Giudaismo bolscevismo plutocrazia massoneria

GIUDAISMO BOLSCEVISMO PLUTOCRAZIA MASSONERIA

di GIOVANNI PREZIOSI

MILANO A. MONDADORI EDITORE 1941-XX

INDICE

INTRODUZIONE

1. Ebrei ed antisemitismo in Italia

2. Mussolini e l’ebraismo prima della Marcia su Roma

3. L’internazionale ebraica

4. Chi governa la Russia?

5. «Sulla soglia del dominio del mondo»

6. Potenza ebraica in America

7. L’alta banca ebraica americana alla conquista della Russia

8. Il Sionismo e l’Internazionale ebraica

9. «Sotto il dominio ebraico la Palestina sarà non più simbolo di pace ma terra di guerra e di sangue»

10. I principali strumenti della Internazionale ebraica: la Massoneria e la Democrazia

11. Il Kahal

12 Gli ebrei, la passione e la risurrezione della Germania

13. Ebraismo, massoneria, bolscevismo in Francia

14. La Lega francese dei «Diritti dell’uomo» e il Grande Oriente di Francia guidati dal giudaismo contro il Fascismo (Come la massoneria preparò l’« Aventino»)

15. Potenza ebraica in Inghilterra

16. L’Inghilterra contro l’Italia sempre

17. Profezie: I. La profezia di Ludendorff – II. La profezia del giudeo Emil Ludwig

18. Dagli Stati Uniti Israele prepara la guerra ebraica

19. Il Presidente dell’ebraismo sovvertitore

20. L’Asse Mosca-Washington

21. L’origine ebraica di Roosevelt e della signora Roosevelt

22. La Presidentessa

23. E la guerra ebrea è venuta

24. Gli incendiari della guerra ebraica

25. Un pazzo e un sonnambulo hanno nelle mani le sorti delle grandi democrazie

26. «La frontiera americana è sul Reno»

27. Tre figuri

28. Per la guerra: Roosevelt come Wilson

29. Gli Stati Uniti faranno o non faranno la «Guerra ebrea »?

30. Come Roosevelt cianciando di pace preparava la guerra ebraica

31. Che cosa può fare il presidente dell’ebraismo mondiale

32. La prima comunista entrata nella Casa Bianca

33. Il plagio di Wodrow Wilson

34. Il più farisaico discorso del giudeo Roosevelt

FATTI E COMMENTI

INGHILTERRA

La «mano nascosta ». – Lo stato maggiore della guerra universale. – Raffronto storico: per lo Zar delle Russie e per Ras Tafari. – Decadenza. – Ideologismo anglogiudaico-massonico-leghista – La caccia grossa del «gentleman». – Israele non perdona. – Cose che non si sanno. – Come parla un inglese. – Così parlò W. Cabett all’aristocrazia inglese. – S.O.S. Occhio alla massoneria durante la «guerra ebrea» ! – Testimonianze sulla guerra ebraica. – A chi appartiene la grande stampa inglese?

FRANCIA

La Francia di Blum. – Anche nella Francia di Blum… – Il perchè del silenzio degli storici francesi sulle responsabilità dell’ebraismo. – Flandin , a Canossa. – Al giornale «Figaro» ed ai francesi. – Così parlò Churchill contro Versaglia e contro la Francia. – Reynaud, l’uomo di Rothschild. – Giudei e massoni riuniti in consiglio di guerra per la distruzione del  Fascismo. – Rivelazioni ammaestrative della «Mostra antimassonica» di Bruxelles.

INTRODUZIONE

«Ricordate che oggi non ci sarebbe la Marcia su Mosca, marcia che sarà infallibilmente vittoriosa, se venti anni prima non ci fosse stata la Marcia su Roma, se primi fra i primi non avessimo alzato la bandiera dell’antibolscevismo ». Sono parole dette da Mussolini commemorando il primo annuale della morte di Italo Balbo dinanzi ai piloti di una Scuola Militare dell’Italia centrale.

Questa è la verità storica che trova la conferma nella memorabile precisazione che Mussolini fece dell’ebraismo, del bolscevismo e della plutocrazia all’indomani della fondazione dei fasci di combattimento. Quelle parole — se non vi fosse altra testimonianza — dimostrano la priorità mussoliniana nell’identificazione di ciò che voleva essere e fu il bolscevismo. Oggi più che mai esse devono essere ricordate.

Scrisse Mussolini nel Popolo d’Italia del 4 giugno 1919: «Se Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo gli è che cosí vogliono i grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza con gli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana, che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli. In Russia vi è l’ottanta per cento dei dirigenti dei sovieti che sono ebrei… La finanza mondiale è in mano degli ebrei. Chi possiede le casseforti dei popoli, dirige la loro politica. Dietro i fantocci di Parigi, sono i Rothschild, i Warburg, gli Schiff, i Guggenheim, i quali hanno lo stesso sangue dei dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza. Il bolscevismo è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale è controllata e dominata dagli ebrei».

Tutta l’azione del Fascismo, dalla fondazione dei fasci alla Marcia su Roma, fu rivolta contro il bolscevismo. Azione che l’Italia condusse da sola e per prima nel mondo seguendo Mussolini. I gagliardetti delle squadre d’azione, guidando al sacrificio le schiere generose delle camice nere, fecero sparire dalle vie d’Italia le bandiere rosse del bolscevismo.

Venne la Marcia, ed appena consolidato il Regime, Mussolini fu i1 primo Uomo di Stato che nel mondo prese posizione contro i principali strumenti che l’ebraismo dirigeva per la distruzzione della nostra civiltà; ed il primo ad intuire perfettamente i1 pensiero di Mussolini fu Adolfo Hitler allorchè fin dal 1925 scrisse nel Mein Kampf:

«La lotta che l’Italia fascista svolge contro le tre maggiori armi delgiudaismo, forse inconsciamente (io però credo che la svolga consapevolmente), è ottimo indizio del fatto che — sia pure per le vie indirette — a questa velenosa potenza superstatale si possono spezzare i denti. Il divieto della massoneria e delle società segrete, la soppressione della stampa supernazionale e la demolizione del marxismo internazionale — e viceversa, il costante consolidamento della concezione statale fascista — permetteranno col tempo, al Governo Fascista, di servire sempre piú gli interessi del popolo italiano senza curarsi delle strida dell’idra mondiale ebraica».

E l’annò successivo, il 7 aprile 1926, in occasione dell’insediamento del Direttorio del Partito, parlando al mondo Mussolini disse: «Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo l’antitesi netta, categorica, definitiva di tutto il mondo della democrazia, della massoneria: di tutto il mondo, per dirla in una parola, degli immortali principi dell’89.  Sismondi, il grande storico, diceva che i popoli che, in un certo momento della loro storia prendono l’iniziativa politica, la conservano per due secoli. E difatti, il popolo francese, che nel 1789 prendeva la iniziativa politica, l’ha conservata per 150 anni. Quello che nel 1789 ha fatto il popolo francese, ha fatto oggi l’Italia fascista, che prende l’iniziativa nel mondo, che dice una parola nuova al mondo e che conserverà questa iniziativa. Questa affermazione è il prodotto di incessanti e severe meditazioni; stando cosí le cose non sarete stupiti che tutto il mondo degli immortali principi, della fraternità senza fratellanza, della uguaglianza disuguale, della libertà con i capricci sia coalizzato contro di noi… Battere i vecchi residui dei partiti d’Italia è stata una fatica ingrata, ma agitare un principio nuovo nel mondo e farlo trionfare questa è la fatica per cui un popolo e una rivoluzione passano alla storia».

Questa è la storia che trova conferma nella spietata lotta condotta dal Fascismo contro i1 bolscevismo, prima e dopo la Marcia.

E riferendosi alla campagna mondiale che la stampa anglo-ebraica scatenò contro Mussolini all’indomani del discorso del 3 gennaio 1925, che segnò la fine dell’antifascismo interno, non noi, ma un giornale inglese, il British Guardian, scriveva il 23 gennaio 1925:

«Gli urli e le imprecazioni della stampa contro il governo di  Mussolini sono addirittura nauseabondi, e avranno attirato su di noi inglesi le derisioni dell’Italia, dove s’ignora che la stampa britannica è nelle mani del giudaismo.

Dal giorno in cui Mussolini prese le redini del potere, e salvò la sua patria dal caos in cui l’avevano immersa i politicanti ebraizzati che governavano il paese, la stampa colse tutte le opportunità per diffamare la sua personalità e la sua opera. Periodicamente si è alzato il grido che i giorni di Mussolini erano contati e che di ora in ora bisognava aspettarsi il ritorno alle condizioni normali in Italia. È inutile dimostrare che quest’ora non è giunta, ed  è irritante spiegare per le lunghe perché queste normali condizioni non sono state riprese. Non sappiamo che cosa significhi condizioni normali, a meno che non s’intenda il governo dei politicanti dell’ebraismo contro il quale Mussolini ha le sue obbiezioni da far valere. Anche il Punch è stato invitato a prestare l’aiuto della sua satira ignominiosa. Che cosa ha fatto Mussolini per seminare tanti torbidi nel mondo giornalistico?…

EGLI PREPARA DELLE LEGGI PER SOPPRIMERE LA POTENZA DEL GIUDAISMO E DELLA MASSONERIA GIUDAICA IN ITALIA, UNA POTENZA CHE E’ UN GRAVISSIMO PERICOLO PER GLI ITALIANI.

Nella sua azione egli ha dovuto sopprimere certi giornali ebraici o ispirati dal giudaismo.

Ecco l’abominevole oltraggio perpetrato da Mussolini contro il cosíituzionalismo. È un disastro che noi non abbiamo avuto in Inghilterra, un Mussolini capace di schiacciare la potenza dell’ebraismo, e di sopprimere quella propaganda giudaica di cui sono piene le colonne dei nostri giornali quotidiani».

Queste testimonianze non certo sospette possono essere aumentate indefinitamente, e sono raccolte, assieme alle moltissime altre, nella mia rivista. Son circa trenta anni che La Vita Italiana ha, in materia di anticosmopolitismo, avuto una linea sicura e senza deviazione.  Finanza internazionale, massoneria, democrazia come strumenti del giudaismo, sono stati il bersaglio cosíante dell’attività della rivista; ed allorché Mussolini iniziò la nuova èra italica fondando Il Popolo d’Italia, la rivista ne raccolse l’insegnamento, ne volgarizzò i propositi e lo seguí. Il 14 agosto del 1938 il Duce ordinò che dei primi cinquanta volumi della rivista fosse compilato un indice schematico appunto per «documentare la priorità della dottrina fascista dell’anticosmopolitismo e del razzismo con speciale riferimento alla internazionale ebraica. Dottrina politica — diceva il comunicato Stefani — affermata fin dalla prima vigilia del Fascismo, come hanno lealmente  riconosciuto in tempo non sospetto i maggiori esponenti della politica e della cultura in Germania» .

Ed a questo proposito è bene oggi ricordare quanto disse il 7 luglio 1938 il Capo del Welt-Dienst di Erfurt:

«Quando nel 1914 la Germania era ebraicizzata a cominciare dal suo imperatore, alcuni scrittori italiani — dietro iniziativa della rassegna La Vita Italiana diretta da Giovanni Preziosi — dibatterono largamente il problema politico del cosmopolitismo: era apparso il collegamento ebraismo-cosmopolitismo in tutte le sue manifestazioni pericolose per la civiltà e per la libera vita dei popoli. Subito dopo la fine della guerra, furono questi scrittori italiani, che si occupavano del cosmopolitismo, i primi a tendere le mani alla Germania, ma alla Germania purificata dagli elementi cosmopolitici. Tanto ciò è vero, che nell’agosto del 1922 fu pubblicato in La Vita Italiana un articolo a firma «Un bavarese », nel quale lo scrittore tedesco — da molti identificato per Hitler — esponeva il programma del futuro Führer per la salvezza della Germania. Quell’articolo contiene esattamente gli stessi pensieri circa l’ebraismo espressi poi da Hitler nel libro Mein Kampf. In quel tempo nessun giornale o rivista europea — dell’Europa che aveva combattuto contro la Germania — avrebbe ospitato quello scritto: ma l’ospitalità fu concessa da quel gruppo di scrittori anticosmopolitici che ebbero la certezza che, seguendò la dottrina dell’anticosmopolitismo, la Germania si sarebbe salvata. Allora in Germania il problema ebraico-bolscevico non era ancora approfondito. Hitler non aveva conquistato il potere, e non erano stati con precisione stabiliti i rapporti tra ebraismo e bolscevismo. Ma nel 1914 era stato pubblicato, in Italia il libro di Preziosi: La Germania alla conquista dell’Italia: in questo libro è denunziata l’azione delle potenze occulte che, avendo asservito completamente la Germania, cercavano di asservire l’Italia. Nel 1914 Hitler ancora non aveva riconosciuto il pericolo dell’ebraismo, come nucleo centrale attorno a cui gravitano le forze dissolvitrici dei genio del male» .

Chi ha seguito La Vita Italiana sa, che in tutta questa opera la rivista non ha fatto che riferirsi al pensiero divinatore del Duce, chiaramente espresso prima e dopo  la Marcia, fedele come è sempre stata al principio che al di fuori del Duce non v’era e non v’è salvezza.

Questo vuole dimostrare la presente raccolta di pochi articoli e di alcuni dei «Fatti e commenti» che da quasi trenta anni vado ogni mese scrivendo nella rivista. Documentare cioè la chiara visione, che, prima che in ogni altra Nazione, in Italia si è avuto del programma e dell’azione del giudaismo e delle dipendenti forze occulte nel preparare, scatenare e condurre la guerra per il dominio di Israele sul mondo. Guerra esattamente prevista e denunziata svelando l’opera dei suoi artefici e dei maggiori responsabili. Il valore perciò di questa raccolta sta soprattutto nelle date degli scritti.

1. EBREI ED ANTISEMITISMO IN ITALIA

Da quando nel luglio del 1912 durante la guerra italo-turca, utilizzando la documentazione di H. S. Spencer, corrispondente di guerra del New York Herald, contribuii a far sapere agli italiani che l’Italia non si stava battendo con la Turchia, ma con i grandi banchieri ebrei di tre continenti guidati da Sir Ernest Cassel e dalla sua banca ebraico-inglese, fui additato dagli ebrei e dai loro amici come il creatore dell’antisemitismo in Italia. Non si voleva che si dicesse che tutta la campagna mondiale di diffamazione contro l’Italia era opera degli ebrei d’Inghilterra inventori delle atrocità dei soldati italiani contro i turchi. Non si voleva sapere che Luciano Wolf direttore del Graphic e del Daily Graphic aveva offerto gratuitamente a tutti i giornali del mondo i suoi articoli contro l’Italia in guerra e che i nostri denigratori nel mondo erano gli ebrei Lord Burnham (Joannes Moses Levi) col Daily Telegraph, Mr. Blumenthal col Daily Espress, Rothstein col Daily News, Alfred Mond con la Westminster Gazette, Lady Mond con la English Review, Bartlett con la Reuter Agency.

Gli italiani non amavano comprendere il vero valore di quelle rivelazioni. Lo compresero invece gli ebrei che mi additarono all’odio come creatore dell’antisemitismo italiano.

Sono passati 30 anni, e quanto cammino! Io sono però restato per gli ebrei, per i cripto-ebrei, per i filo-ebrei e per i massoni il creatore dell’antisemitismo politico fra gli italiani, ai quali dedicai nel 1914 una serie di articoli raccolti poi in un volume celebre La Germania alla conquista dell’Italia; del quale «un’altissima personalità del nazionalsocialismo ebbe a dire che in esso tutto era in ordine ad eccezione del titolo, perchè si sarebbe dovuto meno parlare di una Germania alla conquista dell’Italia che non degli ebrei della Germania alla conquista dell’Italia. Non si può purtroppo contestare che quel periodo tra il 1870 e il 1914 per la Germania fu quello di un’impressionante infiltrazione ebraica; processo quasi fatale, perchè il costruirsi di quella nuova potenza «alla moderna» ed il suo imperialismo su basi industriali, finanziarie e commerciali, armamenti compresi, dovevano necessariamente appoggiarsi a molte forze che stavano in mani ebraiche; processo, però, che simultaneamente sembra connesso a finalità ben precise, essendovi molti sintomi per pensare che l’ebraismo, assicuratosi importantissime posizioni di comando nella banca, nell’industria, nel commercio e nella stampa della Germania, abbia cercato di servirsi non solo della volontà di potenza di quest’ultima, ma perfino della sua stessa ideologia pangermanista e già quasi razzista (caso singolare: uno dei razzisti piú estremisti di quel periodo fu un ebreo, il Woltmann), come strumenti per la sua dominazione mondiale» .

Quel libro i cui primi capitoli furono pubblicati prima della conflagrazione europea, dimostra che era a me apparso fin d’allora che il governo di una Nazione — e chiamo governo quella forza che dirige l’azione collettiva di un paese — è cosa piú complessa di quanto non apparisca dai precetti di diritto cosíituzionale. Non mi fu difficile precisare che i governi italiani erano la maschera dietro la quale una masnada di caporioni ebrei internazionali guidati dai giudei Joel, Weil e Toeplitz decidevano le sorti, la pace o la guerra della Nazione; e dimostrai con una inconfutata ed implacabile documentazione come la plutocrazia internazionale, attraverso l’alta banca, tedesca di nome ma ebraica di fatto, operava la conquista e l’asservimento dell’Italia.

Nella sua monografia su Il Fascismo e l’organizzazione del Credito in Italia Arturo Osio cosí riassume la parte di quel mio libro dedicata all’azione della banca ebraica operante in Italia:

«Nel volume Francesco Crispi: Questioni internazionali – diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, sono esposte le ragioni per cui lo statista siciliano si adoperò per la fondazione di questo istituto bancario a fondo tedesco-italiano.

«Il Palamenghi ricorda come “una delle armi, la maggiore forse, che l’ostilità francese adoperasse per punire l’Italia per essersi alleata alla Germania, fu il discredito col quale colpí il consolidato e gli altri valori italiani quotati alla Borsa di Parigi”, e come Francesco Crispi piú e piú volte abbia interessato Bismarck per ottenere che l’alta banca germanica intervenisse a favore dei valori italiani, ostacolando e frenando la fiera campagna francese al ribasso. Ma siccome non sempre l’azione dei banchieri tedeschi riuscí sollecita, cosí Francesco Crispi appoggiò diplomaticamente, nel 1890, la creazione dell’Istituto Italiano di Credito Fondiario, col concorso di un sindacato bancario, e, nel 1894, favorí in tutti i modi la fondazione della Banca Commerciale Italiana, con un capitale di soli 20 milioni, sottoscritti da banchieri tedeschi, austriaci, svizzeri e italiani.

«Osserva il Palamenghi-Crispi: “L’idea di fondare codesta banca italogermanica fu conseguenza dell’interessamento, dell’alta finanza della Germania al credito italiano, reclamato da Crispi e incoraggiato dalla Cancelleria di Berlino. Sollecitati ad occuparsi degli affari italiani, i banchieri tedeschi furono naturalmente portati a considerare la convenienza della creazione in Italia di un Istituto col quale potere esercitare piú facilmente il controllo su quegli affari”.

« Ma l’alta finanza della Germania di allora era tutta nelle mani degli ebrei.

«L’idea fu manifestata dal sig. Schwabach (ebreo), capo della Casa Bleischroeder (ebrea) all’ambasciatore conte Lanza, il quale gli fece avere parole di incoraggiamento dal ministro Crispi. Il comm. Federico Weil (ebreo) che fu, assieme a Joel e Toeplitz (ebrei ambedue), uno dei veri direttori della Banca Commerciale, ebbe poi personalmente da Crispi lo stesso incoraggiamento.

«La Banca Commerciale fu cosí fondata a Milano con il limitato capitale di 20 milioni, salito poi, in soli venti anni, a 156 milioni. L’esiguità del capitale iniziale induce a credere che Francesco Crispi fosse ben lontano dal sospettare le intenzioni dei fondatori della Banca Commerciale. Alla mente di Francesco Crispi, come a tutti gli uomini politici del suo tempo, il problema ebraico e della internazionale ebraica non si era affacciato.

«Fatto sta che alla vigilia della guerra europea la Banca Commerciale — che fra capitale, depositi, conti correnti ecc. gestiva denaro italiano per l’enorme somma di ben 800 milioni circa — era governata da tre ebrei: Weil, Joel e Toeplitz; gli italiani che figuravano nella Direzione e nel Consiglio di amministrazione non erano altro che uomini di paglia.

«In una polemica fra il senatore Mangili, presidente della Banca Commerciale e la rivista La Vita Italiana, il Mangili, in una intervista sul Sole del 7 ottobre 1914, tentava escludere il carattere tedesco-ebraico dell’Istituto da lui presieduto, e affermava sostanzialmente: 1) che dei depositi e delle disponibilità della Banca Commerciale, solo 1 milione era impiegato in titoli tedeschi; 2) che su 312.000 azioni (156.000 milioni di capitale nominale) solo 6000 azioni (3 millioni di lire) erano collocate in Germania. Senonché il senatore Mangili sorvolò troppo rapidamente sopra un punto che era della massima importanza per stabilire quale fosse la vera azione che la Banca esplicava nel nostro Paese, in relazione soprattutto agli interessi di questo con le altre nazioni straniere. Ed il punto è precisamente questo: come e da chi era diretta ed amministrata la Banca Commerciale Italiana?”.

«Ecco i nomi degli amministratori allo scoppio della guerra europea:

« ITALIANI: 1. Cesare Mangili, senatore del Regno, Milano

2. Gaspare Finali, senatore del Regno, Roma

3. Luigi Canzi, senatore del Regno, Milano

4. Conte Giberto Borromeo, Milano

5. Davide Consiglio, senatore del Regno, Napoli

6. Conte Zeffirino Faina, senatore del Regno, Perugia

7. Cesare Balduino, Genova

8. Marco Besso, presidente delle Assicurazioni generali, Venezia

9. Luigi Marsaglia, della Casa L. Marsaglia di Torino

10. Marchese Giovanni di Montagliari, Firenze

11. Eugenio Pollone, Torino

12. Conte Carlo Raggio, deputato al Parlamento, Genova

13. Conte Gerolamo Rossi, senatore del Regno, Genova

14. Ignazio Florio, della Casa I. e V. Florio di Palermo

15. Giuseppe Sahadun, Roma.

STRANIERI: 1. Sir Giulio Blum, vice presidente dell’I. R. Priv. Stabilimento austriaco di Credito per il Commercio e l’Industria, di Vienna

2. Dott. Giulio Frey, presidente della Société de Crédit Suisse, Zurigo

3. Giovanni Kämpf, presidente della Bank für Handel und Industrie, di Berlino (nonché nientemeno che presidente del Reichstag)

4. Adolfo Klein, consigliere generale della Banca Anglo-austriaca di Vienna

5. Hugo Marcus, direttore del Wiener Bankverein di Vienna

6. Hans Schuster, amministratore della Dresdner Bank di Berlino

7. Dott. Paolo von Schwabach, della ditta S. Bleischroeder di Berlino

8. Edgardo Stern, della Casa A. I. Stern e C. di Parigi

9. Giuseppe Enrico Thors, consigliere di amministrazione della Banque deParis et des Pays-Bas di Parigi

10. Alberto Turettini, direttore generale della Banque de Paris et des Pays-Bas di Parigi

11. Francesco Urbig, gerente della Disconto Ges. di Berlino

12. Ermanno Wallich, consigliere di amministrazione della Deutsche Bank di Berlino

13. Max Winterfeldt, consigliere di amministrazione della Berliner Handels Ges. di Berlino

14. Federico Zakn-Geigy, vice presidente dello Schweizerischer Bankverein di Basilea

15. Emilio Odier, della ditta Lombard, Odier e C. di Ginevra

16. Orazio Finaly, direttore della Banque de Paris et des Pays-Bas di Parigi

17. Otto Joel

18. Federico Weil.

«Fra questi consiglieri, sia tra gli italiani sia tra gli stranieri, quanti ebrei!

A parte questo, a chiunque esamini anche superficialmente i due elenchi, non potrà non saltare immediatamente agli occhi il diverso criterio seguito nella scelta dei nomi. Nell’elenco italiano prevalgono i nomi di personalità spiccate del mondo politico ed aristocratico, la cui competenza finanziaria era notoriamente nulla. I pochi nomi di uomini di affari che vi si incontrano sono degli incompetenti in materia di banca o di persone poco fattive. I nomi degli ebrei tedeschi, invece, sono tutti di uomini tecnicamente competenti e, quel che piú conta, tutti strumenti fattivi ed abili di potentissimi organismi finanziari internazionali. I consiglieri delegati — è inutile dirlo — sono due ebrei tedeschi: il Joel e il Weil. La vice presidenza è tenuta da tre ebrei stranieri: il Winterfeldt, il Blum e il Frey. Per pudore essi furono poi sostituiti da due venerandi nomi di italiani: i senatori Finali e Canzi.

«Tutto sommato si può dire che nel Consiglio di amministrazione della Banca Commerciale le funzioni onorarie erano riservate agli italiani e quelle di comando effettivo agli stranieri, con preferenza agli ebrei tedeschi.

«Col titanico crescere della Banca Commerciale, aumentava cosí sempre piú la nostra soggezione verso la internazionale finanziaria. Gli ebrei tedeschi possedevano, alla vigilia della guerra, un gruppo compatto di azioni che, unitamente a quelle che la Commerdale stessa raccoglieva temporaneamente a volta a volta, bastavano ad assicurare loro la maggioranza nelle assemblee e quindi, con un capitale relativamente piccolo, la possibilità di esercitare un’influenza decisiva su tutta la vita economica e politica del Paese.

«Tutto questo fu difIusamente illustrato nella Rivista La Vita Italiana in una lunga serie di articoli raccolti poi nel volume La Germania alla conquista dell’Italia, di G. Preziosi, la cui prima edizione è del 1914.

«E fu per effetto di questa documentazione e per il conseguente intervento del ministro Salandra, Capo del Governo, che il 2 febbraio 1915 — dopo sei mesi di guerra europea e alla distanza di otto mesi dall’inizio delle pubblicazioni del Preziosi — la Banca Commerciale Italiana diramava un comunicato per annunziare che i consiglieri stranieri appartenenti a nazioni belligeranti, e cioè i signori dott. Giovanni Kaempf, dott. Paolo von Schwabach, Franz Urbig, console Ermanno Wallich, Max Winterfeldt di Berlino, barone Luigi von Steiger di Francoforte, Adolfo Klein, Hugo Marcus, dott. Alessandro Spitzmueller di Vienna, Orazio Finaly, Edgardo Stern, Giuseppe Enrico Thors, Alberto Turettini di Parigi, visto “come le condizioni di fatto, determinate dall’attuale guerra, rendano loro estremamente difficile e quasi impossibile intervenire alle sedute del Consiglio della Banca e participare all’opera collegiale di amministrazione che il Consiglio deve svolgere nell’interesse stesso della Banca, onde evitare al normale funzionamento dell’amministrazione l’inceppamento che deriverebbe dalla loro permanenza in carica mentre non possono prestare la loro opera, hanno offerto al Consiglio le dimissioni”.

«Erano tredici su diciotto gli amministratori stranieri, in gran parte ebrei, che volontariamente si dimettevano; tutti in un giorno, tutti guidati da una medesima determinazione»

E sapete chi allora difese l’alta finanza internazionale ebraica operante in Italia ?

Fu, per primo i! giornale inglese Daily Chronicle che il 15 marzo del 1915 scese in difesa dell’alta banca ebraica e tentò di negare ogni fondamento di verità alle mie rivelazioni. L’alta finanza ebraica d’Inghilterra scendeva cosí in difesa dell’alta banca ebraica di Germania, mentre Inghilterra e Germania erano in guerra tra loro.

Fu nel corso di quella polemica che tirai per la prima volta, e primo nel mondo, alla luce del sole con tutti i suoi connotati il famoso cosmopolita Basil Zaharoff, non inglese ma levantino, divenuto il controllore e padrone della maggioranza azionaria della Vickers, autore e gestore della formidabile catena cosmopolitica di industrie di armamento ; catena che operò in piena concordia di interessi e di scopi anche mentre le nazioni che della catena facevano parte erano tra loro in guerra.

E mentre la gran maggioranza degli italiani della classe dirigente rinunciava a capire, si veniva accogliendo e formando attorno a LaVita Italiana un gruppo eletto di scrittori che agitavano la questione del pericolo ebraico. Il primo posto tocca al grande Maffeo Pantaleoni che cosí bollava nel fascicolo di dicembre del 1916 i neutralisti dell’estrema sinistra della Camera dei Deputati :

«Se si esaminano i nomi dei tedeschi che si sono messi a capeggiare all’estero imprese bancarie e industriali, terrestri e marittime, è ben difficile trovarne anche uno solo che non sia quello di un ebreo o di un cripto-ebreo. A questi tedeschi ebreì hanno aperto le porte, prima dell’attuale crisi mondiale, la massa dei loro correligionari negli altri paesi… Hanno loro anche giovato le logge massoniche nazionali, che li hanno accolti quali fratelli, non sospettando il trucco ».

E, riferendosi alla mozione neutrali sta presentata dai socialisti alla Camera, constatava che non era senza significato che «la mozione dei socialisti tedeschi al Reichstag portava, come ora avviene delle mozioni dei socialisti italiani, quale firmatario principale il nome di un ebreo ».

Oggi solo i ciechi volontari possono negare che nessun paese era stato tanto profondamente pervaso dall’ebraismo quanto l’Italia, dove l’ebreo è stato l’invisibile dominatore.

In nessun paese — sono stati essi a dichiararlo — gli ebrei si sono trovati a loro agio quanto in Italia.

Pur essendo una minuscola minoranza, per essere gli ebrei d’Italia in tanta parte uomini della borghesia, poterono conquistare una posizione preponderante in tutta la vita nazionale, prendendo la direzione di tutti i centri nervosi. Padroni della banca e di tutte le Società Anonime ; numerosi nel Senato e nella Camera dei Deputati ; detentori dei posti di comando piú importanti nell’amministrazione dello Stato ; numerosissimi — come in nessun altro paese europeo — nell’insegnamento, fino al punto che alcune facoltà delle nostre Università erano diventate un campo chiuso riservato esclusivamente agli ebrei ; padroni di tutte le piú importanti Case editrici librarie; proprietari e comproprietari di tutti i maggiori giornali quotidiani : gli ebrei erano i veri dominatori dell’Italia. Cosí li trovò la Marcia su Roma.

Ognuna di queste affermazioni è stata documentata con nomi, cifre e circostanze nei molti anni di lotta ne La Vita Italiana da quel gruppo di scrittori e studiosi — voglio fra i miei collaboratori ricordare solamente i piú assidui : Emilio Canevari, J. Evola, Piero Pellicano, G. Sommi Picenardi, Massimo Scaligero — i quali, assieme a Roberto Farinacci con la sua appassionata ed efficace quotidiana polemica in Regime Fascista, a Telesio Intedandi con il gruppo dei suoi collaboratori de Il Tevere ed a pochi altri studiosi isolati, hanno contribuito a creare in Italia una coscienza antiebraica. La quale si è venuta formando rivedendo tutto il nostro passato : dalla costituzione del Regno d’Italia risalendo a quella rivoluzione del 1848 che fu particolarmente profittevole agli ebrei e che in Italia segnò la fine del loro sequestro nei ghetti. Già nel 1844, cioè quattro anni prima del moto insurrezionale, Beniamino Disraeli, l’ebreo primo ministro d’Inghilterra, faceva dire a Sidonia, personaggio del suo romanzo Coningsby :

« Quella possente rivoluzione che si prepara al presente in Germania, che sarà una seconda e piú grande riforma e di cui si sa cosí poco in Inghilterra, si sviluppa sotto l’egida degli ebrei, che cominciano a monopolizzare le cattedre professionali in Germania ».

II dialogo finiva :

« Come voi vedete, mio caro Coningsby, il mondo è governato da personaggi molto diversi da quelli che si immaginano quando non si è dietro le quinte del teatro ».

Le parole di Disraeli si riferivano al movimento che faceva capo alle società segrete sul tipo della « Giovane Germania », ma si riferivano anche alla « Giovane Italia », imperniata in Mazzini, nella quale l’ebraismo non faceva difetto.

Anche nel Cap. XXIV della Vita di Lord George Bentinck, Disraeli osservava :

« Se il lettore getta gli occhi sui governi provvisori di Germania, d’Italia e perfino di Francia formati in questo periodo, egli riconoscerà in tutti l’elemento ebreo… L’abolizione della proprietà è proclamata dalle società segrete che formano i governi provvisori. Alla testa di ciascuna di esse vi sono uomini ebrei… Gli ebrei vogliono distruggere questa ingrata cristianità di cui non possono piú sopportare la tirannia ».

Ecco qui alcuni accenni solamente per spiegare il formarsi della potenza ebraica prima e durante la costituzione del Regno d’Italia.

Quando nel 1848 si schiusero i ghetti in Italia, i maggiori centri ebraici nostri erano : Livorno — la Sion Italiana —, Roma, Trieste, Mantova, Ancona, Venezia, Torino, Ferrara, Firenze e Verona. L’opera compiuta dagli ebrei del Piemonte per interessare i pubblici poteri alla causa della loro emancipazione fu messa in luce dall’ebreo Giuseppe Levi.  Gli ebrei diffusero libri, giornali, pubblicazioni a loro favorevoli, premiarono gli autori che scrissero in difesa del giudaismo, parteciparono alle agitazioni patriottiche dando al paese uomini e denari. Un drappello di ebrei torinesi, salutati entusiasticamente da tutte le popolazioni si uní ai volontari delle altre comunità ebraiche e formò la 7a Compagnia Bersaglieri ebrei.

L’abolizione dei ghetti non significò la completa parità giuridica e politica degli ebrei, ma fu da essi raggiunta, nelle varie regioni, di mano in mano che veniva integrandosi  il nuovo Regno.

Massimo d’Azeglio fu uno dei piú fervidi promotori e sostenitori dell’emancipazione civile degli ebrei. Egli scrisse nel 1848 :

«Ognuno di noi tenda la mano ai nostri fratelli israeliti: li ristori de’ dolori, de’ danni, degli infiniti scherni che fecero loro soffrire… coloro che avevano e… non meritavano il titolo di cristiani».

Nel periodo di formazione dell’Italia emerse Manin, dal lato paterno di puro sangue ebraico. Suo padre era figlio di genitori veronesi convertiti: Samuele e Allegra Medina, i quali avevano assunto il cognome di Manin in onore del loro padrino al fonte battesimale.

