Il Sabotaggio della Guerra Fascista

Il Sabotaggio della Guerra Fascista contro le Demoplutocrazie Occidentali

di Dagoberto Husayn Bellucci

Una delle principali menzogne storiche, abilmente propagandate dalla propaganda franco-britannico, e prim’ancora che l’Italia Fascista entrasse direttamente nella seconda guerra mondiale – falsità e invenzioni propagandistiche sulle quali continuano a premere il tasto tutti gli “storici” sistemici è quella relativa ad una presunta inferiorità militare italiana rispetto alle forze britanniche e più vastamente “alleate” nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.

Ora è fuori discussione che la capacità bellica italiana non potesse minimamente competere contro il “blocco alleato” allargato alla supremazia tecnologica-industriale statunitense ma, senz’altro, avrebbe – fintanto che gli Stati Uniti fossero rimasti fuori dal conflitto – provocato parecchi problemi alle forze britanniche nel Mediterraneo, in Africa e nel Levante se sufficientemente ‘sorretta’ all’unisono dalla volontà dell’intera nazione. Il capitalismo italiano e quindi per conseguenza la produzione industriale e bellica nazionale erano senz’altro in ritardo rispetto a quello che, potenzialmente e fattivamente, poterono disporre gli eserciti franco-britannici: il primo verrà liquidato rapidamente con il blitzkrieg tedesco che nella primavera 1940 porterà in 40 giorni le armate del Reich a marciare su Parigi; il secondo avrebbe probabilmente continuato a resistere fintanto che ‘approvigionato’ dagli alleati d’oltreoceano.

In merito comunque alla partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale occorre fare chiarezza e spazzare via il campo dagli  equivoci. Contrariamente a ciò che ‘disegneranno’ gli storici ‘democratici’ e antifascisti nostrani e stranieri dopo il conflitto, l’Italia mussoliniana aveva potenzialità militari e eroismo da vendere – come dimostreranno esemplarmente i paracadutisti della Folgore a El Alamain o i nostri fanti e cavalieri nelle steppe gelate sul Don nel fronte russo e come non mancarono di far valere i marinai, gli aviatori i carristi, gli alpini e tutti gli altri corpi delle nostre forze armate quando chiamati a compiere il loro dovere – inficiate da un’opera di vile sabotaggio e dalla guerra sotterranea dichiarata dai  vertici militari, dalla Casa Reale sabauda e da importanti settori dell’industria nazionale già operanti contro il Regime Fascista e attivatisi alacremente per far perdere la “guerra di Mussolini” e dei fascisti. Questo ovviamente i libri di testo ‘scolastico-universitari’ sistemici non lo racconteranno mai ne tanto meno può essere sostenuto da quella corte rappresentata dai cosiddetti storici contemporanei allevati al culto dell’antifascismo e coccolati dal Sistema democratico fuoriuscito vittorioso al lato delle armate anglo-americane e al soldo del capitalismo d’oltremanica e d’oltreoceano.

La menzogna dell’impreparazione bellica italiana dev’essere smontata alla luce dell’incontrovertibile, perchè documentata e documentabile, verità storica che vedrà nel tradimento e nel sabotaggio di autentiche quinte colonne antifasciste infiltrate nell’esercito italiano il vero responsabile della sconfitta patita dinnanzi agli Alleati.

Alquanto rappresentativa di questa vicenda è la figura ignobile dell’ammiraglio Franco Maugeri (uno dei tanti che tradirono) il quale verrà decorato a fine conflitto dal nemico “per la condotta eccezionalmente meritoria nell’esecuzione di altissimi servizi resi al governo degli Stati Uniti come Capo dello spionaggio navale italiano…” come recitava il “certificato” di collaborazionismo di cui fu ‘omaggiato’ dal Governo degli Stati Uniti questo traditore.

