di vivere quaggiù.
  • Ecclesiaste IX, 9-10   =   Godi la vita con la donna che ami, per tutti i giorni della vita d’illusione che Dio ti  dà sotto il sole, perché questa è la tua parte nella vita, per le pene che soffri sotto il sole. Tutto quello che ti occorre di fare, FALLO MENTRE SEI IN VITA, perché non ci sarà più né attività, né pensiero, né conoscenza, né sapienza giù nel soggiorno dei morti, dove stai per andare.

Viva la faccia della sincerità!! Finalmente qualcosa di spontaneo, di genuino, staccato dall’atmosfera pesante delle stragi e del sangue versato solo per far piacere a Dio! Ma che cosa ci sta a fare un testo simile nel coacervo di libri sanguinosi e repellenti? E’ più un testo epicureo che sacro. L’ ignoto autore sembra un anticipatore di Lorenzo il Magnifico e si pone senz’altro al di fuori della casistica truculenta degli autori biblici. In ogni caso, meglio questo che il Pentateuco!

Non facciamoci illusioni, però. Gli sfoghi goderecci dell’autore dell’Ecclesiaste sono il classico cucchiaio di zucchero gettato in mare. Il carattere rozzo, infido dell’Ebreo tradizionale ritorna immediatamente nelle amare valutazioni che fa il Signore per bocca di un altro jettatore :

  • Geremia VIII, 10 = Così darò le loro mogli ad altri, i loro campi a nuovi padroni, poiché dal più piccolo al più grande, tutti pensano solo al proprio guadagno; profeta e sacerdote, TUTTI PRATICANO LA FRODE.

E chi mai avrebbe potuto conoscerli meglio del Signore che li teneva in continua osservazione? Un consiglio che adesso voglio darvi, e che non dovrete in nessun caso dimenticare, è il seguente: se, per malaugurata ipotesi, un re di Israele (al momento non ce n’è, ma l’Ebraismo ci spera sempre!) dovesse bussare alla vostra porta, aprite subito senza farlo attendere. La Bibbia insegna che i re di Israele sono stati sempre dei tipi nervosi e insofferenti, lesti a passare alle maniere spicce se trovano le porte chiuse sul loro cammino:

  • 2° Re XV, 16 = In quel tempo Menahem punì Taffua, uccidendo tutti i suoi abitanti, e devastò l’intero suo territorio, a cominciare da Tersa, PERCHE’ NON AVEVA VOLUTO APRIRGLI LE PORTE: punì la città E NE SVENTRO’ LE DONNE INCINTE.

Insomma, un mezzo sbrigativo applicato su larga scala spesso e volentieri nel corso di operazioni di rappresaglia. A quel tempo e in quelle terre, se una sposa restava incinta, si augurava che non ci fossero sconfitte in vista.

E, in questo stesso capitolo, non poteva mancare uno degli episodi più raccapriccianti dell’intero Antico Testamento, che da solo può descrivere senza ombre e ambiguità la ferocia degli Ebrei :

  • Baruc II, 2-3 = Mai sotto l’immensità del cielo accaddero enormità simili a quelle avvenute in Gerusalemme, come sta scritto nella Legge di Mosè, cioè che NOI SAREMMO GIUNTI AL PUNTO DI MANGIARE, CHI LE CARNI DEL PROPRIO FIGLIO, E CHI LE CARNI DELLA PROPRIA FIGLIA.

Dal che si deduce che gli Ebrei erano riusciti anzitempo a risolvere il problema della fame nel mondo, in modo autarchico e senza l’aiuto dei paesi industrializzati. Ne prendessero, almeno, esempio i paesi in via di sviluppo del Terzo Mondo. Comunque, saziata la fame, ecco alcuni dei passatempi preferiti dai figli prediletti di Dio :

  • Ezechiele XXII, 6 e seguenti = Ecco, i principi d’Israele, ciascuno per suo conto, son tutti occupati a spargere il sangue. In te si disprezza il padre e la madre…vi è in te gente che calunnia per far spargere il sangue…presso di te si scoprono le nudità del proprio padre, presso di te si conosce la donna nel tempo della sua impurità. C’è chi commette nefandità con la moglie del prossimo, c’è chi contamina con rapporti illeciti la nuora, chi fa violenza alla sorella, alla figlia del proprio padre. Presso di te si ricevono doni perché si uccida: tu accetti a interesse e ad usura, spogli con la violenza il tuo prossimo e di me ti sei dimenticata, dice il Signore Dio.