Cavour dovette in parte la sua elezione a deputato, nel 1853, al rabbino maggiore Lelio Cantoni che allora godeva alta autorità negli ambienti politici della capitale. Fra i parecchi ebrei collaboratori di Cavour, il più in vista fu Isacco Artom, suo segretario particolare, divenuto piú tardi segretario generale agli Esteri, posto che occupò per diversi anni. Artom fu il primo ebreo entrato in Senato. Operarono vicino a Cavour all’Interno molti ebrei : il giornalista Dina, il caricaturista Redenti, nato Nacnami, Giuseppe Finzi, ex mazziniano, d’Ancona, Avigdor e, fuori d’Italia, i banchieri Rothschild e Fould, coi quali ultimi ebbe rapporti frequentissimi.

Fra gli artefici del nostro risorgimento, Giuseppe Mazzini è stato il piú vicino all’anima ebraica. Cosí pensa Ercole Specos il qual sostiene che il motto mazziniano « Dio e Popolo » era stato « il motto sottinteso dei profeti d’Israele ».

Mazzini, a Londra, ebbe ad un dato momento come factotum Luigi Wolff che passava per tedesco, ma che parlava alla perfezione l’inglese, il francese e l’italiano. Piú tardi si scoprì che era una spia: era un ebreo.

Mazzini nel 1847 scriveva degli ebrei come « di una classe numerosa e ricca anche tra di noi » e diceva :

« Eglino meritano amore, rispetto e stima al pari di qualunque altro… Fino a tanto che non si avrà riguardo a questa classe dei nostri connazionali; fino a tanto che non le sarà concesso di stare a contatto con noi, sempre ci staremo servi : saranno essi obbligati a portarci nimicizia e ostilità di pensieri, e oltre alla mancanza di un poderoso aiuto dal fato di questi nostri concittadini avremo le forze dei nemici interni ed esterni raddoppiate».

Ebrei erano i Nathan, amicissimi di Mazzini. Il capo della famiglia Nathan, Mayer Moses, era nato a Redelhaim presso Francoforte nel 1799. Nel 1850 divenne cittadino inglese. Morí nel 1859 a Vieby, lasciando dodici figli ; dei quali uno, Ernesto, nato a Londra nel 1845, marito, nel 1867, di Virginia Mieli, prese tardi la cittadinanza italiana e subito nel 1889 divenne consigliere comunale di Pesaro. Gli altri fratelli rimasero inglesi, o, comunque, non italiani. Lo stesso Ernesto nel 1870 era ancora considerato da Mazzini «per due terzi» inglese; e fu cosi che, non per merito dell’« un terzo» italiano ma in virtú dei tre terzi ebrei, divenne capo della Massoneria e sindaco di Roma, dal 1907 al 1913.

Durante la discussione della legge Rattazzi del 4 luglio 1857 che regolava il culto ebraico in Piemonte, votata alla Camera il 31 marzo 1857 con 76 voti favorevoli e 47 contrari, il deputato Matteo Pescatori, magistrato consigliere di Cassazione, professore di filosofia del diritto all’Università di Torino, fece il 27 marzo 1857, le seguenti assennatissime, inalscotate dichiarazioni :

« Prego la Camera di ricordare quello che altra volta diceva il deputato Farini, cioè che gli Israeliti non costituiscono solo una setta religiosa ma piú propriamente una nazionalità.

« Non credo che il gran sinedrio di Parigi, nonostante la sua compiacenza rispetto a Napoleone I, abbia tolto tutte le difficoltà che si incontrano per conciliare le leggi civili e politiche degli Stati in cui dimorano.

« Sappiamo che secondo le loro credenze, essi sarebbero solo provvisoriamente dispersi nei vari Stati, e che nutrono speranza di ritornare un giorno padroni di sé e signoreggiare sui popoli a cui attualmente obbediscono. È dunque rilevantissimo che la politica dello Stato intervenga, benchè con mezzi indiretti, a provvedere che siano assunti alla Direzione di tale setta, che mal s’incorpora colle nazioni moderne, insegnanti e ministri moderati, ministri meno avversi alle dottrine comuni a tutte le religioni ».

Tra gli uomini del Risorgimento chi piú di tutti avvertí il pericolo ebraico fu Francesco Domenico Guerrazzi che nelle sue Note autobiografiche scritte nel carcere di Portoferraio, fin dal 1833 osservava :

« Notiamo a Livorno una colonia ebrea ; quando e come venisse s’ignora ; ma, per indovinar giusto, può farsene rimontare l’origine alle prime monete che presero a circolare fra noi. Dov’è moneta è ebreo. Però le scritture piú antiche, serbate negli archivi livornesi, datano dal 1570, e sono distese in lingua spagnuola ; par certo che la colonia si aumentasse degli ebrei fuorusciti dalla Spagna, a ragione degli editti di Ferdinando e Isabella. La congiuntura acquista forza ; notando, fra gli ebrei di presente domiciliati a Livorno, molti nomi affatto spagnuoli: Medina, Miranda, Nunez, Petenza de Leon e simili. A qual numero assommano è cosa incerta, avvegnaché l’eterno loro sospetto li consiglia a dissimularlo.

« Da poi che si fermarono tra noi, tanto si seppero ingegnare che il Governo, non pure negli antichi privilegi li mantenne, ma altri nuovi ne concesse loro ; il presente non fu da meno degli antecessori, e l’esigenza ed influenza loro giunse a tanto, da conseguire cose in Toscana, che certo non si attenterebbero chiedere altrove. A ragione di esempio narrerò come nell’opera del Rossini, la Gazza ladra, vi sia introdotto, a guisa di personaggio subalterno, Samuele, giudeo merciaiolo ; gli ebrei di Livorno conservano negli archivi un bel rescritto, affinché Samuele non intervenga piú a vendere spilli, né ferri da calze nella Gazza ladra. I fratelli Vignozzi vollero risparmiare a Livorno il romanzo della Sibilla Odaleta, modellandosi sopra un’edizione fatta a Milano ; gl’israeliti s’adoperarono onde fossero tolte all’ebreo Malvezzi, personaggio del romanzo, alcune espressioni caratteristiche. Allorquando il Nistri, stampatore pisano, pubblicò una nuova edizione dell’Ivanhoe di Gualtiero Scott, gli ebrei levarono grandissima querimonia, chiamandosi offesi dalla descrizione d’Isac York. La ragione per la quale si tengono ingiuriati dalla pittura di quei costumi per avventura si’ è questa : non hanno ancora mutato costumi. Gli ebrei, ottimamente sentenziava Napoleone, saranno pur sempre rivenditori di robe vecchie.

« Una opinione, partecipata dal potere, li ha, per utili al commercio locale ; l’esperienza dimostra falsa cotesta opinione ; avari, nelle spese sottilissimi, riducono in prima a tali estremità il guadagno che allontanano i commercianti patrii, i quali sono i piú, dai negozi; rimasti soli frodano a man salva, e domandando ai semplici un prezzo cinquanta volte maggiore del giusto, e barattando la merce, o somministrandotela fatturata in modo che dopo breve uso ti conviene gettarla. Cosí, dopo un leggiero benefizio per i compratori, apportano un danno gravissimo e giornaliero ; cosí concentrano esclusivamente nelle loro mani un’industria la quale, piú ripartita, provvederebbe molte famiglie che adesso languiscono di miseria.

« Ancora, ripugnanti dell’acquistare beni di suolo, non presentano garanzia a chi loro fida, e si apparecchiano con facilità a transigere quando falliti. Siano le leggi commerciali improvvide, o malamente applicate, il fallimento si considera fra noi un mezzo di avvantaggiare le proprie fortune ; l’ebreo vi calcola sopra, e, quando possiede un capitale assai esteso, ricorre all’asilo di Lucca ; di costà capitola, e i mal consigliati, che in lui posero fede, scelgono, per lo meno reo partito, di adattarsi a quanto vuole restituire ; e, caso diverso, perderebbero tutto.

« Sono, gli ebrei, solenni tosatori di monete oggi come un secolo, come tre secoli, come dieci secoli addietro studiosi sempre a recarti ingiuria coi fatti; se non possono con fatti, con parole. Vendendoti una stoffa, nel mentre che la tagliano in sembianza di buono augurio, esclamano : « la sua salute ! » ; e intendono esprimere il desiderio di reciderti la salute, come la tela ; battagliandosi con essi intorno al piú, o al meno prezzo, e finalmente aggiustandosi, con una voce ipocrita ti dicono : « basta, se deve servire per il consumo della sua famiglia, la prenda », o non aggiustandosi : « non posso darla, le mi cadono gli occhi che ho davanti », e cosí di seguito.

« Partecipi della natura dei gatti, mai li ammansisci ; nulla con essi giova ; l’amicizia non sentono : ogni loro affetto non oltrepassa la circonferenza dello scudo. Si mantengono come li fece Mosè ; o in Toscana, o in Romagna, o in Polonia, per ogni dove per loro è l’Egitto, egiziani i popoli. Passano attraverso i secoli e la gente come olio per acqua : non si confondono, non si mescolano mai ; essi gli eletti, essi i veri figli di Dio : terminerà la lunga servitú, alla fine verrà l’aspettato Messia, ed allora noi Amorrei, noi Amaleciti ben potremo chiamarci avventurosi se ci subiranno per somieri. Gli ebrei, con Mosè e dopo, presentano una vasta compagnia di masnadieri, piú trista assai del Conte Lando ; quando furono dispersi mutarono pelo, non vizio; di leoni si fecero volpi, e la guerra di sangue convertirono in guerra di frodi ».

Nella terza Italia sorta con un programma laico, massone, anticlericale, in opposizione al Papato, gli ebrei trovarono le condizioni ideali per infiltrarsi in tutti i rami del nuovo organismo, senza far rumore, come i tarli, i quali finché mangiano non si scoprono.

L’infiltrazione fu anche favorita agli ebrei sefarditi dalla loro maggiore somiglianza somatica con noi, che li rese e li rende piú facilmente confondibili.

Anche attorno a Garibaldi gli ebrei non scarseggiarono : fra i dodicimila che erano con lui nel 1859, circa 400 erano ebrei. Fra essi : Guastalla, Arbib, Rava, Porto Cohen, Nathan, Levi, Uzielli ebbero funzioni importantissime. Fra i « Mille » vi erano 7 ebrei.

È certo che, fatta l’Italia, i « sopraggiunti » ebrei seppero invadere cosí presto e cosí accortamente il nuovo Stato da riuscire a controllarlo. Non ebbero troppi riguardi per i vecchi rivoluzionari sentimentali che l’avevano creato ; questi furono presto liquidati e messi alla porta, senza attendere che li eliminasse la morte ; parve agli ebrei ed ai loro protetti troppo pigra la morte.

Gli ebrei che, a giudizio di uno dei loro, il Lombroso, sono capaci di plasmarsi meglio degli altri, secondo i vari caratteri regionali di uno stesso paese, ebbero quindi buon gioco nel nuovo Stato Italiano che, appena sorto, rappresentava una unità politica non omogenea, essendo un aggregato con tradizioni diverse.

Liquidati i « sentimentali », che avevano rischiata la pelle per fare l’Italia, gli affaristi presero il sopravvento e cominciò la scalata a tutti i poteri da parte di avventurieri senza scrupoli.

Gli ebrei — gli eterni sfruttatori delle fatiche altrui — che, prima, si erano tenuti dietro le quinte, incominciarono lo spaccio del paradiso in terra, ma a scadenza dilazionata, per meglio organizzare nel frattempo il proprio parassitismo.

È proprio a quest’epoca che risalgono le baronie e i titoli degli ebrei Franchetti, Todros, Corinaldi, Montel, Leonino, Levi, Lumbroso, Castelnuovo, Vitta, seguiti piú tardi dagli Ottolenghi, de Veali, Sacerdoti, Weil Weiss, Padoa ecc.

Come in Europa e negli altri continenti, gli scienziati e i giuristi di grido, rispettarono anche in Italia le regole del gioco : cercarono dottrine adatte al gusto e al bisogno del momento ; e mentre i nostri patriottardi sventolavano la bandiera tricolore per coprire le loro malefatte e i loro strozzinaggi, il vero patriottismo si era rifugiato nella mente e nel cuore di pochi rivoluzionari sentimentali e di vecchi conservatori, molti dei quali vissero e morirono poveramente.

La Massoneria fu la scala usata dagli ebrei per l’arrembaggio nel nuovo Stato.

Essa divenne il loro segno. Con essa fecero breccia ovunque. Senza di essa resterebbero inspiegati molti altri fattori, anche utili, come ad esempio le numerose defezioni di ministri, generali e ammiragli borbonici, venuti meno al loro giuramento.

Costituito il Grande Oriente italiano nel 1861, fu posto a capo di esso un certo Cordova, al quale successero : de Luca, Frapolli, Lemmi, Ferrari, Nathan ; il primo gran segretario del Grande Oriente italiano fu Davide Levi : una tribú di ebrei e di marrani.

Vi è stata costante dipendenza della massoneria italiana all’ebraismo, prima e dopo la formazione del Regno d’Italia. Aspetti di uno stesso fenomeno, fermenti della stessa decomposizione.

Tutti gli ebrei erano massoni e liberi pensatori frenetici, senza il minimo pudore e l’elementare rispetto ai costumi, alla fede, alla religione degli altri, che poi erano la stragrande maggioranza del paese.

Il maggior numero dei nostri dirigenti statali, in tutti i campi, particolarmente in quelli delle forze armate, della giustizia, dell’istruzione pubblica, delle belle arti, appartenevano alla massoneria e non pochi erano ebrei. I non iscritti alla massoneria contavano ben poco ed erano considerati, come lo sono, sostanzialmente, ancor oggi, quali esponenti di una classe di « iloti ».

Lo strumento che piú facilitò agli ebrei la scalata al potere effettivo è stata la stampa. Anche gli ebrei italiani si diedero perciò alla conquista della stampa.

Guardiamo ai piú importanti giornali.

Nel 1870 il giornale crispino La Riforma aveva il suo principale collaboratore in Primo Levi ; il mazziniano Dovere era sostenuto da Nathan ; L’Opinione era stata fondata e diretta da Giacomo Dina, passato poi al Corriere di Milano, del quale è stato anche redattore politico Emilio Treves. Il deputato Raffaele Sonzogno è stato direttore della Gazzetta di Milano. Tutti ebrei.

Nel 1880 si scoprí che i cinque principali giornali d’Italia erano sovvenzionati dal banchiere ebreo Oblieght. Nel 1890 Roma aveva una loggia composta di soli ebrei, e i giornali: Tribuna, Riforma, Capitan Fracassa, Messaggero, Campidoglio, erano diretti o redatti in gran parte da ebrei. Anche la stampa liberale di Trieste era nelle mani di ebrei mantovani, livornesi e armeni.

Proprietari e direttori dell’Agenzia Stefani erano gli ebrei Oblieght e Friedländer ; corrispondente italiano della Reuter era l’ebreo Arbib. Lo stesso Eduardo Scarfoglio fondò Il Corriere di Napoli coi denari del ricco ebreo Schilizzi. Il giornale italiano di Trieste irredenta era Il Piccolo dell’ebreo Teodoro Mayer.

Per 18 anni, dal 1905 al 1923, è stato presidente dell’Associazione della Stampa Italiana l’ebreo triestino Salvatore Barzilai, preceduto in tale carica dall’ebreo Luigi Luzzatti.

La maggiore agenzia di pubblicità, quella che ha avuto il controllo, per molti anni, di tutti i giornali d’Italia è stata la ebraica « Haasenstein e Voglet ».

Anche l’ambiente teatrale italiano, al pari di quello francesee tedesco fu invaso dagli ebrei.

Ritornando indietro si trova ispettore di tutte le scuole del Regno un altro ebreo : Rava ; e vice presidente della Camera Isacco Maurogonato, diventato Pesaro Maurogonato. Il nostro destino monetario fu per molti anni nelle mani delle case Rothschild e Ambron, alleate del Ministro Magliani.

Per molti anni l’ebreo Malvano ha avuto la direzione di tutto il nostro Ministero degli Esteri ; ne rappresentava la continuità col grado di Segretario Generale.

Abbiamo avuto ripetutamente ebrei come Capi del Governo. Nessuno può valutare quale sia stata l’opera talmudica dell’ebreo Mortara ministro di Grazia e Giustizia e per cosí lungo tempo presidente della Corte di Cassazione del Regno.

La conquista ebraica dell’Italia era stata cosí completa che nella prima edizione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che nel 1920 dedicai agli italiani, potei cosi concludere la documentata «appendice» :

« Notiamo, anzitutto, quello che gli Ebrei stessi ammettono : cioè, che in nessun paese essi si sono trovati e si trovano a loro agio tanto quanto in Italia. Essi, pure essendo tra noi una minuscola minoranza — non piú di cinquantamila, posseggono in Italia una posizione predominante, in quanto sono preposti alle direttìve dei centri nervosi della vita nazionale. Basta, per accorgersene, dare all’intorno un’occhiata anche fugace. Gli Ebrei sono, in Italia, alla testa della grande banca; danno una percentuale altissima di membri ai Consigli di amministrazione delle nostre Società Anonime; sono numerosi tra i membri del Senato e della Camera dei Deputati; occupano i primi e i piú importanti posti nelle nostre Amministrazioni di Stato. Nel campo dell’insegnamento sono numerosissimi, e alcune facoltà delle nostre Università sono diventate un loro campo chiuso. Hanno nelle mani quasi tutte le Case editrici librarie d’Italia. Molta parte dei giornali quotidiani sono nelle loro mani, e non è un mistero per nessuno l’incetta che, proprio in questi giorni, la banca ebraica sta facendo di quelli fra i maggiori nostri giornali che erano fuori del suo controllo. Si aggiunga, che i maggiori e piú influenti demagoghi, come i piú attivi agitatori della classe lavoratrice, sono ebrei o sotto la influenza ebraica.

Né si dimentichi, che tutte le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica, hanno alla loro testa un ebreo.

« All’attento osservatore non può di certo sfuggire, la graduale applicazione, anche in Italia, del metodo pel conseguimento del fine ebraico di conquista, cosí come è delineato nei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, cioè : disgregamento dell’esercito ; equivoco controllo sulla stampa ; leggi demagogiche per l’occupazione dei terreni ; spogliazione dei proprietari ; tasse di ogni genere sulla proprietà immobiliare ; lusso sfrenato ; enorme diffusione della letteratura pornografica ; occupazione delle fabbriche ; comportamento dei contadini nell’Emilia, nel Veneto, in Piemonte, ecc. ; sementi impedite ; bestiame fatto morire di fame ; aumenti di mercedi sempre superati dagli aumenti dei prezzi. Come si vede, il piano israelitico è in pieno svolgimento.

« Tutto questo diciamo, a guisa di elencazione, guardando solo alla scena.

Ma uno sguardo al retroscena ci porterà a vedere, che l’ebreo è il vero manovratore della vita economica, politica, sociale, nonché, cosa che piú conta, internazionale del nostro paese.

« L’agente maggiore d’Israele per l’attuazione del terribile piano è stata ed è la Banca. Invero, la banca internazionale ebraica, a mezzo dei suoi complici, ha operato in Italia conformemente alle sue caratteristiche generali ; mettendo, cioè, la banca nazionale sotto il dominio dell’alta finanza ebraica internazionale ; le banche apparentemente nazionali, alla loro volta, hanno asservito le industrie e il commercio ; le banche e le industrie si sono impadronite della stampa. Queste tre forze riunite hanno asservito gli uomini politici, ed oggi siamo nella condizione che nessun uomo politico in Italia può, non diciamo governare, ma neppure costituire un Gabinetto, senza l’appoggio dell’alta banca ebraica, che ha il controllo della stampa e quindi forma l’opinione pubblica.

« Ecco qualche ricordo a titolo d’esempio :

a) una parte della stampa, e non solo quella estrema, specialmente dopo la vittoria, ha diffuso e sostenuto le idee piú contraddittorie, determinando la stanchezza e l’irritazione del popolo e la confusione delle opinioni ;

b) gli estremisti hanno imposto al Governo, contemporaneamente, la modifica alla legge elettorale e l’allargamento del voto, che ora si estende anche alle donne e ciò (Protocollo n. 10) “per ottenere, ai fini degli ebrei, l’autorità della maggioranza, poiché questa non si può ottenere dalle sole classi intellettuali” ;

c) il programma finanziario in attuazione da parte del Governo non è altro che la riproduzione fedelissima di quello esposto nel verbale della seduta segreta dei Savi Anziani di Sion: n.20 dei ” Protocolli ” ;

d) l’occupazione da parte delle masse della proprietà altrui, trova logico riscontro in quanto è voluto dagli Ebrei (Protocollo n. 10) i quali debbono acquistare lo spirito di audace impresa e di forza, con l’intermediario dei loro agenti, allo scopo di abbattere tutti gli ostacoli che si presentano sul loro cammino. La lotta è per la demolizione delle industrie nazionali e per la distruzione della iniziativa individuale (Protocollo n. 5).

« Tutto questo gigantesco piano ha dietro di se una sola forza motrice : “l’oro” : la piú grande potenza moderna, detenuta dagli ebrei, i quali, ” in 48 ore, possono estrarne dai loro tesori qualsiasi quantità ” (Protocollo n. 22). Di tale oro e di quello passato per le mani di Lenin, qualche rivoletto è corso anche nella nostra terra.

« Italiani ! Forse siamo ancora in tempo. Nel VI Centenario dantesco ricordate il monito di Colui che ” mostrò ciò che potea la lingua nostra ” :

Uomini siate, e non pecore matte, Sì che il giudeo tra voi di voi non rida. DANTE (Par. c. V; v. 80, 81) ».

Auspice la Massoneria gli ebrei avevano soprattutto conquistato l’amministrazione dello Stato. Nel 1922 compilai una statistica — la prima del genere nel mondo — degli ebrei nell’amministrazione dello Stato italiano. Eccola, con l’avvertenza che quelli non erano tutti gli ebrei nell’amministrazione, ma solamente quelli che tali risultavano, dall’Annuario Generale del Regno d’Italia per l’anno 1920, per i loro ben noti cognomi principali :

Senato del Regno (Membri) 24

Senato del Regno (Uffici amministrativi) 1

Camera dei Deputati (Membri) 35

Camera dei Deputati (Uffici amministrativi) 4

Ministero degli Affari Esteri: Gabinetti, Segretariato Generale e Direzione Generale Affari Commerciali  6

Agenti diplomatici e consolari di S. M. il Re d’Italia negli Stati 48

Archivi di Stato 4

Ministero delle Colonie 2

» dell’Interno 29

» della Giustizia e Culto 9

» delle Finanze 33

» del Tesoro 46

» della Guerra 23

» della Marina 12

» della Pubblica Istruzione 6

» dei Lavori Pubblici 26

Ministero dell’Agricoltura 2

» dell’Industria e Commercio 8

» del Lavoro e Previdenza 8

» delle Poste e dei Servizi Elettrici 79

» delle Terre Liberate 1

Consiglio di Stato 6

Corte dei Conti 15

Ordine Giudiziario (Corti di Cassaz. e di Appello 389

EBREI NELLE PREFETTURE E SOTTOPREFETTURE, AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA, PUBBLICA ISTRUZIONE, POSTE E SERVIZI ELETTRICI, GENIO CIVILE

P R O V I N C I E

Alessandria 31 Ancona 19 Aquila 16 Arezzo 9 Ascoli Piceno 6 Avellino 16 Bari 53 Belluno 7 Benevento 14 Bergamo 21 Bologna 52 Brescia 17 Cagliari 21 Caltanissetta 14 Campobasso 13 Caserta 31 Catania 63 Catanzaro 24 Chieti 13 Como 24 Cosenza 32 Cremona 16 Cuneo 31 Ferrarà 12 Firenze 70 Foggia 26 ForlI 12 Genova 76 Girgenti 25 Grosseto 2 Lecce 33 Livorno 28 Lucca 7 Macerata 8 Mantova 13 Massa Carrara 5 Messina 41 Milano 114 Modena 36 Napoli 143 Novara 22 Padova 33 Palermo 79 Parma 41 Pavia 23 Perugia 28 Pesaro 20 Piacenza 12 Pisa 17 Porto Maurizio 15 Potenza 20 Ravenna 14 Reggio Cal. 20 Reggio. Em. 15 Roma 201 Rovigo 3 Salerno 28 Sassari 10 Siena 12 Siracusa 26 Sondrio 10 Teramo 6 Torino 109 Trapani 27 Treviso 12 Udine 16 Venezia 35 Verona 19 Vicenza 14

RIEPILOGO

Parlamento – Senato e Camera 64

Corpi consultivi – Consulta Araldica – Consiglio di Stato e Corte dei Conti 25

Affari Esteri – Amministrazione Centrale e Agenti all’estero 54

Colonie – Amministrazione locale e centrale 11

Amministrazione dell’Interno, compresi gli Uffici Provinciali 317

Amministrazione della Giustizia – Ministero e Magistrati 398

Amministrazione Finanziaria – Finanze e Tesoro, compresi gli Uffici esecutivi Provinciali 470

Ministero Guerra e Ufficiali superiori del R. E. 267

Ministero Marina e Ufficiali Armata Navale 117

Pubblica Istruzione – Compresi Insegnanti delleScuole Medie e dell’Università 846

Lavori Pubblici – Ministero e R. Corpo del Genio Civile 96

Industria, Commercio, Lavoro e Agricoltura, Ministeri relativi e Funzionari in provincia 62

Poste e Servizi Elettrici – Amministrazione Centrale e Provinciale 532

Totale 3259

I posti piu ricercati sono :

Insegnamento superiore 846

Poste e Telegrafi 532

Magistratura 398

Finanze e Tesoro 470

Amministr. Interno 317

Esercito 267

Marina 117

Questa statistica pubblicata nel fascicolo del 15 agosto 1922 era seguita da questa nota :

« Queste le cifre. Brevi i commenti. Chi ha letto i Protocolli non ha potuto fare a meno di trarne le seguenti conclusioni :

a) esiste da secoli una organizzazione segreta, politica, internazionale degli ebrei, oltremodo potente ;

b) essa possiede l’ambizione titanica di asservire il mondo al proprio dominio;

c) per raggiungere questo scopo, essa lavora da secoli a disgregare la compagine degli Stati a base nazionale, tendendo a conglomerarli in un complesso internazionale e mondiale, dominato e sfruttato da Israele;

d) il metodo da essa adoperato per indebolire prima e distruggere poi gli Stati politici, consiste nella propaganda, fra le masse, di idee determinanti la disorganizzazione, fatta secondo un programma abilmente calcolato: dal liberalismo al radicalismo, dal radicalismo al socialismo, dal socialismo al comunismo, dal comunismo all’anarchia (portando all’assurdo i principii di eguaglianza). Durante questi diversi tempi, Israele, chiuso nella duplice cintura di religione intollerante e del suo esclusivismo di razza, è rimasto immune da dottrine corrosive ;

e) i Saggi d’Israele disprezzano profondamente i governi politici ed evoluti di Europa, la loro politica, le loro costituzioni democratiche. Per questi Saggi d’Israele, il governare è un’arte sublime e segreta che si acquista mediante una cultura tradizionale impartita a pochi eletti accurata mente selezionati;

f) data questa concezione di governo, le masse hanno poco valore e i loro condottieri sono delle marionette nelle mani dei Saggi di Israele;

g) la stampa, il teatro, la borsa, la scienza, le arti, le leggi — essendo nelle mani di chi possiede tutto l’oro esistente sulla terra — sono per i Saggi d’Israele altrettanti strumenti per indebolire ed inquinare l’opinione pubblica; per demoralizzare la gioventú;  per eccitare al vizio le popolazioni in generale; per mettere in ridicolo e distruggere le aspirazioni ideali che sono il fondamento fornito dalla cultura cristiana; per sostituire ad ogni altro il culto del denaro; per fomentare lo scetticismo  materialista ed ogni più basso e cinico appetito del piacere.

« Dopo gli esempi della Russia e dell’Ungheria, ogni italiano deve domandarsi : quali dei detti elementi di corruzione e di disfacimento sono penetrati tra noi ?

« Si può asserire che tali elementi sono stati tutti importati nella Nazione, con la sola differenza, che l’esperimento non è, per virtú del Fascismo, riuscito in Italia, dove però, ha segnato solchi profondi, che costituiscono una gravissima minaccia per l’avvenire.

« Per non vederla bisogna essere ciechi volontari ».

Coincidenza non priva d’interesse, nello stesso fascicolo del 15 agosto 1922 de La Vita Italiana, nel quale io pubblicavo i primi risultati delle indagini sugli ebrei nell’amministrazione dello Stato italiano, ospitavo un articolo che ben si può dire storico: Gli ebrei, la passione e la resurrezione della Germania a firma « Un bavarese », che la stampa internazionale attribuí ad Hitler.

In quell’articolo venivano, per la prima volta, fermati i concetti sui quali l’Italia fascista e la futura Germania nazional-socialista potevan trovare ed han trovato la base per la loro amicizia consacrata nel Patto di acciaio. Da una parte la rivolta contro l’oppressione della internazionale finanziaria ebraico-massonica, dall’altra la reazione alla ingiustizia di Versaglia.

Non si troverà nella stampa di quell’epoca in nessun paese una accoglienza così piena e una comprensione cosi profonda del grido di riscossa lanciato da Hitler al popolo germanico, come quella de La Vita Italiana.

La pubblicazione di quell’articolo fu da parte mia un atto di fede verso quel movimento della nuova Germania che aveva risposto al grido di Adolfo Hitler«Germania svegliati! ».

«Le conseguenze delle oppressioni — scriveva il “bavarese” — avranno anche in Germania la conseguenza come nella vecchia tragedia greca : vale a dire di affrettare quello che si vuole evitare. Già vediamo in Baviera che anche nella massa operaia si è formato un partito nazional-socialista con tendenza formidabile anti-ebraica ; esso aumenta ogni giorno di numero. Contro quel partito operaio va parzialmente la lotta inasprita da Berlino contro Monaco.

« Ma una resurrezione anche in dimensioni minime rimane assolutamente impossibile, se il mondo intero non sarà forzato dal destino a liberarsi della mentalità di Versailles. Lí fu, da pochi sconosciuti, senza che la piú gran parte del mondo l’abbia compreso, inventato il sistema del diritto eterno di usura sul lavoro del popolo germanico. Lí si stabiliva la sentenza che questo popolo non dovrebbe essere trattato onorevolmente come eroicamente vinto, ma incatenato come una belva, punito e disprezzato perché lordo di sangue versato a dispetto di un mondo angelico e pacifico ; mondo senza ambizione di egemonia francese, inglese e pan-ebraica, come quello che solo, unicamente, malevolmente aveva preparato ed effettuato il piú grande delitto contro l’umanità e la libertà dei popoli che mai fu commesso da una Nazione cosiddetta civilizzata.

« È scritto che se non sarà flagellato il diritto di usura, prepotente oggi fino nel tempio dell’amicizia, la risurrezione della Germania non si farà in vita libera, e degna, ma nella morte liberatrice ».

La gran parte degli italiani non compresero neppure allora e non potevano comprendere, perche erano sotto l’in fluenza del pensiero e dell’azione ebraica.

Anche il Nazionalismo italiano, benchè antimassonico, è stato in molti dei suoi esponenti un negatore del problema ebraico per non dire un valorizzatore degli ebrei. Basta scorrere i nomi dei membri di quel famoso « Comitato Italia-Palestina » che, pomposamente, costituitosi nel 1928, caldeggiava una « intesa feconda ed attiva » tra ebrei ed italiani. Alcuni nazionalisti furono, dirò, i romantici del sionismo. Nel lontano 1912 Francesco Coppola non fu certo applaudito dai compagni  di fede nazionalista allorchè — mentre io documentavo l’azione dell’ebraismo contro gli interessi italiani nel Mediterraneo e, con dati di fatto dimostravo che l’Italia non era in guerra con la Turchia ma con gli ebrei di tre continenti guidati dal giudeo Cassel — potè vedere stampate queste sue ben chiare parole ne La Tribuna, evidentemente sfuggite alla direzione del giornale allora in mani ebraiche :

«… In quarant’anni la coalizione internazionale dei grandi interessi industriali, commerciali, bancari, ha imposto ai popoli il ferreo gioco della sua onnipotenza e della sua onnipresenza. Quasi da per tutto pel grande tramite giudeo-massonico, la democrazia trionfante è nelle sue mani : la giovane Turchia, la giovane Persia, la giovane Cina, la Repubblica del Portogallo, sono le sue opere piú recenti. Ha servi il pacifismo e l’anticlericalismo, figliuolo ed alleato il socialismo che rinnega i tradizionali aggruppamenti umani di sangue, di fede, di cultura, la razza, la chiesa, la nazione, per sostituire ad essi un aggruppamento puramente economico: la classe. Di fronte a questo sfacelo dei valori ideali l’antisemitismo stesso, che agli osservatori superficiali è apparso tante volte assurdo e ingiusto, non è dopo tutto che l’ultimo disperato tentativo di difesa delle varie tradizioni nazionali contro l’onnipotenza dell’oro cosmopolita e anonimo ».

Non giovò a Coppola la dichiarazione di non voler fare dell’antisemitismo: egli fu da non pochi colleghi nazionalisti giudicato « razionario ». Molti dei quali — anche non ebrei — non gli perdonarono mai di aver rilevato la solidarietà esistente tra gli ebrei italiani e di aver accennato alla loro ben avviata scalata al potere politico ed alla preponderanza commerciale.

Ancora oggi non tutti coloro che fan parte del fronte antiebraico sono in condizione di valutare a pieno quali e quanti sono stati e sono i goim strumento dell’azione ebraica nei campi piú disparati, dalla scienza alla finanza, dall’arte alla letteratura, dalla psicologia alla sociologia.

Non tutti, riandando al recente passato, sono in condizione di scorgere quanto l’azione di certi italiani adescati e conquistati dagli ebrei sia stata e sia funesta e potente.

Un esempio solo e che mi riguarda da vicino.

Nell’agosto del 1923 il giornale quotidiano di Napoli Il Mezzogiorno passò al Fascismo ed io fui chiamato a dirigerlo. Dal giorno stesso in cui ne presi la direzione, il giornale additò il pericolo ebraico-plutocratico-bolscevico-massonico. E quando nel 1924, dopo l’episodio Matteotti, tutto il mondo si schierò contro Mussolini, il giornale pubblicò documenti gravissimi e segreti della Massoneria Italiana collaborante col Grande Oriente di Francia.