Maugeri divenne il simbolo del disonore delle nostre forze armate perchè nel dopoguerra diede alle stampe un libro “From the Ashes of Disgrace” con il quale rivendicava la sua collaborazione al nemico ed il suo tradimento alla patria in armi. L’uscita in America del volume “Dalle ceneri della disfatta” fu semplicemente l’ammissione bella e buona di come un numero considerevole di ammiragli della marina e generali di aeronautica ed esercito aveva consapevolmente tradito. Quando l’allora periodico “L’Asso di Bastoni” intentò una causa contro il Maugeri, riuscendo a vincerla perchè – come riportò la storica sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Roma :

“Il Collegio (riconobbe ndr) che sussistono sufficienti prove per ritenere che il Maugeri, anche anteriormente all’8 settembre 1943, aveva intelligenza con le potenze contro le quali l’Italia era allora in guerra”,

la notizia del tradimento di alti ufficiali divenne di pubblico dominio confermando quanto già si era scritto negli ambienti fascisti durante la RSI.

La sentenza arrivò in un momento particolarmente opportuno perchè, nel frattempo, l’Ammiraglio Maugeri era assurto alla carica di Capo di Stato Maggiore.

Maugeri venne silurato e sostituito e il 3 giugno 1950 la Corte di Cassazione, a camere riunite, riconfermò quella sentenza. Un caso pressoché isolato, mentre centinaia di altri elementi ai vertici delle Forze Armate tradirono in egual maniera senza per questo subire alcun provvedimento nè freni alle ‘onorate’ carriere.

Scriverà Antonino Trizzino in proposito della guerra condotta silenziosamente dagli ammiragli contro il Fascismo in armi:

“Supermarina e l’Ufficio informazioni non hanno mai voluto ammettere che la loro organizzazione fosse difettosa per quanto riguarda la riservatezza e tendevano ad attribuire la colpa ad elementi periferici”.

“Dunque: Ministero, Supermarina, Ufficio informazioni. Era evidentemente in malafede l’Ufficio informazioni quando rassicurava l’ammiraglio Jachino. Il suo capo, l’ammiraglio Maugeri, sapeva bene come stavano le cose: infatti, a guerra finita, nel suo libro egli ha rivelato che l’ammiragliato britannico contava tra gli ammiragli italiani e nello stesso ministero della marina persone devotissime, sulle quali poteva fare il massimo affidamento, non vedendo esse l’ora di finire comunque la guerra, per liberare l’Italia dal fascismo. C’era anche lui nel numero di quelli che volevano la fine a tutti i costi e con qualsiasi mezzo? Non possiamo dirlo, ma è certo che egli fu ricompensato con la decorazione americana della Legion of Merit, che porta sul petto, in riconoscimento dei meriti acquisiti appunto mentre era capo dell’Ufficio informazioni”. (2)

Ed ecco come, per sua stessa ammissione e di suo pugno, l’ammiraglio Maugeri scriveva dopo la guerra:

“L’inverno del ’42-’43 trovò molti di noi, che speravano in un’Italia libera, di fronte a questa dura, amara, dolorosa verità: non ci saremmo mai potuti liberare delle nostre catene, se l’Asse fosse stato vittorioso”.

– E poco più avanti nel libro From the Ashes of Disgrace Reynal & Hitchcock, New York 1948 Franco Maugeri esplicita in maniera definitiva tale concetto:

“Più uno amava il suo Paese, più doveva pregare per la sua sconfitta nel campo di battaglia… Finire la guerra, non importa come, a qualsiasi costo”.

Altri esempi di tradimento:

“Carlo Bergamini: motivazione della medaglia d’oro: Comandante in capo delle Forze navali da battaglia, sorpreso dall’armistizio in piena efficienza materiale e morale, trascinò con la autorità e con l’esempio tutte le sue navi ad affrontare ogni rischio pur di obbedire, per fedeltà al Re e per il bene della Patria, al più amaro degli ordini. E nell’adempimento del dovere scomparve in mare con la sua nave ammiraglia colpita a morte dopo accanita difesa dal nuovo nemico, scrivendo nella storia della Marina una pagina incancellabile di dedizione e di onore. —

Acque dell’Asinara, 9 settembre 1943″.

