L’EPOPEA DELLE WAFFEN-SS EUROPEE
IL MOVIMENTO VOLONTARIO EUROPEO NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
di Richard Landwehr
Si definivano la “generazione d’assalto” ed erano nati in gran parte negli anni durante e dopo la prima guerra mondiale. Provenienti da ogni nazione d’Europa, si erano ribellati contro l’idra gemella del comunismo e del grande capitalismo e si erano uniti sotto un’unica bandiera per una causa comune. Un milione di loro si arruolò nell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale, quasi la metà con le Waffen-SS. Ed è stato nelle Waffen-SS , la forza combattente d’élite della Germania, che l’idea di un’Europa unita e anticomunista si è sviluppata pienamente.
Fu anche nelle Waffen-SS che emerse una nuova società tra i “combattenti in prima linea” di trenta diverse nazioni. Era una società che si era forgiata nel sacrificio, nel sudore e nel sangue del campo di battaglia e che propagava il concetto di “una nuova razza”, la razza europea, in cui la lingua e le differenze nazionali contavano poco, mentre la cultura di ogni nazione era data per scontata come patrimonio comune. Molti paesi hanno inviato più volontari nelle Waffen-SS di quanti ne potessero raccogliere per i propri eserciti nazionali, quindi stava accadendo qualcosa di veramente fenomenale.
La stessa Waffen-SS era qualcosa di insolitamente speciale. Aveva iniziato come una piccola guardia del corpo personale di Adolf Hitler, ma si era gradualmente espansa in una forza militare su vasta scala sotto la guida di un numero di ex ufficiali dell’esercito scontenti, che vedevano le Waffen-SS come un’opportunità per evadere dallo stampo conservatore in cui si era impantanato l’esercito tedesco.
Le Waffen-SS furono progettate fin dall’inizio per essere una forza d’assalto altamente mobile i cui soldati erano esperti nell’arte di maneggiare armi moderne da combattimento ravvicinato. Il regime di addestramento somigliava quindi a quello dato ai commando speciali in altri paesi, ma precedeva di quasi un decennio l’addestramento dei commando statunitensi e britannici.
I soldati delle Waffen-SS furono anche i primi a utilizzare la tenuta da combattimento mimetica, che sarebbe poi diventata così comune. Ma in un campo, quello dell’organizzazione interna del personale, le Waffen-SS non sono state ancora uguagliate e tanto meno superate. Le Waffen-SS erano probabilmente la forza armata più “democratica” dei tempi moderni. La rigida formalità e la struttura di classe tra ufficiali e altri ranghi erano severamente vietate. Un ufficiale divenne tale solo perché si era dimostrato un soldato migliore degli altri commilitoni, non a causa di un rango sociale, legami familiari o istruzione accademica superiore. Nell’ambito sportivo, uno degli ingranaggi vitali delle Waffen-SS, nei programmi di addestramento ufficiali e soldati gareggiavano alla pari in un’atmosfera che incoraggiava il lavoro di squadra, il rispetto e la fiducia reciproci. I volontari non tedeschi di qualsiasi nazionalità non erano considerati inferiori; venivano giudicati in base alle loro capacità e prestazioni militari.
L’idea di reclutare attivamente cittadini stranieri nelle Waffen-SS venne poco dopo l’esito della campagna di Polonia del 1939, quando si stavano formando e ampliando le unità delle SS e si notò che un gran numero di uomini (di solito di origine tedesca), provenienti da paesi stranieri, si offrivano volontari per il servizio. Il fatto che il reclutamento tra i tedeschi nelle Waffen-SS era limitato dalla Wehrmacht, rendeva questi “volontari fuori paese” ancora più desiderabili. Poiché l’Europa occidentale conteneva molti simpatizzanti e ammiratori della Germania e del suo governo nazionalsocialista, le SS decisero di creare tre nuovi reggimenti (“Nordland”, ” Westland” e “Nordwest”) per i volontari olandesi fiamminghi, danesi e norvegesi nella primavera del 1940. A quel tempo c’era ben poco da seguire per un ideale paneuropeo coeso, ma migliaia di reclute si presentarono comunque, principalmente per disgusto verso i comportamenti dei rispettivi governi socialisti/pacifisti.
Per molti c’era un ulteriore incentivo. In Belgio, Olanda e Francia decine di personaggi politici populisti e di destra erano stati arrestati, incarcerati, picchiati e fucilati. Il singolo incidente più famoso si è verificato ad Abbeville, in Francia, nel maggio 1940, quando la polizia francese ha messo in fila 22 leader di spicco della destra belga e li ha giustiziati in un parco pubblico poco prima dell’arrivo dei tedeschi. Fu certamente un “crimine di guerra” – uno dei primi infatti ad essere commesso e documentato nella seconda guerra mondiale – ma provate a trovarlo in un libro di testo di storia! Gli storici dell’establishment hanno evitato qualsiasi discussione su questo evento. In seguito a questo massacro, molti dei seguaci delle vittime accorsero per unirsi ai nuovi reggimenti di volontari delle Waffen-SS.
La guerra con l’Unione Sovietica, iniziata nel giugno 1941, diede una ulteriore spinta allo sforzo di attrarre volontari europei in quello che può essere chiamato “Il movimento legionario”.
Il Movimento Legionario
Il “Movimento legionario” è stato un tentativo di attrarre personale militare qualificato da vari paesi che altrimenti non avrebbe preso in considerazione l’impegno con le forze armate tedesche, facendo appello al loro orgoglio nazionale e alle convinzioni anticomuniste. Le Waffen-SS si assumevano il compito di formare legioni dai paesi “germanici”, mentre alla Wehrmacht, l’esercito tedesco vero e proprio, veniva affidata la responsabilità delle legioni latine e slave. Le legioni nazionali si sono rivelate un successo, ma per una serie di ragioni – principalmente “efficienza dei costi”, ridondanza con elementi Waffen-SS e fattore di dimensione – non valeva la pena perpetuarle nello stesso formato.
Le principali legioni dell’Europa occidentale erano le seguenti:
Volunteer Legion Norwegen: questo era un battaglione rinforzato di 1150 uomini che prestò servizio distinguendosi sul fronte di Leningrado e intorno al lago Ilmen. In seguito servì come nucleo del 23° Reggimento SS “Norge”. Sul fronte interno è stato sostenuto da numerose personalità politiche e celebrità tra cui la famosa cantante lirica Kirsten Flagstad e lo scrittore, vincitore del premio Nobel, Knut Hamsun. Hamsun era un membro onorario della Legione e in realtà ne indossava l’uniforme. Suo figlio prestò servizio nella Legione e nelle Waffen-SS e fu decorato con la Croce di ferro di seconda classe.
Volunteer Legion Flandern: inizialmente era un battaglione di 900 uomini, successivamente aumentato a 1116 uomini che prestarono servizio intorno al lago Ilmen inquadrati nella 2a brigata SS e, a volte, con la 4a divisione di polizia delle SS e la “Division Azul” spagnola. Si comportò magnificamente, ottenendo la menzione nei bollettini di guerra della Wehrmacht, tra gli altri riconoscimenti. Il suo momento di massima gloria arrivò nel marzo 1943 quando riconquistò, con un audace contrattacco, un settore di prima linea occupato da un reggimento sovietico e mantenne la posizione per una settimana contro ogni previsione. Alla fine dello scontro la “Legion Flandern” era stata ridotta a una forza totale di 45 uomini! Un numero uguale di fiamminghi prestò servizio con la 5a divisione SS “Wiking” e il reggimento volontari “Nordwest”. Alla fine questi contingenti furono fusi e con l’apporto di nuove reclute formarono la Brigata d’Assalto “Langemarck”.
