PERCHE’ HITLER “INVASE” LA POLONIA

IL GENOCIDIO TRA I PIU’ OCCULTATI DEL 900

Perché mai Adolf Hitler avrebbe dovuto rischiare una guerra contro le maggiori potenze militari dell’era moderna – Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica – per impadronirsi di un pezzo di Polonia? Gli storici che vanno per la maggiore dicono che i suoi motivi erano psicopatici, ovvero che Hitler era un pazzo incline alla guerra.

Ma questi “storici da cortile” lasciano inspiegato un pezzo di storia: non è forse possibile che la inesplicabile decisione di Hitler di attaccare la Polonia fosse basata su motivi morali? Poteva un uomo come lui stare fermo mentre i suoi  concittadini in Polonia venivano assassinati: più di 59.000 nel solo 1939?

L’anno scorso, il 71° anniversario del Blitzkrieg della  Germania nel 1939 ha fornito l’opportunità agli storici che vanno per la maggiore di dipingere ancora una volta la Polonia come vittima innocente dell’aggressione Nazista. L’indiscusso paradigma è il fondamento più importante della Seconda Guerra Mondiale come viene insegnato e pubblicamente presentato a tre generazioni, perché su di esso hanno costruito la piena responsabilità di Adolf Hitler per quel conflitto durante gli ultimi sette decenni. Secondo la storia convenzionale, egli odiava i Polacchi e voleva distruggerli come primo passo sulla strada della conquista del mondo. Tuttavia, questa caratterizzazione dell’uomo non regge con le sue reali dichiarazioni ed azioni. Il suo successo iniziale nella diplomazia internazionale fu la firma di un patto di non-aggressione con la Polonia nel 1934.

Le relazioni fra la Polonia e la Germania erano tese  molto prima che i Nazionalsocialisti prendessero il potere l’anno precedente. Scontri di frontiera testimoniavano che ciascuno disputava territori all’altro e costavano innocenti vite umane ad entrambi i contendenti dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino agli anni Venti. Il Patto di non-aggressione condusse alla fine di queste violente dispute, in gran parte grazie al rispetto del Führer per Jozef Klemens Pilsudski.

Il Capo di Stato polacco era un ardente anticomunista, che aveva costruito una forza armata veramente formidabile con armi moderne ed una buona organizzazione allo scopo di potere eventualmente fronteggiare una resa dei conti con l’Unione Sovietica, desiderio segreto di Hermann Göring, che agiva come il più vicino emissario di Hitler e lo confidò a Pilsudski nel Marzo 1935.

Due mesi più tardi, il Maresciallo polacco moriva di cancro al fegato, e Göring, tornato a Berlino, chiese al Reichstag un momento di silenzio in onore del Maresciallo. Hitler disse in quella occasione: “Riconosciamo con comprensione e sentita amicizia di veri Nazionalisti lo Stato Polacco come la Patria di un grande Popolo cosciente della sua nazionalità”.

Ancora confidando su relazioni più strette come precondizione per una eventuale alleanza contro l’URSS, Hitler concluse a Giugno con la Polonia un accordo commerciale eccezionalmente favorevole.

Secondo lo storico Richard M. Watt, “questo Trattato era estremamente importante per la Polonia, in quanto la Germania era di gran lunga il più importante sbocco commerciale polacco. In passato, la Germania aveva causato considerevoli danni economici all’economia polacca, stabilendo cambi arbitrari sulle tariffe e quote di importazione dalla Polonia. Questo nuovo accordo dava alla Polonia lo status di Nazione più favorita, ed appianava numerose dispute economiche fra i due Stati”.

Come primo passo verso la collaborazione militare, Polacchi e Tedeschi formarono equipaggi volontari di volo, rispettivamente, Wojska Lotnicze i Obrony Powietrznej (l’Aviazione  Polacca) e la Luftwaffe per azioni di combattimento a fianco dei Nazionalisti Spagnoli di Franco dal 1936 al 1939.

Il 4 Gennaio di quell’anno fatale, il 1939, Hitler disse a Josef Beck, durante la visita del Ministro degli Esteri polacco a Berchtesgaden: “La Germania sarebbe estremamente interessata alla continuazione dell’esistenza di un forte Stato Nazionalista polacco, a causa di qualcosa che potrebbe accadere in Russia. A parte questo, l’esistenza di un forte esercito polacco alleggerisce considerevolmente il peso della Germania. Le divisioni che la Polonia mantiene sul confine con la Russia risparmiano questo onere alla Germania”.