Occorre forse sottolineare – riprendendo quanto scritto dal Trizzino,

“delle 5 corazzate, 15 incrociatori (7 ausiliari), 23 sommergibili, una settantina di MAS e 37 cacciatorpediniere e torpediniere, alla fonda nei porti della Liguria e di Taranto, l’unica ad andare perduta, col suo comandante Carlo Bergamini, è la Roma. Dopo un colloquio telefonico tra Bergamini, comandante la squadra, e il capo di S.M. della marina, ammiraglio De Courten, la mattina del 9 settembre la squadra navale, prende il mare alla volta dell’Isola della Maddalena. Nelle primissime ore del pomeriggio la squadra è in procinto d’entrare nell‘estuario dell’isola quando giunge all’ammiraglio Bergamini un messaggio urgente di Supermarina con l’ordine di invertire la rotta e di puntare in direzione di Bona, in Algeria. E’ successo che in mattinata i tedeschi hanno occupato la Maddalena e predisposto un piano per impadronirsi delle unità italiane. Sfuggita la preda si passa ai siluri. Poco dopo le 15 una formazione di Junker attacca la squadra navale senza risultati. Verso le 16 un altro gruppo di bombardieri DO-217 è sulle unità italiane. L’attacco questa volta ha successo, e ne fa le spese proprio l’ammiraglia, la corazzata Roma che, colpita da due bombe-razzo teleguidate alle 15,52. Cola a picco in 28 minuti. Dei 1849 uomini dell’equipaggio, 1253 perdono la vita: tra questi il comandante Carlo Bergamini e tutto lo stato maggiore. La squadra fa rotta in direzione sud e nella mattinata del 10 settembre entra nel porto della Valletta a Malta”. (3)

E che le perdite subite dalla nostra marina, a causa della complicità con il nemico dei vertici fossero state rilevanti (e avessero irrimediabilmente pregiudicato la condotta bellica sul fronte mediterraneo e africano) si può tranquillamente dedurre anche dal fatto che, come riportano fonti britanniche e americane, 

“Si calcola che sulla perdita di 185 navi, 85 siano attribuibili a Ultra il computer decrittatore di Enigma di Bletchley Park”.

Il primo Enigma a cadere nel maggio 40 è quello della Luftwaffe, un anno dopo quello della Marina e nel settembre (41) la Wehrmacht. Si trattava di macchine leggermente modificate nell’Hardware (rotori). Nel 1942 si arrivò a decrittare già più di 80.000 messaggi al mese!! Ma non erano tutti, erano solo una parte.

I comandanti italiani, come diceva Rommel che sospettava spie a Roma, cambiavano rotta in alto mare rispetto agli ordini ricevuti e gli andava anche bene. L’incrociatore Pola non aveva potuto cambiare rotta a Capo Matapan e il suo comandante, da prigioniero, aveva visto sulla plancia inglese le copie dei nostri dispacci dell’operazione del 28 marzo 1941. Quando nel ’45 Il comandante Brengola di ritorno dalla prigionia lo rivelò, non gli credette nessuno. Il segreto che circondava Enigma doveva durare ancora 30 anni, quello sui contenuti dei dispacci resterà in piedi fino al 2015 !!. (ma anche l’Italia e i tedeschi violavano e intercettavano messaggi) – (La notte di Taranto in inglese). (4)

Fondamentale in proposito sarà una voluminosa raccolta antologica – che comprenderà un trentennio di storia italiana – curata negli anni Sessanta dall’ex direttore de “L’Asso di Bastoni”, Pietro Caporilli. In questa antologia critica, suddivisa in due volumi, scriverà nel capitolo (XXXVIII) dedicato a “Spie e servizi ‘segreti'”

“Ovviamente l’ammiraglio Maugeri non era il solo personaggio ragguardevole al servizio del nemico contro la Patria in armi. Come abbiamo visto è lo stesso Maugeri ad avvertire che l’ammiragliato britannico contava una quantità di “amici” fra gli ammiragli di alto rango e che gli inglesi erano in condizioni di ottenere informazioni autentiche direttamente dalla fonte”. (5)