Volunteer Legion Niederlande: era un reggimento di 2600 uomini, componente della 2a Brigata SS sul fronte di Leningrado e si guadagnò rapidamente una reputazione di valore e successo. Nel giugno 1942, i legionari riuscirono a catturare il comandante dell’11a armata sovietica e 3500 dei suoi soldati. Lo Sturmann Gerardus Mooyman, divenne il primo volontario dell’Europa occidentale a ricevere la decorazione della Croce di Cavaliere dopo aver distrutto da solo 14 carri armati sovietici in un solo giorno nel febbraio 1943. La Legione in seguito costituì la base per la brigata (poi divisione) “Nederland”.
Freikorps Danmark: questo era un battaglione rinforzato di 1164 uomini che prestò servizio distinguendosi particolarmente nella sacca di Demyansk insieme alla 3a divisione SS “Totenkopf”. Per un certo periodo è stato comandato dallo spavaldo Christian Frederick von Schalburg, un conte ucraino-danese poi caduto in combattimento. Il “Freikorps” fu autorizzato e pienamente sostenuto dal governo della Danimarca. Dopo la guerra, i membri del “Freikorps Danmark” furono perseguiti come “traditori” e il governo danese si sottrasse alle sue responsabilità affermando che i volontari avrebbero dovuto sapere che il governo stava semplicemente “agendo sotto costrizione” quando istituì i “Freikorps” e firmò il patto Anti-Comintern. In seguito i “Freikorps” costituirono il nucleo del 24° Reggimento SS”.
Battaglione volontari finlandesi delle Waffen–SS: questa era un’unità di 1000 uomini che serviva come componente del reggimento “Nordland” della divisione SS “Wiking”. Il suo momento di gloria arrivò nell’ottobre 1942, quando i finlandesi riuscirono ad impadronirsi della collina 711 vicino a Malgobek, nel Caucaso meridionale. con un audace assalto frontale. Altre unità avevano ripetutamente tentato di fare la stessa cosa ma avevano fallito. I finlandesi prestarono servizio nelle Waffen-SS col consenso del loro governo, che nel giugno 1943 ritenne che sarebbe stato preferibile trasferire il battaglione dalle Waffen-SS all’esercito finlandese.
Le principali legioni della Wehrmacht erano le seguenti:
La legione volontaria francese contro il comunismo: ha servito come 638° reggimento con la 7a divisione di fanteria tedesca, ha partecipato alla campagna su Mosca e ha combattuto valorosamente ogni volta che è stata impiegata. Fu poi in gran parte trasferita nelle Waffen-SS nel 1944.
Legion Wallonie: era organizzata come battaglione di fanteria da montagna. Era formata dai belgi francofoni (valloni) e fu rilevata dalla Wehrmacht alla fine del 1941 per non offendere i fiamminghi “germanici” che già prestavano servizio nelle Waffen-SS. Ha combattuto eccezionalmente bene nella campagna attraverso le montagne del Caucaso a fianco della divisione SS “Wiking”. Conteneva molti ex ufficiali dell’esercito belga e il famoso capo politico Leon Degrelle, che brillava per l’eroismo con cui sfidava la morte. Fu infine ritrasferita nelle Waffen-SS nel giugno 1943 su richiesta di Degrelle e fu riformata come brigata d’assalto.
Legione croata: questa costituiva un reggimento che combatté con notevole valore nella parte meridionale del fronte orientale e fu totalmente annientato a Stalingrado. Successivamente fu ampiamente rimpiazzato da tre divisioni.
Legione spagnola: costituiva la 250a divisione di fanteria Division Azul, che combatté con incredibile eroismo sul fronte del lago Ilmen. Dopo essere stata ritirata dal fronte orientale nell’agosto 1943 da Franco, i sopravvissuti confluirono in una legione SS spagnola che combatté fino alla fine della guerra.
Per Sørensen: Ritratto di un eroe legionario
Il 27enne tenente dell’esercito danese Per Sørensen (ex aiutante del battaglione di Viborg) era il modello ideale di ciò che i tedeschi cercavano quando lanciarono il movimento legionario. Il 1° luglio 1941, Sørensen si offrì volontario per il servizio presso i “Freikorps Danmark”, motivato da sentimenti anticomunisti e da una vaga sorta di propensione nazionalsocialista. Nei mesi autunnali frequentò la Scuola Ufficiali delle Waffen-SS a Bad Tölz e nella primavera del 1942 rientrò nei “Freikorps” come comandante della 1ª Compagnia.
Durante i mesi estivi guidò la sua compagnia nei duri combattimenti avanti e indietro che infuriavano nel corridoio di soccorso alla sacca di Demyansk. Dopo diversi scontri, la Compagnia era stata ridotta da oltre 200 uomini a soli 40. Dovevano tenere un lungo tratto di fronte contro forti forze comuniste. Nel pomeriggio del 16 luglio 1942, Sørensen telefonò al quartier generale di “Freikorp” dicendo che non sapeva se le sue truppe sarebbero riuscite a sopravvivere a un altro forte attacco, ma sarebbero rimaste in posizione qualunque cosa accadesse. Quella notte un battaglione di fanteria dell’Armata Rossa attaccò con il supporto dei carri armati. I comunisti giunsero presto nelle trincee della 1a compagnia. Dal tramonto a mezzanotte infuriarono i combattimenti corpo a corpo per il possesso delle posizioni. Poi all’improvviso tutto finì con i russi morti o respinti. Grazie al comando di Sørensen, la compagnia aveva tenuto.
Negli anni a venire, nella Russia Bianca o in Estonia, in Lettonia o in Pomerania, le truppe sotto il comando di Sørensen avrebbero sempre svolto il loro compito. Prima di ogni azione, il danese, alto e snello, effettuava una ricognizione personale del terreno e durante i combattimenti era sempre nei punti più caldi con un fucile mitragliatore che gli pendeva dal collo.
Secondo i suoi soldati, Sørensen aveva la strana abitudine di attirare il nemico. Avevano diffuso la frase: “Dovunque sia Sørensen, verranno i russi!” E di solito avevano ragione. Per la sua infinita premura e pazienza, ricevette dai suoi uomini il soprannome di “På Sørensen”. Ogni volta Sørensen ha mostrato le qualità speciali proprie di un capo.
Nel gennaio 1944 prese il controllo di un battaglione intrappolato vicino a Vitino, nel nord della Russia, e lo condusse letteralmente in salvo rimanendo alla testa della colonna durante il viaggio attraverso fitte foreste ricoperte di neve.