Qui non si capisce se Dio si lagni per il cattivo comportamento dei suoi figli prediletti, oppure per essere stato estromesso dal godimento societario di tante belle azioni. La maggior parte delle nefandezze lamentate nel brano erano state in precedenza ampiamente autorizzate o tollerate da Dio, come si è potuto constatare con gli esempi da me riportati in questo libro. Di che si lagna, allora, il Signore? Perché Dio condanna il fatto che i principi di Israele siano tutti occupati a spargere sangue, se è stato lui stesso a ordinare stragi, uccisioni in massa, e via discorrendo?

Basta leggere i capitoli XXV, XXVI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXX e XXXI del Libro di Ezechiele, in cui Dio si lancia contro tutti gli altri popoli, annunciando massacri e devastazioni, per convincersi che la ridicola contraddittorietà è soltanto ed esclusivamente frutto dell’ignoranza e del pressappochismo degli autori delle varie parti dell’Antico Testamento.

Tutti i cattivi pensieri, tutte le sozzure che frullavano per la testa dei patriarchi e dei profeti, venivano da questi spacciati per ordini del Signore da mettere in pratica senza obiezioni di sorta, se non si voleva incorrere nell’ira funesta di Dio. Con le connotazioni fornitegli dai libri che compongono l’Antico Testamento, Dio è più uno spietato killer assetato di sangue e scatenato sulla vita della povera gente, che il Creatore amoroso della natura e degli esseri viventi. I Profeti, attenti conoscitori dell’inclinazione al male dei loro seguaci, favorirono con gli scritti e la parola le perverse tendenze degli Israeliti, elargendo cervellotiche rivelazioni divine che li stimolavano all’odio e al razzismo esasperato. Dal Libro di Esdra traggo i seguenti versetti:

  • Esdra X, 2-3 = Noi abbiamo tradito il nostro Dio, sposandoci con donne straniere, prese fra le popolazioni del paese…Facciamo ora un patto col Signore, Dio nostro, di rimandar via tutte queste donne straniere e i figli nati da loro, secondo il consiglio del mio Signore e di tutti quelli che temono il precetto del nostro Dio : SI FACCIA SECONDO LA LEGGE.

E la Legge era quella di Mosè, dei Profeti, di Giosuè, dei Patriarchi: inflessibile e spietata, tanto da far esclamare all’autore della “Sapienza”, erroneamente attribuita a Salomone, questo sfogo dell’anima:

  • Sapienza  XIV,  7  =  BENEDETTO IL LEGNO, CHE SERVE LA CAUSA DELLA GIUSTIZIA!

Quale poteva essere il legno al servizio della giustizia, se non la forca e la croce per punire i disobbedienti? Intendendo, naturalmente, per giustizia quella silloge di reati e istigazioni al reato, che cozzano contro i Codici Penali di tutte le Nazioni civili del mondo, e che ci hanno insegnato a chiamare “Sacra Scrittura”, o meglio ancora: “Antico Testamento”.

Ho scritto questo libro nel 1990, e molte considerazioni fatte a commento dei brani scelti dalla Bibbia risalgono perciò a quel periodo. Ho aspettato quasi dodici anni prima di rivederne la struttura, l’impostazione e modificare qualche parte.

M sono accorto, riprendendo le bozze per una ulteriore limatura, di non avere trovato alcunché da togliere, ma anzi da aggiungere, perché nel frattempo molte cose che hanno riscontro nei tempi che stiamo attraversando, sono peggiorate.

Oggi, nell’ anno di grazia 2002, i dettami e gli assunti del testo sacro ebraico stanno producendo i loro effetti. Sottilmente, il veleno giudaico è penetrato nei cervelli sia dei governanti, che della gente comune, e in tutte le parti del mondo si cominciano ad avvertire i sintomi di un disfacimento totale. I mezzi suggeriti dal Signore degli Eserciti per distruggere popoli e Stati cominciano ad essere adottati dagli uomini politici di tutto il mondo, compresa l’Europa e, quel che è peggio, l’Italia.

Nel nostro paese, infatti, si è promossa l’immigrazione indiscriminata di tunisini, marocchini, asiatici, kenioti, tutti poveri derelitti che sono stati spinti ad invaderci col miraggio di trovare a casa nostra il paradiso terrestre. Pur non avendo nulla contro tutta quella gente, non possiamo nascondere quale sia il vero pericolo: si vuole, in Europa e quindi in Italia, una società multirazziale, con la conseguente perdita dell’identità nazionale, in ossequio ai progetti giudaici appresi dalla Bibbia.