Il perchè esistesse quella che non può neanche essere definita una “falla” (…un’autentica voragine casomai…) all’interno dei nostri servizi segreti militari è presto detto: tutti i principali comandanti, generali ed ammiragli, appartenevano a quella casta che traeva le sue origini dall’epoca risorgimentale ed aveva combattuto la prima guerra mondiale. Si trattava cioè di ufficiali di carriera, in massima parte appartenenti alla Frammassoneria e infeudati per questi legami ‘fraterni’ ai loro colleghi britannici, che avevano prestato giuramento nelle mani della Casa regnante dei Savoia aderendo di facciata e mai con convinzione al nuovo corso fascista. La maggior parte di questi rappresentanti ed alti quadri delle forze armate avevano alle spalle un passato liberale e conservatore che mal si prestava a compromessi con il Fascismo. E tutti, soprattutto, maldigerivano la guerra contro l’Inghilterra condotta al fianco del Terzo Reich; posizione assunta dalla Casa Savoia e da altri noti circoli dell’aristocrazia italiana e dagli ambienti industriali.

“L’11 giugno 1948 il segretario di Stato alla Marina degli Usa conferì a Maugeri la “Legion of Merit” per gli eccezionali servizi resi alle forze navali militari alleate. Gli Usa poi minimizzeranno sia sul valore della decorazione che sulla motivazione, definita standard dal tempo di George Washington. Nello stesso tempo era uscito il libro intervista in inglese che qualcuno si peritò di tradurre. A pagina 76, per esempio, si legge che la Marina italiana non aveva piani per una guerra contro l’Inghilterra. .Tutti i nostri calcoli ed il lavoro dello Stato maggiore era basato sul presupposto che in ogni futuro conflitto non avremmo mai combattuto contro la Marina britannica e quando iniziò la guerra non avevamo alcun piano di operazione contro Malta.  Altri spezzoni sono già scritti, ma il monocorde assolo di Maugeri non cambia.

Sorprendente, per esempio, il ricordo di un episodio del 17 agosto 1942: 

“Questa mattina alla riunione di Supermarina sono stato solo io a protestare, e violentemente, contro la pretesa del comando aereo tedesco di cambiare le rotte dei nostri convogli in mare. Si trattava dei convogli verso l’Africa, i cui frequenti disastri preoccupavano da tempo l’Alto comando italiano e i tedeschi che non erano tonti: appariva incomprensibile come l’avversario riuscisse a individuarne il più delle volte il percorso quasi ne fosse precedentemente informato. I sospetti di talpe annidate nella capitale tormentarono a lungo l’ammiraglio Luigi Sansonetti, sottocapo di stato maggiore della Marina, tanto da indurlo a riferire al supremo vertice militare italiano, Ugo Cavallero. Difficile però muoversi con efficacia fra i corridoi su un argomento così delicato”. (6)

Che i tedeschi non fossero ‘tonti’ e che molti, ai vertici delle forze armate italiane, stessero tradendo la guerra fascista era chiaro e risultò ancor più evidente nell’immediato dopoguerra quando vennero fuori altre rivelazioni in merito all’aiuto offerto agli alleati” anglo-americani:

“L’elenco delle spie italiane al servizio del nemico – scriverà Pietro Caporilli (7) – non si saprà mai, ma è storicamente accertato, per ammissione dello stesso avversario, che tale elenco dev’essere molto lungo e che tali spie erano annidate in tutti i settori della vita nazionale. Il Capo del Servizio Segreto Navale americano, ammiraglio Zacharias, nel suo “Secret Missions”, libro sconosciuto in Italia, scrive testualmente: “La flotta italiana fu attaccata con mezzi psicologici”.

“Era un facile bersaglio. Già si sapeva che la loro marina era fondamentalmente contraria ad una guerra a fianco della Germania contro gli alleati. Ciò era dovuto alla conoscenza che la flotta aveva della sua stessa debolezza, ed in parte alle tremende sconfitte che essa aveva sofferto all’inizio della guerra. Parte di queste sconfitte furono causate dal brillante lavoro di informazione dell’“Intelligence Service” e della Royal Navy. Alla vigilia dell’entrata in guerra l’“Intelligence Service” si era procurato in Roma varie informazioni che permisero l’affondamento di oltre 20 sommergibili italiani tra il giugno e il novembre 1940. L’attacco degli aerosiluranti nel porto di Taranto fu un altro colpo da cui la marina italiana si riebbe con difficoltà”.