Le rivelazioni culminarono nella pubblicazione di un documento « segretissimo » del « Comitato internazionale di  azione antifascista » residente a Parigi ed operante nel mondo. A quel Comitato, che aveva tra l’altro progettato « la scomparsa accidentale di Mussolini », facevano capo varie potenze massoni di Francia governate dall’ebraismo: a) la Gran Loggia di Francia ; b) la massoneria detta « Il diritto dell’uomo »; c) la « Confederazione generale del lavoro » capitanata da Jouhaux ; d) la «Lega dei diritti dell’uomo ».

Il documento conteneva tra l’altro le istruzioni che erano state impartite per la « costituzione dell’Aventino » di quartarellistica memoria e il piano circostanziato per una insurrezione destinata a travolgere il Regime. Il tutto era accompagnato da questa perorazione : « Altri regimi piú potenti del Fascismo, circondati dal prestigio di secolari tradizioni sono caduti per avere sfidato la giusta vendetta della massoneria. Anche il Fascismo dovrà cadere per la stessa causa e sotto la stessa reazione. Alla massoneria spetta il compito di permeare del suo spirito questa vasta insurrezione ».

Il documento fu pubblicato il 26 aprile 1927 e produsse enorme impressione. In quello stesso giorno però la ebreo-massoneria decretò la fine del Mezzogiorno.

Una riunione segreta di « fratelli » e di ebrei ebbe luogo a Napoli il 9 maggio 1927 ed io potei svelare in un mio scritto del 19 giugno di quello stesso anno i particolari della riunione segretissima. Ma la giudeo-massoneria era piú forte di me e dopo due anni ancora di lotta, fui costretto a lasciare la direzione del giornale, e cinque giorni dopo — il 31 dicembre 1929 — il Mezzogiorno finí, benché fosse stato all’avanguardia di tutti i giornali fascisti — nell’offesa e nella difesa — nei momenti piú difficili del Fascismo, e benché vivesse di vita propria. Non diversamente di come fu fatto morire in Inghilterra, sette anni dopo, il Morning Post, il piú antico giornale di lingua inglese, reo di essersi ostinato nel denunziare il pericolo ebraico-massonico.

La lotta di menzogne contro di me fu dalla ebreo-massoneria estesa in tutta la stampa mondiale. Anche in Germania tutti i giornali infeudati all’ebraismo stamparono con ricchezza di particolari e vistosi titoli che i « Protocolli » erano stati, « per ordine di Mussolini, interdetti in Italia e che il signor Giovanni Preziosi che li aveva diffusi e pubblicati era stato, per ordine del Duce, internato in un manicomio ».

Il giornale Deutsche Wochenschau, che per primo aveva divulgato la menzogna ebraica del dr. Goldschmidt, si rifiutò di pubblicare la smentita spontaneamente inviata da Friedrich Kock di Kassel ; il quale inutilmente chiese la rettifica agli altri giornali infeudati alla «menzogna eterna». Fu l’Illustrierter Beobachter (1929, pagina 8), che pubblicò due intere pagine illustrate per documentare la menzogna e far sapere che io, invece che al manicomio, ero a Napoli, sano e vegeto come sempre, direttore dei giornali Mezzogiorno e Roma, nonché direttore della rivista La Vita Italiana, e che i « Protocolli », nonostante l’ostruzionismo della organizzazione ebraica libraria, erano in vendita, e non erano stati mai interdetti.

Queste poche precisazioni per accenni vogliono avere il solo scopo di dimostrare quanto difficile sia stata l’opera di Mussolini, il quale all’indomani della Marcia si trovò a dover operare con una burocrazia obbediente all’ebraismo ed alla massoneria e con una classe dirigente che aveva fatta la propria cultura e la propria fortuna alla scuola dominata anch’essa dall’ebraismo e dalla massoneria.

2. MUSSOLINI E L’EBRAISMO PRIMA DELLA MARCIA SU ROMA

Per la storia politica dell’anticosmopolitismo fascista, e soprattutto per la precisazione del pensiero fascista fin dalle origini nei confronti dell’ebraismo italiano, è di grande importanza la conoscenza di alcuni documenti inediti che riguardano direttamente l’atteggiamento del Duce del Fascismo di fronte alla questione ebraica. Essi rimontano al 1921, all’epoca, cioè, in cui Mussolini — che fin dal 4 giugno del 1919 aveva preso posizione contro la internazionale ebraica — mise gli ebrei italiani faccia a faccia con la realtà, senza possibilità di infingimenti.

È necessario ricordare che il primo monito di Mussolini agli ebrei d’Italia rimonta al 19 ottobre 1920 allorché nel Popolo d’Italia scriveva :

… Ci appaiono per lo meno singolari talune affermazioni contenute in un appello lanciato agli ebrei d’Italia dalla Federazione Sionistica Italiana, alla vigilia del Congresso Sionistico di Trieste.

« La Federazione Sionistica Italiana — dice l’appello in quest’ora di transizione fra le tarde opere del passato e le promesse dell’avvenire, mentre il popolo d’Israele tende tutte le forze del suo spirito e del suo cuore a sanare le ferite e gli errori di due millenni e a rinnovare il suo destino, chiama quanti sono ancora ebrei coscienti in Italia a riaffermare l’indole della stirpe e la loro volontà di difenderlo e di attuarlo. Il 17 e il 18 ottobre si raccoglierà a Trieste il Convegno Sionistico italiano. Gli specifici problemi che si affacciano al nucleo sionista d’Italia in quest’ora di realizzazione non possono lasciare nessuno indifferente ; sono problemi della vita ebraica e dell’idea ebraica che debbono attirare tutti i fratelli che desiderano risollevare all’altezza del loro destino i valori morali d’Israele in Italia ».

Ora si desidererebbe sapere quali sono gli “specifici problemi” che si affacciano agli ebrei italiani. Perchè in Italia non si fa assolutamente nessuna differenza fra ebrei e non ebrei in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi, all’economia. Abbiamo avuto al Governo persino tre ebrei in una volta. La nuova Sionne, gli ebrei italiani, l’hanno qui, in questa adorabile terra, che, del resto, molti di essi, hanno difeso eroicamente col sangue. Speriamo che gli ebrei italiani saranno abbastanza intelligenti per non suscitare antisemitismo nell’unico paese dove non c’è mai stato.

Gli ebrei non raccolsero il monito, che fu da Mussolini ripetuto ancora piú chiaramente il 31 agosto 1921 quando riferendosi al grande « Comitato d’azione ebraica » che, presieduto da lord Rothschild, si era adunato a Carlsbad con la partecipazione dell’ebraismo italiano rappresentato da Dante Lattes e dall’avv. Giuseppe Ottolenghi — scriveva nel Popolo d’Italia :

Questa notizia merita qualche cenno di rilievo. Il grosso pubblico, ad esempio, sarà non poco sorpreso di apprendere l’esistenza di una « Federazione Sionistica » in Italia ; il che significa che ci sono in Italia — nel paese dove non si è mai fatto dell’antisemitismo governativo o popolare, in quella che Gigione Luzzatti va chiamando « patria adorata » — degli ebrei che sono stufi di starci, della qual cosa noi non ci rammarichiamo affatto. Se i sionisti italiani — sedicenti italiani ! — se ne andassero altrove e si portassero con loro lo stok dei Treves, dei Modigliani, dei Musatti, dei Momigliano, dei Sacerdote (Genosse), dei Passigli e di quel bel signor Ottolenghi che ha regalato all’Italia le delizie di parecchi scioperi postelegrafonici, vorremmo darci il piacere di facilitare questo “esodo”. Ma in realtà lo scopo dei sionisti sedicenti italiani, non può essere che quello di premere sul Governo italiano perché si accordi all’Inghilterra nel favorire la politica paradossale e stolta del sionismo, per il quale suonano brutte campane nel Congresso siriaco-palestinico che si tiene attualmente a Ginevra. Il sionismo ha portato la guerra e il bolscevismo in contrade da tempo tranquille ; ha scatenato le opposizioni del mondo arabo e cristiano e, nella dannata ipotesi di una sua realizzazione, creerà, di fatto, una nuova posizione giuridica agli ebrei delle nazioni occidentali.

Gli ebrei italiani che avevano avuto fino ad allora, la sola preoccupazione di far passare sotto silenzio il primo monito di Mussolini, non poterono piú tacere e mentre Il Secolo di Milano ed altri organi minori si fecero paladini e portavoce dell’ebraismo italiano, giungevano al Popolo d’Italia le proteste ed i tentativi di confutazione. Tre delle numerose lettere dirette al Direttore del Popolo d’Italia meritano di essere conosciute, ciascuna delle quali ha un valore speciale per la posizione che nell’ebraismo aveva l’autore :

Milano, 6 settembre 1921 :

Onorevole Benito Mussolini – Milano.

Ho letto giovedi scorso la nota apparsa sul Popolo d’Italia a commento della notizia del Congresso sionistico di Carlsbad. Premetto che sono fascista e sionista. Sono fascista non solo convinto, ma entusiasta fino dai primi tempi in cui ebbe a delinearsi questo movimento, benché il mio nome non sia stato altro che quello di un modesto e fedele gregario.

Sono stato con Voi durante il periodo rivoluzionario interventista ; quando avete cornbattuto l’ardua campagna antidisfattista ; quando, in momenti gravi di demoralizzazione nazionale, avete chiamato a raccolta le modeste e disperse forze vive e sane della Nazione contro la viltà di dentro e le tirannie di fuori, creando il Fascismo, quando avete voluto dichiarare la tendenzialità repubblicana del movimento fascista ; quando recentemente avete sostenuto con tutte le forze la tregua degli animi. Io sono — ripeto — un ardente Vostro seguace e posso dichiararlo con sincerità, perché a Voi e al movimento fascista io non ho chiesto ne chiederò mai privilegi qualsiasi : io sono fiero di tenere accesa la fiaccola del mio entusiasmo e della mia fede nel modesto santuario della mia vita e del mio ambiente.

Sono sionista, perché lo scopo del sionismo è suprema mente umanitario e dovrebbe trovare l’appoggio e la solidarietà non solo degli ebrei ma degli uomini onesti di tutti i partiti e di tutte le nazioni.

È perciò che ho letto con dolore e con rammarico le righe del Popolo d’Italia. Temo che si sia concepito il movimento sionistico con preconcetto e con soverchia precipitazione di giudizio. Io ho fiducia nella sincerità di Benito Mussolini. Sarò ben lieto se queste mie righe potranno indurVi a qualche considerazione obiettiva.

Dati gli scopi del sionismo non ritengo incompatibile la mia fede fascista coll’adesione al movimento sionistico.

Mi permetto accompagnare una dichiarazione del segretario del gruppo sionistico di Milano, che lumeggia la questione e gradirei che Voi aveste un colloquio coi dirigenti la sezione stessa, Sabatino Lopez, avv. Giuseppe Ottolenghi, avv. Arturo Orvieto.

Vi prego, Onorevole Mussolini, di gradire le espressioni del mio immutato affetto.

Rag. Ettore Levi

GRUPPO SIONISTICO MILANESE

Milano, 6 settembre 1921

Egregio signor Direttore,

Da qualche tempo, in occasione del mandato affidato alla Inghilterra sulla Palestina, o a seguito di qualche sanguinoso episodio di fanatismo — si parla qua e là nei giornali italiani del movimento sionistico con una cosí scarsa simpatia, che solo il preconcetto o la mediocre conoscenza del movimento stesso, possono giustificare.

Recentemente Il Popolo d’Italia ha tratto occasione dal Congresso Sionistico Mondiale che si sta svolgendo a Carlsbad proprio in questi giorni, per dire troppo affrettatamente considerazioni non rispondenti al vero.

Contrariamente a quanto mostra di credere il commentatore del Popolo d’Italia, né il movimento Sionistico Mondiale, né la Federazione Sionistica Italiana sono cose nuove, ed è strano che uno scrittore politico ignorasse l’uno e l’altra ; ma quello che è veramente triste, è la deformazione che si va facendo del programma Sionistico, particolarmente in rapporto agli ebrei italiani. Che per le plebi ebraiche sventurate e derelitte — che attraverso i secoli ancora non hanno trovato una sede tranquilla, una tregua al loro doloroso andare, che per le plebi ebree cacciate dalla Polonia, dalla Russia, dalla Rumenia, ecc. — vittime delle carneficine della Polizia ufficiale o della intolleranza bestiale delle folle, sapientemente aizzate — si trovi un asilo, non è — mi sembra — cosa che possa sollevare i sospetti e i timori di alcuno; e neppure può essere addotto a colpa se queste folle che non hanno potuto avere mai una terra ospitale che potesse essere la loro Patria, alla quale potessero  essere uniti da vincoli di spontaneo affetto, attraverso il lungo peregrinare nella secolare sventura, hanno ricordato gli unici ricordi dolci alloro cuore — la loro tradizione religiosa, coincidente con la tradizione famigliare e politica. E neppure è colpa che la speranza millenaria di costoro si affidi verso la terra che — per loro — è stata l’unica libertà, la terra dei Padri piú antichi ; soltanto è triste che essi debbano risalire cosí lontano nel tempo per ritrovare un ricordo di libertà.

L’Inghilterra attraverso le dichiarazioni di Balfour — concretate prima nella deliberazione di S. Remo, poi nel trattato di Sèvres — consente attraverso il mandato sulla Palestina la costituzione di una « home » ebraica in Palestina :

— niente Regno d’Israele, niente imperialismo ebraico: — un programma minimo, tanto minimo che bisogna avere subìto una lunga persecuzione cosí come l’hanno subita gli ebrei, per compiacersene.

Se la questione di una eventuale doppia cittadinanza degli ebrei italiani, francesi ecc. — già da tempo sollevata, autorevolmente ma non fondatamente da Giorgio Sorel — non fosse stata esaurita da una confutazione non dubbia ed esauriente (gli accenni che ora se ne fanno sono pertanto tutt’altro che nuovi, anzi superati) si potrebbe osservare che la obiezione è ironica ed amara ad un tempo: — perché è ironico ed amaro che dei disgraziati che sono sempre stati i paria dei paria, senza una Patria né una terra ospitale — che finalmente intravedono la speranza di un domani piú sereno (e dolorosamente purtroppo il domani forse non è ancora vicino) si sentano rimproverare la dovizia dei loro fratelli occidentali che possedendo una nazionalità sono sospettati (ah ! la invadenza ebraica !) di volersene accaparrare un’altra !

Gli ebrei occidentali in genere, ed in ispecie quelli italiani son superiori ad un sospetto siffatto ; anche se, come il Popolo d’Italia nota, anzi deplora, alcuni ebrei militano nel partito socialista ; altri militano in altri partiti (anche nel fascismo) — appunto perché né l’ebraismo né il Sionismo possono minimamente confondersi con partiti i quali esercitino — o intendano esercitare — influenza alcuna sulla politica italiana ; pensare anche lontanamente una siffatta concezione, significa essere o volere essere fuori dalla realtà ; — perché evidentemente non basta la omonimia tra un noto organizzatore socialista (l’Ottolenghi) e un membro della « Federazione Sionistica Italiana » (per caso — a proposito di « sionisti sedicenti italiani » — si osservi che l’avv. Ottolenghi della F.S.I. è andato al Congresso di Carlsbad con lo stesso fervore con cui ha fatto la guerra in Italia, e per l’Italia, durante cinque anni, ferito, e decorato di quella medaglia d’argento che si dà a quegli Italiani che veramente mostrano di essere tali, anche se sionisti) non basta, dicevo, un’omonimia con un uomo politico di qualsivoglia partito — per creare leggermente teoriche la cui fondatezza è mostrata dal l’origine. La verità è che gli ebrei Italiani, hanno il dovere, se non vogliono rinnegare come « parenti poveri » i loro confratelli piú sventurati — di favorire la loro liberazione, di essere cioè sionisti ; e per essere sincero dirò che avrebbero il dovere di esserlo piú di quanto non lo siano, e la Federazione Sionistica Italiana (del cui Consiglio Direttivo ho l’onore di far parte) non ha il torto — come mostra di credere Il Popolo d’Italia — di esistere, ma ha la colpa di non essere piú vitale per meglio diffondere l’idea sionista. Che se cosí fosse, il movimento sarebbe meglio noto, e non sarebbe possibile invocare cosí poco fondatamente i sentimenti italiani degli ebrei italiani (credo di essere nel vero se dico d’ogni partito), od anche tentare persino di metterli in dubbio, per contrastare un movimento che prima di essere politico è umanitario, e che appare nella sua essenza tale da dovere avere l’appoggio di tutti gli uomini di cuore, di tutte le nazioni, e di tutti i partiti.

Non mi lusingo che tutti i malintesi siano dissipati da queste righe ; mi auguro che questo risultato raggiungano altri scritti in argomento.

Con osservanza

Avv. Arturo Orvieto

Segret. del « Gruppo Sionistico Milanese ».

Firenze, 2 settembre 1921

Pregiatissimo sig. Direttore de Il Popolo d’Italia – Milano.

In calce alla notizia di cronaca sull’inizio del Congresso Sionista di Carlsbad, apparsa su Il Popolo d’Italia del 1° settembre, leggo un commento che merita, subito, qualche osservazione.

Che il postillatore non si ponga tra il pubblico grosso e non ignori perciò l’esistenza di una Federazione Sionistica in Italia non lo metto in dubbio, ma che egli sappia che cosa sia Sionismo lo escludo nel modo piú assoluto, senza tema di trovare opposizione. Altrimenti non parlerebbe in modo che potrà far colpo appunto tra il pubblico grosso che è ben giusto ignori l’esistenza della Federazione Sionista dato che ignora e ignorerà per sempre chi sono gli Ebrei (sono cosí pochi gli Ebrei che conoscono loro stessi !) ma non può fare che sorridere, amaramente sorridere, chi conosce la storia di questo gloriosissimo e sfortunatissimo popolo, tra i piú gloriosi e il piú sfortunato di quanti ne sianoesistiti sulla terra.

Prima di chiamare i Sionisti Italiani « sedicenti Italiani » l’articolista si prenda il gusto di fare un piccolissimo calcolo, di impostare una semplicissima proporzione e resterà alquanto sconcertato di fronte il numero di Ebrei che caddero valorosamente combattendo per la Patria. « Per l’Italia e per l’Umanità » ci sta scritto sui marmi che hanno raccolto nelle Sinagoghe sotto lo sguardo di Dio, del Dio solo, unico per tutti, i nomi dei poveri Morti.

L’articolista infuria nel ricordare i nomi di uomini che furono funesti per la Nazione. Io gli dichiaro che sono pochi, pochissimi gli uomini politici (anche non Ebrei) che non finiscano per funestare la Patria quando, ornati della medaglietta, se ne infischiano degli interessi del proprio Paese e degli imbecilli che hanno votato per loro. Io gli faccio osser vare che ci sono tanti e tanti uomini politici che (anche, purtroppo, all’ombra del tricolore) insultano e infangano il nome d’Italia cento, mille volte piú che un Treves o un Modigliani. Il movimento Sionista, egregio articolista, è cosí complesso e profondo  che non ci si può contentare di chiamarlo stolto e paradossale senza altre discussioni. E pur non entrando nel merito della questione, farò semplicemente osservare al postillatore di quella cronaca ch’egli ha dimenticato (perché certamente conosce, non appartenendo al pubblico grosso) con quale tenace e inconcepibile amore per la Patria adottiva gli Ebrei di altre nazioni meno civili e meno liberali della nostra, hanno sopportato le persecuzioni e gli sterminí i piú inumani e i piú orrendi (a centinaia di migliaia si contano i morti) pur di non abbandonare il suolo che li aveva tanto barbaramente ospitati. Non c’è popolo come l’Ebreo, che senta cosí istintivamente l’amore per la sua casa, per la sua Patria. Non può essere che questo amore e la forza del Diritto, che hanno potuto mantenere saldi i vincoli fra i dispersi di tutto il mondo ai quali, in fin dei conti, un trattato fra Nazioni civili, il trattato di S. Remo, ha ridato, la speranza che possano ritrovare una patria, quegli Ebrei ai quali una patria è stata negata. Perché non se ne vogliono andare gli Ebrei d’Italia, né se ne andranno, da quella terra che dette loro la gioia infinita di possedere una Patria. Mi meraviglia e mi addolora che l’articolista, che dovrebbe avere mente e cuore fascista, parli in tal modo, spensierata mente, godendo quasi nel lanciare le faville di un antisemitismo che, sia pur certo, non attecchirà qui in Italia. Perché alla luce di una stella luminosissima che è l’emblema d’Italia e di Sion, si leggono in lettere dorate, indelebili, che non cancellerà la bile di qualche antisemita, i nomi degli Ebrei morti, sacrificati alla Patria.

Segua il postillatore il congresso di Carlsbad e lo segua — farà bene — con la « necessaria attenzione » (e con la dovuta serenità aggiungo io) e scorgerà attraverso le diverse tendenze che inevitabilmente al Congresso cozzeranno tra di loro, quanto grande sia per ogni Ebreo la preoccupazione della futura posizione giuridica di quegli Ebrei che non rinunceranno mai alla loro Patria e come siano frutto di pura fantasia le « manovre » che sono poi serenamente e chiaramente rese di pubblica ragione nel periodico ebraico che si stampa in Italia e che l’articolista del Popolo si sarà guardato bene dal leggere mai. Ché se avesse approfondito un pochino di piú saprebbe che a tali manovre sono decisamente e volutamente estranei gli uomini politici ai quali egli accenna con tanta volontà.

E mi scusi sig. Direttore per averLa importunata.

Ivo Levi

Fascista, volontario di guerra in trincea, due volte ferito e decorato al valore.

Queste tre lettere inedite vanno integrate con la consultazione dei periodici ebraici, e specialmente della collezione di Israel, dalla quale si rileva che il solo effetto della richiesta di chiarificazione di Mussolini fu una intensificata azione ebraica italiana, fino alla costituzione, in Italia, dell’Avodà, cioè di uno Stato nello Stato. Costituzione motivata dall’«inevitabile e salutare processo di differenziazione del moto nazionale ebraico che ha avuto le sue ripercussioni nel sionismo italiano ».

Chiara dunque la posizione di Mussolini di fronte agli ebrei italiani fin dalla fondazione dei Fasci, e non meno chiaro l’atteggiamento degli ebrei italiani di fronte al pensiero di Mussolini.

Ma l’ebraismo internazionale — piú dell’ebraismo italiano — vide il grave pericolo della presa di posizione di Mussolini, e spedì  in Italia nell’anno successivo (1922) niente di meno che Wladimir Jabotinsky che fu il fondatore delle organizzazioni militari ebraiche, che avevano il compito di creare il vero Governo ebraico della Palestina. La parte che fin d’allora ebbe Jabotinsky nell’ebraismo mondiale contro l’azione moderata di Chajm Weizmann ha avuto recentemente nuova luce dal libro bianco inglese.

Giunto in Italia, Jabotinsky ebbe una sola preoccupazione : avvicinare Mussolini senza servirsi degli ebrei italiani come intermediari, la posizione dei quali era compromessa. Si rivolse all’on. G. A. Colonna di Cesarò, il quale a sua volta, con lettera del 24 luglio 1922, presentava Jabotinsky all’on. Acerbo perché sollecitasse un incontro con Mussolini. La ragione del colloquio era cosí precisata dallo stesso Jabotinsky nella lettera ad Acerbo del 25 luglio 1922 : « … Conosco le diffidenze espresse dalla stampa fascista riguardo al movimento sionista. Ma la Società delle Nazioni ha già dato approvazione unanime al mandato palestinese che contiene l’idea di una sede nazionale ebraica. L’Italia — ne vediamo prove ogni giorno noialtri in Palestina — sarà, nello sviluppo dell’Oriente mediterraneo, il fattore essenziale. Saremo dunque vicini, e mi pare necessario che ci conosciamo ».

Ma il documento piú importante che offriamo alla meditazione degli italiani e degli stranieri, amici e nemici, è la lettera che Jabotinsky indirizzava a Mussolini il 16 luglio 1922. Eccola nel suo originario testo autografo:

HOTEL BEAU-SITE – ROME

Roma, li 16 luglio 1922

Chiarissimo signor Mussolini,

Ella non mi conosce, quindi due parole di presentazione : sono un membro del Comitato esecutivo dell’organizzazione sionistica ; fui il fondatore del reggimento ebraico che prese parte alla conquista della Palestina ; ex tenente dell’esercito inglese ; nato in Russia, ora suddito palestinese ; nel 1920, fui condannato da una corte militare inglese a Gerusalemme a 15 anni di lavori forzati per aver organizzato un corpo ebreo di difesa armata, ma la sentenza fu cassata dopo. Studiai legge a Roma una ventina d’anni fa. Ho un certo nome come giornalista russo ed ebraico. Siccome mi si dice ch’Ella è violentemente avverso al movimento nostro, credo che siamo nemici.

Ho letto con interesse il suo articoto sulla « Gratitudine dei siriani », 14 luglio. Gli amici mi spiegano che è parte d’un Suo piano generale, quello di creare in Italia un centro di movimento pan-arabo, di cui l’Italia profitterebbe.

È un piano interessante, ma credo che per l’Italia non ne ricaverà niente.

Rilegga un po’ l’elenco delle genti arabe che hanno promesso di far politica pro-italiana. Inquanto al Mediterraneo levantino, il commercio marittimo non è tanto governato da arabi quanto da altri, forse soprattutto da ebrei. Non dimentichi anche Odessa, che se oggi è morta, domani sarà la porta d’un Eldorado. Inquanto all’oltremare, a New York ci sono 1.500.00 ebrei, a Boston 60.000, a Detroit 100.000, in posizioni di grande influenza sociale e finanziaria. Può domandare a chiunque conosca l’America se gli arabi vi abbiano un ascendente qualsiasi. Tanto per conto commercio.

O prendiamo la lingua. 50 anni fa l’italiano era la lingua franca del Mediterraneo. Sa perché ? Perché lo parlavano gli ebrei dei diversi porti. Dacché l’Alliance Israélite introdusse il francese nelle sue scuole, di cui rigurgita il Levante, l’italiana incominciò a declinare. Voi non avete fatto niente per risuscitarla. Ella pensa adesso agli arabi. Sbaglia. L’espansione d’una lingua « culturale » può essere confidata soltanto a una popolazione intellettualmente attiva, che ama leggere e scrivere e spendere quattrini per la compera di libri e periodici. Se crede che ciò possano fare gli arabi di questa o la prossima generazione, è male documentato.

Mi creda che non Le offro un bakscisc’ ; ma stavo pensando sin dall’inizio della guerra a un’azione fra gli ebrei del Mediterraneo per ristabilire il dominio della lingua italiana. La ragione mia era, naturalmente, quella dell’interesse nazionalista ebreo. L’ebraico nostro è troppo povero in letteratura — per ora — per opporsi alla concorrenza d’una lingua europea, che sia l’inglese in Palestina o la francese o la russa altrove. Perciò vogliamo dappertutto piú di una lingua europea. È’  un fenomeno regolare della storia nostra : di fronte ad una lingua ci assimiliamo, di fronte a molte resistiamo. In secondo luogo, commercialmente, l’importanza dell’i’taliano è ovvia. Le dico tutto questo per farLe comprendere che si trattava, per me, di vero e sano egoismo nazionale, e non di lusinghe che inventi adesso. Posso dire che queste idee sono adesso appoggiate da tutti i miei colleghi che dirigono il movimento. Ciò che potremmo fare in questo riguardo mi pare d’una certa importanza. Nelle 150 scuole che abbiamo in Palestina potremmo introdurre l’italiano senz’altro ; a Costantinopoli, Salonicco, Smirne, in Bulgaria ecc. ; ci vorrebbe un anno o due di preparazione, ma il risultato si farebbe quasi immediatamente su tutta la linea del commercio vostro.

Spero ch’Ella non mi reciterà del marxismo superficiale, dicendo « se la lingua italiana è importante, la dovrete imparare in ogni caso ». No. Siamo padronissimi d’imparare o di boicottare, soprattutto in vista dell’ascendente che hanno già preso l’inglese e il francese (anche i negozianti italiani se ne servono). Ai tempi nostri, signor Mussolini, l’espansione di una lingua è dettata da simpatie, non da quella Selbstverständlichkeit economica ch’era di moda negli opuscoli di materialismo storico della nostra gioventú.

Passo al pan-arabismo. Vi è un punto qui che non mi è chiaro. Come in ogni movimento nazionalista — esempi l’Italia e la Germania nel secolo scorso — l’ultima meta del pan-arabismo deve essere « va fuora, o stranier ».

Andranno via i francesi dal Marocco, Algeria, Tunisia, gl’inglesi dall’Egitto, e poi gl’Italiani dalla Libia. Non in uno spirito di polemica, ma semplicemente per comprendere, vorrei domandare : voi siete d’accordo ? D’accordo che l’Italia se ne vada via dalla spiaggia sud, a condizione che se ne vadano anche i forestieri ? Oppure nutrite la speranza ingenua che, per gratitudine all’Italia che avrà fatto per loro da Piemonte, gli arabi faranno un’eccezione per voi ? A questo, non ci creda. Nel l’Italia di 20 anni fa che conobbi io, la gratitudine all’Inghilterra era ancora freschissima, e se ne parlava come del paese che accolse Mazzini ecc. precisamente come Ella vuol accogliere Zaglul o non so chi altro. Veda quanto n’è rimasto di quella gratitudine. Anzi — dopo un anno di agitazione vi diranno i vostri discepoli arabi : se siete sinceri, mostrate l’esempio e andatevene dalla Libia senza aspettare i francesi.

Io nel pan-arabismo non credo, non prima del secondo millennio, perché mi pare che ai di nostri la prima condizione di grandiosa politica è la modernizzazione delle masse, risveglio intellettuale, lavoro da formiche per decenni e decenni che fa penetrare l’alfabeto, la tecnica e la curiosità di coltura nelle menti di milioni. Ciò non lo vedranno neanche i nipoti degli arabi d’oggi. Ma nel progresso del mondo arabo noi certo crediamo, e se Lei crede che siamo tanto ciechi da volerlo schiacciare Lei ci rende un’ingiustizia.

Dall’enclave palestinese che creeremo per noi, offriremo al mondo arabo l’alleanza con 15 milioni di ebrei sparsi nel mondo intero ; un’alleanza non per scacciare l’Europa dalle sponde dell’Africa e dell’Asia artificialmente, ma per sviluppare le scuole, !’igiene, l’industria. E non aspetteremo nessuna gratitudine, perché l’enclave nostra, che sarà numerosa quanto la Siria, è dagli altri paesi arabi divisa da deserti ; non ne avrà bisogno, di gratitudine, sostenuta come sarà naturalmente da potenti forze d’oltremare, ebraiche e cristiane.

Signor Mussolini, mi pare ch’Ella non conosca l’ebreo. Forse mi sbaglio, ma mi sembra ch’Ella s’immagini, quando pensa agli ebrei, un essere docile, untuoso, furbo, sempre sulla difensiva, sempre proclamatore della propria lealtà al l’Italia, all’ideale ecc. ecc. Sono queste favole del secolo scorso, e anche allora erano favole. Se vuol conoscere il grado di vitalità nostro, studi i suoi fascisti, soltanto vi aggiunga un po’ piú di tragedia, un po’ piú di tenacità — forse anche piú d’esperienza. Le domando : crede che sia una politica italiana costruttrice, quella di insistere sulla rovina delle nostre speranze, sullo sfasciamento dell’unità etnica che abbiamo mantenuta contro la volontà del mondo intero ?

E anche Le domando, umanamente : come pensatore, come mente costruttrice — quale programma suggerirebbe, a questo popolo che sbandarsi non vuole e mai non vorrà ?

Scusi la lunga lettera, certo non scritta per convertire un uomo della Sua tempera. Certo sarei fortunatissimo di conoscerla personalmente — il movimento ch’Ella rappresenta, e la personalità Sua m’interessano moltissimo ; ma spero non mi farà l’ingiustizia di  considerare questa lettera come una specie d’approccio diplomatico, di cui del resto essa non ha, spero, neanche il carattere.

Suo devotissimo

W. JABOTINSKY

Quanti conoscono lo spirito giudaico di penetrazione e di menzogna, daranno oggi alla lettera di Jabotinsky il valore che merita, ma soprattutto si renderanno conto della chiara visione che, anche di fronte agli allettamenti, ha sempre avuto Mussolini del problema ebraico italiano ed internazionale.

Non meno chiaro, per coloro che osservavano attentamente gli avvenimenti, era del resto l’atteggiamento contro il Fascismo sia degli ebreì sparsi per il mondo e dominanti l’alta finanza, sia degli ebrei italiani, i quali continuarono nella loro logica e nel loro razzismo millenario, accentuandolo ogni giorno piú, fino a giungere alla dichiarazione del 1937 che era un guanto di sfida : malgrado le incertezze interne, malgrado le ostilità esterne, con la « sua legge » e per la « sua legge » Israele continuerà la « sua storia ».

A questa dichiarazione rispose direttamente Mussolini il 19 giugno 1937 ne Il Popolo d’Italia con un corsivo che concludeva cosí :

Quello d’Israele è un riuscitissimo esempio di razzismo che dura da millenni, ed è un fenomeno che suscita ammirazione profonda. Gli ebrei, però, non hanno diritto alcuno di lagnarsi quando gli altri popoli fanno del razzismo.

Questa fu la prefazione ai provvedimenti del 1938 che fissavano la posizione degli ebrei in Italia nella precisissima formula: l’ebreo non è italiano.

3. L’INTERNAZIONALE EBRAICA

I

15 agosto 1920

Il mondo ebraico è sconvolto come forse non lo fu mai prima d’ora in tutta la lunga odissea della sua storia. I pogroms contro gli ebrei in Russia, in Polonia e in Ungheria hanno fatto assistere la città di New York ad una delle piú grandi dimostrazioni che quella città abbia mai veduto. Mezzo milione di operai ebrei hanno sospeso il lavoro a mezzo giorno. Tutti i magazzini e le case di commercio hanno chiuso. 25.000 soldati e marinai ebreo-americani e i legionari che avevano partecipato alle battaglie di Palestina, attraversarono, alla testa d’un corteo di piú di 100.000 borghesi, le strade della città, portando al braccio segni di lutto. In un grandioso comizio di soldati e di delegati di numerose organizzazioni, tenuto al Carnegie Hall, gli uomini politici piú autorevoli protestarono con veemenza contro i pogroms. Mr. Daniels, ministro della Marina, disse che l’America s’era impegnata ad opporsi all’autocrazia e alla barbarie in qualunque paese avvenissero. Monsignor Lavelle, in rappresentanza dell’arcivescovo Hayes, affermò d’esser venuto ad esprimere i sentimenti che empivano il suo cuore e a portare il messaggio di simpatia dei cattolici di New York e del mondo intero verso i loro fratelli ebrei nella loro terribile afflizione.  William Mac Adoo, genero del Presidente Wilson, ex-ministro delle finanze, esclamò : nessuno può leggere senza indignazione e profonda tristezza i racconti delle atrocità commesse contro gli ebrei.