Dopo aver comandato battaglioni e gruppi tattici, Sørensen ricevette il comando del 24° reggimento SS “Danmark”, appena a est di Berlino nell’aprile 1945. Alla fine, il reggimento fu ridotto a cercare di difendere una stazione di tram nel cuore di Berlino. Mentre si arrampicava su un palo del telefono per cercare di esaminare il terreno, lo Sturmbannführer (Maggiore) Sørensen fu colpito da un cecchino nemico. Il giorno successivo, nel mezzo della disperata, ultima battaglia per la capitale tedesca, Sørensen ricevette un funerale militare nel cimitero di Plötzensee da tedeschi e danesi della divisione “Nordland”.
Con i proiettili che esplodevano tutt’intorno, il corpo di Sørensen fu portato al cimitero su un veicolo corazzato. Sopra la tomba aperta, lo Sturmscharführer (Sergente) Hermann pronunciò un breve elogio:
“Siamo qui accanto alla tomba per congedarci da un coraggioso camerata danese, il primo ufficiale e comandante del reggimento “Danmark”: Per Sørensen! Devo, anche in quest’ora, a nome del mio popolo ringraziare te e i tuoi numerosi compagni danesi che ci sono stati così lealmente accanto. Vorrei esprimere dal profondo del mio cuore: possiate trovare finalmente la pace nella nostra sanguinante città!”
Mentre Hermann parlava, la bara (costruita con casse di munizioni dai genieri della “Nordland”) fu calata nella fossa. Due degli ufficiali danesi presenti faticarono a contenere le proprie emozioni. Hermann comandò un ultimo saluto e la guardia d’onore di otto uomini sparò tre salve accanto alla tomba. Un’ausiliaria lanciò dei fiori nella tomba e ciascuno dei soldati danesi e tedeschi presenti passò accanto gettando una manciata di terra. Mentre la grande città tremava sotto il rombo del fuoco dell’artiglieria e grandi nuvole di fumo oscuravano il cielo, le ossessionanti melodie di “Ich hatt’einen Kameraden” echeggiavano sulla tomba di Sørensen quando il funerale giungeva alla conclusione. Il simbolismo tragico era completo e appropriato: nel cuore stesso dell’Europa, nel suo ultimo campo di battaglia, era morto un rappresentante prototipico del Movimento volontario europeo.
Il Movimento legionario europeo prende forma
Nel 1943, il Movimento volontario europeo, che si era sviluppato individualmente nelle Legioni e nelle Waffen-SS, fu finalmente amalgamato e consacrato nelle file delle Waffen-SS. La cittadella spirituale del “Movimento” divenne ora la Scuola Ufficiali SS di Bad Tölz in Baviera, che nel 1943 istituì la sua prima “classe” (o “ispezione”) esclusivamente per i Volontari dell’Europa Occidentale. In precedenza i volontari non avevano ricevuto alcun trattamento specialistico ma erano trattati come tedeschi. Da allora tutto ciò cambiò e un senso di unità europea, nel rispetto di tutte le nazionalità e culture, fu apertamente manifestato nei due anni successivi.
Bad Tölz era considerata la migliore scuola di addestramento per ufficiali durante la seconda guerra mondiale e, oltre a un programma di addestramento completo che prevedeva l’uso di proiettili veri nella maggior parte delle esercitazioni sul campo, offriva opportunità atletiche, culturali ed educative a 360 gradi. Le grandi compagnie liriche, musicali e teatrali dell’Europa centrale vi facevano frequenti visite, mentre le strutture sportive erano insuperate in Europa. Dodici diversi allenatori, ognuno campione olimpico o mondiale nella sua specialità, hanno supervisionato un vasto programma sportivo che includeva anche il golf e il tennis. Nell’arena accademica, la libertà di parola non era solo consentita ma incoraggiata e gli scritti di personaggi assolutamente diversi, come Marx, Hitler, Jefferson e Churchill erano apertamente discussi e dibattuti.
Ciò che Bad Tölz ha prodotto è stato letteralmente un “uomo del Rinascimento”, che era anche un ufficiale militare di primordine. All’inizio del 1945, gli istruttori e gli allievi furono mobilitati nella 38a divisione SS “Nibelungen”, appena costituita, e si realizzò una delle grandi innovazioni verificatesi nel corso della guerra: una divisione prevalentemente tedesca era comandata da europei non tedeschi (i cadetti ufficiali) invece del contrario.
Una volta in azione contro gli americani nella Baviera meridionale, scandinavi, abitanti delle pianure e francesi si trovarono a fronteggiare un nemico che pensavano potesse esistere solo sul fronte orientale. Come tutte le unità Waffen-SS che combatterono in occidente nel 1945, i “Nibelunghi” furono presto vittime di numerosi “crimini di guerra”. I soldati di intere compagnie e battaglioni furono bastonati e fucilati dopo essere stati fatti prigionieri dagli Stati Uniti. Ad oggi questa macabra storia è stata rivelata solo a frammenti e, naturalmente, è stata ampiamente soppressa dalla parte alleata. Tuttavia, è interessante notare che alcuni ex membri delle Waffen-SS ritengono probabile che, dei loro camerati, durante la prigionia americana ne siano stati uccisi molti di più di quelli caduti sul campo di battaglia!
1944-1945: un esercito europeo in guerra
L’anno 1944 si aprì con la brigata d’assalto della SS fiamminga “Langemarck” che combatteva una feroce battaglia di retroguardia vicino a Zhitomir, nel sud dell’Ucraina. Contemporaneamente la divisione scandinava “Nordland” e la brigata olandese “Nederland” cercavano disperatamente di arginare una massiccia offensiva dell’Armata Rossa nel settore di Leningrado; la divisione europea “Wiking” e la brigata belga “Wallonien” si trovavano nella “sacca” a ovest di Čerkassy. L’evasione dalla sacca di Cherkassy, sul fronte orientale meridionale, è stata una vera epopea di eroismo: una lotta sacrificale che ha legato saldamente insieme truppe di diverse nazionalità. Negli anni del dopoguerra i sopravvissuti hanno tenuto incontri annuali di commemorazione, così che ancora oggi “Cherkassy” rimane un simbolo vivente del Movimento di Volontariato Europeo.
La primavera del 1944 vide le tre Divisioni delle SS del Baltico combattere con risoluto coraggio ai confini orientali dei loro paesi. In Lituania, il nucleo di una nuova divisione SS iniziò a prendere forma sotto la guida di ex generali dell’esercito lituano, ma il paese fu invaso dai comunisti prima che il progetto potesse essere portato a compimento.
Contro la testa di ponte di Anzio, in Italia, il primo battaglione delle SS italiane pronto al combattimento arginò tutti i tentativi di sfondamento degli americani. In tutta Europa, la forza lavoro veniva mobilitata volontariamente nelle Waffen-SS per partecipare a quella che molte persone vedevano come l’imminente, decisiva lotta per la libertà del continente.
L’estate del 1944 vide la “battaglia delle SS europee” sul fronte della Narva in Estonia. Qui, cittadini provenienti da Germania, Danimarca, Svezia, Fiandre, Olanda ed Estonia hanno condiviso le trincee e combattuto spalla a spalla per respingere i bolscevichi da “Orphanage Hill” e “Grenadier Hill”. Leon Degrelle guidò personalmente un battaglione della sua divisione “Wallonien” in una brillante azione difensiva nei pressi di Tartu, sulla sponda occidentale del lago Peipus.