Al di là della pretesa “debolezza” delle nostre forze navali – del resto lui, ammiraglio americano vincitore, poteva pure scriverlo a guerra finita – risulta chiaramente come ben lungi da questa presunta inferiorità fossero da addebitarsi i rovesci subiti esclusivamente al sabotaggio interno che, come ci confessano gli stessi americani e i loro complici britannici, iniziò ben prima delle ostilità: il nemico sapeva tutto e anticipatamente perchè c’era chi informava e tradiva! Altro che invincibilità britannica sui mari!

Continua lo stesso ammiraglio sottolineando che 

“durante la campagna in Italia la guerra psicologica fu intensificata allo scopo di causare la resa della flotta italiana intatta nelle nostre mani. I piani di questa resa furono preparati a Londra in collaborazione col “Foreign Office” che era tenuto costantemente informato della situazione. Agli inizi di giugno (del 1943 ndr) i nostri esperti furono avvisati che la caduta di Mussolini era imminente, e che dietro tale caduta si profilava la totale disfatta italiana. In questo periodo noi mantenevamo i contatti con vari elementi dissidenti dei più alti ranghi della Marina Italiana e attraverso questi preparavamo la resa della flotta. La valutazione dei nostri rapporti informativi ci convinceva che la flotta era favorevole alla resa e agli inizi di luglio noi preparammo un proclama da emanare al momento opportuno per spingere la flotta italiana a raggiungerci. Il momento giusto venne quando nella tarda estate furono aperti i negoziati segreti e paralleli con il maresciallo Badoglio, allora capo del governo italiano, ed i comandanti della resistenza italiana”. (8)

E qui si può ben parlare di aperto tradimento e di complotto ai danni del Fascismo e contro la Patria! Un complotto che non passò certamente inosservato tra i vertici delle forze armate dell’alleato tedesco che, difatti, oltre a diffidare totalmente delle ‘rassicurazioni’ del traditore Badoglio e del suo proclama del luglio precedente sulla “continuazione” del conflitto, si guardò bene dall’abbandonare le postazioni in vista del tradimento che, a Berlino e nelle alte sfere militari germaniche, era dato come scontato. L’alleato italiano si era dimostrato inaffidabile ed i tedeschi lo sapevano perfettamente che, caduto il Fascismo e incarcerato Mussolini, gli italiani avrebbero trovato un modo per svincolarsi dal conflitto e andare ad abbracciare i loro nuovi “alleati” e futuri “liberatori”.

A conferma di come fosse diventata ingestibile la guerra sul fronte africano e nel Mediterraneo fin dall’inizio ci viene incontro anche la testimonianza del generale in capo delle truppe tedesche nel nord-africa, il Gen. Rommel, il quale nei suoi diari personali scriverà: 

“estate 41. … E’ Necessario che il massimo segreto sia mantenuto sulla preparazione dell’offensiva: ho fondati motivi di ritenere che in Italia è illusione il supporre di mantenere il riserbo sui propositi più confidenziali: Comandanti e Capi parlano e chiacchierano e non conoscono riservatezza. Roma è una specie di Shangai, un bazar levantino in cui le informazioni si scambiano, si vendono, si barattano, si regalano, si inventano. D. mi ha comunicato in 24 ore, pettegolezzi banali che riguardano, fatti in Africa e riferiti, dopo poche ore, sulle rive del Tevere: del resto gli inglesi sono informatissimi, al minuto delle partenze dei convogli dai porti italiani. Si deve alla machiavellica manovra degli ammiragli ed i Comandanti delle scorte – ormai duramente provati dall’esperienza – se le perdite non sono maggiori; infatti mi riferiscono che i comandanti italiani contravvengono regolarmente agli ordini di operazioni che vengono loro comunicati, sicuri come sono di trovare subito sulla rotta stessa, appuntamenti con sommergibili ed aerei inglesi”.