In Francia uomini come Anatole France, Paul Appel, Emile Combes, Henri Roger, Albert Thomas, l’abate Viollet, il pastore Wilfred Monod lanciano un appello all’umanità «ascoltando il grido di terrore e di straziante dolore che loro giunge dall’Ucraina, dalla Polonia, dalla Lituania, dalla Galizia : è il grido del popolo ebraico che chiama disperatamente soccorso ».

 Non erano stati — per reazione — massacrati che poche centinaia di ebrei e tutta la stampa mondiale infeudata all’ebraismo ospitò un « grande appello all’umanità » nel quale era detto : «Nel nome della coscienza umana, nel nome della responsabilità di ogni uomo di fronte agli altri uomini, i sottoscritti fanno appello a tutti i popoli del mondo : tutto un popolo chiama disperatamente soccorso. Tutta una popolazione è minacciata nella sua esistenza, in mezzo all’Europa civile ed all’alba dell’era nuova da cui il mondo attende la sua carta di libertà e di giustizia. Delitti simili non offendono solo i popoli che li commettono, ma disonorano la ragione e la coscienza umana.

« I sottoscritti fanno appello a tutti i popoli del mondo e li supplicano ad. alzare la voce contro i delitti inauditi di cui, pubblicamente è vittima tutto un popolo.

« Bisogna che dappertutto si costituiscano comitati per la difesa degli ebrei. Bisogna che l’opinione pubblica sia sollevata dalla protesta delle folle e dalla gran voce della stampa, una buona volta pienamente ed esattamente informata.

« In tutti i parlamenti del mondo i rappresentanti dei popoli alzino la loro voce contro queste iniquità sanguinose. Ai popoli liberi e ai governi responsabili incombe l’obbligo di metter fine a questa violazione dei diritti dell’uomo.

« Noi chiediamo la costituzione rapida dei Comitati di difesa contro la persecuzione, Comitati investiti di tutta l’autorità che conviene alla loro alta missione. I milioni di ebrei oppressi non hanno altra difesa che la coscienza della solidarietà morale del mondo civile e han posto la loro speranza  suprema nel diritto sacro di tutti gli uomini alla vita e alla libertà».

L’« Appello all’umanità» non fu lanciato invano. Da per tutto, in Europa ed in America, si costituirono comitati per fare eco alla voce di dolore e di protesta, che portava queste rispettabili firme più o meno giudaiche e massoniche :

Anatole France ; Paul Appel, membro dell’Istituto ; A. Aulard, professore della Facoltà di Lettere di Parigi ; Henri Barbusse, deputato ; Émile Combes, senatore, ex Presioente del Consiglio ; Michel Corday ; L. Dispan de Fleuran, prof. aggregato alla Facoltà di diritto di Parigi ; Georges Duhamel ; Élie Faure ; Charles Gide, della Facoltà di diritto ; Ferdinand Hérold, vice-presidente della Lega dei diritti dell’uomo ; Gustave Hervé ; L. Lapique, prof. della Facoltà di Scienze ; F. Larnaude, decano della Facoltà di diritto a Parigi ; Ernest Lavisse, dell’Accad. Franc., della Scuola normale superiore ; Victor Margueritte ; Mme Menard-Dorian ; Pierre Mille ; Wilfred Monod, Pastore ; De Monzie, deputato, ex-ministro ; Moutet, deputato del Rodano ; A. Prenant, prof. alla Facoltà di medicina, membro dell’Accademia di medicina ; Henri Roger, decano della Facoltà di medicina ; Gabriel Séailles, prof. all’Università di lettere di Parigi ; Ch. Seignobos, prof. alla Facoltà di lettere di Parigi ; Albert Thomas, deputato, ex-ministro.

Codesti rispettabili signori non avevano detto una parola sola per il milione e mezzo di cristiani di ogni confessione che, alla data del loro appello, erano già stati, dal governo ebraico-bolscevico, torturati e massacrati in Russia e in Ungheria. La famiglia dello Zar, 28 arcivescovi, 1215 preti, 6575 professori, 8800 medici e sanitari, 10 mila ufficiali di polizia, 54.650 ufficiali dell’esercito, 260 mila soldati, 365 mila lavoratori del cervello, 815 mila contadini erano già stati massacrati in Russia alla data di quell’appello.

Di fronte a queste cifre, che si riferiscono ai soli primi due anni e mezzo del governo ebraico in Russia, che cosa diventavano le poche centinaia di ebrei massacrati in Polonia ed in Ucraina ? Che cosa, diventavano tutti i conclamati « pogroms » contro gli ebrei ? Che cosa, per le proporzioni, diventavano le stesse persecuzioni contro i martiri del cristianesimo nascente ? Eppure gli intellettuali « francesi » non lanciarono nessun «appello all’umanità », non dissero una parola sola di protesta. E non la dissero neppure dopo, quando i massacri continuarono con ritmo accelerato. Bela Kun aveva già martirizzato l’Ungheria ; le più raffinate torture erano, dal sanguinario per eccellenza, state inventate e praticate, e il « comitato italiano per la difesa degli ebrei » diresse il suo «appello agli italiani » contro… il nuovo regime ungherese che aveva cacciato l’ebreo Bela Kun.

In Italia la « Pro-Israele », il « Comitato delle Comunità Israelitiche », la « Federazione sionistica » levano « la voce di protesta e il grido di soccorso, chiedendo all’opinione pubblica italiana, ai rappresentanti del popolo, alla stampa, al governo, di impedire la distruzione di tutto un popolo ».

Nella stessa Germania una « Lega contro l’antisemitismo » elenca e diffonde nel centro d’Europa « i supplizi del terrore di cui sono vittime gli ebrei » e invoca, nel nome della responsabilità umana, la fine della « persecuzione ».

Ma le dimostrazioni, gli appelli, le proteste hanno finora lasciata inerte la diplomazia, e le opinioni pubbliche dei vari paesi sono restate piú o meno sorde e indifferenti. La ragione è forse questa : che si tratti di una colossale menzogna. Ciò sostiene Urbain Gohier, nella Vieille Prance; (n. 144, pp. 12 e 14) e si basa tra l’altro su di un libro dal titolo: Les dessous d’une campagne; la question juive en Pologne; les opinions socialistes sur les Pogroms, (Picart, editeur, 59, Boulevard Saint- Michel. L’autore è Stephane Aubac. Prefazione di Victor Charbonelle). Gohier dice altresí :

« Gl’intellettuali francesi hanno alzato già la loro voce diramando l’appello che qui traduciamo e  accludiamo. Sarà un onorevole dovere che compirà l’Italia se i suoi rappresentanti faranno sapere agli organizzatori della strage, presso i quali hanno le loro missioni, che le gesta dei loro soldati provocano l’orrore e l’indignazione dei popoli civili i quali non sono disposti a rimanere inerti spettatori di cosi inauditi delitti ».

Quest’« appello agli italiani » portava le firme di Francesco Arcangelo Sereni e Felice Ravenna, nessuno dei quali aveva detto una parola sola contro i martirizzatori e massacratori di milioni di cristiani in Russia ed in Ungheria.

Secondo i dati raccolti fino a tutto il 1937, il quadro delle atrocità commesse dal regime bolscevico può essere sintetizzato in queste significative cifre di fucilazioni eseguite :

50 arcivescovi ; 4860 preti ; 7824 maestri e professori ; 8920 medici ; 65.000 ufficiali di polizia ; 75.490 ufficiali ; 120.800 funzionari ; 360.000 soldati ; 420.000 intellettuali ; 480.000 guardie municipali e gendarmi ; 692.000 operai ; 8.900.000 contadini.

Totale delle persone fucilate : 11.834.944.

Morti di fame: 25 milioni.

Nei campi di concentramento si trovavano circa sei milioni e mezzo di persone di ambo i sessi, di tutte le nazionalità della Russia e di ogni condizione ed età. E gli intellettuali « francesi » non lanciarono « appelli all’umanità ».

E quando ventimila religiosi tra preti, frati e suore furono trucidati, bruciati e squartati in Spagna per ordine di ebrei bolscevichi ; trentamila chiese ed edifici religiosi bruciati ; decine e decine di migliaia di « ostaggi » massacrati ; vi fu alcuno che dalla Francia lanciò un « appello all’umanità » ? E i nostri ebrei Angelo Sereni e Felice Ravenna che non seppero rimanere inerti per « le centinaia di ebrei uccisi », « le migliaia di case saccheggiate », « la violazione delle donne ebraiche », come poterono re stare impassibili di fronte alle centinaia di migliaia di cristiani uccisi, alle decine di migliaia di case e templi distrutti, alle vergini cristiane violate ? Ho letto che, un testimone autorevolc e non sospetto da Madrid, dove si era recato per organizzare, per l’internazionale socialista, l’approvvigiona mento della popolazione, raccontò che sulla piazza Catalogna, a Barcellona, 900 civili nazionalisti erano stati fucilati dai rossi davanti alle loro mogli e alle loro madri. E perché nessun ebreo lanciò un « appello all’umanità » ?

La verità è che dei « massacri » e dei « pogroms » contro gli ebrei, nessuno mai ci ha dato una statistica e una cifra ; e spesso il mondo ebraico ha sconvolto e messo a rumore il mondo cristiano per protestare contro quella che, se si dovessero fare i conti, non era altro che una colossale menzogna.

Eppure oggi l’alta finanza, il giornalismo, la politica internazionale sono nelle mani degli ebrei. Passate in rassegna i nomi dei capitani delle piú grandi imprese bancarie, industriali, giornalistiche mondiali, delle piú colossali aziende terrestri o marittime, e troverete che sono tutti ebrei. Le borse di New York, di Londra, di Parigi, di Francoforte, di Zurigo, di Vienna, di Varsavia erano e sono nelle mani degli ebrei.

È necessario fare i nomi ? Essi vanno da Jacob Schiff a Rathenau, agli eredi di Ballin. Ricordiamo solamente che Jacob H. Schiff, è nato a Francoforte. Sua figlia ha sposato Felix Warburg. Paul Warburg ha sposato la cognata di Schiff. Max Warburg — uno dei plenipotenziari tedeschi a Versailles, fratello dei precedenti — è capo della Banca di Max Warburg e C. di Amburgo e il principale finanziere della Amburgo-America, compagnia di navigazione di cui Ballin era il direttore.

Soci di Jacob H. Schiff sono Kuhn Loeb e C. di New York. Allorché Wilson creò il Federal Reserve Board designò Paul Warburg come uno dei direttori, su raccomandazione del suo genero Mac Adoo, ministro delle finanze, il quale è socio di Kuhn Loeb e C. in imprese ferroviarie.

Jacob H. Schiff è stato il grande finanziere della « Société Mutuelle des Juifs Allemands » formidabile sindacato che ha lavorato contro l’Intesa.

Jacob H. Schiff creò l’« American Neutral Conference Committee », che generò la « Lega delle Nazioni » e la campagna di stampa contro la « vecchia diplomazia », «l’imperialismo», ecc.

Ma non è nell’alta banca e nell’alta finanza che è necessario ricordare qualche nome, bensí nel grande giornalismo. Qui pochi sanno che tanta parte del giornalismo tedesco è dominato da due sole case ebree : Mosse e Ullstein ; non tutti ricordano che lord Northcliffe, direttore del Times e proprietario di molti giornali, è né piú né meno che Alfredo Harmsworth nipote di uno dei piú famosi strozzini ebrei di Francoforte sul Meno : Isacco Harmsworth. I piú ignorano che il Petit Parisien, che è il giornale di maggiore tiratura in Francia, era diretto da Paul Levy, detto Louis, «agent suspect au  Ministère des Affaires étrangères et rédacteur à l’Humanité ». Poi ne è diventato direttore effettivo l’ebreo Aghion. Gohier domanda se Aghion « est le Juif qui a passé dans les procès de trahison, dont on n’a jamais pu déterminer la nationalité (turque ? égyptienne ? grècque ?) et que nous avons vu déshonorer la presse française en qualité de correspondant du Figaro dans les Balkans ». (Vieille France n. 181, p. 22; n. 121, p. 19). L’agenzia Reuter fu fondata da Paul Josaphat, figlio di ebrei tedeschi di Kassel, che assunse il nome di barone Reuter. L’Havas è di origine ebraica. E abbiamo nominata la grande stampa senza tener conto di quella di casa nostra. E non è ebreo quell’Isidoro Wittkowski che si fa chiamare Massimiliano Harden ?

Ma sovrattutto la politica è oggi guidata dagli ebrei che influiscono su gli uomini di Stato : Lloyd George è egli stesso d’origine ebraica ; Wilson è nelle mani degli ebrei ; Clemenceau era legato a tutta una banda di ebrei. Basta ricordare che a Parigi durante la conferenza per la pace Wilson era ospite di un ebreo ; Lloyd George era ospite di un ebreo ; il solo ammesso ai segretissimi colloqui dei quattro, durante le sedute della conferenza, era l’ebreo Mantoux.

E perché tutta questa gente che ha nelle mani le sorti del mondo non è riuscita a sollevare l’opinione pubblica mondiale per far eco al grido di terrore e di straziante dolore che giunge dall’Europa orientale ?

Perché la grande stampa americana, inglese, tedesca, francese non leva la voce contro i «progroms » dei quali si dicono vittime gli ebrei ?

Gli è perché l’opinione pubblica dei paesi europei fa risalire agli stessi ebrei la responsabilità dei cosiddetti massacri contro il popolo ebraico.

L’opinione pubblica europea è sotto l’impressione che i grandi rivolgimenti odierni sono fomentati e guidati da elementi ebraici. E non è tanto questione di numero quanto di qualità di uomini ; non è questione di folle, ma di capitani.

Lasciamo stare Marx e Lassalle, che si chiamavano rispettivamente Mordechai e Feist Lasall; ma, non sono forse ebrei Trotzky (il cui vero nome è Braunstein) anima della odierna rivoluzione russa, e quel Kerenski che ne fu il primo e maggiore responsabile ed il cui vero nome è Zederblum ? Non sono ebrei quei Radek e Joffe importatori della rivoluzione in Germania ? Non è ebreo Litvinoff che si chiama Finckelstein ? E non sono tutti ebrei i nomi dei maggiori rivoluzionari che tengono oggi il mondo in subbuglio, si chiamino essi Enver Pascià (il cui vero nome è Anuar Pascia) o Bela Kun?

In Germania oggi si accusa il socialismo di origine ebraica come fattore della disfatta, e si elencano uomini e date : ebrei furono e sono in gran maggioranza i capi del Partito socialista tedesco Guglielmo e Carlo Liebknecht, Singer (che si faceva chiamare Paolo invece di Pinkus), Bernstein, Oskar Khon Nordhausen, Davidsohn, Frank, Grandnauer, Hirsch, Herzfeld, Simon, Stadthagen, Rosa Luxemburg… I ventidue « indipendenti » che primi si staccarono dalla maggioranza socialista spezzando l’unione sacra, erano quasi tutti ebrei ; ed ebrei i loro capi : Liebknecht, Haase e Cohn.

Il primo indizio di disfacimento dell’esercito tedesco fu l’invio ad Hindenburg di una Commissione in nome di quattrocentomila soldati. E l’oratore di questa Commissione fu un semplice soldato di vent’anni: l’ebreo Levy. Ebrei furono gli oratori delle terribili giornate del sovietismo bavarese : Levine, Lewien, Toller, Landauer, — nomi che grondano ancora di sangue. Perché, il giorno in cui cadde l’Impero, gli ebrei videro aprirsi quella via che Goethe diceva l’unica che si apre a « questo scaltro popolo che nulla ha da sperare finché regna il buon ordine»: la via del disordine, della rivoluzione.

E di ebrei fu formata la maggioranza dei famosi Consigli di operai e soldati. E chi portò al Governo la rivoluzione ? In Prussia l’ebreo Hirsch ; in Baviera Kurt Eisner, che, viceversa, si chiamava Salomone Kosmanowski ; in Sassonia l’ebreo Gradnauer ; nel Würtemberg gli ebrei Heinemann e Thalheimer ; nell’Assia l’ebreo Fulda. Nel primo Governo repubblicano ottanta su cento dei Ministeri e delle Direzioni piú importanti furono occupati dagli ebrei, che, per contro, non formano  che l’uno per cento della popolazione tedesca. E ci deve essere del vero in quest’ultima lamentazione per che un giornale israelita stesso, l’Judice Echo, scriveva con rara franchezza qualche settimana dopo la rivoluzione : « ci sono troppi ebrei al Governo, questa è l’impressione generale ». Mentre qualche altro sospirava : « Ci siamo liberati di ventitre Principi tedeschi, per cadere sotto il giogo di mille tiranni ebrei ».

Il 30 marzo dello scorso anno il Daily News, presso le truppe rosse del distretto della Ruhr, fece intervistare a Essen il capo dei comunisti, Paul Levy. Egli disse : « Ogni tentativo di arrivare ora per mezzo delle armi ad una Repubblica dei Soviety sarebbe una pazzia. Lo scopo immediato è di disarmare le truppe reazionarie. Gli operai tedeschi sono egualmente organizzati come i russi : il borghese tedesco però è assia piú forte del borghese russo ».

Nell’opinione pubblica tedesca v’è tutta una corrente che tende a dimostrare che ebrea fu la guerra, ebrea fu la rivoluzione, ebrea fu la pace, ebrea è la repubblica.

E, quella del bolscevismo ebraico, non è, purtroppo, una leggenda ; e gli ebrei fanno male, ad esempio, la loro difesa quando, a prova delle atrocità antiebraiche, adducono testimonianze di uomini come Isaac Don Lewin il quale se andò dall’America in Russia in qualità d’inviato del Chicago Daily News, ciò fece sotto la veste pubblica di raccoglitore di documenti in città e villaggi della Russia sulle atrocità antiebraiche, ma la sua veste vera fu di stabilire rapporti col governo bolscevico dal quale si ebbe, e li vendette a caro prezzo, quei documenti diplomatici segreti pubblicati dal Chicago Daily News che non hanno nulla a che fare con i massacri ebrei.

Noi leviamo la voce contro i delitti di cui si dice vittima tutto il popolo ebraico.

Ma perché l’opinione pubblica sia sollevata è indispensabile che sia tranquillizzata intorno a quella che è l’opera antinazionale a favore della internazionale bolscevica. Scindano i comitati ebraici che si rivolgono all’opinione pubblica di tutti i paesi la loro responsabilità da quella dei dissolvitori della società ; ne stimmatizzino l’opera, e allora la opinione pubblica risponderà…

Anche l’Italia è vittima delle internazionali ebraiche. Ricordiamo a titolo di esempio quanto sono stati funesti per noi durante l’impresa libica l’alta banca e il giornalismo ebraico. Fu Mr. Shervood Spencer, il corrispondente di guerra del New York Herald, quegli che ebbe un giorno il coraggio di dire cose che noi vogliamo ricordare con le sue stesse parole.

« L’Italia — disse lo Spencer — non si sta battendo solo con la Turchia. Essa è realmente in guerra coi grandi banchieri ebrei di tre continenti. E alla testa del nemico d’Italia è Sir Ernst Cassel con la sua banca. Il nostro Dipartimento di Stato lo sa e lo sa il Ministro degli Esteri inglese. Ma gli Stati Uniti non sono interessati nella politica mediterranea, mentre tutta l’Inghilterra, dalla famiglia reale all’ultimo membro del Parlamento, ha tali obbligazioni verso gli interessi finanziari facenti capo alla banca di Cassel, che non osa formulare una protesta. Un solo uomo, Mr. Hilaire Belloc, ha osato insorgere e protestare, e nel corso di un anno, a motivo della sua protesta, ha perduto il suo seggio in Parlamento.

« Voi chiederete perché la stampa del mondo civile non sollevi il coperchio delle macchinazioni degli usurai a Costantinopoli ? Ma questa domanda non se la rivolgono quelli che sanno da qual potere siano governati per la maggior parte i nostri piú influenti giornali.

« Chi vuol scoprire il motivo della campagna anti-italiana condotta nella stampa inglese non deve far altro che dare uno sguardo alla lista dei proprietari di giornali. Il Daily Telegraph appartiene a Lord Burnham, capo della famiglia Lawson, il cui vero nome è Levi. Quando il padre di Lord Burnham andò a stabilirsi in Inghilterra si chiamava Johannes Moses Levi. Il nipote, Harry Lawson, prende parte attiva all’amministrazione del giornale, ed è voce generale nei circoli giornalistici londinesi che gli uffici del Daily Telegraph siano tappezzati di «bonds» turchi. Il direttore del Daily Express è Mr. Blumenthal ; il dipartimento estero del Daily News è diretto da Mr. Teodoro Rothstein ; quelli del Graphic e del Daily Graphic sono diretti da Mr. Lucien Wolf, quello stesso che offrí gratuitamente l’opera sua a qualsiasi giornale disposto ad accettare i suoi articoli contro l’Italia.

«Sir Alfred Mond, un ebreo influente membro del Parlamento, è proprietario della Westminster Gazette, e la sua English Review è ritenuta come il passatempo di Lady Mond. Lo Standard era controllato da Pearson quando pubblicò una serie di articoli contro l’immigrazione ebraica in Inghilterra. Alcune avvedute persone profetizzarono che la voce dello Standard sarebbe stata presto costretta a tacere. Infatti dopo pochi mesi il giornale passò nelle mani di un Mr. Dalziel che a quel tempo stava negoziando una importante concessione in Tripoli (26). E dietro a tutto ciò, come ho detto, è Sir Ernst Cassel con la sua banca.

« Che dovrei dire della Reuter Agency ?

« Una strana coincidenza riferentesi alla Reuter è che Ashmead-Bartlett, il corrispondente di quell’agenzia a Tripoli il quale fu il primo a telegrafare le maligne invenzioni, di atrocità italiane, è il figlio di un concessionario turco. E ciò non è tanto strano quanto il fatto che Ashmead-Bartlett era in viaggio per mare in andata e ritorno da Bengasi dal 17 a1 27 ottobre quando telegrafò a Londra le storie di atrocità che asserí aver visto compiere nelle vie di Tripoli dal 20 al 24 ottobre. E fu questo medesimo stupefacente individuo a telegrafare che un giardiniere di Mr. William Riley, il Console di Norvegia, era stato fucilato alle spalle da un soldato italiano mentre lavorava pacificamente dentro il giardino del Consolato. Mr. Riley smentí il fatto dichiarando che il suo giardiniere e tutti i suoi amici arabi stavano benissimo.

« E che dire di quel tale Mc Cullaugh che rivaleggiava col Bartlett nelle invenzioni di atrocità ?

« Francis Mc Cullaugh, corrispondente del World di New York era compagno del Bartlett».

Ma lasciamo l’Italia e accenniamo alle pubblicazioni recenti della Morning Post di Londra. La Morning Post si è prefissa di dimostrare che il bolscevismo sia niente di meno che un fenomeno fondamentalmente e tipicamente ebraico e il risultato di una cospirazione rivoluzionaria giudaica contro la Cristianità e la Civiltà. A tale scopo pubblica articoli che si propongono di rintracciare le origini storiche del movimento e di identificare i suoi fini comuni con quelle sétte che presero il nome di « Spartachismo », di « Carbonarismo », di «Giacobinismo ».

I due capitoli pubblicati sulla Massoneria sono veramente interessanti per tutti coloro che non siano iniziati ai suoi, segreti, particolarmente per la abbondante e documentata rivelazione delle profonde e frequentissime tracce lasciate nel simbolo massonico dal linguaggio e dal simbolismo ebraico.

La Morning Post facendo queste pubblicazioni avverte che esse non vogliono avere un carattere generalmente antisemitico e riconosce volontieri che anche tra gli ebrei vi sono irreprensibili e sinceri patrioti. Ma essa intende richiamare l’attenzione sulla coincidenza invero assai strana per la quale il movimento bolscevico in Russia è quasi totalmente in mano degli ebrei, i quali si ritrovano invariabilmente alla testa delle organizzazioni socialiste e rivoluzionarie di tutto il mondo e ricoprono altresí le piú alte cariche della Massoneria internazionale.

Ma piú che per le pubblicazioni della Morning Post, la opinione inglese e quella mondiale restò commossa dalla pubblicazione di un piccolo libro Protocolli dei Savi Anziani di Sion ripubblicato a Londra nei primi di quest’anno.

Di questo libro, il solo che in Italia si occupò fu Pietro Misciatelli nel Resto del Carlino. Ecco alcune delle osserva zioni fatte dallo stesso Misciatelli :

«Quando il prof. Nilus presentava nel 1905 questo piano di conquista politica del sionismo non si sarebbe certo immaginato che il suo libro nell’anno 1920 sarebbe apparso a molti cosí vivo di spiriti profetici per il fatto che realmente si videro e vediamo alla testa dei movimenti bolscevichi di Germania, di Russia e d’Ungheria i piú autentici israeliti. Ogni volta che si turba nel mondo il giuoco dell’equilibrio sociale, per sua natura instabile, si riaccendono passioni, risorgono figure di apostoli e di condottieri, si ripetono movimenti che sembravano definitivamente scomparsi e sepolti nei grossi e  polverosi volumi delle biblioteche. Non v’ha dubbio pertanto che possa destare un singolare interesse anche per lo storico piú spassionato il fatto della preponderanza dell’elemento semita nell’attuale rivoluzione bolscevica. La terza Internazionale appare dominata dagli spiriti di quell’antichissima Internazionale costituita fra gli Ebrei dispersi per il mondo dopo la distruzione di Gerusalemme ai tempi dell’imperatore Tito. In Francia, in Inghilterra ed in America le figure piú rappresentative della democrazia estremista furono e sono degli ebrei, perfino in Italia dove tedesco ed israelita fu uno dei primi finanziatori del giornale l’Avanti ! il professor Schiff. E ciò spiega, in questi paesi, dal loro punto di vista, l’implacabile antisemitismo dei sostenitori e degli assertori dell’antico ordinamento politico. La vittoria ottenuta in Francia dagli acerrimi nemici del capitano Dreyfus nelle ultime elezioni politiche può considerarsi una vittoria dell’antisemitismo in Europa. In Ungheria si è veduto ripetersi il medesimo fenorneno nella lotta imperniatasi fra il dittatore israelita Bela Kun e l’antisemita ammiraglio e dittatore Horthy. Dovremmo forse, per questo,  ridurre e spostare tutti i valori della lotta proletaria contro la borghesia in quelli di una guerra meno visibile, ma reale, per il dominio politico del domani, fra la vecchia coscienza tradizionalmente cattolica e l’eterna sua antagonista, l’istraelita ? Chi ciò affermasse sarebbe sicuramente lungi dal vero ; ma si può forse supporre che nella grandiosa lotta fra la classe proletaria e le schiere contrastanti, sopravviva il duello millenario fra la mentalità ebraica e la cattolica ».

II

15 settembre 1920

L’articolo sull’« Internazionale ebraica » ci ha portato e continua a portarci lettere di consenso e di dissenso. Le prime partono da coloro che hanno creduto di vedere nell’articolo l’inizio d’una campagna antisemita e ci incoraggiano a proseguire. Le seconde hanno per autori ebrei amici che ci dicono : « anche voi vi fate eco della leggenda del bolscevismo ebraico diffusa nel mondo occidentale ? ».

Senza equivoci. L’antisemitismo è un giuoco ebraico. Comunque in Italia non esiste. In nessun paese infatti gli ebrei si trovano tanto a lor agio come in Italia.

Agli ebrei noi non negheremo il diritto di libertà politica fino a quando non diventeranno strumento di dissoluzione italiana a servizio di interessi politici ed economici stranieri e antinazionali.

Agli ebrei amici dobbiamo un discorso piú lungo, visto che ci si accusa di essere vittime della leggenda del bolscevismo ebraico diffusa nel mondo occidentale.

Premettiamo che, a prescindere dalla leggenda o meno, noi siamo lontano dall’invocare la caccia all’ebreo.

Se eccidi, se pogroms a danno degli ebrei vi sono stati, essi non sono che la conseguenza dell’atteggiamento bolscevico assunto dagli ebrei in Russia e in Ungheria.

Questo per quanto riguarda i pogroms.

Ma per quanto riguarda la leggenda del bolscevismo ebraico in Russia e in Ungheria, la cosa è alquanto diversa in quanto, purtroppo, essa non è una leggenda ma una triste realtà; come è una realtà ancora piú triste il fatto che quel bolscevismo di natura ebraica realizzatosi in Russia e in Ungheria, si va diffondendo nel mondo, e quindi anche in Italia, pel tramite principalmente degli estremisti ebrei. Ed è pure una realtà che, dei grandi eccidi consumati nell’ultimo periodo, gli ebrei non sono state le vittime ma sono stati gli autori.

A conferma di queste asserzioni vogliamo qui limitarci a riportare alcune testimonianze non sospette.

Un documento molto importante in proposito è stato fornito dalla polizia segreta americana: Secret Service: « Documentation » – Parigi, 6 marzo 1920.

Da questo documento risulta:

a) Nel febbraio 1916 si seppe per la prima volta che una rivoluzione era stata fomentata in Russia. Si scoprí che le persone e ditte qui sotto riferite erano impegnate per tale opera rivoluzionaria: – 1) Jakob Schiff (personalmente) ebreo – 2) Banca Kuhn Loeb and C. ebrea, con Jakob Schiff ebreo, Jerome L Hanauer ebreo – 3) Guggenheim ebreo – 4) Max Breitung ebreo. Non v’è dubbio dunque che la rivoluzione russa, scoppiata un anno dopo tale formazione,  fu lanciata e fomentata da influenze spiccatamente ebraiche. Difatti nell’aprile del 1918 Jakob Schiff ebbe a dichiarare pubblicamente che grazie al suo appoggio finanziario la rivoluzione russa era riuscita ;

b) Nella primavera del 1917 Jakob Schiff cominciò ad accomanditare Trotzky ebreo per fare in Russia la rivoluzione sociale; il giornale di New York Forward, gazzetta ebrea bolscevica quotidiana, versò anch’essa una contribuzione per tale scopo.

Contemporaneamente a Stoccolma l’ebreo Max Warburg accomanditava la ditta Trotzky e CC., casa ebraica ; tale società era egualmente accomanditata dal Sindacato Westfaliano-Renano, impresa ebraica, nonché da un altro ebreo, Olaf Aschberg della Nya Banken di Stoccolma e dal l’ebreo Givotovsky la cui figlia ha sposato Trotzky. Cosí furono stabilite le relazioni fra gli ebrei multimilionari e gli ebrei proletari.

c) Nell’ottobre 1917 ebbe luogo in Russia la rivoluzione sociale, in virtú della quale certe organizzazioni di sovieti presero la direzione del popolo russo. In quei sovieti spiccarono i seguenti individui, tutti ebrei meno Lenin (il quale è però figlio di una donna di razza ebrea). Ecco i loro nomi di guerra, e tra parentesi, quelli di famiglia :

Lenin (Ulianov). Steklow (Nakhames). Larin (Lurge). Martinov (Zibar). Zwiesdin (Weinstein). Lapinsky (Loewensohn). Trotzky (Braunstein). Martov (Zederbaum). Bohrin (Nathansohn). Kamenev (Rosenfeld). Suchanov (Gimel). Sagersky (Krohmann). Sointzev (Bleichmann). Garin (Garfeld). Kammev (Katz). Gorev (Goldmann). Axelrod (Orthodox). Tschernomorsky (Tschernomordkin). Maklakowsky (Rosenblum). Meschkowsky (Goldberg). Abramowitsch (Rein). Urisky (Radomislski). Ganetzky (Fuertenberg). Bogdanov (Silberstein). Riazanov (Goldenbach). Piatnitzky (Ziwin). Glasunov (Schultze). Zinoviev (Apfelbaum). Dan (Gurewitsch). Parvus (Goldfandt, detto anche Helphand).

d) Nello stesso tempo l’ebreo Paul Warburg, che era prima stato in relazione con il Federal Reserve Board, fu notato per le sue attive relazioni con certe personalità bolsceviche degli Stati Uniti ; questa circostanza, unita ad altre informazioni, determinò il suo scacco nella rielezione del Board suddetto;

e) Fra gli amici intimi di Jakob Schiff vi è il rabbino Judas Magnes suo amico intimissimo ed agente devoto. Il rabbino Magnes è un vigoroso propagandista del giudaismo internazionale. L’ebreo Jakob Billikow ebbe a dichiarare un giorno che Magnes è un profeta. Al principio del 1917 il detto profeta ebreo lanciò la prima associazione veramente bolscevica in questo paese sotto il nome di « consiglio del popolo ». Il 24 ottobre 1918 Judas Magnes dichiarava di essere bolscevico ed in completo accordo con la dottrina e l’ideale dei bolscevichi. Questa dichiarazione fu fatta da Magnes in una riunione del Comitato Ebraico d’America a New York. Jakob Schiff condannò le idee di Judas Magnes ; e costui per ingannare l’opinione pubblica si dimise da membro del detto comitato ebraico americano. Peraltro Schiff e Magnes restarono in perfetta armonia come membri del Consiglio di amministrazione della Kahillah ebraica;

f) Judas Magnes accomanditato da Jakob Schiff è, d’altra parte, in relazioni intime con l’organizzazione sionista universale Poale (Zion) di cui egli è di fatto il direttore. Il suo scopo finale è di stabilire la supremazia internazionale del partito laburista ebreo. Anche là si precisa il legame fra gli ebrei multimilionari e gli ebrei proletari ;

g) Appena la rivoluzione sociale scoppiò in Germania, l’ebrea Rosa Luxemburg ne prese automaticamente la direzione politica ed uno dei principali capi del movimento bolscevico internazionale era l’ebreo Haase. In quel momento la rivoluzione sociale in Germania si svolse secondo le stesse direttive ebraiche della rivoluzione sociale in Russia.

Ora noi osserviamo il fatto che la ditta ebraica Kuhn Loeb and C.° è in relazione con il Sindacato Westfaliano Renano (ditta ebrea di Germania), con i fratelli Lazares (ditta ebrea di Parigi) e colla banca Gunzburg (ditta ebrea di Pietrogrado, Tokio e Parigi) ; se noi osserviamo invece che i suddetti affari ebraici sono in stretta  relazione colla casa ebraica Spoyer and C.° di Londra, New York e Francoforte sul Meno, nonché con la Nya Banken — affare ebraico-bolscevico di Stoccolma, — apparirà chiaro che il movimento bolscevico come tale, è in una certa misura l’espressione di un movimento generale ebraico, e che certe banche ebraiche sono interessate nell’organizzazione di questo movimento.