Vicino a Brody in Ucraina, la 14a divisione SS ucraina ha combattuto una battaglia all’ultimo sangue per sfuggire a un accerchiamento sovietico; solo circa un quarto della divisione sopravvisse ai combattimenti, ma si erano comportati valorosamente.
Con il passare dell’anno, si formarono sempre più divisioni di volontari stranieri. Ciò significava che era necessario un comando flessibile per gestire le diverse distinzioni culturali e, sorprendentemente, le Waffen-SS si dimostrarono all’altezza del compito. Sebbene la religione non fosse tenuta in considarazione dalle Waffen-SS, ai volontari dei paesi cattolici, musulmani, greco-cattolici e ortodossi fu data totale libertà di praticare le loro religioni con il proprio clero. Per motivi morali, le attività culturali etniche furono attivamente incoraggiate. Ciò era del tutto in contrasto con il modo in cui all’epoca alcuni gruppi minoritari erano trattati negli eserciti alleati.
Alcune delle divisioni SS straniere composte da volontari russi e musulmani dovettero essere sciolte, poiché mancavano il tempo e il personale necessari per sviluppare queste unità. Nell’autunno del 1944 l’elenco dei volontari europei nelle Waffen-SS conteneva i seguenti dati: 2 brigate olandesi, 2 brigate belghe, 1 brigata francese e 1 brigata italiana, (tutte poi trasformate in divisioni), 2 divisioni musulmane croate, 1 divisione musulmana albanese, 2 divisioni ungheresi con altre 2 in preparazione che non furono completate, 2 divisioni scandinave/tedesche, 2 divisioni lettoni, 1 divisione estone, 2 divisioni russe (entrambe poi trasferite all’Esercito di liberazione di Vlasov), 1 divisione ucraina, 1 divisione italo-tedesca, 1 Divisione ungherese/tedesca, 1 divisione balcanica/tedesca, 1 divisione serba, numerose brigate etniche dell’Unione Sovietica e piccoli distaccamenti di spagnoli, britannici, greci, romeni, bulgari, arabi e indiani. Le unità SS straniere erano tutte opportunamente fornite di distintivi nazionali, insegne ed emblemi di unità.
Sul fronte orientale la guerra infuriava con enorme intensità. Nella Russia Bianca, parte della brigata d’assalto SS francese che combatteva assieme alla 18ª divisione SS ungherese/tedesca “Horst Wessel”, si sacrificò completamente in una dura azione difensiva, perdendo due terzi del suo personale. In Estonia, un reggimento di soldati estoni che aveva prestato servizio nell’esercito finlandese tornò in patria per combattere per il proprio paese. I componenti furono inquadrati in un battaglione della 20a divisione SS estone e in un disperato combattimento alla frontiera lettone furono praticamente annientati. Con risoluta determinazione la 15a e la 19a Divisione SS lettone contesero ai comunisti metro quadrato per metro quadrato della loro patria, mentre nei Carpazi fu ricostituita la Divisione Volontari Ucraini.
In Slovenia e Ungheria i valorosi musulmani della 13ª Divisione SS “Handschar” si comportarono eroicamente sia contro i partigiani di Tito che contro l’Armata Rossa, ma in Francia la 30ª Divisione SS Russia Bianca era praticamente crollata mentre era in azione contro gli americani e i Maquis francesi. Questi soldati avevano solo desiderato combattere i comunisti e non vedevano alcun motivo in quello che stavano facendo in occidente.
Non è stato così sia per la 29a Divisione SS italiana che per la 34a Divisione SS olandese “Landstorm Nederland”. Le truppe delle SS italiane combatterono in retroguardia sia gli americani che i partigiani comunisti e si distinsero come forse le migliori truppe che l’Italia produsse durante la guerra. La “Landstorm Nederland” combatté per la prima volta contro gli inglesi ad Arnheim come parte di una brigata di autodifesa organizzata frettolosamente, ma durante l’inverno 1944-45 fu ampliata in una divisione di fanteria di 12.000 uomini. Nella primavera del 1945, la divisione SS “LN”, quasi esclusivamente olandese, attaccò gli inglesi e i canadesi mentre tentavano con scarso successo di avanzare nell’Olanda nord-occidentale. Nessuno degli alleati riuscì a capire perché così tanti olandesi scelsero di unirsi alla divisione “Landstorm”, quindi per evitare ogni imbarazzo, da allora la storia di questa unità è stata in gran parte soppressa. Per i volontari olandesi non ci sono stati problemi di motivazione. Gli alleati si erano uniti ai bolscevichi non solo contro la loro patria, ma anche contro quella che percepivano come civiltà europea. Come i loro connazionali sul fronte orientale, gli uomini di “Landstorm Nederland” hanno combattuto con determinazione.
Le divisioni SS belghe e francesi furono rafforzate nell’autunno del 1944 dai molti rifugiati fuggiti in Germania, oltre che dai veterani della guerra con la Russia. In Olanda, i volontari si riversarono negli uffici di reclutamento delle Waffen-SS come mai prima d’ora e non perché erano costretti a farlo. Non ci voleva un chiaroveggente per vedere che la Germania era praticamente vinta, ma i volontari europei si precipitarono comunque a unirsi alla battaglia.
Gli storici dell’establishment non sono mai riusciti a comprendere questo fenomeno, forse perché coinvolgeva un concetto astratto estraneo alla maggior parte di loro: la coscienza. C’era un grande desiderio per molte persone, che fino a quel momento erano rimaste fuori dalla guerra, di essere finalmente “fedeli a se stesse”; compiere l’estremo sacrificio per lealtà verso le proprie convinzioni, verso la propria patria e i propri connazionali che avevano già fatto tanto. Nel momento critico dell’Europa molti giovani hanno preso la decisione di saltare nel crogiolo. Era una manifestazione di onestà spirituale.
Le Waffen-SS riuscirono anche a proiettare una certa attrattiva naturale. Littlejohn, nel suo libro “The Patriotic Traitors” (p. 123), descrisse l’attrazione delle Waffen-SS come segue: “La bandiera runica evocava uno spirito pagano eroico, un atteggiamento spavaldo e provocatorio nei confronti della vita altrettanto sprezzante della timidezza borghese e dell’anarchia comunista”. Il lungimirante Leon Degrelle, che aveva quasi ottenuto il potere politico nel Belgio prebellico, vide anche lui una potente attrazione e uno scopo nelle Waffen-SS. Nelle sue parole: “Al fronte si formano vere élite… lì nascono i giovani dirigenti… l’emblema delle SS mostra all’Europa dove si trova la verità politica e sociale… Stiamo preparando i quadri politici del mondo del dopoguerra nel Grande Seminario di Prima Linea”. Un buon numero di volontari era d’accordo con lui.
Alla fine del 1944 la 28a Divisione SS “Wallonien” di Leon Degrelle si trasferì in quella parte del Belgio che era stata riconquistata con l’offensiva delle Ardenne, dove ricevette un caloroso benvenuto e nuove reclute!