Molto più tardi, dopo la capitolazione di Varsavia nell’Ottobre 1939, il Führer ancora sosteneva una Polonia indipendente, proposta respinta con decisione da Stalin, le cui forze occupavano circa la metà del Paese.

Durante le ore di tensione che precedettero lo scoppio della guerra, tre settimane dopo avere conferito con Beck, Hitler annunciò al Reichstag: “L’anno scorso abbiamo visto l’amicizia fra Germania e Polonia alla prova come garanzia di pace nella vita politica europea. Al momento, non vi sono quasi differenze di opinioni fra i nostri amichevoli Paesi sull’importanza di questo strumento (il Patto di non-aggressione Germano-Polacco del 1934).

Ma quando il quinto anniversario del Patto fu celebrato a Varsavia, la delegazione tedesca si trovò di fronte ad una fredda formalità. L’atteggiamento amabile polacco era stato modificato dalle macchinazioni nascoste  del portavoce personale in Europa del Presidente statunitense Roosevelt: William Christian Bullit jr. – Primo ambasciatore statunitense a Mosca – istigò i dirigenti polacchi ad interrompere i contatti con Hitler ed a provocarlo sulla Città libera di Danzica.

Se fosse scoppiata la guerra, Francia ed Inghilterra, abbondantemente rifornite dagli Stati Uniti, avrebbero invaso l’Europa dall’Ovest, permettendo così ai Polacchi di occupare la Germania Orientale fino a Berlino. Così i dirigenti polacchi abbandonarono le loro precedenti posizioni pacifiche con il Reich per le assicurazioni non vincolanti di un diplomatico straniero.

Ignaro delle manovre segrete di Bullit, Hitler fu disorientato ed allarmato dalla inesplicabile ostilità dei Polacchi. Essa era espressa per prima cosa dalla politica del Governo polacco, e quindi dal sistema educativo polacco, e soffiata nell’isteria popolare dalla stampa nazionale. “La Germania deve essere distrutta!”, proclamava il principale giornale polacco, Kurier Polski, su titoli a tutta pagina mentre i negoziati con Hitler erano ancora in corso durante l’estate del 1939.

Nello stesso tempo, il Comandante Supremo delle Forze Armate polacche, Edward Rydzmigly,  dichiarava: “La Polonia vuole la guerra con la Germania, e la Germania non potrà evitarla, anche se lo vuole”. Secondo Hans Schadewalt, investigatore capo della libreria tedesca di informazioni: “La campagna intensificata di propaganda antitedesca ebbe una crescente influenza sull’opinione pubblica polacca, ed incitava il paese contro la Germania e la minoranza tedesca in Polonia”.

Le condizioni di isteria raggiunsero il loro apice in Agosto. “Per settimane si sono avuti disordini in Polonia”, ricordava il Capitano di U-Boot, Werner Hartmann: “I giornali e i cabaret sbeffeggiavano il Popolo Tedesco”. Cittadini tedeschi venivano accusati senza motivo ed arrestati. Tedeschi etnici venivano linciati. Il generale Ironside (capo dello Stato Maggiore Imperiale britannico) ispezionò l’esercito polacco. Palloni gonfiati megalomani militari parlavano della battaglia di Tempelhof (Berlino) e di confine sull’Elba”.

Danzica veniva sistematicamente isolata e Gdingen – una formazione schizofrenica di blocchi di calcestruzzo incompleti e steccati di legno lungo il mare – era indicata come destinata a divenire il grande Porto dell’Europa Orientale. Ogni giorno, titoloni sui giornali riportavano nuovi preoccupanti eccessi di questo crescente sciovinismo. Un giorno, proclamarono che “La flotta polacca avrebbe fatto salami di quella tedesca, e le onde sarebbero diventate rosse di sangue fino alle bianche scogliere di Ruegen”.

Il Capitano Hartmann descrive accuratamente la situazione immediatamente prebellica, ma egli decisamente sdrammatizza. In realtà, l’agonia inflitta alla minoranza etnica tedesca in Polonia di 1.400.000 residenti, molti dei quali bloccati dietro il confine polacco fin da quando era entrato in vigore il Trattato di Versailles, fu di tale ampiezza da rivaleggiare con i racconti più crudi sull’”olocausto”.

Questi fatti sono sconosciuti dal mondo esterno, o cinicamente scartati come fantasie della  propaganda Nazista. Le loro sofferenze sono nondimeno state documentate in modo convincente.

Un rapporto ufficiale tedesco emesso nel 1940 fu, di fatto, scartato dal mondo esterno come nient’altro che propaganda di atrocità per giustificare l’attacco di Hitler alla Polonia.