14/11/42 – alla moglie (estratto): 

“Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l’atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità. Le ostilità contro di noi aumentano. Si teme, negli ambiente della Corte vi siano correnti che premono sul Re d’Italia perché prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l’autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE’, abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!” ….”Il Maresciallo Cavallero, capo del Comando Supremo italiano sarebbe stato silurato “per ordine del Re d’Italia” . “Non mi mandano rinforzi. Ma come potremo vincere questa guerra se perdiamo qui in Africa?” (9)

Proseguiamo con le testimonianze ‘scomode’:

“Dopo la guerra – prosegue Caporilli (11) – , due ufficiali del Servizio Segreto americano, hanno pubblicato, con il patrocinio morale del loro capo gen. Donovan, la storia della missione condotta da Marcello Girosi portato in volo da New York in Sicilia per consegnare al fratello un messaggio custodito nella rilegatura di un libro e che il Presidente Roosevelt aveva approvato e personalmente riveduto e corretto. Messaggio che venne regolarmente consegnato”.

Ma questo non è che un episodio. Più chiaro e più eloquente è quanto risulta dal testo della motivazione della “Silver Star” conferita a Marcello Girosi (attualmente produttore cinematografico a Roma)

“per aver contribuito a staccare il comando della flotta italiana dal Regime Fascista e per aver assicurato alla marina statunitense importanti piani che si rivelarono di enorme importanza per la flotta USA”.

Oltre al “canale vaticano” – del quale fa menzione lo stesso Caporilli – occorre sottolineare che furono i vertici dei nostri servizi i principali artefici di queste ‘veline’ che passavano indisturbati al di là della Manica prima e dell’Atlantico poi, ma che ciò fu possibile – e ampiamente auspicato e sostenuto – grazie alle connivenze di importanti esponenti e della stessa casta militare e della politica non da ultimi coloro i quali aspiravano a diventare i nuovi amministratori del paese e, tra tutti, il maresciallo Badoglio:

“Rivelazioni interessanti – scrive ancora il Caporilli (12) –, se ve ne fosse bisogno, sull’opera di Badoglio come sabotatore della Patria in armi, si possono leggere anche in un libricino dell’avv. Guido Cassinelli, “Appunti sul 25 luglio”.

E’ una fonte non sospetta giacchè si tratta di un fedele sostenitore di Badoglio al corrente di molti retroscena. Difatti il Cassinelli avverte di aver avvicinato con frequenza Badoglio nel novembre 1942 rivelando come fin da allora costui avesse tessuto la sua trama al punto che già si discuteva sui nomi di coloro che avrebbero dovuto formare il primo governo antifascista con scioglimento della Camera, epurazione della magistratura e della burocrazia, smantellamento del sindacalismo fascista e nomina di prefetti regionali. La confidenza più interessante di Badoglio e che Cassinelli annota è questa: 

“Ci sganceremo con o senza l’iniziativa della Monarchia”.

Traditore per sadica inclinazione, è chiaro che accarezzava l’idea di insediarsi lui al Quirinale, naturalmente sulle rovine della Patria. Eravamo nel novembre 1942.

(….) Lo stesso nemico ci ha fornito una preziosa testimonianza in proposito attraverso il libro di Wallace Carrol, un’alta personalità militare, intitolato “Persuade or perish” , nel quale si può leggere: 

“Primi del gennaio 1943. Sei mesi prima dell’invasione dell’Italia noi ponemmo in opera quello che speravamo sarebbe stato il piano migliore della lotta psicologica per porre l’Italia fuori della guerra. In quel mese vi erano pochi pacifisti fra gli italiani. Il più importante di questi era il Maresciallo Pietro Badoglio, l’ultimo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano. Badoglio propose di mandare un rappresentante in Cirenaica per discutere con gli alleati un piano coordinato di azione per buttar fuori Mussolini. Allora egli ed altri ufficiali avrebbero costituito un governo militare per fare la pace con gli alleati”.