Si è voluto smantellare l’unità dei singoli popoli europei per consegnarli al dominio delle multinazionali, nel contesto di un progetto globalizzatore di livellamento mondiale, su cui svetterà -come in effetti svetta finanziariamente e politicamente- Israele. Chi si oppone a tali criminosi disegni viene tacciato di razzismo, condannato e bollato di infamia. E’ stato imposto all’Europa, svilita dopo la seconda guerra mondiale, di rinunciare a uno degli ultimi capisaldi della sua indipendenza ed autonomia: la moneta nazionale, in omaggio ad una politica economica di sudditanza al dollaro, alle cui spalle domina Israele. In altre parole, si sta realizzando quel tale progetto sionistico del quale fece cenno un libro edito in Russia nel 1905, e che da parti interessate è stato dichiarato un falso. Sta di fatto che tutti quei piani di sovvertimento dell’ordine mondiale attribuiti agli Ebrei, si stanno puntualmente verificando. Vogliamo credere ancora alle coincidenze?

Per tutte le stragi e le devastazioni compiute nel corso delle tremende lotte contro i popoli stanziati da sempre nei territori che facevano loro gola, gli Ebrei si sono richiamati costantemente ai voleri di Dio, giustificando ogni orrore perpetrato, o da perpetrare in futuro, col fatto che fosse stato ordinato personalmente da Dio a Mosè e ai suoi successori, per la realizzazione del Regno Universale Ebraico nel Mondo.

Anche se taluni “avvocati difensori d’ufficio” si ostinano a ritenere “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” un falso storico per denigrare il popolo ebraico, è innegabile riconoscere con la semplice lettura dell’Antico Testamento, che nei “Protocolli” è contenuto fin nei minimi particolari lo spirito che informa di sé la cosiddetta Sacra Scrittura: uno spirito di sterminio da applicare con tutti i mezzi che i vari momenti storici consentono, aggiornando tattica e strategia con mentalità criminale, per ottenere i migliori risultati.

Qualora non bastassero gli esempi da me forniti per suffragare quanto esposto in quest’opera, ecco una prova definitiva della “volontà di potenza” degli Ebrei, di quella bramosia di domi- nio e di sopraffazione che da sempre li ha resi invisi all’umanità intera:

  • Giosuè XI, 16 e seguenti = Giosuè conquistò dunque tutto questo paese: la montagna e tutto il territorio del  mezzogiorno, tutta la regione di Gosen, la pianura e la campagna, il monte di Israele con la sua pianura; dal monte Calvo, che sale verso Seir fino a Baal-Gad nella valle del Libano, alle falde dell’Ermon. Di tutte queste regioni Giosuè PRESE I RE E LI UCCISE. Per molto tempo egli dovette combattere contro questi re; e non vi fu città che facesse pace coi figli di Israele, ad eccezione degli Evei, dimoranti in Gabaon; perciò tutte le altre furono conquistate con le armi. MA FU VOLERE DI DIO CHE QUELLE CITTA’ SI OSTINASSERO A COMBATTERE GLI ISRAELITI, AFFINCHE’ QUESTI POTESSERO CONDANNARLE ALL’INTERDETTO E STERMINARLE, SENZA USAR LORO PIETA’, COME AVEVA COMANDATO IL SIGNORE A MOSE’.

L’ultimo periodo del brano sopraccitato è sconvolgente, e ci induce a fare alcune considerazioni. Secondo la Scrittura fu Dio a istigare quei popoli alla guerra, affinché si potesse giustificare il loro sterminio da parte degli Israeliti. Non dimentichiamo che quei popoli facevano una guerra di difesa contro l’invasione e l’espansionismo degli Ebrei venuti da lontano. Non erano popoli bellicosi, lo dice la stessa Bibbia. Quelle genti sapevano che, in caso di sconfitta, anche se presi prigionieri e non morti sul campo, sarebbero stati passati a fil di spada, perché gli Ebrei facevano la guerra non per assicurarsi un territorio su cui stanziarsi e vivere pacificamente, ma PER ELIMINARE GLI ABITANTI AUTOCTONI. La guerra degli Ebrei, diciamolo per coloro che ancora versano lacrime per le sofferenze del popolo ebraico, ERA UNA GUERRA DI STERMINIO, ERA PULIZIA ETNICA.