Tutto questo è detto nel citato documento del servizio segreto americano trasmesso all’Alto Commissariato della Repubblica Francese, il 6 marzo 1920.

È tutto ciò una leggenda ?… Andiamo oltre.

La Morning Post dell’11 agosto 1920 sotto il titolo « Gli ebrei e i soviets. Un ordine segreto significativo » pubblicava :

«Quanto segue è la traduzione di un ordine del Soviet rivoluzionario di guerra della 12a Armata, ed è stato riprodotto fotograficamente dal documento originale sequestrato ai bolscevichi. L’ordine porta la segnatura : « segreto ».

Kieff, 30 aprile 1920

«Essendosi col 27 aprile iniziata una pressione in direzione di Kieff delle bande polacche della Guardia Bianca ; il Soviet di guerra rivoluzionario della 12a Armata ordina:

(l°, 2°, 3°, 4°, omessi) ; 5° I villaggi (marked) indicati quali centri di propaganda anti-Sovieti e specialmente quali centri di manifestazioni antiebraiche debbono essere completamente distrutti ; le persone colpevoli debbono essere fucilate senza investigazioni e processi ; (6° omesso; 7° omesso) ; 8° In considerazione dello speciale zelo comunistico dimostrato dalla popolazione ebraica ed anche tenendo conto dei sentimenti anti-giudaici delle orde polacche, si deve portare aiuto di ogni specie ai camerati ebrei, specialmente durante la ritirata.

Firmato: Miczenikoff, comandante della 12a Armata ; Muratoff, membro del Soviet di guerra rivoluzionario della 12a Armata ; Sedaczeff, Capo di Stato Maggiore Generale ; Zilinskij, Capo della Sezione politica della 12a Armata.

« Certificato che la copia è conforme all’originale: Jakowlev, Capo dello Stato Maggiore divisionale ».

Ancora. Il Times del 25 agosto 1920 aveva da Varsavia :

«Risulta, dalle conversazioni coi prigionieri russi presi dai polacchi, che il principale motivo della loro ostilità al bolscevismo è proprio l’internazionalismo di questa dottrina. «Finché — essi dicono — la rivoluzione ci ha dato delle terre, era una buona rivoluzione. Vorremmo tornare alle nostre case per coltivare il suolo di una Russia felice, ma invece ci accorgiamo di essere diventati strumenti degli ebrei, dei tedeschi, dei tartari e degli ungheresi per fare la propaganda fuori della Russia con le baionette alla mano. Come bruti, siamo cacciati negli altri paesi a trasportarvi l’esperienza del regime che ha rovinato la Russia. Lasciateci invece le nostre terre e liberateci dai bolscevichi, che non sono russi ».

Il periodico La Divina parola del 25 aprile 1920 pubblicava :

«Nella città di Budapest da qualche mese si nota che diverse centinaia di ebrei si fanno cancellare dai registri israelitici per passare catecumeni nella religione cattolica. Questi convertiti appartengono a tutte le classi della società, ma in prevalenza alla borghesia. Intervistato in proposito il Gran Rabbino, questi attribuisce l’esodo dei suoi correligionari al l’odio ed all’orrore concepito per il bolscevismo e i nefasti capi. Bela Kun (Abele Coen) è israelita, come pure altri 30 sui 35 che componevano il suo gabinetto. — Durante la reazione antibolscevica, sono stati trovati cadaveri di frati e di monache, ammucchiati alla rinfusa nei sotterranei. I diplomatici esteri, chiamati dal popolo a verificare coi propri occhi simili orrori, hanno attestato di aver veduto non pochi cadaveri di religiose col crocifisso — solito portarsi sul petto — piantato nel cuore, e con i grani delle corone conficcati a colpi di martello intorno al capo ed alle tempie ».

Vi sono poi delle confessioni vere e proprie ; ecco qui quanto scriveva uno degli organi ebraici di Londra, Jewish Chronicle :

« È molto importante per il bolscevismo stesso, che tanti ebrei siano bolscevichi, e che gl’ideali del bolscevismo in molti punti concordino con i piú belli ideali del giudaismo ». (Riprodotto dalla Morning Post del 5 febbraio 1920).

Ecco una confessione del Comunista, organo ufficiale bolscevico della città di Kharkov, che pubblicava questo manifesto firmato dall’ebreo Kohan, e intitolato « I meriti del l’ebraismo verso gli operai » :

«Noi possiamo dire — dice il manifesto — senza alcuna esagerazione che la grande Rivoluzione sociale in Russia è stata organizzata e compiuta dagli ebrei. Avrebbero  forse, le masse operaie e i contadini cosí poco illuminati, osato di spezzare la catena della borghesia ? No, certamente. Sono dunque gli ebrei che hanno condotto il proletariato russo verso l’aurora dell’internazionalismo, e che continuano a farlo, perché tutte le organizzazioni sovietiche sono in nostra mano.

« Cosí noi possiamo essere tranquilli finché la direzione suprema dell’esercito rosso appartiene al nostro camerata Trotzky. È vero che non ci sono ebrei fra i soldati ; ma nei comitati e nei sovieti, in qualità di commissari, gli ebrei conducono arditamente il proletariato russo. Non è dunque senza ragione che nelle organizzazioni sovietiche la maggioranza dei voti sia espressa per gli ebrei, e che il popolo russo si sia scelto come capo il camerata ebreo Trotzky». (Cfr. Vieille France, numero 169, 22-29 aprile 1920).

V’è inoltre una testimonianza documentata di J. H. Clarke (Times, 10 maggio 1920) :

« Ho avuto sotto gli occhi la lista dei nomi e delle nazionalità dei principali funzionari della Russia attuale, lista proveniente dagli stessi incarti dei sovieti… su di un totale di 556 funzionari, 17 sono russi, 458 ebrei, gli altri sono lettoni, tedeschi, armeni e non russi dell’ex-impero ».

Autorevole fonte per tali accertamenti è l’ufficiale Collezione dei rapporti sul bolscevismo in Russia pubblicata dal Governo britannio (Foreign Office, n. 1 , 1919).

Eccone alcuni estratti :

1. Rapporto del console britannico di Ekaterinburg, 6 febbraio 1919 : « I capi bolscevichi non rappresentano i lavoratori di Russia, ma per la maggior parte sono ebrei » (p. 38).

2. Sir. E. Howard a M. Balfour, 20 agosto 1918 : « La maggior parte dei mestatori sono dei fanatici e degli ebrei avventurieri come Trotzky e Radek » (p. 2).

3. M. Alston a lord Curzon, 23 gennaio 1919 : « I bolscevichi formano una classe privilegiata che può terrorizzare il resto della popolazione… Gli ebrei sono sopra tutto numerosi negli alti posti » (p. 33).

4. Il Generale Knox al War Office, 5 febbraio 1919 : « Quanto al massacro della famiglia imperiale ad Ekaterinburg, si ha la prova che esistevano nel soviet locale due partiti : uno voleva assolutamente salvare la famiglia imperiale; l’altro era condotto da cinque ebrei e due di questi erano risoluti per l’assassinio. Questi due ebrei, chiamati Vainen e Safaroff, accompagnarono Lenin quando egli fece il viaggio attraverso la Germania… La guardia alla prigione della famiglia imperiale comprendeva dieci lettoni e tre ebrei… La sentenza di morte fu letta alla famiglia imperiale dal l’ebreo Yarowski » (p. 33).

E le citazioni potrebbero continuare per centinaia di pagine, ma ci basta a mo’ di conclusione riportare un brano della storia dell’eccidio della famiglia imperiale russa secondo le prove raccolte da un inviato speciale del Times che non è di certo un periodico antisemita : ne fa fede la presenza di Lord Northcliffe che prima di comprare il feudo vacante di Lord Northcliffe si chiamò Alfredo Harmsworth e prima ancora il nome familiare era, a Francoforte sul Meno, H. Stern.

Il Times dunque mandò espressamente sul posto dell’eccidio della famiglia imperiale russa, in Siberia ad Ekaterinburg, un suo corrispondente il quale, oltre che tutte le piú accurate indagini e testimonianze oculari fu in possesso di tutti i documenti legali relativi raccolti dal magistrato Sokoloff.

La versione del Times (agosto 1920) non è stata mai smentita né dai Sovieti né da alcun altro. Dei lunghi articoli diamo due soli brani :

« La veridica storia del martirio di Nicola II, zar della Russia, della sua moglie e della sua famiglia, può finalmente essere raccontata. Quello che noi stiamo per narrare è basato su prove ottenute da investigazioni legali. Le deposizioni firmate da testimoni oculari sono nelle mani di chi scrive questi ricordi, ma egli non può adesso fare i nomi dei testimoni stessi perché essi si trovano ancora sotto il potere degli assassini, cioè dei Sovieti. Verrà bene un giorno in cui i colpevoli saranno chiamati al redde rationem, ma prima che spunti quest’alba ci vorrà forse ancora del tempo.

« Intanto chi scrive ha aperto per suo conto il processo ed ha incominciato a preparare le prove che serviranno poi al verdetto di condanna.

« Ad Ekaterinburg, in Siberia, nella notte del 16 luglio 1918, la famiglia imperiale ed i suoi fedeli familiari, undici persone fra tutti, furono portati in una piccola stanzuccia della casa dove erano tenuti prigionieri e là furono tutti uccisi a furia di colpi di revolver. Non ci fu processo di sorta.

« Innanzi la loro morte i prigionieri furono assoggettati a maltrattamenti tali da costituire una vera orribile tortura, morale se non fisica.

« Dopo la morte i loro corpi furono portati in un bosco e completamente distrutti. Tutti questi atti furono premeditati e preparati dagli assassini con elaborata ricerca.

« La preparazione del delitto cominciò molte settimane prima di ogni avvento di anti-bolscevismo, quindi né timore di reazione o riscossa da parte dei “bianchi”, né complotto per riscattare i prigionieri, può esere umanamente invocato per giustificare la strage.

« La notizia legale data dal governo di Mosca nel 20 luglio, quattro giorni dopo, parla della fucilazione dello zar come di un atto di necessità, ma categoricamente afferma che l’ex imperatrice e i fanciulli erano stati portati fuori della città.

« Questi rapporti, deliberatamente falsi, furono fatti per allontanare ogni investigazione e, da principio, vi riuscirono.

« È cosa ormai fuori di ogni dubbio che lo zar cadde vittima della sua lealtà.

« Egli aveva ricevuto da parte dei nostri nemici, offerte speciali per gittare a mare il trattato di Brest-Litowsk, come chiaramente appare oggi dalle Memorie di Ludendorff, vol. II, pago 658…

« Lenin ebbe tanto poco a fare con la morte di Mirbach quanta ne ebbe una settimana piú tardi, con quella dello zar e famiglia. I veri autori di questo e di quel delitto furono i piú stretti circoli del “Tsik” e della “Ocrana Rossa”.

« Le figure del Sovnarkom non ci interessano ; quelle che importano sono i grandi, sebbene malefici, personaggi del mondo rosso.

« Molti di loro sono ancora completamente ignoti al gran pubblico e non sono conosciuti che tra le file di rivoluzionari di professione. Una buona percentuale di cento ebrei che vennero dalla Germania in Russia con Lenin, e di quell’altro centinaio che vennero da Chicago, meritano di esser messi in questa galleria perché senza dubbio essi tennero la Russia sotto il loro dominio. Per enumerarli e descriverli singolarmente ci vorrebbe tutto un volume. A me basterà di far lo schizzo solo di quelli che ebbero parti principali nel dramma di Ekaterinburg. E i piú importanti furono Sverdloff, Safaroff, Voikoff,  Goloshscekin e l’assassino-capo Jurofsky.

« I complici di Lenin. — I nomi di Safaroff e Voikoff figurano nella lista dei compagni di viaggio di Lenin. Entrambi sono potenti bolscevichi che occupano un’alta posizione nella polizia e nel potere… Goloshscekin era un sanguinario anormale al massimo grado anche per un capo “rosso”. La gente che lo conobbe ad Ekaterinburg lo descrive come un omicida sadico. Non assisteva mai alle esecuzioni ma esigeva che gli se ne facesse il racconto piú lungo, piú minuto, piú particolareggiato possibile.

« Egli se la crogiolava a letto, tremando e rabbrividendo sino a che il boia non veniva a portargli il suo rapporto, e allora voleva udire da lui la descrizione delle torture, con un delirio di gioia, domandando sempre altri dettagli, fremendo di piacere alle espressioni, gesti e agonia delle vittime a mano a mano che passavano dinanzi alla sua malata fantasia.

« Il capo aguzzino. – Yurofsky aveva un piú umile officio. Non era uno dei capi del soviet. Quando il piano tedesco di restaurare sul trono Nicola, come un re dipendente, fallí, e il conclave ebraico di Mosca fu libero di continuare nel suo programma di vendetta, Yurofsky fu messo capo-aguzzino dell’oramai sentenziata famiglia. Il comandante russo e le guardie furono mandate vie, apparentemente sotto l’accusa di furti. Furono rimpiazzati da soldati germanici e magiari sotto un comando ebraico, ed essi riuscirono a spogliare di ogni cosa gli infelici che dovevano custodire.

« Le origini di Yurofsky sono state perfettamente ricercate e conosciute. I suoi genitori e tutti i suoi parenti sono tutti ebrei di bassa condizione che rimasero in Siberia. Quando la guerra scoppiò, egli eluse il servizio, s’imboscò nella Croce Rossa e rimase ad Ekaterinburg. Quando i bolscevichi s’impossessarono del governo, Yurofsky divenne uno degli agenti locali del nuovo potere…

«Usava di andare nella casa di Ipatiev, ed era là che egli accarezzava il bambino Alessio, che pochi giorni piú tardi, uccise a revolverate con la stessa mano ».

Questi son fatti; e nessuno può leggerli senza indignazione e profonda tristezza assieme a cento altri racconti delle atrocità commesse dagli ebrei. Eppure al grido angoscioso delle vittime non ha fatto eco nessun Anatole France di questo o dell’altro mondo ! Essi  riservano i loro appelli all’umanità solo perché ascolti le grida di dolore del popolo ebraico. Qual meraviglia se i loro appelli, le loro proteste « lasciano inerti le diplomazie e sorde e indifferenti le opinioni pubbliche dei vari paesi » ?

4. CHI GOVERNA LA RUSSIA?

15 gennaio 1921

Un interessante opuscolo dal titolo: Chi governa in Russia ? edito a New York nel 1920 dall’Associazione « Unità della Russia »  dà un elenco completo del personale che dirige i vari reparti del governo dei Sovieti. L’elenco, redatto accuratamente sulle basi offerte dagli organi ufficiali bolscevichi, reca la prova indiscutibiIe della preponderanza ebraica in tutti i rami del governo dei dittatori di Mosca.

In Russia, su 503 funzonari dello Stato, 406 sono israeliti ; 29 soltanto russi. Ci sono, per verità, 34 lettoni, 12 tedeschi, 12 armeni ecc. Inoltre, tra 42 giornalisti che dirigono l’opinione pubblica, uno solo è russo: Massimo Gorki.

Sui 22 membri del Consiglio dei commissari del popolo, non si contano che 3 russi: soltanto : Lenin, Cicerin e Mondelstam. Gli altri membri sono : 17 israeliti e 2 armeni.

Il Commissariato di guerra, diretto da Trotzky, comprende 43 membri : 34 sono israeliti, 8 lettoni, 1 tedesco ; non un solo russo.

Il Commissariato dell’interno, diretto dall’israelita Apfelbaum (Zinovieff) è composto di 64 membri,  tra i quali 2 russi, 45 israeliti, 11 lettoni, 3 armeni, 2 tedeschi ed 1 polacco.

Il Comitato per gli Esteri, diretto da Cicerin, che vi rappresenta da solo l’elemento russo, è composto di 17 membri ; gli altri 16 sono : 13 israeliti, 1 armeno, 1 lettone, 1 tedesco.

Il Commissariato delle finanze è costituito da 30 membri, dei quali 26 sono israeliti, 2 russi, 1 lettone ed 1 polacco.

Il Commissariato della giustizia comprende 19 membri, tra i quali Steinberg e Trotzky. Non un solo tra essi è russo : 18 sono israeliti ed 1 armeno.

Il Commissariato dell’igiene si compone di 5 membri: 4 israeliti ed 1 tedesco. Non un solo russo.

Il Commissariato della pubblica istruzione comprende 53 membri, tra i quali: 2 russi, 44 israeliti, 3 finnici, 2 tedeschi, 1 lettone ed 1 ungherese.

Il Commissariato dell’assistenza sociale è costituito da 6 membri, tutti israeliti.

Il Commissariato della ricostruzione della città di Jaroslaw ha due membri : israeliti entrambi.

I delegati della Croce Rossa bolscevica sono 8, tutti e otto israeliti.

Tra i 23 commissari provinciali, 21 sono ebrei, uno russo ed un lettone. La Commissione d’inchiesta sull’amministrazione dell’impero russo è composta di 5 ebrei e 2 russi. La Commissione d’inchiesta sull’assassinio di Nicola II contava dieci membri: 7 ebrei, 2 russi ; 1 armeno.

Il Consiglio supremo dell’economia generale, diretto da un russo, il Rykoff, è costituito da 56 membri : 45 israeliti, 5 russi, 3 tedeschi, 2 lettoni, 1 armeno.

L’ufficio del primo Soviet degli operai e soldati, di Mosca conta 23 membri: non un solo russo, ma, 19 israeliti, 3 lettoni, 1 armeno.

Il Comitato esecutivo centrale del 4° Congresso pan-russo dei Sovieti degli operai, dell’esercito rosso, dei contadini e dei cosacchi, era composto da 34 membri : 33 israeliti ed 1 russo.

Il Comitato del 5° Congresso degli stessi Sovieti, com prendeva 62 membri : 43 ebrei, 6 russi, 6 lettoni, 2 armeni, 1 tedesco, 1 ceco e gli altri tre oriundi rispettivamente della Georgia, dell’Imeret e del Karaim.

Il Comitato centrale del partito socialista operaio è composto di 12 membri, tra i quali 9 israeliti e 3 russi. Tale il personale governativo della Russia d’oggi (1920).

Ma la influenza ebraica si estende anche nei partiti che pretendono di rappresentare l’opposizione. L’ufficio centrale del partito comunista del popolo, è composto di 55 israeliti e di un russo. Il Comitato centrale del partito socialdemocratico dei lavoratori, è composto di 11 membri, tutti ebrei. Il Comitato centrale del partito socialista rivoluzionario della destra, conta 14 israeliti ed 1 russo. Il Comitato centrale del partito socialista  (rivoluzionario) di sinistra, conta 10 israeliti e 2 russi. Il Comitato degli anarchici di Mosca comprende 5 membri : 4 ebrei ed 1 russo. Il Comitato centrale del partito comunista di Polonia, conta 12 membri tutti ebrei.

Si può, dunque, concludere a rigor di logica, che lo Stato russo è governato dagli ebrei.

Questa la situazione nel 1920, né mai essa è mutata ; per cui Hitler, nel messaggio del 3 ottobre (1941) diretto all’esercito tedesco il giorno della grande offensiva di annientamento dell’esercito bolscevico, poteva affermare :

« Ora miei camerati, avete personalmente conosciuto il « paradiso dei lavoratori e dei contadini ». In un paese che, per la sua grandezza e la sua fertilità, avrebbe potuto alimentare tutto il mondo, vi era una povertà quale per noi tedeschi è incomprensibile. Ciò è il risultato di un regime giudaico di 25 anni, che nella sua forma bolscevica non è altro  che un capitalismo spinto agli estremi.

« I sostenitori di questo sistema sono ebrei e solo ebrei ».

I pochi capi non ebrei, come Stalin e Molotov, hanno tutti mogli ebree. Stalin ha infatti per moglie Raisa Kaganovic, il cui padre è capostipite di tutta una dinastia di ebrei. Lazarus Kaganovic, suocero di Stalin, è vicesegretario del Partito comunista, Commissario del popolo per l’industria pesante ed inoltre anche membro del Polit-Bureau ».

I cognati di Stalin occupano tutti posti di comando nella vita sovietica :

Michael Kaganovic è Commissario del popolo per l’industria bellica e membro del Comitato centrale del Partito comunista ; Aaron Kaganovic è amministratore degli approvvigionamenti di Kiev e membro del Comitato politico della Ucraina ; Sergio Kaganovic dirige l’industria tessile e Boris Kaganovic quella dei rifornimenti per l’esercito.

Come si vede, Raisa Kaganovic, la Ester sovietica, ha saputo mettere bene a posto tutta la parentela.

Anche il secondo uomo politico dell’U.R.S.S. in ordine di grandezza, Molotov —  Commissario del popolo agli Esteri — ha per moglie una ebrea : la Scemciuchina Karp.

Attraverso sua moglie — che, del resto, è stata lungamente vice-Commissaria agli approvvigionamenti — Molotov ha mantenuto ottimi rapporti con la dinastia finanziaria americana dei Karp. Le grandi forniture americane all’U.R.S.S. del 1928, forniture di navi, armi, macchine utensili, ecc. passarono tutte attraverso le mani della famiglia Karp.

La Scemciuchina Molotov-Karp è rimasta sempre in ottimi rapporti con i finanzieri ebraici di Nuova York : Jakob Schiff, Warburg e Kahn, le cui strette relazioni coll’ebreo Maisky, ambasciatore sovietico a Londra, sono state parecchie volte rilevate dalla stampa.

Come si vede : bolscevismo, ebraismo, alta finanza e plutocrazia sono strettamente collegati e bene a ragione il Bnai B’rith Messenger, organo della massoneria giudaica di Los Angeles, a firma Reynolds dimostrava testè come la Russia sovietica è oggi l’unico paese nel quale non esiste un problema ebraico.

La Conferenza adunatasi a Mosca in settembre (1941) per organizzare i soccorsi anglo-americani alla Russia è stata anche essa una Conferenza giudaica : dei 104 delegati inglesi, americani e russi, radunati a Mosca, ben 89 erano giudei o semi-giudei ; il resto tutte persone notoriamente legate al giudaismo. La londinese Jewish Chronicle aveva preannunciato la conferenza aggiungendo che in essa sarebbe stata discussa anche la creazione di uno stato universale ebraico.

« La conferenza ha avuto inizio — continua il giornale — nel giorno in cui ricorre la festa giudaica della riconciliazione. I delegati adunati nella Sinagoga maggiore di Mosca hanno assistito alla funzione della riconciliazione e cantato insieme con gli altri il Kol Nidre. Nel salone rosso del Cremlino, ove si è svolta la conferenza, il gran rabbino di Karchov, Tannenbaum, ha benedetto gli astanti. Dopo il banchetto i delegati giudei alla conferenza hanno inziato il digiuno ». Il salone era pavesato di simboli ebraici.

5. « SULLA SOGLIA DEL DOMINIO DEL MONDO »

15 ottobre 1920

Un importante documento, venuto alla luce dopo le documentate pubblicazioni fatte da La Vita Italiana, offre una traccia assai interessante delle finalità e dei sistemi adottati dalle forze ebraiche per soggiogare, come si esprime il documento, il mondo. Lo pubblicò per la prima volta la parigina Action Française ed era emanato dal « Comitato Centrale della Sezione di Pietrogrado della Lega internazionale israelita », porta la data del dicembre 1919 ; fu trovato nel portafogli d’un ufficiale ebreo, di nome Zunder, ucciso in uno scontro, e che comandava il II battaglione di tiratori dell’esercito bolscevico. Scritto in ebraico, fu tradotto in russo ed in inglese, e poi in francese. Eccolo :

« (Segreto). Ai rappresentanti di tutte le Sezioni della Lega :

« Figli d’Israele ! L’ora della nostra suprema vittoria s’approssima. Noi siamo sulla soglia del dominio del mondo. Ciò che, or non è guari, era materia di sogno, sta per realizzarsi. Deboli ed impotenti eravamo ; la catastrofe mondiale ci trasforma e, grazie ad essa, possiamo levare la testa con orgoglio. Tuttavia dobbiamo esser prudenti. Si può profetizzare con sicurezza che, passando sulle rovine e dopo aver schiacciati altari e troni, la nostra marcia, nella via prestabilita, continuerà. Ma l’autorità della religione e delle dottrine che propagammo con tanto successo, è esposta a critiche violente ed allo scherno.

« Tuttavia noi abbiamo scosso la cultura, la civiltà, le tradizioni ed i troni delle nazioni cristiane. La nostra opera è quasi compiuta, a suo riguardo, ma occorre, tuttavia, esser prudenti poiché la Russia domata è la nostra grande nemica.

« La vittoria, conseguita grazie alla nostra superiorità intellettuale, può essere rivolta contro di noi da una nuova generazione. La Russia è conquistata ed inchiodata al suolo, sotto le nostre calcagna : ma non dimenticate un solo istante, che bisogna esser attenti e prudenti. La cura sacra della nostra sicurezza non ci permette di esercitare né la pietà, né il perdono. Siamo prudenti e silenziosi. Nessuna pietà pel nostro nemico. Dobbiamo distruggere i cosí detti migliori elementi del popolo russo, perché questo paese non possa piú trovare dirigenti. Gli toglieremo, cosí, ogni possibilità di resistere al nostro potere. Dobbiamo mantenere il contrasto tra gli operai ed i contadini. La guerra, la lotta di classe, distruggeranno la cultura dei popoli cristiani. Ma, figli d’Israele, siamo prudenti e riservati. La nostra vittoria è prossima, poiché la nostra potenza politica ed economica, come anche la nostra influenza sulle masse, fanno rapidi progressi. Noi siamo padroni delle finanze e dell’oro dei governi e, per conseguenza, siamo onnipossenti sulle Borse dei traditori e delle mene segrete.

« Bronstein, Apfelbaum, Rosenfeld, Steinberg sono, tra tanti altri, veri figli d’Israele. La nostra potenza, in Russia, è illimitata. Nelle città, i commissariati e le commissioni dei viveri, delle case, ecc., ci sono devoti. Ma non vi lasciate ubriacare dal successo. Siate prudenti e diffidenti: fuori di noi, non bisogna contare su nessuno. Non possiamo aver fiducia nell’esercito rosso, che potrebbe, un giorno, volgere le armi contro di noi.

« Figli d’Israele, l’ora della vittoria tanto attesa è suonata. Stringete le file ! Propagate la politica nazionale della nostra razza ! Combattete pel nostro ideale ! Custodite santamente le vecchie leggi, che ci furono trasmesse in eredità. Che la nostra intelligenza ed il nostro genio, ci proteggano e ci guidino ! »

6. POTENZA EBRAICA IN AMERICA

15 aprile 1921

Vogliamo qui elencare alcuni fatti ed episodi che denotano la potenza ebraica in America. Potenza che rese possibile fare di Wilson lo strumento ebraico nella Conferenza della pace.

Gli ebrei d’Inghilterra hanno solennemente festeggiato il loro Luciano Wolf «plenipotenziario d’Israele » presso la fedele Conferenza della pace. Il Wolf ha compiuto da par suo il mandato, e meritava quella dimostrazione. Il noto capo ebreo Israel Zangwill, non essendo potuto intervenire, scrisse all’assemblea esaltando l’ukase della Conferenza ebreo-versagliese, che imponeva agli Stati come Polonia, Romania ecc., il privilegio autonomistico delle « minoranze » (leggi: degl’israeliti di quei paesi).

Scriveva Zangwill : « Il trattato delle minoranze è la pietra di paragone della Lega delle Nazioni che è una idea essenzialmente ebraica. E l’uomo che stava dietro al trattato delle minoranze era Luciano Wolf ».

Luciano Wolf stava « dietro » quella imposizione della minoranza israelitica : cioè i grandi uomini politici che solennemente decretarono il privilegio imposto (un’amara ironia ebraica lo chiamò « trattato »), erano delle semplici marionette dietro le quali Luciano Wolf stava a tirare i fili.

La Lega delle Nazioni che è composta in prevalenza assoluta di ebrei e massoni, è lo strumento maggiore dell’ebraismo nel mondo e seconderà tutti i piani giudaici.

Questa verità non va mai ripetuta abbastanza.

Ma veniamo all’America. A New York, il 16 febbraio 1920 al grande Congresso della Federazione Civile Nazionale (N.C.F.) Henry W. Wood accusò il presidente Wilson di provocare e proteggere il disordine sociale. Si alzò subito il rabbino Joseph Silvermann che difese calorosamente Wilson. Il noto ebreo Samuel Gompers, presidente dell’adunanza, aumentava la dose dichiarando che l’attacco di Wood contro Wilson non « sarà nemmeno inscritto né inserito nel processo verbale ».

L’ebreo Daniels, ministro della marina, si faceva notare per la sua grande attività in discorsi ed in raccolte di fondi per la propaganda sionista (cfr. Baltimore Sun, 2 febbraio 1920).

A New York i capi della giustizia sig. Swann (District Attorney) e sig. Friedrich Kernochanoff (Chief Justice) consentivano (16 febbraio 1920) alla imposizione dei rabbini della città (che è la piú grande città ebraica del mondo) di costituire un tribunale (Court) speciale ebraico per gli arbitrati israelitici.

A Filadelfia 600 delegati ebrei, rappresentanti un milione e mezzo d’Israeliti degli Stati Uniti, non dubitarono di votare un ordine del giorno affermante la necessità di « fortificare i vincoli della nazione ebraica mediante l’insegnamento del Talmud » : cioè di quel codice rabbinico il quale insegna che il mondo deve diventare proprietà di Israele, e che un ebreo pecca se non profitta d’ogni occasione per spogliare ed opprimere i cristiani.

Lo stesso spirito regnava nell’analoga assemblea delle donne ebree (presenti 390 di esse) sotto la presidenza delle signore Hoffmann e Deborah Kallen.

A Baltimora, sotto la presidenza di Mosè Rothschild, i rabbini Philipson, Lazaron, Rosenau e Rubinstein proclamavano in un’altra assemblea ebraica, che « Israele è il popolo santo, il popòlo eletto per dominare il mondo ».

L’americano Hoover dittatore del servizio viveri negli Stati Uniti pubblicava il programma dei rifornimenti americani per gli affamati europei. Stralciamo qualche linea : « Abbiamo già stabilito magazzini generali di soccorso a Varsavia, Budapest, Praga, Vienna e Amburgo (queste città sono altrettanti centri ebraici). Il compratore di una tratta (cupone) alimentare può spedirla per posta alla persona ch’egli vuole aiutare, ecc., ecc… Vi sono tratte speciali per gli ebrei) (cfr. Vieille France, n. 168) .

Come delegata americana al Congresso ginevrino dell’« Alleanza internazionale per il voto politico alle donne », Wilson inviò l’ebrea signora Daniels moglie dell’ebreo Joseph Daniels ministro della marina.

Ad ambasciatore americano al Messico, Wilson nominava il notissimo ebreo agente del Kahal, il Morgenthau già da lui mandato a Costantinopoli ed altrove per gli affari israelitici.

La signora Wilson, nota direttrice di suo marito, e nota parente ed amica intima di potenti famiglie ebree, mandava. alla sua buona amica l’israelita signora Alexander Kohut una lettera, resa pubblica, in cui ella si dice unita di cuore con il « Consiglio delle donne ebree » a proposito di una domanda di fondi (150 mila dollari) per questa organizzazione di lotta voluta dai capi d’Israele.

In piena seduta del Parlamento americano, il deputato Mason, dell’Illinois, ha accusato l’ebreo Bernardo Baruch membro del Consiglio della difesa Nazionale, di aver rubato con i suoi complici, 200 milioni di dollari. L’ebreo non si è giustificato e non è stato processato: due cose facili a comprendersi.

Per rafforzare il loro dominio negli Stati Uniti, i capi ebrei vi fanno immigrare masse enormi di giudei orientali. L’Evening Post del 18 maggio 1920 annunziava da Varsavia la partenza di duemila ebrei per settimana diretti agli Stati Uniti; mezzo milione d’ebrei delle terre slave ha già domandato i passaporti, e l’ebreo Jacob Wassel, presidente dell’apposito comitato a New York, dichiarava che tale movimento durerà due anni. E frattanto gli onnipotenti capi ebrei fanno ostacolare in mille modi l’immigrazione dei popoli cristiani negli Stati Uniti. Jacob Schiff dichiarava prima di morire : « non v’è legge contro l’immigrazione, che valga per gl’israeliti ! »..

Gli ebrei degli Stati Uniti formarono una corporazione nazionale, la « United Jewry of America » che tenne un’assemblea generale a Filadelfia nel 1917.

Un secondo Congresso si è tenuto nel giugno 1920 nella stessa città; esso rese noti i rapporti dei suoi messi a Parigi. La maggioranza voleva che il Congresso sedesse in permanenza come una Camera legislativa. Malgrado l’opposizione del presidente Mack, la permanenza venne organizzata sotto la presidenza di Nathan Strauss con l’appoggio del rabbino Stephen Wise (il sorvegliante di Wilson).

Il Congresso espresse la sua soddisfazione per la Conferenza di Sanremo che ha dato la Palestina agli ebrei, ed infine nominava una « commissione per la politica mondiale ». La Tribune juive di Parigi, 7 luglio 1920, riferiva che New York contiene un milione e mezzo di ebrei su 5 milioni d’abitanti : Israele vi conta 720 sinagoghe, 46 giornali e 7 teatri specificatamente ebrei ove si stampa e si recita in yiddish (gergo parlato dagli ebrei d’oggi, mescolanza di ebraico rabbinico e di vecchio tedesco). Del resto, come abbiamo già detto, New York è la prima città ebrea del mondo (la seconda è Varsavia) ; ivi sorge la zona della alta finanza internazionale d’Israele con i Kuhn Loeb, gli eredi di Schiff, eccetera.

E si potrebbe continuare.

Tale è il libero paese di Giorgio Washington, divenuto, attraverso le sètte segrete e l’alta banca, il feudo d’Israele. Ben s’intende ora perché il paravento-Wilson, dietro cui gli ebrei lavoravano in cosí grande stile, era acerrimamente difeso, ed entusiasticamente esaltato da loro.

Tra le « fantasie » danzate dagl’israeliti attorno al loro uomo, citiamo, prendendola a caso nel mucchio, quella del Congresso degli ebrei rumeni immigrati negli Stati Uniti, tenuto a New York al principio del 1920. Il Congresso votò « ringraziamenti al presidente Wilson per i suoi sforzi a favore dei diritti delle minoranze ebree alla Conferenza della pace » (comunicato del Bureau juif de presse organo ufficiale del… governo israelitico, sezione francese, 17 Passage de l’Opéra, direttore Henry Braumstein: bollettino del 26 marzo 1920).

È facile altresi comprendere la politica… economica seguita per tanto tempo dagli Stati Uniti verso la repubblica ebraico-rossa di Russia.