Ma si stava alzando il sipario sull’ultimo atto sul fronte orientale e nelle settimane a venire la maggior parte delle forze volontarie europee sarebbe stata in azione lì. In Curlandia, Lettonia occidentale, tre divisioni SS – “Nordland”, 23° “Nederland” e 19° “Letvian” – furono coinvolte in una lotta impari per la vita o la morte nel gennaio 1945. Alcuni estratti dalla storia del 49 ° reggimento SS olandese “De Ruyter” hanno reso l’idea dell’azione (dalla serie di articoli intitolata “Soldiers of Europe: The III. SS Panzer Korps ” in Siegrunen Magazine):
Dopo un’intensa lotta avanti e indietro, il bastione sud della collina di Ozoli cadde irrimediabilmente in mano ai russi. La 1° compagnia SS Rgt. “De Ruyter” è arretrata a ovest. L’Untersturmführer Schluifelder, il comandante, è stato gravemente ferito e si è sparato piuttosto che cadere nelle mani del nemico.
La fanteria dell’Armata Rossa si stava lanciando in avanti. Guidato interamente dai rapporti radiofonici, l’Obersturmführer Behler diresse il fuoco delle armi pesanti dei suoi artiglieri olandesi al centro delle linee nemiche. Ma a mezzogiorno le posizioni di Behler erano completamente circondate dal nemico. Con un sanguinoso combattimento ravvicinato, l’Obersturmführer Behler e alcuni dei suoi uomini riuscirono a irrompere a ovest.
Nello stesso campo di battaglia, la compagnia dell’Obersturmführer danese Johannes Hellmer del Secondo Battaglione/”De Ruyter”, stava combattendo per la propria vita… Di propria iniziativa, l’artigliere Jenschke, un soldato semplice, condusse un piccolo gruppo di combattimento ad un riuscito sganciamento. Le insegne di grado di Jenschke erano state nascoste dalla sua giacca mimetica, quindi gli uomini a cui aveva dato ordini non sapevano di essere superiori a lui!
Durante questi due giorni di pesanti combattimenti tutte le compagnie sulla linea di battaglia principale furono completamente distrutte. Non c’era nulla su cui ripiegare … solo 7 uomini poterono essere risparmiati per difendere l’intera città di Kaleti … Questa, la lotta difensiva della Divisione SS “Nederland”, è stata la battaglia più eroica che abbia mai vissuto. Tutti, sono rimasti in posizione fino alla fine. L’attacco è arrivato fino alle canne dei nostri pezzi di artiglieria. Le fosse di fuoco erano la principale linea di battaglia. Ma sebbene fossimo indeboliti e dispersi, ci eravamo comportati con onore. (Questo estratto dal diario di guerra dell’Untersturmführer Horstmann).
Alla fine dei combattimenti, il Reggimento SS “De Ruyter” con una forza nominale di 2000 uomini era stato ridotto a 80 combattenti! Il reggimento fu poi ricostituito e rimesso in azione sul fronte della Pomerania meno di due settimane dopo. Per la prima volta “De Ruyter” ricevette un terzo battaglione, composto da giornalisti di guerra olandesi e tedeschi i cui lavori erano diventati piuttosto superflui visti i recenti rovesci militari.
Rimaneva in Lettonia la 19a Divisione SS lettone, che più volte si era dimostrata il pilastro di aspri combattimenti difensivi e aveva ricevuto diverse menzioni nei bollettini di guerra della Wehrmacht . I volontari lettoni hanno ricevuto più decorazioni di qualsiasi altro gruppo non tedesco nelle Waffen-SS, compreso il conferimento di ben 13 croci di cavaliere; una buona indicazione dei loro contributi sul campo di battaglia. In Polonia e Slesia, le divisioni SS ungheresi ed estoni furono temporaneamente in grado di fermare l’assalto nemico, anche se il comandante della 26a divisione SS, “Hungaria”, l’Oberführer Zoltan von Pisky era stato ucciso in azione a Jarotschin.
Mentre il fronte orientale veniva spinto lentamente verso ovest, reparti della 27a divisione fiamminga delle SS “Langemarck” furono portati d’urgenza sulla linea del fiume Oder da vari campi di addestramento. Qui hanno servito insieme ai loro rivali connazionali, i Valloni, in uno spirito di sfrenato cameratismo. Il primo battaglione del 66° reggimento della divisione SS “Langemarck” raccolse il soprannome di “tigre che salta” per il modo in cui i suoi soldati si lanciavano in battaglia. Ma ancora più sorprendente era il fatto che il battaglione fosse composto principalmente da adolescenti della Gioventù hitleriana fiamminga che si erano offerti volontari per il servizio nelle Waffen-SS dopo che il loro paese era stato invaso dagli Alleati. Schokolade e Bonbon invece della grappa e delle sigarette distribuite ai soldati più anziani!
Per ironia della storia, il fronte orientale lentamente si piegò e si ripiegò attorno alla capitale tedesca Berlino, gettando nella battaglia per la città un buon numero di volontari stranieri. I reggimenti della 15a Divisione SS lettone, malconci oltre ogni immaginazione, avevano ingenuamente deciso di schierarsi con gli alleati occidentali contro i comunisti (cosa che si rivelò una sfortunata decisione per molti degli ufficiali che furono rimpatriati con la forza e avviati ai campi di sterminio), e fecero un giro completo di Berlino viaggiando continuamente nella terra di nessuno, finché non videro la possibilità di raggiungere le linee americane. Il battaglione d’esplorazione della Divisione, invece, si spinse un po’ troppo lontano in una missione di ricognizione e finì per essere costretto a difendere la città.
A nord di Berlino, 500 superstiti della 33ª Divisione SS francese “Charlemagne”, che era stata decimata nella difesa della Pomerania, si offrirono addirittura volontari per andare a difesa della capitale tedesca, nonostante che il comandante della Divisione li avesse svincolati da ulteriori obblighi di servizio. Nella settimana dell’epica battaglia che seguì, questi francesi costituirono il nucleo della difesa nel centro della città, mostrando coraggio e forza d’animo su una scala raramente vista. Quando i combattimenti finirono, solo poche dozzine furono i superstiti e quattro di loro furono decorati con la Croce di Cavaliere. Si potrebbe chiamare la loro missione un “beau geste”, ma i soldati francesi la vedevano come un obbligo morale, un altro concetto astratto su cui annaspano gli studiosi dell’establishment.
Quella che segue è una descrizione di questi soldati dall’ariticolo di ”Siegrunen” (giugno 1980):
“Ormai i guerrieri della Divisione “Carlo Magno” non sembravano nemmeno più esseri umani. I loro occhi bruciavano e le loro facce erano simili a teschi, coperte di terra e polvere di malta. I rifornimenti arrivavano solo in quantità trascurabili e la mancanza più significativa era quella dell’acqua. I giovani delle SS si muovevano come automi nell’inferno di Berlino. Il futuro era la cosa più lontana dalla mente di chiunque. L’unica idea motivante che bruciava nelle loro coscienze e impediva loro di crollare era il loro ardente desiderio di fare i conti con i bolscevichi! Hanno dovuto lanciare bombe a mano, distruggere carri armati e resistere ai rossi. Quella era la loro unica ragione per vivere e per morire”.