Prima ancora di Hitler e di Himmler, furono Mosè e Giosuè, confortati dalla verbosità pubblicitaria dei Patriarchi e dei Profeti, a parlare di SUPER-RAZZA e a ghettizzare gli altri popoli della terra. I Libri più crudi dell’Antico Testamento, rappresentano un “Mein Kampf” biblico rivoltante, per il quale spendono parole mielate i bigotti e i baciapile nemici dell’umanità.

Nel brano di Giosuè citato poco prima, si dice che “fu volere di Dio che quelle città si ostinassero a combattere gli Israeliti, affinché questi potessero sterminarli senza pietà”. Ebbene, come potè Dio influire sul comportamento e la volontà degli altri popoli, se questi adoravano altri déi? Direte: ma erano pur sempre creature di Dio. Peggio ancora! E’ pensabile che Dio condanni allo sterminio le sue stesse creature? Direte ancora: lo avevano abbandonato ed avevano peccato gravemente. A parte il fatto che quei popoli non lo avevano abbandonato, ma da sempre adoravano altri déi, ma anche ammesso che lo avessero fatto, pure gli Ebrei avevano voltato le spalle a Dio tante volte, e Dio li aveva sempre perdonati. Come si spiega, dunque, l’odio di Dio per il resto dell’umanità? In un solo modo : NON ERA DIO AD ODIARE L’UMANITA’, ERANO GLI EBREI, E LO SONO ANCORA OGGI.

Non c’è stata soluzione di continuità nelle loro guerra al resto del mondo, per primeggiare e dominare su tutto e su tutti. In ossequio alla condanna pronunciata da Dio contro i popoli della terra :

  • Geremia XXV, 27 = “Bevete, ubriacatevi, rigettate, cadete, per NON PIU’ RIALZARVI SOTTO LA SPADA CHE IO MANDO IN MEZZO A VOI.”

Essi, gli Ebrei, si sono sentiti in guerra contro tutti, e in tal senso si sono comportati lungo i millenni della loro storia, confortati e sostenuti da quel vero manuale del terrorismo che è l’Antico Testamento. Le persecuzioni antiebraiche non furono inventate da Hitler. Durante i millenni questa razza è stata oggetto di infinite persecuzioni, soprattutto da parte della Chiesa Cattolica, che ha pervicacemente rimproverato a loro la condanna e l’uccisione di Gesù Cristo. Basti ricordare l’Inquisizione di Spagna, rivolta contro “moriscos y marranos”, cioè contro negri e porci (con quest’ultimo vocabolo venivano chiamati gli ebrei, forse per il fatto che aborrivano la carne di maiale). Nel corso dei secoli, e in ogni parte del mondo, gli Ebrei hanno sempre dimostrato un’incredibile capacità di creare colossali reti di interessi, quasi sempre in contrasto con quelli della collettività e dei paesi che li ospitavano. Hanno applicato con ferrea costanza il più rigido razzismo nei confronti degli altri popoli. Trascurando fatti alquanto remoti della storia giudaica, perché il discorso ci porterebbe lontano, vogliamo soffermarci sugli avvenimenti del secolo ventesimo.

Nel 1918, dopo la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, la collettività giudaica tedesca si schierò dalla parte dei vincitori e divenne complice degli speculatori, provocando l’inflazione e la spaventosa carestia che costò al popolo tedesco due milioni di morti per fame e stenti. Tutto era nelle mani degli Ebrei, che seppero trarre enormi vantaggi con gli approvvigionamenti dei generi di prima necessità, tanto che per comperare un po’ di pane occorrevano milioni di marchi! Il popolo germanico questo fatto non lo dimenticò mai e, all’avvento di Hitler, ricambiò le “cortesie”. Finita la Seconda Guerra mondiale, vennero sparse per il mondo le fantastiche notizie sulle stragi compiute dai tedeschi contro gli Ebrei, si parlò di sei milioni di morti, nonostante che il Centro di Documentazione Ebraica avesse dichiarato che “mancavano all’appello” un milione e duecentomila Ebrei. Se vi furono episodi di atrocità compiute dai tedeschi -come in effetti ci furono, e presso tutti gli eserciti coinvolti nell’immane conflitto-   si trattò di casi sporadici dovuti ad iniziative personali dei responsabili, ma non di piani di sterminio attribuibili alle autorità nazionali. Ma i vincitori, che poterono raggiungere la vittoria mercè l’aiuto finanziario giudaico, dovettero sottostare alle imposizioni della grande finanza ebraica e riversarono la colpa di tutti i crimini sul popolo tedesco, che fu schiacciato dal peso della colpa e dall’enorme debito che gli fu accollato.