Al principio, qualche giornale americano (come il New York Times del 27 gennaio) aveva fatto qualche modesta riserva su tale… politica ; segui poi il silenzio, come in mille altri casi.

Ma ogni cosa ha un limite: anche l’acciecamento e l’acquiescenza suicida della nostra società di fronte al vampiro ebraico. Come gli eccessi del ghetto britannico hanno originato la campagna della Morning Post, cosí è avvenuto negli Stati Uniti di Schiff, di Loeb e CC.

Il noto miliardario, fabbricante di automobili, Henry Ford, presidente, C. J. Ford vice-presidente ed E. B. Ford segretario tesoriere della società editrice del giornale Dearborn Independent, hanno (agosto 1920) ufficialmente dichiarato di « accettare l’intera responsabilità della pubblicazione » di tre articoli antisemiti pubblicati dal giornale stesso.

I tre articoli — che hanno eccitato il furore del ghetto americano padrone di Wilson e di tanti altri — trattavano questi temi: 1) il problema ebraico nel mondo e l’Internazionale ebraica; 2) la resistenza della Germania al dominio ebraico; 3) l’ebreo negli Stati Uniti.

Lo scrittore mostrava la piovra ebraica che ha ghermito enormi e sanguinosi profitti di guerra, ed accaparrato i posti dirigenti della vita sociale. La Germania lottava disperatamente per districarsi dai tentacoli di quella piovra che aveva piazzato ai ministeri gli ebrei Haase, Landsberg, Kautsky, Cohen, Herzfeld ; a capo delle finanze, Schiffer e Bernstein ; agl’Interni, Preuss e Freund ; al servizio stampa (propaganda e censura), Fritz Max Cohen dell’ebraica Frankfurter Zeitung. Infine l’autore studiava la piovra ebraica negli Stati Uniti con tre milioni e mezzo d’ebrei, dei quali piú che uno e mezzo a New York.

Quasi tutta la proprietà immobiliare della metropoli è in loro mano. Essi sono padroni assoluti delle aziende teatrali e cinematografiche, delle industrie dello zucchero e del tabacco, di piú che metà dell’industria delle conserve di carne, di piú che il 60 per cento dei calzaturifici, di tutta la industria d’abiti confezionati, delle case editrici musicali, della gioielleria, del commercio granario e cotonifero, delle fonderie del Colorado, della stampa e delle sue agenzie, delle banche di prestito e commercio… Insomma essi sono « dietro » a tutta la forza vitale del paese.

Ed il Dearborn Independent concludeva : « L’ebraismo è il potere piú fortemente organizzato della terra… Esso forma uno Stato che può contare sulla illimitata devozione dei suoi cittadini in qualsiasi paese, in qualsiasi condizione e fortuna essi si trovino ».

È facile immaginare l’allarmato furore del mondo ebraico di fronte a campagne come questa.

Del resto, l’assoluta verità delle constatazioni fatte dal foglio del Ford sullo Stato ebraico padrone degli Stati, riceve ogni giorno eloquenti conferme.

Eccone una: l’« inglese » Moritz Mond proprietario della Westminster Gazette, ebreo puro, è nel ministero di Lloyd George, mentre il « tedesco » Koch è ministro tedesco dell’Interno. Questi due ebrei sono cugini germani, figli di due sorelle ebree nate Loewenthal. Ecco dunque Israele che può, permettersi il lusso di essere  impersonato in uno stesso clan, «dietro » due fra i piú grandi governi del mondo !

Due governi di paesi non amici.

7. L’ALTA BANCA EBRAICA AMERICANA ALLA CONQUISTA DELLA RUSSIA

15 dicembre 1920

La Frankfurter Zeitung del 7 novembre 1920 riferiva che « il noto finanziere americano Vanderlip è tornato ieri, dopo un soggiorno di qualche mese, da Mosca, via Revel, a Stoccolma. Egli comunica che il suo Consorzio, che consiste di 12 capidirettori d’istituti finanziari negli Stati dell’Unione a ponente delle Montagne Rocciose, ha preso in appalto per 60 anni in tutta la Siberia del nord a levante del 150° meridiano (inclusa la penisola del Kamsciatka) un distretto di 600.000 Kmq. per lo sfruttamento del carbone, petrolio e pesce. Egli ha detto che due campi enormi di petrolio e molti filoni di carbone ricchissimi sono stati trovati nelle vicinanze di porti profondi. Il consorzio comincerà i suoi lavori nella primavera del 1921 ».

Parlando della situazione in Russia, Vanderlip, racconta che Mosca è la città piú tranquilla che si possa immaginare, il rumore di combattimenti per le strade sarebbe ingiustificato ; esso proviene solo dalla propaganda inglese e francese allo scopo di impedire l’impresa americana (!). Vanderlip ha avuto una buona impressione della lealtà e dell’idealismo dei Sovieti. Egli dice essere forte la loro posizione. Neanche tutti i Governi europei insieme sarebbero capaci di rovesciarla. (Bisogna chiedersi se l’affarista americano è obbiettivo abbastanza nel suo giudizio. Nota della Frank. Zeit.). Sarà interessante vedere il contegno del governo americano di fronte a tali imprese dell’Asia Orientale.

L’affare concluso da Vanderlip nella Siberia orientale permette di consegnare nelle mani dell’alta finanza ebraica degli Stati Uniti la maggiore concessione che ricordi la storia di tutto li mondo. Vanderlip afferma di essere in grado di ridurre il prezzo del petrolio alla metà di quello che si paga ora in Inghilterra, ventiquattro ore dopo che la concessione sarà diventata effettiva.

Il suo piano è di sviluppare la sua concessione dalla costa del Pacifico verso gli Stati Uniti. « Ivi, egli disse, esistono già carichi sufficienti per tenere occupate per anni le oziose navi della flotta dello “Shipping Board” ».

Vanderlip aggiunse che le risorse della pesca sulle coste della Siberia sono del doppio superiori a ciò che può rendere l’industria del salmone nell’Alaska, e che nella Russia asiatica esiste petrolio in quantità sufficiente per soddisfare i bisogni di tutto il Canadà. Egli affirma infine che in tutta la Siberia si può trovare carbone e grano in quantità enormi, purché si riesca a risolvere il problema dei trasporti.

Ed ecco la seconda grande tappa del piano preparato pel trionfo dell’imperialismo ebraico. Piano da raggiungere attraverso le convulsioni proletarie con la potenza dell’alta banca ebraica, fino ad irretire i governi dei vigenti Stati nel colossale ingranaggio dei prestiti provocati dalle necessità della guerra.

L’avvenimento odierno mi induce ad alcune riflessioni.

a) Mai quanto oggi il mondo è stato in mano dell’Internazionale economicofinanziaria e dell’Internazionale demagogica.

b) Mai quanto oggi le Internazionali sono state in mano di Israele che è il padrone dell’alta banca internazionle, come è il manovratore della demagogia internazionale destinata da lei a sconvolgere il mondo per meglio assoggettarlo. Il testé defunto banchiere israelita Jacob H. Shiff, che pagava il capo bolscevico israelita Trotzky, simboleggia questo fatto capitale.

c) Per quanto Israele non sia ancora riuscito, e probabilmente mai riuscirà, ad attuare il suo ideale di un trust mondiale per suo conto, di una piovra gigantesca i cui tentacoli stringano tutto il mondo (ad impedire tale attuazione vale piú delle resistenze altrui l’insanabile rivalità dei grandi capi ebrei ed ebraizzati), pure già Israele è riuscito a grandi raggruppamenti e a grandi intese almeno precarie ; onde il suo dominio sul mondo, se non assolutamente compiuto, pesa almeno moralmente su tutto e su tutti.

Non è possibile dare qui un quadro completo del caos russo ; dal nostro punto di vista troppo complessa è stata la preparazione, la genesi, l’evoluzione del fatto mostruoso. Ora ci basterà notare non essere ormai un segreto pel pubblico che la rivoluzione russa è un affare ebraico : il risultato di un patto formale tra l’Israele bancario e l’Israele demagogo. Il primo (Schiff, fondi ebraici di Parigi e di Francoforte, ecc.) ha fornito i mezzi al secondo per abbattere l’impero degli Zar, immenso terreno d’immensi affari ma con troppe restrizioni burocratiche in genere ed antisemite in ispecie, per poter essere largamente sfruttato dall’alta banca ebraica.

Quindi l’Israele rosso doveva incendiare la foresta e cosí sgombrare il terreno all’Israele d’oro. Questo si serví degli ebrei demagoghi di convinzione e di fanatismo, come di quelli scettici e cinici che lavorano ad ogni tradimento per i tradizionali trenta denari.

Il rabbino Magnes, Helphand-Parvus, Trotzky sono tre figure caratteristiche di quel serraglio di bestie feroci; dall’altra parte vi sono i fantocci, quale il famoso Kerensky. Costui è figlio dell’ebreo Aronne Kerbis e dell’ebrea Adler (agli Adler ebrei appartiene colui che è diventato ministro della repubblica austriaca perché assassinò il ministro Stuergkh).

Morto Aronne, la vedova si mise con un certo Kerensky ispettore scolastico del Turkestan russo. Costui divenne poi strumento d’Israele, che lo creò « dittatore » di paglia, per gettarlo presto nel solito immondezzaio dei servitori inutili del ghetto.

Un documento di prim’ordine nel giuoco dell’Israele mandante e dell’Israele sicario, è stato fornito dalla polizia segreta americana (« Secret Service » ) mediante precisi elementi pubblicati non prima dell’anno presente (Documentation, Parigi, 6 marzo 1920) ed intorno ai quali la mano ebraica ha teso il solito ostruzionismo, sí che il documento stesso è ancora ignoto alla massa della opinione pubblica nonostante che noi — tra il silenzio spiegabile di tutta la stampa italiana — l’avessimo illustrato nel fascicolo precedente. E qui vogliamo notare tutto l’impegno che la grande stampa mette nell’ignorare e nel lasciare ignorare tutto ciò che può riguardare l’Internazionale ebraica. Fin gli orrori bolscevichi di Russia, quelli essenzialmente ebraici, figurano nella grande stampa suddetta con le piú strane circonlocuzioni pur di evitare la parola « ebreo ».

Quel rapporto del « Secret Service » di Washington (dovuto ad elementi non venduti ad Israele nel gran mercato ebraico, accomanditato da Wilson) è una esauriente conferma del fatto ormai palese, che coll’avvento del partito democratico wilsoniano al potere gli Stati Uniti erano diventati il gran centro del potere ebraico internazionale. Tra il Wise, i Loeb, gli Schiff ecc., rafforzati dai capi d’avanguardia come Judas Magnes, tutta la vita mondiale è invasa e minacciata dal pericolo israelitico, bancario e demagogico: pericolo unico sotto l’apparente lotta del demagogismo ebraico contro tutta la banca, mentre esso è pagato dalla banca ebraica per sconvolgere ed annientare tutte le altre forze.

Oltremodo suggestivo è poi il fatto della organizzazione ebraico-americana della rivoluzione ebreo-russa. Alla vigilia della guerra un incidente diplomatico russo-americano gettò un raggio su ciò che si preparava. Molti ebrei espulsi dalla Russia o fuggitivi, per evitare processi, si recavano negli Stati Uniti ove il governo ebraico-wilsoniano elargiva loro prontamente la cittadinanza americana ; muniti di questa, tornavano in Russia, ove dichiaravano di voler essere « rispettati » (intendasi : resi intangibili) perché cittadini americani. Il governo di Pietroburgo ricacciò quei « cittadini americani » che erano… ebrei russi. Furore del governo ebreo-wilsoniano che minacciò alla Russia uno di quei ricatti che hanno poi reso celebre il governo di Wilson durante e dopo la guerra : minacciò la Russia di non rinnovare il trattato di commercio che stava per scadere. Da quel momento Israele, sovrano a Washington-New York, giurò di farla finita al piú presto possibile con la Russia antisemita.

M. Charles Petit, tornato dalla Russia, dava nel Petit Parisien (fine maggio 1920) dettagli interessanti ; parlando dei « treni di propaganda » lanciati attraverso la Russia per imbestialire le masse, egli scrive : « In quei bizzarri vagoni s’installano alcuni propagandisti d’origine orientale, ebrei, armeni, georgiani… Pietrogrado muore agonizzando : quale misteriosa vendetta asiatica ! » (il povero Charles Petit o il suo giornale non osa dire : ebraica !). E rammentando che al tempo dello Zar, gli ebrei non potevano circolare in certe parti della Russia se non con speciale permesso, aggiunge: « ora sono gli ebrei che rilasciano i permessi a coloro ai quali si degnano di consentire questo straordinario favore ».

E poi si vuol negare od attenuare il fatto che nella rivoluzione ed oppressione russa l’elemento dominante è quello ebraico!

Ed eccone un’altra fra le tante prove. Il Prizyf (l’Appello) giornale russo stampato a Berlino, pubblicava quanto segue nel suo numero 11-24 febbraio 1920:

« Il nostro corrispondente particolare di Svizzera ci segnala l’arrivo a Losanna di un gruppo di ebrei, provenienti da Parigi. Essi sono entrati in relazione con i russi emigrati ed hanno cominciato a comprare terreni e boschi in Russia, in quella Russia sovietica dove noi russi non abbiamo ingresso. Questi affaristi certamente vi hanno eccellenti rapporti e posseggono serie informazioni ; perché se essi non fossero certi della loro impresa, non concluderebbero cosí da lontano tanti grossi affari. Da molto tempo si è constatata l’esistenza di un piano elaborato nei suoi piú minuti particolari, ed il cui scopo era l’organizzazione dei destini futuri della nostra patria. Ora da un gran numero di fatti si può concludere che questo piano viene eseguito coll’esattezza di una formula matematica. Si è tolta la terra ai proprietari col pretesto che i contadini non ne possedevano abbastanza… Ma da questo saccheggio noi non vediamo che gli stessi contadini abbiano avuto qualche profitto ; l’estensione dei campi incolti e non seminati aumenta con una proporzione spaventosa. Non vedremo noi comparire nuovi grandi proprietari venuti dalla razza d’Israele, come è avvenuto da molto tempo in Galizia ?! La rivoluzione russa ha avuto per risultato di mettere nelle mani degli ebrei tutto l’oro ed i capitali russi ; le ricchezze terriere non subiranno la stessa sorte ? ».

Dopo ciò si apprezzerà meglio l’importanza di un articolo pubblicato nella Revue des deux mondes, (Parigi, 15 aprile 1920) sotto il titolo : « L’offensiva dell’Asia ». Ne è autore il signor René Pinon, noto scrittore di politica estera, al servizio ufficioso del Governo e, naturalmente, di certi ambienti finanziari francesi, e perciò assai bene documentato. Il suo servizio ufficioso gli ha impedito, nel suddetto articolo, di denunziare il centro ebraico ; ma egli dà tali suggestivi particolari, che bastano all’intelligente lettore per comprendere il resto. Tengano presente i lettori che l’articolo fu pubblicato dalla massima rivista francese nell’aprile 1920. Gli avvenimenti posteriori danno ragione alle previsioni dello scrittore.

Dunque « l’offensiva dell’Asia russo-mongola, panislamica, ecc., contro l’Europa occidentale è una mostruosa coalizione cui lavora accanitamente il centro bolscevico di Russia; e tanto basta per dire il centro ebreo di colà. La coalizione del bolscevismo ebreo col panislamismo tanto ottomano (si sa che i veri capi giovaniturchi dominano gl’islamiti criptoebrei, deumnek, cioè famiglie ebree  specialmente di Salonicco, convertite esteriormente all’islamismo), quanto turanico (mongolo) o indiano, deve far risorgere i giorni dell’invasione dei tartari di Tamerlano e di Cenghiskhan, per abbattere l’Europa occidentale con la complicità dei bolscevichi (leggi: ebrei ed ebraizzati) del nostro Occidente ».

René Pinon segue molte fila di questa rete gigantesca : per cui, ad esempio, si è fatta sorgere la repubblica caucasica dell’Azerbagian, cantone musulmano di cui il Pinon tace che è pieno di ebrei : i famosi ebrei montagnardi del Caucaso i quali secondo una tradizione talmudica sarebbero i discendenti di una parte del popolo  israelitico trasportato in Mesopotamia al tempo di Nabucodonosor, parte che per circostanze speciali si sarebbe asserragliata in un angolo del masso caucasico. Tale repubblica artificiale è stata creata per avere un incastro ebreo-islamico tra il bolscevismo ebreo-russo e l’ottomanismo ebreo-turco al fine di servire al buon momento, per schiacciare od asservire repubbliche cristiane ed antisemite dell’Armenia e della Georgia. Già è stata fissata, come rammenta anche Pinon, un’alleanza offensiva e difensiva tra la Turchia e l’Azerbagian, con tali impegni militari da parte di quest’ultimo, da costruire un vero vassallaggio verso l’impero ottomano.

Simile, secondo ulteriori notizie (maggio 1920) è la situazione della Georgia, la cui repubblica, per paura del minacciato schiacciamento, ha aderito a simili impegni.

Ed ora vediamo gli aperti accenni ebraici che scivolano dalla penna diplomatica del signor Pinon.

« La società il “Focolare Turco” fondata nel 1910 dal Comitato “Unione e Progresso” (il gran centro dei deumnek di Salonicco) per rannodare relazioni con i turchi della Russia e dell’Asia centrale, organizza un meeting, il 20 gennaio, alla università di Costantinopoli. Vi si ascolta la signora Halide Edib, ottomana di origine ebrea, predicare l’intesa di tutti i turchi e reclamare la preponderanza del Sultano di Costantinopoli nel Caucaso e nel Turkestan » (p. 810).

Nelle pagine suggestive che veniamo segnalando, non poteva mancare il nome del grande ebreo del bolscevismo internazionale, il famoso Parvus (Helphand) che abbiamo visto nella lista denunziata del Servizio segreto americano :

« Molti fili di questo vasto intrigo finiscono nelle mani del celebre agente internazionale Helphand detto Parvus… Chi conoscesse gl’intrighi di questo ebreo di Bessarabia durante tutta la guerra, possederebbe la chiave di avvenimenti considerevoli. Agente rivoluzionario, al servizio dello Stato Maggiore tedesco (nostra nota: per essere esatti bisognerebbe dire : agente al servizio dell’ebraismo rivoluzionario presso lo Stato Maggiore tedesco), egli è mescolato a tutte le trame che mirano alla dissoluzione dell’esercito e dell’impero russo per fatto del bolscevismo. La sua officina principale è a Copenaghen… Egli tocca altresí gli affari della Turchia; lavora per la riunione del Caucaso all’Impero ottomano ; egli si fa uno strumento di guerra con quel panturanismo (panmongolismo) che è stato presentato dal suo correligionario di Salonicco, Cohen detto Tekin ».

Come dicevamo, ogni intelligente lettore, attraverso gli spiragli di luce aperti da René Pinon può scorgere i connotati caratteristici del fondo ebraico in quella torre di Babele pan-ottomana, panturanica, ecc., le cui gesta tengono e terranno occupato il mondo per molti anni ancora.

8. IL SIONISMO E L’ INTERNAZIONALE EBRAICA

15 gennaio 1921

Per ben comprendere il movimento del Sionismo di cui oggi tanto si parla, dobbiamo rammentare che gli ebrei si dividono nei seguenti partiti: a) i sionisti propriamente detti, organizzati da Herzel, i quali vogliono ricostituire lo Stato ebraico di Gerusalemme (Sion) in Palestina; b) i sionisti impropriamente detti, da chiamarsi piuttosto territorialisti, organizzati da Zangwill (centro britannico) i quali vogliono costituire una « terra ebraica », ma in qualunque punto del mondo ove potessero trovarsi in buone condizioni; c) i cosmopoliti, i quali preferiscono invece che Israele resti sparso attraverso il mondo per dominarlo ; parecchi di questi si danno per opportunismo come sionisti contribuendo al rispettivo fondo ma in realtà il loro programma non è né sionista, né territoriale.

Quanto alla politica sociale ebraica in genere, si hanno: a) gl’israeliti ultraconservatisti,

organizzati verso il 1880, i quali sono contrari ad ogni cultura ed immissione « goj » (non-ebrea); b) i conservatori, che vogliono gli opportuni contatti con la vita goj, purché la vita dell’ebraismo resti sostanzialmente tradizionale; c) i democratici sociali, che hanno sempre piú invaso e dominato le democrazie europee ed americane, dai socialisti classici Marx e Bebel, fino agli odierni indipendenti e bolscevichi di Russia e spartachiani di Germania. Costoro furono organizzati dal vecchio Bund (parola tedesca che vuoi dire Lega) dei rivoluzionari ebrei, il quale si rivelò nel congresso di Ginevra del 1906.

L’alta banca ebraica sussidia tutti questi partiti e si fa servire da tutti. I Rothschild, gli Hirsch, gli Schiff, ecc., non pensano davvero a diventare cittadini di uno staterello giudaico: essi sono i padroni del mondo ; ma appoggeranno sempre gli sforzi per quello scopo, sia per restare popolari tra i loro, sia perché ognuna di quelle imprese ebraiche è sempre un buon affare.

Circa i territorialisti, Zangwill ed i soci della J.T.O. (Jewish Territorial Organisation) cercano da un pezzo la nuova terra promessa attraverso il mondo. A questo proposito giova ricordare quanto stampava la Rivista mensile Touring Club Italiano (aprile 1914) :

« La missione dell’JTO nel Benguela. Il nome JTO risulta formato dalle iniziali di « Jewish Territorial Organisation » ossia della Società che si propone di studiare quali territori si presentino idonei ad accogliere una colonia ebraica, e che, piú precisamente, ricerca un territorio in cui possano vivere autonomi quegl’israeliti che non trovino favorevoli le condizioni dei paesi in cui essi presentemente vivono. Poco prima dell’occupazione italiana, la JTO mandò in Cirenaica una missione a cui dobbiamo una descrizione pregevole di quella terra. Le conclusioni della missione furono sfavorevoli alla proposta di fondare una colonia ebraica in Cirenaica e ciò per ragioni estranee alla produttività del suolo, o meglio alla potenzialità di produziope agraria che la JTO ebbe occasione di mettere in rilievo (nostra nota : la vera ragione fu la facile previsione che la popolazione araba, cominciando dai senussiti, non avrebbe tollerata quella presa di possesso ebraica). La nuova missione inviata nella colonia portoghese d’Angola, a Sud del Congo belga, ha presentato ora una relazione favorevole alla fondazione di una colonia ebraica sull’altipiano di Benguela, nella parte centrale dell’Africa Occidentale Portoghese a cui si conserva il nome di Angola ».

Il movimento J.T.O.  è a base britannica; ed il governo inglese lo segue e lo appoggia dal punto di vista della sua politica imperialistica. Non per nulla Zangwill faceva dei sondaggi nella Cirenaica, confinante coll’Egitto, e poi nelle colonie portoghesi tanto desiderate dall’Inghilterra.

D’altronde i non-ebrei debbono guardarsi bene dal ritenere che gli ebrei i quali non sono personalmente né territorialisti, né sionisti, siano per questo veramente e lealmente fusionisti, cioè vogliano sinceramente che l’ebreo di Francia o di Germania divenga né piú né meno che un cittadino francese o tedesco come tutti gli altri. Il vecchio elemento farisaico (pharah : dividere) cioè separatista, vige sempre nella grande maggioranza ebraica anche se ha perduto l’avita fede. L’ebreo cosmopolita non è territorialista né sionista, perché in questi due progetti non vede un buon affare per Israele ma egli è sionista a modo suo, cioè vuole che gl’israeliti materialmente dispersi attraverso il mondo, siano cittadini dei rispettivi Stati per goderne tutti i diritti di cittadinanza, ma vuole altresí che quegli Stati riconoscano i privilegi nazionali di Israele. La duplice pretesa è contraddittoria in se stessa ; ma Israele si dispensa anche dalla logica. Vedremo infatti gli ebrei della Cecosíovacchia reclamare ed ottenere, e quelli della Polonia esigere con ogni specie di ricatti, che l’ebreo di Praga e di Varsavia sia pienamente un cittadino ceco o polacco con tutti i diritti, ma che nello stesso tempo il governo locale debba riconoscere la « nazionalità israelitica », accordarle scuole proprie con lingua propria, ecc., ecc.

Tale stato d’animo vige perfino in quegli Stati Uniti ove la confusione di tante razze ed il livellarismo demotratico favorisce una fusione definitiva.

Noi denunziammo nella Vita italiana la pretesa dei privilegi nazionali d’Israele a proposito di una adunanza che ebbe luogo qui in Roma l’8 febbraio 1919 per iniziativa della « Pro Israele Italiana » con l’intervento del signor Rosemberg. Udimmo allora formulare la tesi che la Società delle Nazioni dovesse riconoscere una autonomia politica agli agglomeramenti israeliti notevoli in Galizia, Polonia, Lituania, Romania, ecc. Questa autonomia la si chiedeva anche nei casi in cui agli israeliti fosse riconosciuta la piena uguaglianza giuridica e politica con gli altri abitanti di quelle regioni. Insomma gli ebrei volevano e vogliono costituire degli Stati negli Stati. Né, per ragione almeno di coerenza, si dichiaravano disposti a permettere che nuclei di popolazione non israelita potessero, nel loro Stato di Palestina, continuare, ad essere cittadini autonomi o di altro Stato nel tempo stesso che divenivano cittadini dello Stato ebraico.

Il loro ragionamento era semplicissimo : noi, essi dicevano, non vogliamo contentarci di avere ogni garanzia per la pratica della nostra religione e per l’esercizio di tutti i diritti, alla pari di ogni altro cittadino dello Stato nel quale viviamo ; ma vogliamo conservare alla nostra razza un riconoscimento legale per non essere alla lunga assorbiti, come razza, in quella nella quale viviamo.

Alla stregua di questa pretesa, gli Stati Uniti, ad esempio, per ragione di parità dovrebbero consentire ai dodici milioni di negri di costituirsi Stato nello Stato, e cosí ai tre milioni di italiani, ai tedeschi, irlandesi, cinesi, ecc. Ne verrebbe di conseguenza una condizione di inferiorità per i veri originari cittadini dello Stato. È questa pretesa che farà considerare  gli ebrei come stranieri in terra altrui, ne piú ne meno di come sono stranieri all’estero gli italiani che conservano le loro nazionalità di origine.

Un « bel caso » della irriducibilità ebraica ad una vera e leale fusione coi popoli in mezzo ai quali Israele si trova, venne dato alla vigilia della grande guerra dal rabbino americano Schindler il quale scriveva nella Jewish Chronicle del 28 aprile 1911, pag. 26 :

« Durante 50 anni io fui partigiano risoluto dell’assimilazione ebraica, e vi ho creduto. Oggi confesso il mio errore. La grande caldaia (melting pot) degli Stati Uniti non farà mai compiere la fusione di un ebreo. Cinquant’anni fa eravamo prossimi ad assimilarci cogli americani ; ma da allora due milioni di nostri fratelli sono venuti dall’Oriente (Europa, e specialmente Europa centroorientale) aderenti alle loro vecchie tradizioni e conducendo seco il loro vecchio ideale. Quest’esercito ci ha sommersi. Vi è la mano di Dio ! L’ebreo deve differenziarsi dal suo vicino. Ciò egli deve saperlo, averne coscienza ed esserne fiero ! »…

Quanto al sionismo propriamente detto, esso fu preparato, per parte delle cose, dalla Rivoluzione che emancipò gli ebrei e dette loro la base di sperare tutto, di osare tutto. Per parte degli uomini, esso venne preparato da alcuni personaggi politici e finanziari di Israele, come l’ebreo anglo-italiano Mosè Montefiore, al principio del secondo impero (tentativo interrotto dalla guerra di Crimea). Quando si organizzò l’« A.I.U. » (Alleanza Israelita Universale) con sede a Parigi, questa riprese piú assiduamente il progetto, fondando una prima colonia in Palestina, la Mikweh Israel con scuola agricola, sostenuta dall’ebreo Carlo Netter e da vari correligionari russi. A quella prima colonia ebraica in Palestina si sono aggiunte nell’ultimo trentennio molte altre, alcune delle quali floridissime e tendenti a diventare vere città. Fra queste le piú antiche sono Petach-Tikwah (« la porta della speranza ») sussidiata dal barone Edoardo Rothschild ; Rishon-le-Zion (« il primo a Sion ») presso Giaffa ; Zichron-Jacob (« il ricordo di Giacobbe ») in Samaria con elementi ebrei di Romania ; Rosti-Pinah (« pietra angolare ») in Galilea, ecc.

In Inghilterra si organizzava altresí verso il 1880 (va ricordata la fioritura di organizzazioni ebraiche nell’Europa orientale circa quel tempo) il movimento sionista con Laurence Oliphant, ma senza successo per il momento.

Simultaneamente Edoardo Cazalet pubblicava uno schema per il condensamento demografico israelitico in Palestina.

Intanto in Russia, nel gran centro ebraico di Odessa, si fondava la società dei Chovené-Zion (« gli amici di Sion »), con i capi intellettuali gli scrittori ebrei Perez Smolensky e Leone Pinsker, allo scopo d’incanalare masse ebree dall’impero russo in Palestina.

Ma il grande organizzatore del sionismo propriamente detto fu l’ebreo di lontana origine spagnola (gli aschkenezim sono gli ebrei del gruppo e del rito germanico ; i sephardim sono gli ebrei del gruppo e del rito spagnuolo) Teodoro Herzl, nato nel 1860 e morto nel 1904. In pieno affare Dreyfus egli osò lanciare a Parigi un vero programma sionista « Lo Stato degli ebrei ». L’affare, già lentamente preparato ed ormai maturo, ebbe il definitivo successo.

Il sionismo organico ebbe il suo organo centrale a Lipsia, fin dal 1896 : Die Welt, Zionistiches Zentralorgan, settimanale. Il partito si affermò al congresso di Basilea, negl’inizi del 1902 ; fu coniata una medaglia-distintivo dei sionisti (riprodotta nel Secolo di Milano, del 3-4 febbraio 1902).

Allora l’opera ebraica in Palestina si rafforzò. Nel 1914 gli istituti ebraici adottarono la lingua ebraica parlata. Ingenti somme furono raccolte per spedire e collocare famiglie ebree in Palestina : somme raccolte dal Jewish National Found, dai Chovené-Zion suddetti (capo il Wissotzki) dal banchiere ebreo Jakob H. Schiff — testé defunto di cui attraverso il rapporto della polizia segreta americana vedemmo l’attività criminale, — dalla associazione ebreo-tedesca Jüdisches Hilfverein, ecc.

Un vero governo internazionale-ebraico già sostanzialmente esistente ab antiquo, si è venuto perfezionando in questi ultimi anni, ed ha funzionato completamente ed energicamente durante la guerra e durante la pace, imponendo promesse e compromessi ai capi ufficiali del mondo, perseguendo tenacemente una politica di conquista e di accaparramento su tutti i terreni vitali.

Questo governo ha funzionato spesso a Londra, con « Comitati » o Commissioni per gli affari esteri, per la stampa, ecc., ecc., veri ministeri e dipartimenti di Stato. In questo quadro il sionismo rappresenta la parte vistosa di un programma i cui punti piú forti sono invisibili al mondo profano.

 9. «SOTTO IL DOMINIO EBRAICO LA PALESTINA SARÀ NON PIÚ SIMBOLO DI PACE MA TERRA DI GUERRA E DI SANGUE»

15 settembre 1921

1. – Il primo settembre si è inaugurato a Carlsbad il 12° Congresso sionistico mondiale. Data l’importanza assunta dalla questione sionistica per le rivalità tra ebrei e arabi da un lato e pel disaccordo tra Potenze dall’altro, sull’assetto della Terra Santa, i deliberati del Congresso avranno notevole influenza oltreché sugli ebrei di tutto il mondo, per un maggiore impulso al loro movimento, anche sui buoni rapporti fra le Potenze, perché attualmente, mentre l’Inghilterra appoggia il movimento sionista, Francia e Stati Uniti dopo un periodo di disinteresse cominciano a nutrire delle preoccupazioni e gli altri paesi sono in attesa degli avvenimenti. Intanto alla fine di questo mese sarà discusso dinanzi alla Lega delle Nazioni il progetto del mandato inglese sulla Palestina, e gli ebrei vogliono naturalmente preparare il terreno.

Il movimento sionistico è ormai largamente diffuso tra gli ebrei di tutti gli Stati e si calcola che siano intervenuti al  Congresso di Carlsbad i delegati di circa 500.000 organizzati. Tra le principali personalità del mondo ebraico trovasi sul posto lord Rothschild, presidente del « Grande comitato d’azione ». L’Italia è rappresentata dal rabbino Dante Lattes, segretario della « Federazione Sionistica Italiana » e dall’avvocato Giuseppe Ottolenghi.

Ci ripromettiamo di commentare i risultati del Congresso che durerà una quindicina di giorni. È bene per ora tener presente che scopo del Congresso è quello di fronteggiare la situazione in Palestina e garantire il successo del mandato inglese.

Ciò premesso, vogliamo esporre solo alcuni elementi di fatto perché il pubblico possa valutare la gravità della situazione creatasi in Palestina con il dominio ebraico.

2. — Un telegramma da Londra alla Wiener Morgenzeitung il 6 maggio diceva :

« Il Comitato esecutivo dell’organizzazione sionista lancia un appello al popolo israelita, invitandolo a mantenere la calma, ad onta dei gravi fatti di Giaffa. Il Governo inglese non si lascia influenzare da atti di violenza e da perturbazioni della pace. Sir Herbert Samuel gode la fiducia incrollabile di tutto il popolo israelita e di tutti gli elementi amanti della pace in Palestina. La causa sionista è salda. Gli avvenimenti di Giaffa non faranno che rafforzare il popolo israelita nella sua volontà di proseguire nell’opera di ricostituzione della Palestina. Ogni sionista, ogni Israelita deve comprendere che tali fatti non si sarebbero verificati se fosse stato possibile trasportare nel paese le varie migliaia di israeliti che attendono. Agli sciagurati incidenti di Giaffa il popolo israelita deve rispondere fornendo sufficienti mezzi in danaro, sviluppando poderosamente l’immigrazione e adottando misure preventive contro le perturbazioni della pace ».

Da questo telegramma, che non ebbe eco nella stampa italiana, si poté per la prima volta argomentare che i fatti di Giaffa non potevano essere contenuti nei limiti di «lievi incidenti». Si attendevano i particolari quando un telegramma da Gerusalemme dell’8 maggio annunziava : « In seguito agli incidenti di Giaffa il Governo ha applicato rigorosa censura sulla stampa e su tutti i telegrammi che escono dal paese ». Il silenzio piú completo è seguito a questa notizia, ed ancora oggi non ci è dato sapere se la « rigorosa censura » è ancora in pieno vigore per tutto ciò che riguarda i fatti di Giaffa.