Le divisioni SS “Wallonien”, “Nederland” e “Nordland”, dopo aver condotto con successo l’ultima offensiva sul settore della Vistola per dare il cambio alle guarnigioni intrappolate ad Arneswalde, erano state spinte inesorabilmente verso ovest. “Nederland” era divisa in due segmenti, uno intrappolato e distrutto nella sacca dell’Elba a sud di Berlino e l’altro in ritirata a nord di Berlino Gran parte della divisione “Nordland”, compresi gli elementi del personale dei servizi, finì nella stessa Berlino.
A Prenzlau, a nord di Berlino, la divisione fiamminga “Langemarck”, guidata dalle “tigri che saltano” del suo battaglione della Gioventù hitleriana, sferrò l’ultima controffensiva contro l’accerchiamento comunista il 25 aprile 1945. In violenti e selvaggi combattimenti “Langmarck” fu annientata insieme alla Divisione “Wallonien” e parti della “Charlemagne” e della “Nordland”; i sopravvissuti furono costretti a ripiegare verso il fiume Elba.
In Slesia, la 20a divisione SS estone fu circondata e costretta ad arrendersi ai sovietici, iniziando quello che per la maggior parte dei suoi soldati sarebbe stato un lungo, ultimo viaggio verso i Gulag.
Sulla frontiera austriaca, le formazioni di SS ucraine, musulmane e cosacche combatterono con abilità e valore prima di ritirarsi a ovest. La maggior parte dei musulmani e dei cosacchi catturati sarebbero stati successivamente rimpatriati con la forza verso la morte per mano dei comunisti jugoslavi e dei sovietici; gli ucraini sfuggirono a questo vero “olocausto” fingendosi cittadini polacchi prebellici.
Ad accompagnare i cosacchi del 15° corpo d’armata delle SS nei Gulag, vi era il loro amato comandante, il tenente generale Helmuth von Pannwitz, il primo cittadino straniero mai eletto liberamente Atamano delle tribù cosacche. Scelse di condividere il destino dei suoi uomini anche se avrebbe potuto andare in un comodo internamento alleato. Nel 1947, von Pannwitz, insieme ai capi cosacchi del 15 ° Corpo delle SS, fu impiccato a Mosca come “criminale di guerra”; i soldati cosacchi e circa mezzo milione di altri della loro nazionalità furono sterminati fisicamente con la collaborazione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
In Italia, dopo aver combattuto strenuamente, la 29ª Divisione SS italiana si arrese o agli americani o ai partigiani rossi e quasi ogni uomo delle SS italiane fu condannato a morte. Tra 20.000 e 30.000 di questi volontari furono quindi uccisi in prigionia. In Jugoslavia si svolse un altro grande eccidio: 10.000 volontari musulmani della 13a Divisione SS “Handschar” furono sterminati in un’esecuzione di massa e i loro corpi rinchiusi in un pozzo di una miniera abbandonata. Molti dei soldati della 7a divisione da montagna delle SS “Prinz Eugen”, reclutati tra i tedeschi della Balcania, incontrarono un destino simile. In Curlandia, Lettonia, un piccolo gruppo dell’esercito tedesco aveva coraggiosamente resistito a forze nemiche di gran lunga superiori fino alla fine della guerra.
A Berlino, membri della Legione SS spagnola tentarono di evadere dalla città indossando uniformi rubate dell’Armata Rossa; nessuno ce la fece. Quelli catturati dai comunisti furono fucilati come spie e quelli intercettati dai tedeschi furono fucilati come traditori.
Quando il generale Krebs andò ad offrire la resa della guarnigione di Berlino la mattina presto del 1° maggio 1945, portò con sé il lettone, Obersturmführer (1° Tenente) Nielands come interprete. Dopo aver svolto il suo dovere, Nielands tornò al comando della sua compagnia di 80 uomini del 15 ° battaglione SS Recce. Per i lettoni non ci sarebbe stata resa: non chiesero quartiere ai sovietici e non lo diedero loro stessi. Tra le rovine dell’edificio del Ministero dell’Aeronautica le truppe delle SS lettoni fecero la loro ultima resistenza. Nel combattimento corpo a corpo tutti combatterono fino alla morte.
Alcuni dei volontari intrappolati a Berlino riuscirono effettivamente a fuggire. L’ Obersturmführer danese Birkedahl-Hansen, affetto da ittero, condusse con successo alcuni uomini del reggimento “Danmark” fuori dalla città attraverso Spandau a nord-ovest. Si diressero verso il porto di Warnemuende e tornarono in Danimarca con una barca a remi, sfuggendo così a un lungo viaggio in Siberia.
La fine della guerra vide la maggior parte dei volontari europei cercare freneticamente di raggiungere le linee alleate occidentali. La resa, però, segnò solo l’inizio dei loro problemi. I governi “democratici” dei paesi “liberati” erano determinati a compiere una crudele vendetta. In ogni paese alcuni dei volontari più importanti furono sottoposti a rapidi procedimenti “giudiziari” e giustiziati, mentre gli altri furono privati dei loro diritti civili e condannati a pene detentive di varia durata. Quelli che finirono nelle mani dei sovietici furono: 1) estradati nei loro paesi d’origine per procedimenti penali o 2) semplicemente spediti nei campi di lavoro forzato con i tedeschi. Coloro che sono sopravvissuti fino a un decennio circa di questo trattamento sono stati infine rimandati a casa.
Il resoconto finale per il Movimento volontario europeo fu più o meno il seguente (solo Waffen-SS):
Europa occidentale: 162.000 volontari, oscillanti da circa 55.000 dell’Olanda a 80 del Liechtenstein. Di questo totale, circa 50.000 furono uccisi o dispersi. In questa cifra sarebbero inclusi 16.000 olandesi e 11.500 belgi.
Stati baltici e nazionalità sovietiche: circa 250.000 soldati. Le vittime e le perdite nel dopoguerra dovute al rimpatrio forzato e all’esecuzione furono enormi.
Balcani e slavi: circa 100.000. Perdite considerevoli. Tedeschi etnici: circa 300.000.
Tedeschi del Reich: 400.000. Per i tedeschi e per i tedeschi etnici, le perdite tra morti e dispersi erano circa un terzo.
In alcuni paesi come l’Olanda, il problema dei “volontari” era così grande che fu imposta la censura, che nella maggior parte dei casi rimane in vigore fino ad oggi. Gli olandesi furono particolarmente brutali nel trattare i loro “collaboratori” militari, incarcerandone molti per lunghi periodi in campi di concentramento che seguivano fedelmente i modelli tedeschi. Molti volontari nei Paesi Bassi sono successivamente saliti alla ribalta in campo politico e imprenditoriale, ma a causa del loro passato sono rimasti vulnerabili a una forma di ricatto che ha visto alcuni di loro (compresi i leader parlamentari) mandati in un lontano oblio.
Il trattamento dei volontari rimpatriati è stato altrettanto duro in altri paesi. Il Belgio ne ha giustiziati molti, sia legalmente che illegalmente, mantenendo la maggior parte dei loro “collaboratori militari” rinchiusi in campi di concentramento gestiti in stile tedesco. In Francia, alcuni degli ufficiali più importanti furono giustiziati, mentre ai subordinati della Divisione “Carlo Magno” fu data la possibilità di passare del tempo in Indocina con la Legione Straniera. Insieme a loro c’erano numerosi uomini delle SS ungheresi e tedeschi che erano finiti in prigionia francese.