Lo stesso Badoglio ammetterà candidamente questo progetto scrivendo in un libro di memorie che:

“Io avevo potuto prendere, per mezzo di persone fidate, contatto con personalità inglesi in Svizzera. Ma nessun affidamento esse avevano potuto dare, ed unico  risultato era stato di far sapere al Governo inglese che io cercavo ad ogni modo di accordarmi con lui”. (13)

Abbiamo già avuto modo di vedere dalle memorie di Rommel come in Germania ci si facesse ben poche illusioni sulla tenuta dell’alleato italiano. Erano ‘percezioni’ che investivano i tedeschi ai più alti gradi e delle quali sono riportate numerose testimonianze. Nel volume di Karl Abshagen , “Lo spionaggio nel Terzo Reich” (scritto anti-nazista di propaganda che intendeva giustificare l’operato dell’ammiraglio Canaris e dei suoi congiurati che miravano ad abbattere il Fuhrer e che prepararono e realizzarono il fallito attentato contro Hitler del 20 luglio 1944), si può leggere alcune interessanti note. Tra le altre che i congiurati e traditori d’Italia e Germania “…sapevano di essere soggetti alla vigilanza degli agenti dei rispettivi partiti politici e quindi di dover moderare il tono delle conversazioni ufficiali. Il modo di esprimersi “eclittico” di Canaris veniva ben compreso dai suoi colleghi italiani. Succedeva però talvolta – specialmente quando tutti si trovavano in compagnia ristretta od a quattr’occhi – che gli italiani si esprimessero assai chiaramente parlando di Canaris.

L’ambasciatore Von Hassel ha annotato nel suo diario un colloquio da lui avuto col giudice di tribunale Von Dohnanyi, uno degli intimi di Canaris, il quale gli aveva affermato che fin dall’autunno 1941 alcuni ufficiali italiani (probabilmente appartenenti al S.I.M.) gli avevano dichiarato che Mussolini sarebbe stato rovesciato per opera dell’esercito nel corso del prossimo inverno. (…) Se ce ne fosse bisogno, la conferma di quanto testè riferito, ce la offre lo stesso Capo del controspionaggio tedesco Schellenberg nel suo libro di “Memorie” narrando delle irrefutabili prove da lui raccolte sul tradimento di Canaris. E’ un’altra “pezza d’appoggio” utile ad illuminare meglio il lettore su questo diabolico doppio e triplo gioco. Scrive Schellenberg:

“Nel 1943 su Canaris cadde il sospetto di complicità in una grave azione di sabotaggio compiuta in Italia. Badoglio aveva iniziato i contatti con gli alleati occidentali per cessare le ostilità e il generale Amè, capo del servizio segreto italiano, d’accordo con Canaris tentata in tutti i modi di nascondere ai capi tedeschi il voltafaccia che si preparava in Italia. Tutti i rapporti che arrivavano ai nostri servizi politico e militare parlavano del mutamento imminente, ma i rapporti di Canaris al suo diretto superiore, feldmaresciallo Keitel, continuavano ad essere rassicuranti” (…) 

Nella parte che riguardava l’Italia, Schellenberg così conclude la sua narrazione:

“Nel 1941 e 1942 la mia organizzazione aveva dovuto occuparsi soprattutto di ridurre al silenzio una quantità di spie in Italia. Fino alla capitolazione dell’Afrika-Korps, avvenuta nel maggio 1943, non ci fu una sola petroliera, non una nave o un aereo da trasporto di cui gli Alleati non conoscessero l’esatta posizione. E’ un fatto provato!(14)

Posizione esatta delle nostre unità di marina, dei nostri mezzi di trasporto truppe e vettovagliamento, delle rotte delle navi da guerra, codici decrittati tranquillamente a Londra e poi passati a Washington, documenti consegnati al nemico, aperta violazione delle minime norme di segretezza e palese sabotaggio della condotta bellica furono questi i reali motivi che porteranno alla sconfitta italiana o, per esser chiari – repetita juvant – al tradimento perpetrato dagli antifascisti vertici della marina italiana.