Intanto sempre la Wiener Morgenzeitung (5 maggio 1921) commentando gli avvenimenti di Giaffa diceva:

« Se v’ha qualcuno che debba portare la colpa e la responsabilità di codesti avvenimenti deplorevolissimi, è questo il popolo israelita, tutto quanto.

« Abbiamo fatto rilevare insistentemente che la semplice pretesa giuridica non è decisiva per l’effettiva soluzione della situazione. Questa pretesa riceve la sua forma e il suo contenuto anzitutto dalla forma che è dietro di essa e dalla risoluzione di tradurla in realtà vitale. Che cosa ha fatto il popolo israelita per affermare cosí decisamente la sua pretesa giuridica sulla Palestina, perché essa non venisse sopraffatta da nessuno, neanche dagli arabi ? La direzione sionista, a Londra, ha, grazie al suo lavoro tenace e faticoso, ottenuto che le pretese del popolo israeIita sul paese, sul riconoscimento dei suoi diritti e della sua libertà divenissero oggetto di trattative, ed ha ottenuto dalle Potenze la concessione che il problema, israeIita venisse trattato come uno dei problemi di liquidazione della guerra mondiale. Le Potenze hanno tenuto la loro parola e, nel marzo 1920, a Sanremo, hanno affidato all’Inghilterra l’incarico di costituire la nuova sede nazionale ebraica. L’Inghilterra ha accettato questo mandato e s’è accinta a dare compimento alle sue condizioni.

Ha abolito l’amministrazione militare ed ha mandato il Commissario Supremo sir Herbert Samuel a Gerusalemme come fiduciario dell’organizzazione mondiale sionista. Nello statuto del mandato essa ha riconosciuto esplicitamente il popolo israelita e, come suo rappresentante plenipotenziario, l’amministrazione sionista, come il fattore, i cui interessi vanno tenuti in considerazione nel costituire l’amministrazione e nella formazione

dell’apparato amministrativo. Del popolo israelita non si parlava se non per supporre che il suo entusiasmo avrebbe efficacemente corroborato l’opera dei suoi rappresentanti. Questa speranza non si è realizzata se non in scarsa misura, sinora.

« Il popolo israelita non s’è ficcato in testa e non ha sentito che ad esso spetta ormai il peso della responsabilità. Il popolo ha il compito importantissimo di trasformarsi da una minoranza in una maggioranza che non si limita a esprimere, ma che dimostra i suoi diritti e convalida le sue pretese con la sua esistenza e col fatto che occupa il paese. Ciò non è stato tradotto in realtà se non in misura assolutamente insufficiente, e questa manchevolezza ha incoraggiato l’impeto delle tendenze arabe ostili agli israeliti. Questa manchevolezza ha dato origine ai luttuosi incidenti, gravi al cuore del popolo israelita, verificatisi l’anno scorso a Gerusalemme ed ora a Giafta. Il popolo israelita deve imparare da questi avvenimenti che non basta formulare speranze ed esprimere pensieri. La politica è materiata sovra a tutto di azioni decise. La Palestina deve diventare israelita : a questo deve tendere l’opera concorde di tutti gl’israeliti ; questo deve essere l’orgoglio e l’onore di ognuno. A questo deve contribuire il lavoro tenace di tutti, cosí che ogni catastrofe venga superata e ogni sciagura prevenuta ».

Dal tono fin troppo chiaro e sincero di queste dichiarazioni è evidente che la situazione che si va delineando in Palestina rappresenta per i non israeliti una nuova e piú dura oppressione di quella che fu l’oppressione turca. Mentre la stampa tace, cerchiamo di esporre per grandi linee lo stato di cose che perturbano e perturberanno per molto tempo ancora con disastrose conseguenze la Palestina.

3. – Nel mese di aprile i giornali inglesi pubblicavano lo schema del mandato all’Inghilterra sulla Palestina. Esso deve ancora, è vero, essere ratificato dal Consiglio della Lega delle Nazioni, ma poiché, dopo anni di trattative tanto fra le Potenze dell’Intesa quanto fra l’Intesa e l’organizzazione sionista, si è giunti ad una conclusione, non vi è da attendersi alcuna ulteriore modificazione del testo. Con la ratifica del progetto potrà dunque considerarsi come realizzato il cosí detto « Programma di Basilea » che l’organizzazione mondiale israelita-politica fondata da Herzl espose nel primo Congresso sionista (1897 – Basilea) ; programma concepito cosí :

« Il sionismo tende alla costituzione di una sede pubblicamente e giuridicamente  assicurata in Palestina al popolo israelita ».

Infatti il punto piú essenziale del mandato — contenuto già nel trattato di Sevres e che ora viene posto solennemente in principio del Trattato sul mandato — è questo : che la Potenza mandataria (l’Inghilterra) sarà responsabile della costituzione d’una sede nazionale (National home) per il popolo israelita, « restando bene inteso che non verrà fatto nulla che possa ledere i diritti civili e religiosi di comunità non israelite esistenti in Palestina, o i diritti e la situazione politica che godono gli israeliti in qualunque altro paese ».

La natura di questo Trattato, dal punto di vista politico e giuridico-internazionale, è senza precedenti nella storia. Per opera di questo trattato vengono riconosciute le pretese di un popolo che da duemila anni ha perduto la sua terra, in cui oggi esso non costituisce se non una piccola minoranza della popolazione ; pretese che, a tener conto dei plebisciti e delle dichiarazioni compiute durante la guerra, sono state avanzate da tre quarti della popolazione israelita di tutto il mondo. Di questa popolazione — complessivamente costituita da 14,5-15 milioni di uomini — piú di un milione è organizzato sionisticamente.

Nella dichiarazione che serve da introduzione al Trattato sul mandato, viene detto a questo proposito che in virtú del Trattato stesso « è avvenuto il riconoscimento della connessione storica del popolo israelita con la Palestina e delle ragioni fondamentali della ricostituzione della sua sede nazionale in questo paese ».

Le piú importanti disposizioni del mandato sono le seguenti : La Lega delle Nazioni (alla quale è stata ceduta la Palestina dalla Turchia) designa l’Inghilterra come Potenza mandataria. L’organizzazione sionista verrà riconosciuta come «conveniente  rappresentanza degli Israeliti » (Jewish Agency), vale a dire come corporazione pubblica che avrà il diritto di cooperare alla costituzione della sede nazionale israelita.

L’immigrazione degli israeliti verrà incoraggiata ; verrà promossa la formazione di una colonia chiusa di israeliti, e a questo scopo verranno messi a  disposizione terreni di Stato e terreni incolti. Per il riconoscimento di lavori pubblici, in quanto essi non vengono assunti dal Governo palestinese stesso, l’organizzazione sionista avrà un diritto di preferenza, nel qual caso gli utili verranno limitati ad un conveniente calcolo degli interessi del capitale. La protezione dei luoghi sacri delle varie confessioni viene assunta dalla Potenza mandataria che comunicherà le sue intenzioni ed il suo punto di  vista a corporazioni ed enti  appropriati. Vengono dichiarate lingue ufficiali : l’inglese, l’arabo e l’ebraico. Ogni comunità della Palestina ha il diritto di fondare scuole. La Potenza mandataria ha il controllo delle relazioni fra il paese e l’estero ; le sue rappresentanze diplomatiche nei singoli Stati, assumono la protezione dei cittadini palestinesi. La difesa del paese viene organizzata dalla Potenza mandataria sulla reclutazione volontaria ; essa ha il diritto di arruolare truppe attraverso la Palestina. Le controversie che avverranno rispetto all’esecuzione del Trattato, saranno sottoposte al giudizio della Lega delle Nazioni. Le modificazioni del mandato sono soggette all’approvazione della maggioranza della Lega delle Nazioni.

Il testo del mandato è stato formulato, salvo un’importante eccezione, completamente secondo le proposte del Comitato esecutivo sionista. In queste proposte si parlava, oltre che della « costituzione della sede nazionale ebraica », dello sviluppo d’una comunità autonoma (self-governing commonwealth).

Questa frase manca nel progetto, ove si parla soltanto di istituzioni a Governo autonomo, vale a dire di una autonomia nazionale non già d’una autonomia provinciale. Questa omissione però non è di importanza essenziale, e verosimilmente l’espressione non è stata accolta nel mandato, soltanto perché gli israeliti costituiscono attualmente, nel paese, ancora una minoranza. Da parte dei sionisti viene considerata come un difetto esteriore la mancanza di una disposizione, in virtú della quale l’organizzazione sionistà dovrebbe avere un diritto di presentazione per l’occupazione della carica di governatore della Palestina.

4. – Il 1° luglio 1920 l’amministrazione della Palestina accolse l’Alto Commissario nominato dall’Inghilterra, sir Herbert Samuel, ebreo e zelante sionista, un uomo che è stato ripetutamente ministro, una gloria del Partito liberale della Gran Bretagna.

Gli israeliti convocarono, subito dopo l’arrivo di sir Herbert Samuel, un’Assemblea nazionale, eletta sulla base del diritto universale al voto ; assemblea (chiamata in ebraico : Assefat ha nichwarim) che ha nominato un Consiglio nazionale per la direzione delle agenzie autonome israelite e per la protezione dei  diritti derivanti dal mandato (Wand le umi).

Gli arabi, ben lontani dal sapersi organizzare in tal guisa, mezzo dei « Notabili » che hanno la direzione politica, videro minacciati dal mandato i secolari privilegi di cui hanno goduto, e cominciarono con opporsi al mandato stesso. La equità di sir Herbert Samuel, sembrava dovesse per lo meno attenuare questa opposizione.

Sir Herbert Samuel arrivava preceduto dalla notizia largamente diffusa che il Pontefice era rimasto assai confortato dalle dichiarazioni di colui al quale l’Inghilterra affidava l’amministrazione della Palestina. Lo stesso patriarca latino di Gerusalemme, in una lettera pastorale diretta alle comunità cattoliche della Palestina aveva detto : « Il sionismo era stato causa di preoccupazioni. Nell’interesse di tutti i non ebrei, sia i cattolici che gli altri, oppressi da questa preoccupazione abbiamo visitato l’Alto Commissario Britannico. S. E. ci ha ricevuto col dovuto rispetto e cortesia, e ci ha assicurato che tutti gli interessi religiosi saranno tutelati. Questa dichiarazione, che senza dubbio sarà confermata dai fatti, dovrebbe rassicurare i trecento milioni di cattolici, molti dei quali sono sudditi inglesi ».

Ma i fatti distrussero ben presto ogni buona e ottimistica previsione. Scrive Roberto Paribeni nella Rassegna Italiana del Mediterraneo (aprile-maggio 1921, pag. 129) :

« Partiti ormai gli ultimi contingenti militari italiano e francese in seguito alla assunzione del mandato sulla Palestina per parte dell’Inghilterra, questa sembra disposta a tenere piena fede alle promesse fatte da Balfour ai Sionisti.

La popolazione della Palestina, timida, abituata ad obbedire tremando e a credere alla onnipotenza di chi governa, poco preparata per le sue profonde dissensioni religiose allo sviluppo di un sentimento nazionale, si è rassegnata assai facilmente al brusco diniego della self determination, ammessa invece per gli arabi dello Hegiaz. Solo gli abitanti di Palestina si dimostrano intolleranti all’idea che possa costituirsi uno Stato ebraico. In questo, cristiani e musulmani sono perfettamente d’accordo, tranne forse gli ortodossi, sempre opportunisti e dall’Inghilterra sempre favoriti.

« I Mussulmani si rivolsero con vibrati indirizzi antisemitici anche al cardinale Giustini, quando andò a rappresentare la Santa Sede alla festa centenaria di S. Francesco d’Assisi in Terra Santa.

« Gli ebrei dal canto loro nulla fanno per diminuire queste antipatie. Come spesso avviene di chi è stato lungamente oppresso, sono passati d’un tratto dal terrore e dall’abiezione alla tracotanza, salvo a ripiombare nel terrore quando si preannunzia quello di cui in Oriente si parla comunemente tutti i  giorni, come da noi di sciopero, e che sembra laggiú il miglior rimedio per risolvere questioni intricate : il massacro. Le autorità inglesi non sembra che siano molto piú assennate dei Sionisti, arrivando a stabilire dei criteri di favore e di privelegio per gli ebrei, del tutto irragionevoli ed intollerabili. Non solo infatti si favorisce in ogni modo la immigrazione di ebrei, e il loro comodo stanziamento nel paese, mentre si pongono bastoni fra le ruote a chiunque altro; non solo si riempiono di ebrei i pubblici uffici, eliminando successivamente gli altri elementi, ma negli stessi uffici si fa agli ebrei un trattamento di favore rispetto ai colleghi non ebrei che compiono la stessa funzione. E questo negli alti come nei bassi gradi ; un fuochista ferroviario, o un cantoniere stradale ebreo è pagato piú del fuochista o del cantoniere cristiano o musulmano ».

5. – Questo stato di cose portò in discussione il mandato per la Palestina alla Camera inglese. Nell’aprile di quest’anno Lamington domandava al Governo, se quando il mandato per la Palestina verrà presentato alla Lega delle Nazioni, verrà richiamata l’attenzione sul fatto che nel formulare il mandato non è stato tenuto conto dei desideri della popolazione, come prescrive l’art. 22 dello Statuto, ma che una commissione americana aveva condotto un’inchiesta della quale non venne mai pubblicata la relazione: sarebbe desiderabile che la Lega delle Nazioni domandasse di vederla.

Sydenham inoltre affermava che la relazione della Commissione americana, unico tentativo fatto finora per conoscere l’opinione dei palestinesi, conteneva il desiderio che venisse imposta qualche restrizione alla immigrazione ebraica. Ora l’immigrazione, egli diceva, procede rapidamente e gli arabi sono minacciati dalla dominazione ebraica. Egli avvertiva la probabilità di disordini in Palestina fra breve, e ammoniva che l’Inghilterra si sta impegnando a sostenere gravi spese militari.

Il marchese di Londonderry, rispondendo per il Governo diceva : « Quanto è detto nello Statuto sui desideri delle popolazioni riguarda la scelta della Nazione mandataria e non i termini del mandato. Non è il caso che il Governo britannico richiami l’attenzione della Lega su di un documento che appartiene al Governo americano, il quale non ha creduto di pubblicarlo o di comunicarlo ad altri governi.

Gli schemi dei mandati per la Palestina e Mesopotamia vennero comunicati al Consiglio nel dicembre scorso, ed è passato il termine per i passi raccomandati dagli interroganti ».

Lamington rispondeva raccomandando, che se l’Inghilterra non può presentare il rapporto americano, informi almeno la Lega della sua esistenza.

Seguivano altri deputati che protestarono contro il mistero di cui è circondata la questione palestinese e reclamavano un rapporto sulla Palestina. Tutti si dichiararono insoddisfatti delle risposte del Governo e manifestarono l’intenzione di tornare sull’argomento (Times, 21 aprile 1921).

6. – Intanto l’acuirsi della situazione in Palestina faceva ritenere al Governo inglese necessario l’invio del ministro Churchill al quale, appena giunto, il Presidente del Congresso arabo di Caifa, Musa Kazim Pascià al-Huseyni, presentava un memorandum contenente le seguenti richieste antisioniste :

a) Abolizione del principio della sede nazionale ebraica.

b) Costituzione di un governo nazionale responsabile davanti ad un parlamento eletto dalla popolazione palestinese che risiedeva nel paese prima della guerra.

c) Interruzione dell’immigrazione ebraica finché non sia costituito il governo nazionale.

d) Applicazione delle leggi e dei regolamenti dell’anteguerra ed abolizione di quelli promulgati dopo l’occupazione inglese. Non si dovranno approvare nuove leggi fino all’entrata in vigore del governo nazionale.

e) La Palestina non dovrà essere separata dagli altri Stati arabi.

Il ministro Churchill da parte sua tenne il seguente discorso di risposta alla Delegazione araba palestinese :

« Venuto al Cairo per studiare la questione della Mesopotamia, sono stato invitato in Palestina da Sir H. Samuel : egli è il rappresentante responsabile della Corona, io non lo sostituisco ; dietro sua rischiesta ho accettato questo colloquio con voi, che non ha nulla di ufficiale, e parlerò chiaramente per evitare malintesi. Ritengo che le vostre richieste siano in parte settarie e inopportune. Io non posso e non desidero annullare la dichiarazione Balfour e sospendere l’immigrazione. Il governo inglese, per mezzo di Balfour, si è impegnato a favorire la sede nazionale — ciò implica l’immigrazione — ed ha ottenuto l’approvazione delle potenze alleate e vincitrici. L’impegno preso quando le sorti della guerra erano incerte deve considerarsi sanato dalla vittoria, ed io son certo che la Lega delle Nazioni accetterà tale punto di vista. È del resto giusto che gli ebrei dispersi possano riunirsi in una sede nazionale in Palestina, alla quale sono legati da 3000 anni. Ciò sarà secondo noi un bene, per il mondo, per l’impero britannico, ed anche per gli arabi palestinesi, che, lungi dal soffrirne, ne beneficeranno.

« Richiamo la Vostra attenzione sulla seconda parte della dichiarazione, che insiste sulla santità dei vostri diritti civili e religiosi, e deploro che non ne riconosciate il valore.

« Se le promesse fatte agli ebrei sono valide, altrettanto valgono quelle fatte a voi ; noi le manterremo fedelmente ambedue. Il governo britannico ha diritto alla propria opinione : la nostra è una posizione di fiducia, ma la conquista ne fa uno stato di diritto. Voi parlate come se foste stati voi a rovesciare i Turchi, ma non è cosí ; molte vite inglesi sono state sacrificate per la Palestina. Notate le parole della Dichiarazione Balfour : « una sede nazionale » e non « la sede nazionale ». Sede nazionale non significa un governo ebraico che domini gli arabi. L’Inghilterra, che è il massimo Stato musulmano del mondo, è ben disposta verso gli arabi e ne apprezza l’amicizia. Io ho constatato qui che i funzionari non fanno differenze fra ebrei ed arabi.

Noi diamo tale importanza all’imparzialità, che abbiamo indotto Sua Maestà a nominare Alto Commissario Sir H. Samuel, esperto uomo di governo capace di governare con equità, e che non può venir attaccato dagli ebrei quando decide contro di loro. Voi non dovete aver timori per l’avvenire : l’Inghilterra ha promesso di dare al movimento sionista un’occasione di farsi valere, ma esso riuscirà soltanto secondo i propri meriti.

« Noi non possiamo tollerare che una parte della popolazione venga espropriata dall’altra. La sede nazionale ebraica può attuarsi soltanto se gli ebrei si apriranno una via, passo per passo, con i propri meriti, contribuendo ad aumentare la prosperità dell’intero paese e della sua popolazione. Osservate i grandi progressi che si sono avuti nelle località colonizzate dagli ebrei. Che queste colonie siano state finanziate dall’estero deve piuttosto indurvi alla tolleranza verso il sionismo. Voi dite di rimpiangere l’amministrazione turca, ma ne presentate un’immagine falsa : i turchi trascuravano e opprimevano la Palestina, che è capace di sostenere una popolazione maggiore dell’atuale. E se amavate tanto i turchi, perché vi siete ribellati contro di loro ?

« All’affermazione che il sionismo vi porterà maggiore prosperità voi direte : Dobbiamo dunque vendere il nostro paese ? No, l’immigrazione ebraica è soltanto possibile in quanto si esplica legittimamente. I sionisti hanno un compito difficile e voi dovete aiutarli. L’attuale forma di governo durerà per molti anni ; gradatamente svilupperemo istituzioni rappresentative che portino alla piena autonomia, ma i figli dei nostri figli non la vedranno».

Il discorso terminava con una esortazione all’accordo e alla collaborazione.

7. – I commenti della stampa araba alle dure dichiarazioni di Churchill non furono i migliori.

Il Carmel, riproducendo e commentando questo discorso, domanda al signor Churchill che cosa penserebbero le popolazioni della Scozia e del Canadà se l’Inghilterra volesse stabilire in quei paesi « sedi nazionali » tedesche.

Trova inverosimile che gli ebrei si contentino della Palestina e pensa che vorranno farne base per conquistare l’Oriente. Le ragioni che indussero l’Inghilterra alla dichiarazione Balfour, la indurranno in avvenire a concessioni anche maggiori verso gli ebrei, che non hanno voluto la costituzione di un governo ebraico in  Palestina perché comprendono che ciò sarebbe oggi contrario ai loro interessi ; essi per comandare non hanno bisogno di un riconoscimento ufficiale. Se l’Inghilterra avesse a cuore gli interessi degli arabi della Palestina, come dice Churchill, dovrebbe dare loro un Emiro della loro razza e un’assemblea elettiva, che tutelassero i loro diritti.

Il giornale accusa l’Inghilterra di mancare agl’impegni presi con re Huseyn di costituire uno Stato arabo che comprendesse la Palestina.

Quanto a quel che dice Churchill della prosperità che gli ebrei daranno al paese, il Carmel ripete che gli arabi, guidati dall’Inghilterra e con l’aiuto dei propri compatrioti emigrati in America, e di immigrati europei, possono fare da sé.

Gli arabi reclamano inoltre che i lavori pubblici, fatti col loro denaro vengano affidati ad operai arabi, che si contentano di salari minori e lavorano di piú, e che oggi vengano resi noti il bilancio dei lavori pubblici e gli altri bilanci, che sono fatti a beneficio della minoranza ebraica. Inoltre giustizia vorrebbe che gl’impieghi fossero assegnati agli ebrei in proporzione del loro numero.

La sede nazionale richiederà poi un esercito importante, ed al suo mantenimento dovrebbero contribuire in massima parte gli arabi. Né si meravigli Churchill del quadro che gli hanno fatto delegati arabi del governo turco in Palestina ; esso dipende dal timore che hanno di veder perire le grandi speranze riposte nell’Inghilterra. Del resto la Palestina aveva rappresentanti al Parlamento ottomano, ed era governata anche da funzionari indigeni di tutti i gradi, né vi era differenza di trattamento fra loro e i funzionari turchi ; le scuole — relativamente alle imposte — erano piú numerose che non ora, e la popolazione era tranquilla nel possesso esclusivo del paese. Non vi erano i divieti di esportazione che si sono avuti quest’anno.

« Sua Eccellenza domanda — dice testualmente il giornale — perché mai ci siamo ribellati ai Turchi ? Evidentemente per ottenere l’indipendenza che ci prometteva l’Inghilterra, nella quale avevamo fiducia ».

Il Carmel nota poi che il discorso Churchill tende a svalutare il contributo arabo alla vittoria, mette invece in rilievo il diritto di conquista dell’Inghilterra e tace delle sue promesse. Si lagna della dichiarazione che la Palestina giungerà gradatamente e fra molti anni ad un governo rappresentativo : gli altri paesi lo hanno già o lo avranno fra poco. Perché questa differenza di trattamento ? Si vuole forse aspettare che gli ebrei siano in maggioranza ?

« I palestinesi hanno il massimo rispetto per le qualità degli ebrei e per la loro storia, ma non possono fare a meno di preoccuparsi, considerando che il bolscevismo è opera degli ebrei ».

L’articolista seguita deplorando che si siano sospettati invece di rapporti con i bolscevichi cittadini innocenti di Caifa, e che si siano impedite pacifiche dimostrazioni di musulmani per l’arrivo di Churchill.

« Le sue dichiarazioni non possono rassicurare gli arabi di fronte ai fatti, tanto piú che egli è, come Balfour, membro del Ministero di Lloyd George, autore della politica della sede nazionale ; sicché non si potevano aspettare da lui dichiarazioni diverse.

« Ora — conchiude il giornale — i palestinesi manderanno in Europa una delegazione incaricata di presentare all’opinione pubblica britannica, che è al disopra dei ministri e dei governi, la storia dei loro torti » (Carmel, bisettimanale arabo di Caifa, 8-16 aprile 1921).

Intanto il Congresso di Siria e di Palestina adunatosi in questi giorni a Ginevra è addivenuto alle seguenti determinazioni :

1° Indipendenza senza mandato della Siria, della Palestina e del Libano col diritto di unirsi insieme agli altri paesi arabi sotto forma di Confederazione ;

2° evacuazione delle truppe franco-inglesi dal territorio di Siria, del Libano e della Palestina ;

3° costituzione di un Governo nazionale e civile responsabile innanzi ad una assemblea rappresentativa eletta dal popolo ;

4° annullamento delle dichiarazioni di Balfour tendenti a creare un centro nazionale giudeo in Palestina. Queste decisioni verranno esposte al Consiglio della Società delle Nazioni in previsione della prossima risoluzione sui mandati.

8. — Questa la situazione creatasi in Palestina, e questi i precedenti dei fatti sanguinosi di Caifa sui quali si mantiene ancora il piú rigoroso silenzio, ma contro i quali è stata applicata la piú cruda reazione. E cosí quel paese di Gesú, che era divenuto per tutti il simbolo di unione e di pace, si avvia ad essere, tra il silenzio generale, la terra di nuove guerre e di nuovo sangue, perché si vuole ad ogni costo che diventi la sede nazionale dei crocifissori di Gesù.

10. I PRINCIPALI STRUMENTI DELLA INTERNAZIONALE EBRAICA: LA MASSONERIA E LA DEMOCRAZIA

15 maggio 1921

Il nostro atteggiamento di fronte alla Internazionale Ebraica è determinato non solo da cause lontane, storiche e psicologiche, ma da cause recenti che ci hanno additato il pericolo ebraico.

Quando la rivoluzione russa scoppiò, quasi sotto gli auspici degli alleati, in un primo periodo fu infiammata di patriottismo ; ma in seguito, per l’opera dei Tedeschi e per la debolezza dell’ebreo retore Kerensky, prevalse la demagogia bolscevica di Lenin: lo zar rosso circondato da Trotzky, Zinoviev, Kamnev, Radek, Litvinov ed altri tiranni, tutti ebrei. Perciò non è esagerato dire, come hanno fatto alcuni patrioti russi, che « oggi la Russia agonizza sotto la dittatura e il terrore degli ebrei ».

Ora l’ideologia bolscevica è di sua natura internazionale. Perche trionfi, essa non può contentarsi di avere sottomessa la Russia, ma deve disorganizzare e assoggettare il resto del  mondo. A questo fine il tesoro dello Stato russo, caduto nelle mani dei tiranni ebrei russi e accresciuto da innumetevoli furti è messo al servizio d’una intensa propaganda all’estero, e i fondi sono ripartiti in tutti i paesi da abili agenti.

E qui va ricordato che non solo lo stato maggiore del bolscevismo moscovita è composto di ebrei, ma i suoi propagandisti all’estero sono anch’essi, salvo rare eccezioni, tutti ebrei, i quali hanno reclutato « tra le nazioni » numerosi discepoli.

Qualcuno forse potrà meravigliarsi del come l’alta finanza e il bolscevismo, nemici mortali, possano andare d’accordo ; eppure spesso si è verificato che l’egualitarismo sociale, sotto qualsiasi forma — radicalismo democratico, socialismo o comunismo — è stato il regime piú favorevole agli uomini d’affari e a coloro che maneggiano denaro, perché spezza i quadri politici, sociali e familiari che fanno ostacolo alla preminenza e all’assolutismo dell’oro. Sono soprattutto le classi medie e principalmente le classi rurali — che rappresentano la piú grande  ricchezza allo stato diffuso e parcellare — quelle che fanno sempre le spese dei movimenti egualitari a beneficio degli affaristi, dei magnati della finanza e dei demagoghi complici. I magnati della finanza sanno trarre profitto da tutto, purché avvisati in anticipo e bene informati. È perciò che la finanza internazionale, al di fuori degli avvenimenti che provoca direttamente, s’è vista costretta a creare per suo uso e consumo un largo servizio d’informazioni, che per rapidità lascia indietro tutte le organizzazioni analoghe. Gli ebrei dispersi su tutta la superficie della terra, si trovano a questo riguardo in una situazione eccezionalmente favorevole, stretti come sono tra loro da legami etnici, religiosi e familiari.

La pace che ha suscitato tanto malcontento, conclusa tra gli alleati e gl’Imperi centrali, potrebbe chiamarsi piuttosto pace puritana. Tra puritanismo e giudaismo vi sono affinità incontestabili. Il giudaismo ha improntato di sé il Trattato di pace attraverso il puritanismo. Tutto questo è potuto avvenire perche Israele ha avuto strumenti docili al suo servizio.

Il primo di questi strumenti è stata la massoneria, la quale anche questa volta ha lavorato per la tradizionale aspirazione ebraica al piú implacabile dominio del mondo.

Quando parliamo di massoneria ci riferiamo piú specialmente alle Logge riservate al «popolo eletto » nelle quali non entrano i gojm (pagani… cioè cristiani), dove, in famiglia, si fucinano gli affari internazionali.

La massoneria superiore ebraica, con le suddette Logge riservate ai « circoncisi », conta specialmente gli « Ordini » dello Scudo di Abramo, dello Scudo di David, degli Achei-Berith (« fratelli del Patto »), degli Achei-Ameth (« fratelli della fede »), l’Ordine Indipendente dei Beni, o Bnai Berith (« figli del Patto »), il Grande Ordine d’Israele ed altri ancora.

Fra queste principali organizzazioni emerge quella dei Beni-Berith, fortissima negli Stati Uniti (ormai New York è la capitale mondiale d’Israele). L’ordine dei Beni-Berith ha recentemente elargito la sua annuale medaglia di benemerenza israelitica al fratello Simon Wolf, di Washington, per « i servigi piú segnalati resi al popolo ebraico nel 1919 ». Chi abbia fatto le spese di tali « segnalati servigi » non è difficile indovinarlo.

L’altro Ordine ebraico massonico molto attivo è quello degli Achei-Berith. Esso fonda logge femminili ebraiche, di cui una recentemente a Newport (Stati Uniti). Il Jewish Guardian del 23 aprile 1920 lodava l’attività dell’ordine e specialmente della loggia femminile «Sorelle L. Marks n. 28 »- di Littleston (Abrahamson street).

Tali logge femminili riservate alle ebree servono soprattutto a preparare le conferenziere, segretarie, tesoriere, consigliore, presidentesse delle leghe femminili, pubbliche e aperte a tutte, per la cultura, per le relazioni internazionali, per il voto delle donne ecc., al fine di ridurre tali leghe — con la complicità di altre compagne non ebree — a tanti strumenti della politica e degli affari d’Israele.

Nel luglio-agosto 1920 si segnalavano da Londra numerose sedute delle logge degli Achei-Ameth, degli Achei-Berith, dello Scudo di Abramo, dello Scudo di David.

Nella loggia « Nathan Laski n. 32 » il fratello Apfelbaum (probabilmente parente del noto capo bolscevico terrorista di Russia, il famigerato Apfelbaum detto Zinoviev) e il fratello Schildkranz, membri del Consiglio esecutivo, installarono i dignitari della loggia « austro-ungarica amalgamata » : circostanza importante perché rientra nel colossale lavorio della banca angloebraica per l’accaparramento dei paesi danubiani.

Evidentemente gli ebrei della loggia austro-ungarica amalgamata debbono conoscere da vicino Bela Kun ed i suoi aiutanti nel macello di carne umana, quale fu il regime del terrore rosso di Budapest ; quanto ai fratelli austro-ebrei, essi naturalmente debbono essere ammiratori del loro fratello in Abramo ed in Mordecai (detto profanamente Carlo Marx), l’egregio Adler che è divenuto pezzo grosso della repubblica ebreo-austriaca per avere assassinato il ministro imperiale Stürgkh, come tutti sanno.

Nella estate 1919 comparvero — ma al solito tutto fu presto soffocato dalla grande stampa venduta in massa o addomesticata da Israele — interessanti rivelazioni su di una organizzazione segreta, di carattere spiccatamente ebraico-massonico : la « Lega dei fratelli internazionali », già fondata dal sullodato ebreo tedesco Mordecai, cioè il famoso Carlo Marx e presieduta oggi da Giovanni Longuet, pezzo grosso della Repubblica francese, nella sua qualità di nipote dell’ebreo-tedesco fondatore.

Questa lega comprende tre gradi — oltre i probabili gradi per i « superiori incogniti ». Il primo grado è quello dei « fratelli internazionali » ; il secondo dei « fratelli nazionali »; ed il terzo dei dratelli della organizzazione (semi-pubblica) della democrazia sociale internazionale ». I fratelli internazionali dichiarano di non conoscere altra « patria » fuori della rivoluzione generale, ed altri nemici fuori della contro-rivoluzione. Debbono essere giudicati in ogni caso soltanto dalla loro « giuria di alleanza ». La loro solidarietà deve essere assoluta e senza… scrupoli. Nessun fratello può accettare impieghi governativi senza il permesso superiore. Un adepto può essere eletto fratello internazionale soltanto se è già membro di un’associazione nazionale della setta.

È facile quindi capire il meccanismo di questa. Tra l’uscio e il muro, nella penombra, stannno i fratelli della socialdemocrazia internazionale. Dietro l’uscio stanno, nel segreto, i fratelli nazionali, cioè le sezioni nazionali della setta. In fondo alla bottega stanno i superiori fratelli internazionali, agli ordini diretti dell’alta banca e dell’alta teppa — banchieri alla Jacob Schiff, demagoghi alla Trotzky — di Israele.

Nel 1880 il Comitato centrale risiedeva a Londra ; il noto ebreo tedesco e capo marxista Engels ne era il segretario. Il comitato contava 20 membri, in gran parte ebrei, il resto completamente ebraizzati, cioè asserviti ad Israele. Gli altri fratelli erano circa 150 ; in Inghilterra esistevano tre comitati particolari ; due negli Stati Uniti, e due in Germania.

In generale i fratelli nazionali ignorano i loro capi fratelli internazionali, che comandano, dietro il sipario, alle rispettive leghe nazionali. Queste credono di essere organizzazioni locali socialiste, segrete e nulla piú. Del resto, tutto il regime delle sètte e della loro somma che fa « la Setta » è precisamente questa : un gran numero di schiavi, attratti con promesse, spessissimo illusorie, a lavorare per pochi sfruttatori ben pagati dai capi d’Israele dominatori del mondo.

D’altronde gli’ebrei dell’Europa orientale — gli ebrei askenazim di rito e di linguaggio ebreo-tedesco (yiddish) — hanno una loro setta rivoluzionaria, fondata molti anni fa, e madre dell’attuale bolscevismo : il « Bund » (leggi: « Lega »). Fu al congresso di Ginevra nel 1906 che la esistenza del Bund fu rivelata ai profani. Ed è dal suo seno che sono usciti i capi assassini del terrorismo bolscevico che annega la Russia nel sangue e nelle lagrime.