Comunque, gli scettici occidentali hanno omesso di dire che osservatori legali e medici degli Stati Uniti parteciparono alle indagini sui crimini di guerra e verificarono i loro ritrovamenti, come fecero pure patologi legali della Croce Rossa Internazionale.

Inoltre, le organizzazioni tedesche che intrapresero queste indagini appartenevano alla Polizia e ad amministrazioni civili, non al Partito Nazionalsocialista, né alla Wehrmacht, ed i risultati furono pubblicati dalla libreria tedesca di informazioni, non dal Ministero della Propaganda.

Il rapporto fu attentamente esaminato dopo la guerra da ricercatori antitedeschi intenti a smascherarlo come propaganda.

Me nel 1954, lo storico comunista tedesco Theodor Bierschenk dichiarò, dopo uno studio di quattro anni intitolato “Atti di atrocità polacca contro la minoranza tedesca in Polonia”, che le accuse erano basate esclusivamente su dati di fatto.

Il suo giudizio fu sfidato da Otto Heike, un giornalista socialdemocratico occidentale tedesco, che poi fu costretto ad ammettere che le conclusioni di Bierschenk erano esatte….

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Da allora, il rapporto del 1940 è stato del pari verificato dai ricercatori di poche università che si sono presi la briga di esaminarlo per trovarne le prove.

Davanti a tutti sta lo storico e legale americano Alfred Maurice de Zayas, attualmente professore di diritto internazionale nella Scuola di Ginevra “School of Diplomacy and International Relations”, già legale emerito dell’ufficio delle Nazioni Unite “High Commissioner for Human Rights”.

De Zayas si profonde in importanti particolari sull’argomento nel suo libro “The Wehrmacht War Crimes Beareau 1939-1945”. Egli è stato coadiuvato dal rinomato e meticoloso storico americano David  Leslie Hoggan.

Hoggan nota che i documenti “Atti di atrocità polacche contro la minoranza tedesca in Polonia” sono redatti in maniera assolutamente credibile e professionale, come illustrato dai seguenti persuasivi estratti: “Fino al 17 Novembre 1939, data di chiusura delle prove documentarie, 5.437 omicidi commessi da membri delle Forze Armate polacche e da civili su uomini, donne e bambini della minoranza tedesca sono già stati provati in modo irrefutabile. Fu evidente anche che i numeri reali di omicidi di gran lunga superarono questa cifra, e fino al primo Febbraio 1940, il numero totale di corpi identificati della minoranza tedesca è salito a 12.857”.

Indagini ufficiali espletate fin dallo scoppio della guerra germano-polacca  hanno mostrato che a questi 12.857 bisogna aggiungere più di 45.0000 persone mancanti, le quali debbono essere contate tra i morti dal momento che non è stato possibile trovare traccia di esse.

Quindi, le vittime appartenenti alla minoranza tedesca in Polonia già totalizzano 58.000, ed neanche questa orrenda cifra in alcun modo raggiunge le perdite effettivamente sostenute dai tedeschi. Questi omicidi furono intenzionali, e per la maggior parte compiuti da soldati polacchi, poliziotti e gendarmi, ma anche da civili armati, studenti e apprendisti. Chiese protestanti e parrocchie furono distrutte e incendiate a Bromberg-Schwedenhoehe, a Kopfergarten vicino Bromberg, a Gr. Leistenau vicino Graudenz, a Kl Katz nei pressi di Gotenhafen.

Il numero di vicariati svaligiati e rapinati non è stato quantificato. Nella chiesa parrocchiale di Bromberg e nella chiesa di San Pietro a Posen, gli altari furono profanati e le luci distrutte, bibbie e tovaglie d’altare strappate come stracci.

Il più anziano assassinato fu l’86enne Peter Rierast di Ciechocinek, e la vittima più giovane la bimba di due mesi e mezzo Gisela Rosenau di Lochowo, che morì di fame sul seno della mamma assassinata.

Inizialmente furono uccisi soprattutto maschi in età da militare dai 16 ai 25 anni, più tardi però anche donne e ragazze non furono risparmiate e per settimane  dopo questi sordidi eventi, gli annunci di morte sulla “Deutsche Rundschau” a Bromberg, come sulla “Posener Tageblatt”, davano un orrendo quadro di come uomini, donne, anziani, invalidi e bambini fossero assassinati per mano dei polacchi, e di come gran parte di essi, mutilata, fosse stata rapinata.