La Norvegia ha rinchiuso i suoi volontari in fortezze di pietra e li ha tenuti con razioni quasi da fame per un periodo compreso tra 4 e 8 anni. I volontari norvegesi avevano segnato il loro destino quando avevano offeso un “giudice dell’impiccagione” che aveva offerto loro una clemenza in cambio di ammissioni di colpa. Il giudice fu colpito da sputi e bersagliato con immondizia dai soldati incarcerati. La Danimarca, che ha prodotto una moltitudine di volontari (quasi 15.000 inclusa la crema del corpo degli ufficiali danesi), è stata relativamente indulgente con la maggior parte dei suoi soldati: solo i più importanti hanno dovuto soffrire a lungo. Fu giustiziato un ex comandante del “Freikorps Danmark” (decisione ufficialmente condannata dal parlamento danese 30 anni dopo), e il maggiore generale danese Kryssing, che aveva comandato una divisione multinazionale sul fronte orientale.
Quando si parlava dei volontari dopo la guerra, lo si faceva sempre in modo molto dispregiativo; di solito erano indicati come criminali e mercenari. Gli olandesi arrivarono al punto di assumere uno psichiatra per sostenere questa teoria. Egli ha intervistato 400 volontari e in seguito ha avanzato la tesi che questi uomini non avevano prestato servizio per alcun impegno morale, ma avevano “venduto le loro anime” per incentivi materiali e avventura. Da allora questa è stata praticamente la linea dell’establishment, anche se non si è mai detto che i volontari intervistati (che costituiscono la metà dell’uno per cento del numero totale di collaboratori militari olandesi) fossero disposti a dire qualsiasi cosa pur di ottenere il loro rilascio dal campo di concentramento.
Se si guarda al rigoroso processo di selezione che i tedeschi applicavano ai loro volontari stranieri, il mito del loro essere “criminali” e “mercenari” è completamente smentito. I criteri di base per l’accettazione nelle Waffen-SS ruotavano attorno all’idoneità fisica, all’atteggiamento mentale e al passato del candidato. Chiunque avesse precedenti penali semplicemente non veniva accettato, anche se alcuni riuscirono a passare. Utilizzando questi criteri, le Waffen-SS accettarono solo 3000 reclute su circa 12 000 che hanno inondato gli uffici di reclutamento dell’originale Legione olandese. E di questi 3000 altri 400 sarebbero stati scartati durante l’addestramento per avere avuto un passato criminale o un atteggiamento politico incompatibile. Allo stesso modo possiamo guardare ai volontari ucraini e vedere che su 81.999 candidati iniziali solo 29.124 furono accettati dopo la selezione!
Se c’è un giudizio che si può dare da questo è che gli uomini che entrarono nelle Waffen-SS rappresentavano di solito il miglior materiale umano che i loro rispettivi paesi avevano da offrire. Non c’è modo di classificarli individualmente poiché provenivano da classi e ambienti diversi e condividevano un solo comune denominatore: l’amore per il loro paese e il continente.
È giusto dire che i volontari europei hanno lasciato un segno sui campi di battaglia del fronte orientale di gran lunga sproporzionato per eccesso rispetto al loro numero effettivo, e questo articolo non sarebbe completo se non includesse una selezione dei loro successi.
Nelle colline di Linden a est del fiume Oder, la compagnia di volontari valloni dell‘Obersturmführer Capelle combatteva una battaglia mortale. I carri armati nemici brulicavano dappertutto: molti erano stati messi fuori combattimento, ma tutti i Panzerfäuste erano ormai esausti. A questo punto, Capelle comunicò via radio al quartier generale della Divisione “Wallonien” che avrebbe tentato di sganciarsi e di ricongiungersi alla Divisione. Ma la fuga per la compagnia non era più possibile. I volontari valloni furono schiacciati a morte dai carri armati che correvano sulle loro trincee. I feriti gravi spararono con le armi fino al loro ultimo respiro.
Alla fine non restava che il posto di comando della compagnia. Gli uomini delle SS belghe combatterono eroicamente fino alla fine. I feriti gravi erano stati umanamente messi fuori combattimento dalla loro condizione. I sopravvissuti continuarono a combattere con il calcio dei fucili e le rivoltelle d’ordinanza. Incredibilmente, il posto di comando resistette per l’intera giornata. Quando fu finalmente sopraffatto in prima serata, l’Obersturmführer Capelle cadde sparando con la sua pistola. Due valloni feriti raggiunsero nella notte le linee tedesche per raccontare quest’ultima battaglia.
Il giorno successivo, 27 febbraio 1945, alla radio tedesca fu letto un supplemento al quotidiano bollettino di guerra della Wehrmacht: “In Pomerania fu schierato un gruppo di battaglia della Divisione Granatieri Volontari delle SS ‘Wallonien’ sotto la guida dell’SS-Obersturmführer Capelle per la protezione del fianco della linea di combattimento. Mostrando una fermezza esemplare e uno spirito guerriero fanatico, fu distrutto (in azione).” Capelle fu proposto per l’assegnazione postuma della Croce di Cavaliere, ma la documentazione per la decorazione andò perduta nel caos della fine della guerra.
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La mattina del 26 gennaio 1944 una forza di carri armati sovietici fece irruzione nella città di Gubanizy. Il volontario olandese Caspar Sporck puntò il suo cannone proprio in mezzo a loro e iniziò a sparare a destra e a sinistra, rivendicando alla fine 11 bersagli colpiti. Successivamente, durante le ultime ore della ritirata tedesca alla testa di ponte di Narva il 31 gennaio 1944, Sporck rimase da solo con il suo veicolo corazzato e pattugliò molto a est delle principali linee di battaglia, alla ricerca di carri armati e veicoli nemici, fornendo anche protezione ai ritardatari. Al crepuscolo, con il nemico alle spalle, il cannone d’assalto di Sporck fu l’ultimo veicolo ad attraversare le linee tedesche. Per la sua iniziativa e il suo valore, Casper Sporck fu successivamente insignito della Croce di Cavaliere.
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Il 12 giugno 1944 presso l’avamposto “Raggio di sole” a sud-est della testa di ponte di Narva, il sottufficiale danese Egon Christophersen salvò letteralmente il fronte principale, quando con una piccola truppa d’assalto contrattaccò le trincee tedesche che erano state prese dai russi e le riconquistò con un combattimento corpo a corpo. Christophersen e i suoi uomini difesero poi le posizioni contro tutti gli attaccanti, consentendo alle linee tedesche spezzate di riconsolidarsi e resistere. Christophersen è stato insignito della Croce di Cavaliere.
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Alla testa di ponte di Vepskula sulla sponda del fiume Narva nel febbraio 1944, le forze tedesche in ritirata non furono in grado di eliminare una pericolosa incursione sovietica. Furono inviate nuove truppe d’assalto estoni. Per un certo periodo anche loro furono bloccate. Poi il giovane sergente estone Haralt Nugiseks guidò un assalto che sfondò le linee comuniste. In feroci combattimenti ravvicinati le trincee nemiche furono sgombrate fino alla riva del fiume. Nugiseks fu insignito della Croce di Cavaliere.