Richiamandosi alla “Dichiarazione Balfour” del 2 novembre 1917, con la quale il Governo britannico si impegnava a creare in Palestina un Centro Nazionale per il popolo ebraico, gli Ebrei ottennero, dopo lunghe e sanguinose lotte, di costituire in quel paese lo Stato di Israele. Per giungere a questo risultato gli Ebrei si affidarono ai collaudatissimi sistemi descritti nell’Antico Testamento : il TERRORISMO E LE STRAGI. Intanto, nel 1917 era nata la “HAGANAH” (in ebraico= difesa), organizzazione militare ebraica che difendeva in Palestina la colonia giudaica locale e favoriva l’afflusso sempre più consistente di elementi giudaici. La Haganah scatenò la lotta ad oltranza, con attentati di ogni tipo e innumerevoli morti, tanto da costringere le truppe inglesi, che in quel tempo occupavano la Palestina in forza del mandato britannico, a fucilare gli Ebrei catturati con le armi in mano. Nel 1935, ad opera di elementi dissidenti dell’Haganah, sorse la “IRGUN ZWAI LEUMI” (in ebraico= Organizzazione militare nazionale), con fini spietatamente terroristici, nella quale si distinse per l’accanimento sanguinario Yitzhak Shamir, che divenne negli anni ’90 premier del Governo di Israele. Nel 1940 la Haganah e la Irgun Zwai Leumi stabilirono una tregua con l’esercito e la polizia della Gran Bretagna, al fine di riunire le forze contro le potenze dell’Asse. A questa tregua non fu d’accordo Abraham Stern, che costituì un gruppo terroristico omonimo, al quale si affiancò Yitzhak Shamir e così ripresero con maggior virulenza attentati e stragi, che proseguirono fino alla costituzione dello Stato di Israele nel 1948. Avemmo stragi e morti anche in Italia, a Roma e in tante altre città. Le bombe venivano collocate sotto le automobili, dietro le saracinesche dei negozi, ovunque potessero causare il maggior numero di morti, e ciò per far capire che Israele era presente ovunque e non avrebbe dato pace a nessuno se prima non gli fosse stato concesso di costituire lo Stato in Palestina. Morirono ignari e innocenti passanti, donne, bambini, squartati dall’esplosivo giudaico, in ottemperanza ai dettami dell’Antico Testamento:

  • Geremia XXV, 29 = CONTRO TUTTI I POPOLI DELLA TERRA.

Il mondo ha dimenticato, ha VOLUTO DIMENTICARE, queste cose; ricorda soltanto gli attentati e i dirottamenti compiuti da “Al Fatah”, dai Palestinesi, sui quali incombono, dopo alcuni millenni, gli spettri terrificanti di Mosè e Giosuè.

Nei Libri dell’Antico Testamento l’Ebreo trova tutto quanto gli occorre per vivere e far morire. Non sono necessarie altre leggi, la “Torah” (=Legge) contiene tutto. Fu data da Dio a Mosè sul Sinai, ampliata e meglio descritta in seguito dagli epigoni di Mosè e applicata fermamente dalle comunità giudaiche sparse per il mondo. Consultando l’Antico Testamento, l’Ebreo sa come comportarsi se la moglie è indisposta per il ciclo mestruale, o se deve riscattare il suo primogenito, che per la Torah appartiene a Dio. Conosce per filo e per segno il rituale per uccidere gli animali da offrire in olocausto al Signore degli Eserciti, come deve spargere il sangue attorno all’altare e come lapidare il proprio figlio se questi è disubbidiente. Ogni atto della vita l’Ebreo lo conforma ai voleri del Dio creato a immagine e somiglianza delle turbe che si mossero da Ur per invadere le terre di pacifici popoli. E quelle turbe non hanno ancora esaurito la loro missione. Il condensato di tanto odio e di tante nefandezze oggi fa parte del bagaglio culturale di alcune centinaia di milioni di uomini, e poiché è impensabile che tale massa di individui possa ritenere lecito e civile tutto quanto contenuto e previsto dai Libri dell’Antico testamento, c’è da supporre che il novantanove virgola nove per cento di loro NON ABBIA MAI LETTO PER INTERO E CON ATTENZIONE LA SACRA SCRITTURA, e si sia fidato pigramente dei pochi versetti malamente spiegati dal sacerdote nell’abituale Messa domenicale. Rimane valido, perciò, quanto io abbia affermato all’inizio di questo lavoro, e cioè che ascriverò a mio merito l’aver costretto i Cristiani a leggere finalmente la Bibbia, anche se per sola curiosità.