Il tipo di ferite (colpi d’arma da fuoco alla nuca, pugnalate nelle cavità orbitali, schiacciamento del cranio con il calcio dei fucili con fuoriuscita di materia cerebrale, colpi d’arma da fuoco sparati a bruciapelo) è stranamente simile in tutte le diverse località dove avvennero gli omicidi. Il numero degli assassinati e degli scomparsi accertato dall’ufficio centrale per la scoperta e l’internamento della minoranza tedesca istituito dal Capo dell’Amministrazione Civile a Posen ha dovuto aggiornare in aumento le cifre.

Non solo molti più tedeschi uccisi nei dintorni di Posen ed entro il raggio di Bromberg nella “Domenica di sangue”, ma anche la Slesia e la Polonia Centrale hanno scoperto tali ecatombe di vittime; secondo le ultime cifre disponibili il primo Febbraio 1940, il numero degli uccisi o scamparsi della minoranza tedesca ammonta certamente a 58.000, di cui 12.857 sono stati identificati. Il picco della persecuzione ebbe luogo fra il 31 Agosto ed il 6 Settembre 1939. Le vittime erano generalmente legate insieme, portate fuori e massacrate in luoghi isolati, in numeri varianti da 39, 48, 53 fino a 104 alla volta. La fossa comune più grande fu rinvenuta a Tarnowa, a nord di Turek, il 14 Agosto 1939: conteneva 104 corpi che erano stati portati via in colonna da Schroda e quindi uccisi.

Una fossa comune di 40 tedeschi di Thorn vicino ad Alexandrowo e dintorni conteneva corpi talmente mutilati che solo tre poterono essere identificati. In quasi tutti i casi sono stati riscontrati orribili mutilazioni.

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Verso la fine dell’Agosto 1939, persino inglesi e francesi spingevano gli statisti di Varsavia a negoziare con Hitler, ma essi furono irremovibili, confidando nelle assicurazioni dell’emissario statunitense.

Nello stesso tempo, Hitler cercò di scongiurare un confronto militare, chiedendo il rinnovo di colloqui diretti col Ministro degli Esteri polacco. Hitler informò Sir Neville Henderson, l’ambasciatore britannico, dichiarando: “In queste circostanze il Governo tedesco è d’accordo nell’accettare l’offerta inglese di mediazione, nell’assicurare il viaggio a Berlino di un emissario polacco con pieni poteri. Contiamo sull’arrivo del plenipotenziario per mercoledì 30 Agosto”.

Josef  Beck rispose con i fatti, non con le parole, quando lui ed il suo collega diplomatico, conte Edward Raczynski, si unirono al Ministro degli Esteri inglese, lord Halifax, nel firmare un Patto di mutua assistenza, che garantiva l’intervento armato della Gran Bretagna qualora la Polonia fosse stata attaccata da “qualsiasi nemico” (la Germania era citata soltanto in un protocollo segreto non pubblicato fino a dopo la guerra). Da quel momento la Polonia mobilitava l’esercito.

Hitler ricordava in seguito: “Non più tardi di tre giorni prima dello scoppio della guerra germano-polacca, ho proposto all’ambasciatore inglese a Berlino una soluzione del problema germano-polacco simile a quella della Saar, sotto controllo internazionale. Questa offerta non si poteva liquidare. Essa invece fu respinta perché i circoli responsabili della politica inglese volevano la guerra: un po’ perché si aspettavano vantaggi in affari e un po’ per l’influenza della propaganda internazionale ebraica”.

Come furono costretti ad ammettere gli estensori della “Marshall Cavendish Illustrated Encyclopedia of World War Two”, “l’invasione tedesca della Polonia fu lanciata quando l’ambasciatore polacco a Berlino si rifiutò di prendere in considerazione la proposta di Hitler per una soluzione pacifica del problema di Danzica e del Corridoio”. Ma la Polonia fu attaccata soprattutto per l’intollerabile maltrattamento della popolazione tedesca. Nessun Capo politico sulla Terra avrebbe mai potuto permettere che i suoi concittadini potessero essere perseguitati e uccisi appena al di là del confine, in un Paese vicino. Pertanto la prima Blitzkrieg fu lanciata come soccorso per salvare dallo sterminio ciò che restava della popolazione della minoranza tedesca.

Questo “casus belli” della Seconda Guerra Mondiale non è rappresentato nei cinema al pubblico, né insegnato nelle scuole come retroscena delle ostilità, e nemmeno citato da storici che vanno per la maggiore nelle loro versioni degli eventi. Farlo significherebbe invalidare i lori paradigmi secondo i quali la Polonia non sarebbe stata altro che la vittima innocente della smania di Hitler per la conquista. Inoltre, la conoscenza delle sofferenze della popolazione tedesca nella Polonia prima della guerra minaccerebbe di sminuire le “alte ragioni morali” invocate per l’”olocausto”.