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Nell’agosto 1943 sul fronte Wolchov, il sergente lettone Zanis Butkus guidò una truppa d’assalto contro le linee nemiche e procedette a catturare una serie di bunker comunisti senza perdite. Tornò alle linee tedesche con molti prigionieri e molto bottino. Butkus ricevette la nomina ad ufficiale sul campo. Più tardi, dopo aver preso parte a 59 combattimenti ravvicinati, Butkus ricevette la Croce di Cavaliere.
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Nel luglio 1944, sul lato nord della “Collina dell’orfanatrofio” sul fronte della Narva, il sottufficiale fiammingo Remi Schyrnen mise fuori combattimento da solo più di una dozzina di carri armati nemici mentre era ferito e tagliato fuori dalla sua unità. In un periodo di 48 ore respinse – tutto da solo – diversi attacchi di carri armati sovietici che avrebbero circondato i battaglioni di volontari fiamminghi ed estoni che combattevano nelle vicinanze. Mise a segno anche un fortunato “colpo doppio” quando un proiettile del suo cannone anticarro penetrò attraverso due carri armati che avanzavano fianco a fianco. Incredibilmente, nel gennaio 1944, Schyrnen aveva compiuto un’impresa simile per salvare la brigata “Langemarck” vicino a Zhitomir. Schyrnen è stato insignito della Croce di Cavaliere.
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Ingenti formazioni di carri armati sovietici stavano attaccando lungo la strada a sud di Dorpat, nell’Estonia orientale, nell’agosto 1944 con l’intenzione di sfondare l’intero fronte estone. Gli unici ostacoli che bloccavano la loro strada erano tre cannoni anticarro della divisione “Wallonien” sotto il comando diretto del tenente vallone Leon Gillis. Gillis posizionò i suoi pezzi sulla strada e lanciò un attacco dopo l’altro. Nei furiosi combattimenti che infuriarono tutto il giorno, i cannoni anticarro furono distrutti e la maggior parte dei valloni feriti. L’intero fronte dipendeva dalla prossima mossa di Gillis. Scelse di attaccare. I volontari valloni misero fuori combattimento altri tre carri armati con le bombe a mano e respinsero gli altri. Il nemico non fu in grado di avanzare. Leon Gillis è stato insignito della Croce di Cavaliere.
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Nel febbraio 1945, i comunisti si stavano avvicinando al campo di addestramento militare di Neuhammer, in Slesia. Il capitano ungherese Georg Hermandy, al comando di un battaglione di rinforzo della 26a divisione SS “Hungaria”, guidò la sua unità in un valoroso contrattacco per impedire uno sfondamento. Anche dopo essere stato gravemente ferito, Hermandy volle rimanere in prima linea e diresse con successo una battaglia difensiva che ha salvò il settore di Neuhammer. Dopo i combattimenti, il colonnello della Wehrmacht comandante del settore, visitò le posizioni delle SS ungheresi, e toltosi la croce di cavaliere, la cinse al collo di Hermandy. L’Haupsturmfñhrer George Hermandy fu successivamente ucciso il 23 marzo 1945 guidando i suoi uomini in un altro contrattacco.
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L’ultima testa di ponte sulla sponda orientale del fiume Oder nel marzo 1945 era tenuta dal 1. Battaglione della Divisione SS “Wallonien”, guidata dal maggiore vallone Henri Derriks. Derriks, o “Der Boss” come era noto ai suoi uomini, schierò i suoi due carri armati e le sue compagnie di fanti con fredda risolutezza, consentendo agli ultimi soldati e rifugiati tedeschi di mettersi in salvo. Alla fine, con i comunisti che si avvicinavano da tre lati, Derriks ritirò con calma le sue forze passo dopo passo e fece loro attraversare in sicurezza il fiume, distruggendo l’ultimo ponte dietro di sé. Non era una novità per “Der Boss”: in precedenza aveva comandato all’ultimo gruppo di soldati “Wallonien” di combattere per uscire dall’accerchiamento di Cherkassy nel sud dell’Ucraina. Successivamente, Derriks guidò l’ultimo assalto dei “Valloni” sul fronte orientale. Tra le sue numerose decorazioni al valore lo Sturmbannführer Henri Derricks ha ricevuto la croce tedesca in oro.
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E c’erano molti, molti altri eroi europei, la maggior parte dei quali non avrebbe registrato le proprie gesta, ma avrebbe invece trovato un luogo di riposo finale in una tomba anonima da qualche parte nell’ “Oriente”. Non possiamo iniziare a render loro giustizia in questo articolo, ma possiamo, si spera, sollevare parte del velo che ha nascosto le loro imprese per così tanto tempo.
La resa dei conti
Siamo ora arrivati al punto in cui ci si può chiedere, cosa dimostra questa disamina del Movimento volontario europeo? Penso che abbia almeno convalidato la seguente affermazione di Beadle e Hartmann nel loro libro, “The Waffen-SS : Its Divisional Insignia”:
Nel 1945, le Waffen-SS avevano dimostrato con il loro successo in combattimento che i popoli europei potevano coesistere, purché fossero riconosciute e accettate le differenze nazionali tra loro. Era stato nelle Waffen-SS che, per la prima volta, gli olandesi erano stati comandati dai tedeschi e i tedeschi dai belgi. Fu questo idealismo, acquistato a caro prezzo sulle strade della Russia e più tardi nei campi di lavoro forzato, che creò un eccezionale spirito di cameratismo e valore in combattimento tra tutti i membri, indipendentemente dalla nazionalità o dal rango.
Beadle e Hartmann hanno anche fatto un’altra affermazione incisiva che spero risalti anche in questo saggio:
Il più grande trionfo della Waffen-SS, però, non fu sul campo di battaglia. Fu nella sua politica di reclutare volontari non tedeschi, non come mercenari, ma come combattenti per un ideale europeo.
Dopo una generazione di calunnie, diffamazioni e falsità sui volontari europei, cominciano a brillare i primi raggi di luce. Lentamente, ma inesorabilmente, la loro storia viene raccontata. Per quanto riguarda i soldati stessi, molti credono che fossero in anticipo sui tempi, sia militarmente che filosoficamente, e che la loro eredità debba ancora essere soddisfatta.
Per quanto mi riguarda, l’osservazione forse più incisiva è stata fatta dall’ex colonnello delle Waffen-SS Joachim Peiper in una lettera ai suoi camerati mentre era detenuto nel carcere americano sotto pena di morte: “Non dimenticate che era nelle file delle SS che il primo europeo è morto… “
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Periodici
Berkenkruis , Birch Cross/Belgio: Pubblicazione dell’associazione fiamminga dei veterani delle Waffen-SS.
Der Freiwillige , Munin-Verlag: rivista mensile dell’associazione di auto-aiuto del veterano delle Waffen-SS dal1965 ad oggi.
Siegrunen: The Waffen-SS in Historical Perspective , Glendale, Oregon, tutti i numeri, dal 1976 ad oggi.
Siegrunen Bulletin , Glendale, Oregon, tutti i numeri dal 1979 ad oggi.
Siegrunen Anthology 1 , Glendale, Oregon, primavera 1979.
Altro materiale
Documenti, lettere, mappe, foto e registrazioni negli archivi dell’autore.
Verordnungsblatt der Waffen-SS 1941-45.
Fonte: IHR – tradotto dall’inglese