E adesso facciamo un po’ di conti. Penso che sarebbe opportuno stampare i libri che compongono l’Antico Testamento su carta di colore rosso, adeguando la tinta delle pagine all’impressionante marea di sangue che impregna la maggior parte degli episodi biblici. Le persone scannate per vendette personali, o sterminate nel corso delle operazioni belliche sostenute dagli Ebrei contro i popoli vicini, oppure fulminate da Dio durante i suoi eccessi d’ira, assommano al considerevole numero di: 2.120.182 (duemilioni centoventimila centottantadue).

Una cifra esorbitante per quei tempi, tenendo conto che la popolazione della terra non era paragonabile a quella di oggi.

Naturalmente è un conto approssimativo, ottenuto computando i morti accertati, e per difetto là dove erano indicati globalmente. In tutti i casi, sommando quelli indicati con precisione, si ottiene la cifra soprascritta e così suddivisa:

  • Genesi IV, 8 = 1 #
  • Esodo II, 12 = 1 #
  • Esodo XXXII, 28 = 3.000 #
  • Numeri XV, 35 = 1 #
  • Numeri XVI, 35 = 250 #
  • Numeri XVII, 14 = 14.700 #
  • Giosuè VIII, 25 = 12.000 #
  • Giosuè VIII, 29 = 1 #
  • Giosuè X, 26 = 5 #
  • Giosuè XII, 24 = 31 #
  • Giudici I, 6 = 1 #
  • Giudici III, 29 = 10.000 #
  • Giudici IV, 21 = 1 #
  • Giudici VII, 25 = 2 #
  • Giudici VIII, 10 = 120.000 #
  • Giudici VIII, 12 = 15.000 #
  • Giudici VIII, 16 = 77 #
  • Giudici IX, 5 = 70 #
  • Giudici IX, 49 = 1.000 #
  • Giudici IX, 53 = 1 #
  • Giudici XI, 39 = 1 #
  • Giudici XII, 6 = 42.000 # 
  • Giudici XV, 15 = 1.000 # 
  • Giudici XX, 21 = 22.000 #
  • Giudici XX, 25 = 18.000 #
  • Giudici XX, 35 = 25.100 #
  • Giudici XX, 44 = 18.000 #
  • Giudici XX, 45 = 5.000 #
  • Giudici XX, 45 = 2.000  # 
  • 1° Samuele XV, 33 = 1 #
  • 2° Samuele IV,12 = 2 #
  • 2° Samuele X, 18 = 40.000 #
  • 2° Samuele XIII, 29 = 1 #
  • Isaia XXXVII,36 = 185.000 #
  • 2° Samuele XVIII, 14 = 1 #
  • 2° Samuele XX, 10 = 1 #
  • 2° Samuele XXI, 9 = 7 #
  • 2° Samuele XXIV, 15 = 70.000 #
  • 1° Re II, 24 = 1 #
  • 1° Re II, 34 = 1 #
  • 1° Re II, 46 = 1 #
  • 1° Re XX, 29 = 100.000 #
  • 2° Re IX, 33 = 1 #
  • 2° Re X, 7 = 70 #
  • 2° Re X, 14 = 42 #
  • 2° Re XIX, 35 = 185.000 #
  • 1° Cronache XI, 20 = 300 # 
  • 1° Cronache XVIII, 12 = 18.000  #
  • 1° Cronache XIX, 18 = 40.000  #
  • 1°Cronache XXI, 14 = 70.000 #
  • 2° Cronache XIII, 17 = 500.000 #
  • 2° Cronache XXV, 11 = 10.000 #
  • 2° Cronache XXV, 12 = 10.000 #
  • 2° Cronache XXV, 13 = 3.000 #
  • 2° Cronache XXVII, 6 = 120.000 #
  • Ester IX, 6 = 510 #
  • Ester IX, 16 = 75.000 #
  • 1° Maccabei IV, 15 = 3.000 #
  • 1° Maccabei V, 60 = 2.000 #
  • 1° Maccabei IX, 49 = 1.000  #
  • 1° Maccabei X, 85 = 8.000 #
  • 1° Maccabei XI, 47 = 100.000  #
  • 1° Maccabei XVI, 10 = 2.000 #
  • 2° Maccabei VIII, 20 = 120.000 #
  • 2° Maccabei X, 23 = 20.000 #
  • 2° Maccabei XI, 11 = 11.000 #
  • 2° Maccabei XII, 23 = 30.000 #
  • 2° Maccabei XII, 26 = 25.000 #
  • 2° Maccabei XII, 28 = 25.000 #
  • 2° Maccabei XIII, 15 = 2.000 #
  • 2° Maccabei XV, 27 = 35.000.