I rovesci di Taranto, capo Matapan, l’affondamento dello Scirè e di decine di altri sommergibili (15) così come altre dolorose pagine della guerra sui mari condotta con ardimento ed eroismo dalle nostre unità si devono esclusivamente a questa vera e propria guerra alla guerra fascista ed al voltafaccia di chi – accettando la resa senza condizioni – porterà l’intera nostra flotta ad arrendersi senza colpo sparare e sottomettersi al nemico a Malta (dalle cui carceri – si narra – gli italiani arrestati dagli inglesi che aspettavano la libertà dalle armi tricolori sputeranno tutto il loro odio contro la viltà che fece tradire e l’ignominia che fece cessare di combattere). Una delle pagine più tristi e più ignobili dell’ultimo conflitto mondiale quello delle vicende della marina italiana che, sia ben chiaro, non fu la sola ad essere tradita dai voltagabbana filo-occidentali delle alte sfere militari (16)

Note da leggere …

2 – Antonino Trizzino – “Navi e Poltrone” – Ediz. “Longanesi” – Milano

3 – Antonino Trizzino – op. cit.;

4 – si veda all’indirizzo informatico: http://www.nwc.navy.mil/press/Review/2006/summer/art5-su06.htm

5 – Pietro Caporilli – “Trent’anni di vita italiana” Vol. 2 – Ediz. “Michele Nastasi” – Roma 1967;

6 – Antonio Trizzino – op. cit.;

7 – Pietro Caporilli – op. cit. ;

8 – Pietro Caporilli – op. cit. ;

9 – in particolare si veda dello storico inglese David Irving – “The Trail of fox – La pista della volpe” (1977).

11 – Pietro Caporilli – op. cit. ;

12 – Pietro Caporilli – op. cit. ;

13 – Pietro Badoglio – “L’Italia nella seconda guerra mondiale (1940-1945)” – Ediz. “Mondadori” – Milano 1982. Si consultino anche, sempre del supertraditore Badoglio, i volumi: “La via che conduce agli alleati”, Edizioni Erre, 1944 e “Rivelazioni su Fiume”, Ediz. Donatello De Luigi, Roma, 1946;

14 – Pietro Caporilli – op. cit. ;

15 – in proposito sono assolutamente da leggere i libri di Teucle Meneghini“Cento sommergibili non sono tornati” – Ediz. “Centro Editoriale Nazionale” – Roma 1980 e di Nino Arena “Bandiera di combattimento – Storia della Marina Militare Italiana” sempre edito dal Centro Editoriale Nazionale di Roma e soprattutto di Antonino Trizzino il fondamentale già citato “Navi e poltrone” – Ediz. “Longanesi” – Milano 1953 nel quale sono esaurientemente riportati i principali avvenimenti relativi al sabotaggio condotto dall’ammiragliato italiano contro la guerra fascista. Scriverà in proposito, presentandolo al pubblico, “Controstoria”:

“Il libro conobbe un successo straripante, la casa editrice Longanesi ne stampò 20 edizioni, Trizzino si concesse l’enorme soddisfazione di essere assolto in appello dall’accusa di aver vilipeso il ministero della Difesa e di aver diffamato gli ammiragli Leonardi, Pavesi e Brivonesi. E dire che Trizzino non disponeva delle prove prodotte 50 anni dopo da De Risio e Fabiani, aveva soltanto annusato l’aria e capito bene quale vento spirasse. A differenza dell’aeronautica, la marina era stata sempre permeata di sentimenti antigermanici. E di massoni era composto quasi l’intero vertice della nostra flotta. Di conseguenza sussisteva una generale propensione verso la gloriosa marina britannica. Su un simile comune sentimento pesavano poi altri fattori: 67 alti ufficiali erano sposati con donne straniere, quindi facilmente avvicinabili; due importanti ammiragli – Mario Farangola, alla guida dei sommergibili, e Vittorio Tur, titolare d’incarichi molto delicati – avevano mogli inglesi, mentre due capitani di vascello destinati a una folgorante carriera, Brivonesi e Alberto Lais, erano coniugati con un’inglese e un’americana, ma anche Carboni lo era.”

16 – A proposito del comportamento dei vertici dell’Aeronautica italiana alcuni anni più tardi, sempre sulla stessa lunghezza d’onda, sarebbe stato Giuseppe D’Avanzo a fornire nel suo “Ali e poltrone” – Ediz. “Ciarrapico” – Roma 1976; uno spaccato del tradimento perpetrato contro la “guerra fascista” nei cieli.

da: unmondoimpossibile.blogspot.com