Non ho la pretesa di essere stato preciso ed esauriente, perché qualcuno mi sarà di certo sfuggito. Ma non è finita qui : mancano, in quanto non esattamente computati nei testi biblici presi in esame, tutti gli abitanti delle città conquistate e devastate, passati coscienziosamente a fil di spada per iniziative personali dei comandanti e del popolo ebraico quando ottenne di poter compiere vendette e saccheggi. Tutto, come si sa, per espresso desiderio di Dio. Trattandosi di popolose città, ritengo che alla cifra riportata qui sopra si possano con tranquillità aggiungere almeno altri 4.000.000 di morti per mano ebraica, e mettere pure in conto una decina di milioni fra pecore, buoi, cammelli e asini, altrettanto barbaramente trucidati, che secondo il pensiero di Dio (vedi Ecclesiaste III, 18), sono da equiparare alle persone. Non c’è bisogno di fornire ulteriori dimostrazioni per ritenere l’Antico Testamento un complesso di libri osceni e diseducativi, frutto di una visione barbara della vita. Forse per questo motivo fino alla metà dell’Ottocento la Chiesa Cattolica non permetteva la libera vendita della Bibbia.

I pochi esempi della malvagità giudaica riportati in questo libro e commentati con un po’ di umorismo allo scopo di rendere meno angosciante la lettura e l’acquisizione dei dati, rappresentano forse il trenta per cento di tutto quanto si possa leggere nella Bibbia. Sono esempi illuminanti per la coscienza di coloro che non si ostinino a tenere gli occhi bendati e il cervello inerte.

Una cosa è certa : esiste un ideale filo conduttore che lega gli Ebrei biblici a quelli odierni, un filo di comportamento che nessun potente, nessuna Nazione ha mai potuto spezzare in modo definitivo. Non c’è riuscita Roma, non ci sono riusciti i governi dei popoli presso cui si sono rifugiati, di volta in volta, gli Ebrei; non c’è riuscita la terribile Inquisizione Cattolica promulgata da Innocenzo 3°, perfezionata da Sisto 4° nel 1478 trasformata in “Congregazione del Santo Uffizio” nel 1542 da Paolo 3°. Non c’è riuscito Hitler, non c’è riuscito Stalin, e tutto ciò per il semplice fatto che, pur perseguitati e debellati in diverse circostanze, è sempre rimasto sospeso sul mondo il polline del loro rinascere, vero concime -nella sostanza e nell’essenza- per il germogliare di nuovi virgulti: l’Antico Testamento, il cui messaggio subliminale ha facile presa sulla pigrizia mentale della gente, incapace di reagire, perché priva di forza spirituale.

Il terreno ideale per vivere tranquilli, rinforzarsi e passare all’attacco del mondo intero, gli Ebrei l’ hanno trovato negli Stati Uniti d’America. Ed è logico, perché “simil cum simile facillime congregantur”. Gli Ebrei si costituirono in popolo lasciandosi condizionare da un culto religioso costruito “ad hoc”, rubacchiando miti e leggende preesistenti; si riversarono sui pacifici popoli da sempre stanziati nell’attuale Medio Oriente, massacrando e devastando tutto quanto si opponeva al loro espansionismo sfrenato. Allo stesso modo si comportarono i delinquenti e le prostitute, di cui l’Inghilterra si volle sbarazzare affidandoli ai Padri Pellegrini, perché li trasportassero nell’America del Nord, ancora territorio di conquista, dove pacificamente vivevano di caccia varie comunità di nativi, i cosiddetti Pellirosse. Le orde di sradicati, caricati sulla nave “Mayflower”, sbarcarono  in America, costituirono  i primi agglomerati urbani e iniziarono il genocidio delle genti indigene all’insegna del Crocifisso, delle Colt e del Winchester, rubacchiando i Principî della “Magna Charta” britannica. Nessuno oggi ricorda, o vuole ricordare, i massacri compiuti dai novelli colonizzatori americani sulle genti autoctone dell’America. Guai a parlar male delle due storie parallele -giudaica e americana- si viene tacciati di “fascisti” o “nazisti”. Ed è subito ostracismo.

La sovversione mondiale è stata preparata con cura dagli Ebrei, checchè ne dicano i difensori d’ufficio del Sionismo Internazionale, tentando di convincere gli studiosi del problema che i “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” sia soltanto un cumulo di bugie e di calunnie per mettere in cattiva luce gli Ebrei.   Io sostengo che i fatti accaduti nel secolo XX da poco concluso, hanno una e una sola matrice : Israele.

La figura di Carl Marx, ebreo, è simbolica e ha dato il via a tutta una serie di sconvolgimenti politici che hanno causato centinaia di milioni di morti, in Russia e nel resto del mondo. Tutto quanto accaduto dal 1905 (data del ritrovamento di quei documenti segreti da parte dell’Okrana, il controspionaggio zarista) in poi si è puntualmente verificato e porta la firma di Israele, segno evidente che i “Protocolli” erano e sono un progetto dettagliato scaturito dai dettami dell’Antico Testamento, per consentire agli Ebrei di sterminare l’umanità e instaurare il regno mosaico sul mondo intero.

I “Protocolli” sono un libro ormai introvabile, tolto dalla circolazione dal Sionismo internazionale per ovvi motivi. La copia da me posseduta risale al 1921, ed è forse l’ultima ristampa. Il caos politico, le crisi economiche, le guerre, il partitismo disgregatore, la castrazione spirituale degli uomini e dei governanti, l’asservimento della stampa, l’omosessualità dilagante, tutto ciò è regolarmente previsto nei “Protocolli” ed attuato con regolarità per smantellare le difese dell’umanità. Dicono gli Ebrei, nei “Protocolli” :

“Noi, razza dispersa, non potevamo, come tale, conseguire il nostro scopo con mezzi diretti, ma soltanto con mezzi indiretti, subdoli e fraudolenti…. Il popolo correrà dietro il fantasma della Libertà, credendo di poter fare quello che vuole, vale a dire cadendo in uno stato di anarchia per l’opposizione che fa, unicamente, per il gusto di farla…. Se l’amministrazione diventa fiacca, il disordine sorge dovunque. In questo modo i governi dei Gentili vanno in pezzi per opera dei loro stessi amministratori…. Il Re di Israele, nel giorno che porrà sul suo capo consacrato la corona che gli verrà presentata da tutta l’Europa, diventerà il Patriarca Mondiale”

Che cos’è questo se non un progetto di globalizzazione mondialista? Queste che avete letto sono alcune “perle” che si trovano nei “Protocolli”, e nemmeno delle più importanti. E’ la crudeltà dell’Antico Testamento che risorge, è la volontà di sterminio che si manifesta nell’immane progetto di schiavizzazione del mondo. Agli albori del Terzo Millennio si è cominciato col colonizzare l’Europa, introducendo la moneta unica in sudditanza al dollaro. Il resto verrà a breve scadenza, e le gloriose Nazioni europee diverranno tante stelline da incorporare dentro la gabbia “a strisce” illuminata dalla Statua della libertà! E’ il Signore degli Eserciti che muove alla vittoria FINALE, attraverso quei versetti in cui si sostiene che “Il diritto sta nella forza”, come ha dimostrato l’esito della Seconda Guerra mondiale.

Sta all’uomo del Terzo Millennio riuscire a sganciarsi dall’analfabetismo politico e a recuperare nuovamente la sua dignità lasciata in mani nemiche, superando i condizionamenti voluti dall’Ebraismo in combutta con la Chiesa Cattolica. Solo ritrovando l’antica virilità italica e romana, si potrà reagire per contrastare la minacciosa avanzata della Disgregazione, programmata dalla Globalizzazione mondialista.

“Uomini siate, e non pecore matte,

sì che ‘l giudeo tra voi di voi non rida.”

Dante: Paradiso-canto 5°- versi 80-81