Nella sua serie di studi storici su « le cause della crisi mondiale », la Morning Post ha mostrato l’identità di metodi, la stessa marca di fabbrica ebraica, nelle recenti e ultime rivoluzioni di Turchia, di Portogallo, di Russia, di Ungheria, di Germania. Sempre e dappertutto la mano ebrea dirige il colpo attraverso la massoneria borghese e la demagogia socialista.

Un particolare interessante. Il massone addetto alle regolari comunicazioni tra la massoneria francese ed il bolscevismo russo, sarebbe il signor Languine venerabile della loggia « Fraternité » di Parigi e professore della Sorbona (probabilmente, se quel signore non è un vero francese, il suo nome Languine è una truccatura del nome ebreo-russo Langhin).

Intanto la parigina Libre Parole del 22-23 agosto 1920 pubblicava alcuni processi verbali del consiglio del Grande Oriente della massoneria francese. Vi risalta la millenaria astuzia della tattica ebraica, ispiratrice e direttrice tradizionale dei figli di Hiram. Ecco la decisione conclusiva del Grande Oriente:

« Insomma il Consiglio dell’Ordine approva la diffusione delle idee bolsceviche nella massoneria, ma domanda che queste si manifestino sotto forma di uno studio delle teorie sovietiche e della difesa del nostro fratello Sadoul (si tratta del noto ebreo massone, ufficiale dell’esercito francese in Russia ed ivi ribelle e disertore, passato al servizio del suo vero governo, quello del ghetto, rappresentato in Russia da Trotzky ed altri giudei), al fine di non urtare i fratelli che sono contrari ai principii bolscevichi ».

È’ l’eterno trucco farisaico della ebreo-massoneria che accoglie gli ingenui — per non dir peggio — uomini di ordine, conservatori, panciafichisti, i quali le servono come « truppe di copertura » per mascherare i veri e coscienti ebreo-massoni e le loro manovre. Non urtare — cioè non svegliare — i fratelli gonzi, e lavorare dietro le loro spalle ed alle spalle dei profani… Tutto questo insieme di perfidie e di viltà, questo miscuglio di Caifa e di Giuda Iscariota, è eminentemente massonico perché eminentemente ebraico.

Tutto ciò è ormai cosí evidente, che è dato leggerne la constatazione su pei giornali, quando una eccezione riesce a rompere il silenzio organizzato da Israele nella stampa. Ecco, ad esempio, un gruppo di notizie che togliamo dai fascicoli della Vieille F rance :

« A proposito della organizzazione della repubblica ebreo-spartachista di Eisner, in Baviera, risulta provato che là, come in Ungheria e nella stessa Russia, la struttura reale del bolscevismo è fatta di una combutta di ebrei e massoni. Capo della repubblica dei sovieti bavaresi era, si sa, l’ebreo Kurt Eisner. Ora, tutti i direttori delle amministrazioni ministeriali, nominati da Eisner, erano tutti ebrei rivestiti di alti gradi nelle logge massoniche, particolarmente nelle logge segrete dei Beni-Berith, il gruppo massonico che, come abbiamo detto, sovrasta tutti gli altri.

« Anche la repubblica dei sovieti di Ungheria, proclamata il 22 marzo 1919 e vissuta 134 giorni, aveva per capi degli ebrei, tutti dignitari della massoneria…

« Intimi sono i rapporti tra i bolscevichi russi e la massoneria. L’appoggio che l’America è parsa, ad un certo momento, offrire al governo di Mosca, fu dovuto alla solidarietà massonico-ebraica. È noto che la massoneria mondiale è diretta dalla Grande Loggia americana, composta esclusivamente di ebrei. La distruzione della Russia zarista, venne decisa da un gruppo di cinque ebrei miliardari di America ed elaborata in quella Loggia. Il verbale nel quale la decisione fu registrata, venne trafugato e trasmesso all’ambasciata russa a Washington, che lo spedì, per mezzo di un corriere speciale, a Pietrogrado. Il primo ministro di Russia era allora il principe Swiatopolk Mirsky, il quale, naturalmente, non diede nessuna importanza alla rivelazione. La decisione dei cinque grandi ebrei d’America, conteneva l’impegno di spendere sino ad un miliardo di dollari, affine di provocare la rivoluzione in Russia. I cinque ebrei erano : Isaac Mortimer, Chuter, Rhun, Levy e il famoso Jacob Schiff, che mori lasciando 15 milioni alle opere di assistenza ebraica.

« Quando lo zar seppe la cosa e chiese al principe Mirsky di comunicargli i documenti, questi erano scomparsi. Un corriere speciale fu spedito a Washington, per riportarne copia; non tornò mai. Poco dopo (si era nel 1905) la rivoluzione del pope Gapone scoppiò.

11. IL KAHAL

15 dicembre 1921

Che il « popolo eletto » d’Israele sia controllato da un suo vero potere centrale, non può mettersi in dubbio da quanti hanno potuto osservare come in certi momenti tutta la stampa ebraica o ebraizzata, tutti gli oratori politici ebrei o simpatizzanti, abbiano istantaneamente lo stesso motto d’ordine e lo stesso contegno di fronte a una data questione che interessa Israele.

Tale potere è il Kahal (dal nome ebraico Khl, potere), mentre il governo regionale o locale si chiama Kehillah (Kllh).

L’origine del Kahal rimonta all’epoca della Dispersione ebraica al tempo di Vespasiano, quando cadde l’ultimo vestigio del potere sacerdolate farisaico del Tempio, a Gerusalemme.

Ma già il Kahal era delineato nel suo tipo fin dal tempo dell’impero di Alessandro Magno, seguito dai regni dei Seleucidi (Siria) e dei Tolomei (Egitto).

Caduta la speranza di una restaurazione del Regno d’Israele, dopo il crollo dei Maccabei i politicanti e trafficanti si scissero in due tendenze cosmopolite, iniziarono la serie dei moderni « assimilati » ; cioè degli ebrei che trovano opportuno dissimulare la congenita xenofobia per la quale ogni polo goj è uno straniero da sfruttare con ogni mezzo, facendo essi gli adattati e gli spregiudicati. Al tempo di Cristo si chiamavano Sadducei (da un Sadoc, loro organizzatore) ed Erodiani perché accettavano il re Erode, ebreo senza scrupoli adattato al dominio romano.

Invece i politici, aristocratici della razza, s’irrigidirono nel nazionalismo xenofobo ; e siccome ormai il loro popolo era disperso per il mondo, quei politici detti Farisei (dal verbo farah separare) combatteremo, soprattutto, l’assimilazione della « Dispersione » (in greco Diaspora), e con essa tutti i pericoli che evidentemente ne sarebbero derivati per un popolo materialmente disperso attraverso tutto il mondo.

Fu cosí che i capi farisei montarono una enorme bardatura rituale contro la cui ipocrisia tuonò Cristo. Bardatura tendente a tenere separato da ogni contatto morale estraneo il popolo ebraico : con il pensiero che egli era il « puro », mentre tutti i gojm erano «impuri» e rendevano tali gli israeliti con il loro contatto. Perciò il fariseo purificava ritualmente il cibo, la bevanda, la stoviglia; mangiava soltanto carne di bestie uccise ritualmente (koscer), ecc.

In tal modo il materialmente disperso popolo ebraico poteva essere tenuto riunito nella mentalità giudea di essere il Popolo Eletto al dominio del mondo, e quindi odiatore, disprezzatore, sfruttatore degli altri popoli, che per allora e poi dominavano Israele.

Il Talmud, o la raccolta dei libri dottorali dei rabbini di quel tempo, ha fissato indelebilmente nella massa dei Beni Israel questo sentimento ispiratore della sua vita plurimillenaria fra i popoli della terra. Ecco la radice atavica, ecco il « sangue » d’Israele.

Di ciò abbiamo la prova tangibile nei due opposti malanni  mondiali di oggi; il capitalismo parassitario e la demagogia dissolvente, ambedue controllati in maggior parte dagli ebrei, misera minoranza nel totale dei popoli della terra.

Fu il kahal farisaico che organizzò la mirabile rete ebraica fin dal primo tempo della Dispersione e creò i « nodi del serpente » nelle varie epoche. Citiamo qualche esempio, solamente qualcuno; ed anche qui prendiamo a prestito la « loro » parola.

Quando la Comune di Parigi (1871) terrorizzò la capitale della Francia e le truppe nazionali dipendenti dal governo provvisorio di Versailles si apprestavano alla riconquista di Parigi, il vecchio Rothschild sussidiava tanto lo sfinito governo versagliese quanto il governo comunista di Parigi, il quale destinava un servizio di guardia per salvare il palazzo del barone.

È la regola del Kahal : controllare il movimento prominente del momento, ma tenere il piede nell’opposizione, per guadagnare o… non perdere.

Banchieri kahalici (Jacob Schiff, ecc.) diedero i primi milioni a Lenin e a Trotzky per la rivoluzione bolscevica del 1917 : essi la sussidiarono e poi la sfruttarono largamente : il famoso piano quinquennale è opera del kahalista Kaganovic. I principali organi sovversivi sono un « affare » loro ; basti rammentare che l’organo comunista parigino L’Humanité fu fondato da Levy, Bruhl, Brahms, L. Dreyfus, Louys, Blum, Rouff, Sevitz, Reinach…

Ma simultaneamente altri ebrei massoni sussidiano e controllano organizzazioni antibolsceviche a Ginevra, a New York ecc., facili a riconoscersi perché in esse è proibito toccare l’ebreo e il frammassone allorché si parla dei primi responsabili degli orrori russi.

Il Jüdisches Volksblatt — giornale ebraico tedesco — stampava nel luglio 1899 :

« Noi dobbiamo favorire la democrazia sociale ovunque e in tutti i modi, ma dobbiamo nel me medesimo tempo operare con prudenza perché la massa operaia non si deve accorgere che la democrazia sociale è soltanto una tenda dietro la quale si nasconde Israele ».

L’ebreo massone Reinach dava 20.000 franchi ad un giornale monarchico francese e ne passava 100.000 ad un giornale socialista (proprio come il sen. Luigi Della Torre, banchiere ebreo in Italia faceva con La Tribuna e l’Avanti!). Piú una staffa è forte e piú la zampa kahalica vi pesa.

Una forza del Kahal sta appunto nella sua ubiquità, per la quale svolge la sua attività in campi opposti, coll’unico intento del proprio trionfo per il dominio morale e materiale del mondo.

Chi può capire capisca.

Della Kehilla ebraica cosí parla Enrico Ford nel suo celebre libro, L’Ebreo Internazionale :

« Come è possibile che un gruppo numericamente inferiore possa esercitare un’influenza cosí decisiva sul restò dell’umanità ?.. Due organizzazioni ebraiche, entrambe interessanti tanto per la loro segretezza come per la loro potenza, sono la Kehilla novaiorchese e il Comitato giudeoamericano.

Dicendo « segretezza » ci riferiamo al fatto che sebbene i loro membri raggiungano un numero altissimo e prendano parte attiva alla vita americana, la loro esistenza e il loro modo di agire permangono del tutto sconosciuti all’immensa maggioranza del popolo americano. Se si facesse un referendum a Nuova York, risulterebbe che forse un solo abitante su cento risponderebbe di « aver sentito pronunciare quel nome ». Eppure è accertato che la Kehilla rappresenta il piú forte fattore politico della vita ufficiale di Nuova York.

« La Kehilla novaiorchese ha grandissima importanza per due ragioni : perché non solo rappresenta un esempio vivo e palpitante dell’esisteqza di uno “Stato dentro lo Stato” ma anche perché, per mezzo della sua Giunta amministrativa, forma il 12° distretto del Comitato giudeo-americano, il quale, a sua volta rappresenta il focolaio della propaganda pro-ebrei e antiamericana. Detto con altre parole, l’amministrazione giudea di Nuova York forma parte essenziale del Governo giudeo negli Stati Uniti…

« Il Kahal rappresenta la forma genuinamente ebrea di governo e amministrazione del popolo disperso…

« La Kehilla novaiorchese è la maggiore e piú potente organizzazione ebraica di tutto il mondo…

« Parteciparono all’assemblea generale del 1917 : il ben noto banchiere Jacob H. Schiff ; Luigi Marshall, avvocato, presidente del Comitato giudeoamericano e ospite assiduo del Governo di Washington ; Otto A. Rosalsky, magistrato del Tribunale Supremo (Generai Sessions Court) ; Otto A. Kahn, della Banca Kuhn, Loeb e C. ; Adolfo S. Ochs, proprietario del New York Times, e Beniamino Schlesinger, recentemente tornato da Mosca. Inoltre vi parteciparono : Joseph Schlossberg (segretario generale dell’Unione Operai Confezionatori, con 177.000 membri), Massimo Pine, anch’egli ospite del Governo di Mosca in questi ultimi tempi, e Davide Rinski e Barondess, entrambi agitatori di movimenti operai.

« I membri della Kehilla appartengono a tutte le classi sociali. Dal presidente del dipartimento delle Assicurazioni di guerra — ente che appartiene al Governo degli Stati Uniti — fino agli agitatori del gruppo piú rosso del quartiere est di Nuova York.

« In quella grande associazione sono, fra l’altro, rappresentati : la Conferenza centrale dei rabbini americani ; il Consiglio dei rabbini riformisti dell’Est ; gli ordini indipendenti B’nai B’rith, B’nai Scholom, Figli liberi d’Israele, B’rith Abraham ; le Associazioni di Sionisti americani, di ebrei ortodossi e riformisti, di apostati, assimilati, ricchi, poveri, lealisti e rivoluzionari ».

A capo di questo organismo dissolvitore, nel quale si ritrovano tutte le correnti dell’ebraismo, sta Stefano Wise che ne è il principe occidentale ed ha giurisdizione dittatoriale anche sull’ebraismo europeo .

12. GLI EBREI, LA PASSIONE E LA RESURREZIONE DELLA GERMANIA

Per la cronologia riproduco qui per intero l’articolo a firma « Un bavarese » che ospitai ne La Vita italiana del 15 agosto del 1922 e nel quale, con mirabile sicurezza veniva fissata la primissima tappa del Nazionalsocialismo. Sotto lo pseudonimo « Un bavarese » i piú, in Germania ed altrove, identificarono Adolfo H itler.

Monaco di Baviera, 2 agosto 1922

La questione germanica è oggi nel senso piú profondo una questione religiosa e cristiana. Gesú Cristo, nella persona dell’accusato e del condannato fu il vincitore della morte : cosí quella parte del popolo germanico che nella sua immensa caduta ha invisibilmente ritrovato la tradizione dell’onore e della purezza, nutre la speranza, che la via crucis finisca nella resurrezione. Resurrezione nella vita libera e degna, o nella morte liberatrice.

Gesú Cristo fu crocifisso da quella parte del popolo ebraico che gli aveva giurato la morte dopo che il divino maestro aveva rovesciato i banchi degli affaristi e dei banchieri ; dopo che aveva flagellato con divina ira questi farisei, pervertitori del senso comune, che pretendevano il diritto d’usura anche nel sacro tempio.

Ma che tremenda strada è la via crucis, principalmente per coloro che la percorrono col rimorso di avere troppo amato la vita e di non avere a tempo impedito il culto impuro del vitello d’oro!

Nell’8 e 9 novembre 1918, giorni della rivoluzione, la Germania si svegliò e vide come nuovo strato dominante non dei compatrioti indigeni e cristiani, ma una massa di ebrei, in parte recentemente affluiti dalla Galizia, dalla Polonia, dalla Russia. Non si vedevano ancora — come piú tardi — i loro legami cogli ebrei occidentali per via della « Alliance Israelite Universelle ».

E quei conquistatori nuovi pretendevano che tutto, anche in politica, in giornalismo, in arte, nell’esercito ecc. passasse per le loro mani. Gli impedimenti della tradizione, dell’ordine, dell’onore furono, come l’amata vecchia bandiera, sputati e disprezzati da questi eterni profittatori delle rivoluzioni. E loro alimentavano la diversità di opinioni fra germanici e germanici, creando odio e persecuzione e vendetta sempre crescente, a tal segno che oggi siamo davanti allo sfacelo completo se la grazia divina per la fedeltà, l’insistenza e la religiosità della Baviera non lo impedisce.

Gli ebrei erano prima della guerra un per cento della popolazione della Germania e si trovavano molto bene. Con la rivoluzione si impadronivano in misura del 30, 50 e fin 80 per cento del governo, dell’istruzione, dei mezzi di comunicazione, della elettricità, del controllo sui passaporti, delle poste, di tutte le relazioni coll’estero, delle Corti d’Appello, conservando esclusivamente per sé le banche e gran parte del commercio etc. etc.. Quale idea poté giustificare l’audacia di un tale atto in Germania, corrispondente ad uno simile nella Russia? Unicamente un’idea di egemonia panebraica secondo la convinzione del diritto dell’usura sulla massa non ebraica; diritto del popolo eletto, diritto che pone la banca degli affaristi fin nel tempio.

Ma questa conquista non ha neppure portato vantaggio durevole agli ebrei indigeni della Germania. Per la valanga panebrea venuta dall’Oriente, molti ebrei indigeni, di buona volontà di cittadini, hanno man mano perduto la possibilità di assimilazione ed il frutto della lunga e benevola coabitazione in Germania coi germanici. Gran parte fu — volente o nolente — ricacciata nella fiumara panebrea.

L’odio seminato o inacerbito fra germanici e germanici ha bruciato anche l’enorme velo dietro il quale gli ebrei volevano celarsi, e oggi è tutto un atto di accusa contro gli ebrei, visibili dappertutto ; e la morte di Eisner (galiziano), della Luxemburg (polacca), di Rathenau ecc. ecc. diventa agli occhi degli assassini un atto di difesa dovuta alla patria e un atto di liberazione dagli aggressori mascherati e dagli oppressori stranieri : come l’atto di Wilhelm TelI.

L’antisemitismo (che meglio dovrebbe chiamarsi « antiebraismo ») è oggi per molti, che prima non ne volevano sapere, una dolorosa reazione della patria torturata. Questa convinzione si basa sulla diversità di opinione e di religione, diversità che ha le sue radici nel contrasto del sangue e della razza e porta alla conseguenza logica che per salvarsi non v’è che la separazione assoluta del popolo germanico dalla stirpe ebraica. Teoria oggi accettata come principio fondamentale anche da quelli che separano la loro responsabitità dall’azione pratica.

V’è chi ha parlato di vantaggi derivati alla Germania per opera degli ebrei, che attenuarono le conseguenze della guerra. Niente di piú falso. La Germania non ha ricevuto condizioni attenuate dai nemici, grazie alle amicizie internazionali degli usurpatori. Al contrario lo stesso sistema, che nell’interno divide e inacerbisce gli animi, mette contro la Gennania, per atti che si giudicano sleali, anche i popoli che vorrebbero o dovrebbero allontanarsi dalla mentalità di guerra e di dopo guerra. Nemmeno il vantato colpo di scena del Trattato di Rapallo di Rathenau coi Sovieti resiste oggi alla critica universale. Si giudica come errore di dilettante. I Sovieti oggi lasciano perdere la caparra pel lavoro ordinato in Germania a norma di questo trattato ; mancano di parola secondo la loro abitudine.

Senza occuparci qui delle ridicole esagerazioni giornalistiche sul « piccolo » Rathenau, capo della A.E.G., vogliamo solo rilevare la differenza fra la sua figura e quella dell’uomo vero germanico, come p. e. il geniale W. Siemens. La grande opera d’un Siemens era rivolta al crescente perfezionamento della scienza e dell’industria, e portava al vantaggio ed alla gioia di tutti coloro che collaboravano con lui. L’energia di Rathenau invece era rivolta all’organizzazione con assoluta mentalità bancaria — poco propizia ad invenzioni «costose» — dell’industria e della mano d’opera su modelli fissi ed unificati, facendo dell’uomo un triste pezzetto di macchina allo scopo di assicurare rendite crescenti. Rendite a vantaggio di chi ? A vantaggio di pochi sopracapitalisti internazionali che dominano il mondo : a vantaggio dei cosiddetti « 300 Rathenau ».

Non c’è quindi da meravigliarsi se la parte del popolo germanico che nella volontà di percorrere la via crucis spera nella resurrezione, la spera nella condizione sine qua non dell’allontanamento radicale degli ebrei dal Governo come dalla politica, dall’istruzione, dall’opinione pubblica, dalle banche e da tutti i punti di sorveglianza, di comunicazione e di rapporti internazionali.

La questione germanica — abbiamo detto — è in fondo questione religiosa. E cosí gli anti-germanici, quei nuovi conquistatori, hanno bisogno d’una pseudoreligione e la trovano nella adorazione e autoadorazione della massa.

Accenniamo in poche parole a questa pseudo-religione,  proclamata dall’ebreo Marx, il cui piú grande stimolo è la negazione della proprietà altrui, del risparmio altrui, del cosiddetto capitale.

Fu combattuta questa proprietà che crea dei valori — senza avere bisogno del mezzano approfittante — crea il pane quotidiano, il tetto sicuro, i mezzi necessari per la vita di famiglia, per l’educazione, per la libertà della stirpe, per la cultura del bello, per l’arte, per la scienza e per la sicurezza della vecchiaia.

Alle teorie preparatorie, i conquistatori nuovi fecero seguire degli atti corrispondenti : socializzazione. Ormai è chiaro che anche quelle imprese che prima, sotto l’amministrazione germanica, cristiana, incorruttibile, davano contributi enormi per lo Stato, come le ferrovie, sono oggi nelle mani dei marxisti trasandate, di modo che si pensa di restituirle alla iniziativa privata germanica. E questa iniziativa privata germanica è l’unica fonte che fin oggi ha — per vero miracolo — resistito almeno in parte a tutti gli attacchi esteri ed interni ed ha creato nuovamente valori.

Col dare il colpo di grazia a questa iniziativa privata, instaurando il controllo nemico su tutti i segreti, come intende praticarlo principalmente la Francia, a vantaggio del diritto bancario, l’economia germanica finirà in fallimento, disonore e disordine per far piacere ai marxisti della Germania e della Russia; ma, con la germanica, finirà forse anche l’economia di altri paesi.

I negatori della proprietà immobiliare e del capitale creatore e i seduttori adulatori bizantini della massa tutelavano invece — come se fossero pagati dai banchieri — fin dal primo momento il sopra-capitale mobile, e lavoravano instancabilmente per tramutare anche tutto quello che per natura è immobile, come: terra, acqua, edifizi, abitazioni, fabbriche, miniere ecc. ecc., per mezzo di debiti, di prestiti, di tasse, di servitù, di obbligazioni, di cambiali, di espropriazioni, di confische in valori d’oro, in cosa mobile trasportabile da una cassaforte all’altra; da un paese all’altro. È il trionfo del sistema bancario plutocratico internazionale, che con l’esercizio del diritto d’usura consuma, sciupa, ruba valori, risparmiati col lavoro, col sangue ed ingegno altrui. Nemmeno nei giorni bolscevichi nella Baviera fu intaccato questo sistema.

Non ha caratterizzato quest’usurario di crudeltà G. Shakespeare nella figura ammirabile di Shylock nella commedia Il mercante di Venezia ? Non ha dipinto Michelangelo il Cristo iracondo nell’Ultimo Giudizio nella Cappella Sistina ? E non lo fa vedere cosí l’evangelo principalmente contro i praticanti il sistema del diritto dell’usura ? Non ha lo stesso Michelangelo espresso nel suo capolavoro, il Mosé, il disprezzo eterno dell’uomo sacro e semplice contro gli adoratori del vitello d’oro?

Non si trova un paragone significativo nel mito germanico là dove l’uomo eroe, Hagen, gettò l’oro e le ricchezze antieroiche nelle profondità del sacro fiume Reno ?

Mi sia lecito accennare a qualcuna delle stazioni meno conosciute della via crucis germanica. Si vuole castigare la Germania per la sua mala volontà di pagare, e non si mette in conto di pagamento il valore immenso del materiale di guerra, ferrovie, navi,  automobili, ecc., ecc., dati ai nemici o distrutti per ordine loro.

Non si tien conto delle colonie, per la maggior parte cadute nelle mani dell’Inghilterra, delle quali il solo Marocco vale molte volte tutto ciò che la Francia potrebbe domandare. Non si dà valore di sorta alle provincie tolte all’impero germanico, il cui valore è di piú di cento miliardi oro.

Pochi ricordano che la Germania ha perduto (senza tener conto dell’Alta Slesia) 365 Società industriali per azioni con 700 milioni di capitale oro, 135.316 grandi installazioni industriali di maestranza privata col 6 per cento di persone esercenti un mestiere pratico. Dopo venne la perdita dell’ Alta Slesia che rappresenta per se sola un colpo mortale. Anche questa non fu calcolata come valore di pagamento. E chi parla del fatto che la Germania ha fornito già, fino all’ultimatum di Londra, ai nemici, 4.304.200 capi di bestiame ? Si menzionano spesso le Commissioni delle riparazioni che ammontano a 70 miliardi di lire. Ma piú grandi sono le spese germaniche per le Commissioni innumerevoli cosiddette interalleate nelle quali, p. e., un semplice soldato francese riceve oggi mezzo milione di marchi all’anno. Pochi si rendono conto che non sono calcolate come indennizzazione le già pagate somme di 5 miliardi e mezzo d’oro, e 14 miliardi di carta per l’esercito d’occupazione (in gran parte francese). Alla Germania, soltanto l’esercito francese d’occupazione costa oggi il 50 per cento di piú che non tutto l’esercito germanico prima della guerra. È’ conosciuto tutto questo ?

Ancora : la Francia ha obbligato la Germania, soltanto nel 1921, a spendere quasi un milione per installare 19 nuovi bordelli, che si sono aggiunti ai tanti e tanti degli anni precedenti. Una caserma dopo l’altra, un campo d’aviazione dopo l’altro esige la Francia ancora oggi e specialmente in terra fruttifera ; nell’ultimo anno la Francia ha costretto 16.450 scolari germanici a rimanere senza istruzione, avendo occupato militarmente 60 case scolastiche.

Della vergogna nera si parla qua e là; chi sa che ancora oggi, dopo l’indignazione americana contro questo atto francese, si trovano in Germania 30 mila francesi neri ? Via crucis…

L’offerta germanica di rimettere in ordine le contrade devastate dalla guerra fu e rimane inaccettata. E chi dubita che i germanici da lungo tempo le avrebbero ricostruite, togliendo cosí alla Camera francese il pretesto di lagnarsi dinanzi al mondo intero perché la Germania non fa nulla per riedificare le contrade devastate ?

È noto che furono annessi alla Cecoslovacchia tre milioni e mezzo di tedeschi.

Per molti sarà ignoto che la Cecoslovacchia e la Francia pubblicano adesso, per la penna dell’amico intimo del signor Benes, il programma dettagliato di un nuovo smembramento della Germania a tutto vantaggio della Cecoslovacchia e della Polonia.

Della Germania non dovrebbe rimanere altro che una grande Baviera.

Chi sa che dal settembre 1919 fino ad oggi, ogni 25 minuti parte dalla Germania un treno merci con 80 vagoni, ciascuno di 10 tonnellate di carbone; che fino al gennaio 1922 la Germania ha fornito — non parlando del legno, delle macchine e mille cose — gratuitamente 18 miliardi di chilogrammi di colori e di preparati chimici, 30.009 tonnellate di benzol, 50 milioni di chilogrammi di ammoniaca ?

La moratoria ha diminuito per quest’anno la somma che, oltre tutto questo, deve pagare in contanti la Germania da 3,5 miliardi di oro a 2,17 miliardi d’oro e la Germania li ha pagati. Ciò corrisponde oggi ad una cifra tonda di 36 milioni di lire al giorno, un milione e mezzo di lire ogni ora; aggiungiamo in più 200 milioni di lire all’anno del clearing; ricordiamo che la Francia insiste per gli anni futuri nel  pagamento in contanti da parte della Germania di 138 miliardi di oro, e pensiamo che l’oro del mondo intero, incluso l’oro non coniato, rappresenta appena 32 miliardi.

E dopo tutto questo, il presidente del governo della Francia dichiara e trova fede, e non soltanto nella sua Camera e nel suo paese, che la Germania non ha volontà di sistemare le conseguenze della guerra e dovrebbe esser forzata ad iniziare finalmente i pagamenti. E un noto francese scrive nell’ultimo numero della National Review, organo dei Lord anti-ebrei, che la Francia, per sè, fino ad oggi, non ha ricevuto nemmeno un centesimo dalla Germania, mentre ha speso somme ingenti.

Dove, in quali mani e tasche sarebbero dunque spariti tutti i pagamenti germanici ?

Pur non volendo occuparci qui delle cose inesplicabili in altri paesi, ci pare che anche fuori della Germania regni una pericolosa nervosità. Quella nervosità che nella Germania stessa ha fatto vietare ufficialmente negli ultimi giorni l’annuale congresso degli studenti, con la motivazione che… gli studenti potrebbero dare sfogo ai loro sentimenti anti-ebrei. Questo particolare, questa piccolissima pietra nella via crucis germanica, fa vedere la laboriosa tecnica di sorveglianza del nuovo conquistatore, fa nascere nell’insieme, con mille altri particolari, la questione se la vera vecchia ed originale Germania composta del popolo indigeno e cristiano, sarà e potrà essere rimpiazzata da una nuova Germania, la cosiddetta, e da certi giornali vantata, « Germania di Rathenau ». La risposta di si o di no è d’una molto piú grande importanza anche per alcuni paesi esteri, che essi non immaginino. La nuova Germania di Rathenau — chi ne dubita, dopo tutto quello che abbiamo detto ? — non sarebbe altro che lo Stato di Sion moderno in mezzo all’Europa, colla capitale di Gerusalemme a Berlino e coi mezzi e con le braccia valorose disponibili degli schiavi germanici per la consolidazione della potenza panebraica.

Chiunque non vuole aiutare quel regime, chiunque non vuo facilitare la persecuzione e l’estirpazione della vera razza germanica dovrebbe ragionare tre volte prima di scrivere o di esprimere una parola in favore dei conquistatori della Germania. Si seducono invece le sue masse e si perseguitano vecchi e giovani che vogliono dare alla patria quella forma di Governo che risponde allo spirito germanico, uomini pieni di profonda religiosità, di equilibrio, di istruzione ed arte politica, di lungimiranza, di purezza e di volontà, capaci di rifare secondo la tradizione e secondo l’onore e secondo il desiderio universale della pace lo Stato della patria amata. È’ una delle piú grandi bugie parlare della mancanza di questa élite di uomini della Germania. Furono e sono oppressi ed eliminati con tutti i mezzi dal parlamentarismo e dal bizantinismo prima in su, oggi in giú. Ma finché non siano ammazzati tutti, rappresentano la forza elementare della vita. E può essere che le conseguenze delle oppressioni avranno anche in Germania la conseguenza come nella vecchia tragedia greca : vale a dire di affrettare quello che si vuol evitare. Già vediamo in Baviera che anche nella massa operaia si è formato un partito nazionalsocialista con tendenza formidabile anti-ebraica ; esso aumenta ogni giorno di numero. Contro quel partito operaio va parzialmente la lotta inasprita da Berlino contro Monaco.

Ma una resurrezione anche in dimensioni minime rimane assolutamente impossibile, se il mondo intero non sarà forzato dal destino a liberarsi fra poco della mentalità di Versailles. Lí fu, da pochi sconosciuti, senza che la piú gran parte del mondo l’abbia compreso, inventato il sistema del diritto eterno di usura sul lavoro del popolo germanico. Lí si stabiliva la sentenza che questo popolo non dovrebbe essere trattato onorevolmente come eroicamente vinto, ma incatenato come una belva, punito e disprezzato perché lordo di sangue, versato a dispetto di un mondo angelico e pacifico ; mondo senza ambizione di egemonia francese, inglese e panebraica,  come quello che solo, unicamente, malevolmente aveva preparato ed effettuato il piú grande delitto contro l’umanità e la libertà dei popoli che mai fosse stato commesso da una nazione cosiddetta civilizzata.

È’ scritto che se non sarà flagellato il diritto d’usura prepotente oggi fino nel tempio dell’amicizia, la resurrezione della Germania non si farà in vita libera e degna, ma nella morte liberatrice.

Speriamo che quest’ultima forma sia evitata, anche per non trovare riattivata la vecchia tradizione germanica, secondo la quale gli eroi morivano soltanto dopo avere preparato la tomba anche ai due o tre piú potenti avversari.

UN BAVARESE

13. EBRAISMO, MASSONERIA E BOLSCEVISMO IN FRANCIA

15 dicembre 1921

A coloro che sono come sorpresi del filobolscevismo francese, io voglio dedicare i resoconti delle sedute del 10 dicembre 1919, 18 febbraio, 17 marzo e 21 aprile 1920 del Grande Oriente di Francia, dai quali si vede come la massoneria — che è quella che sopra ogni cosa conta in Francia — fin dal primo momento non solo aderiva al regime leninista, ma aiutava con ogni potere la propaganda bolscevica. I resoconti furono resi di pubblica ragione nella Libre Parole da Louis Ternac e non furono mai smentiti. Da essi si rileva che la seduta del  10 dicembre 1919 fu aperta dal fratello Corneau presidente, il quale dopo aver riconosciuti i « generosi » atti dei bolscevichi in favore del Grand’Oriente, espose le ragioni che consigliavano una specialissima circospezione nell’agire a loro favore. « La minima imprudenza potrebbe provocare le dimissioni dei fratelli antibolscevichi, e gravi dissensi potrebbero prodursi in alcune logge ove i fratelli non sono ancora in maggioranza favorevoli ai bolscevichi ».

Dopo la relazione del presidente Corneau, il fratello Mille lodò il « gran cuore » dei bolscevichi e, in qualità di presidente della Società Immobiliare del Grande Oriente, rese particolare omaggio alla loro « generosità », « che permetterà alcuni restauri al tempio di via Cadet ».

Ciò non pertanto la sua opinione era che il Grand’Oriente non si compromettesse al punto di attirarsi la sfiducia dei commercianti e piccoli industriali affiliati.

Il fratello Sicard de Plazoles era dello stesso avviso. Egli aggiungeva che il Comitato Centrale della « Lega dei Diritti dell’uomo » e la sezione « de la Monnaie-Odéon », presieduta dal fratello Oscar Bloch, avrebbero iniziato presto, col concorso delle sezioni parigine, tutte presiedute da ebrei e massoni, una agitazione ben organizzata in favore della rivoluzione russa. Proponeva inoltre l’invio di una circolare a tutte le Logge, insinuando un attento studio della Repubblica dei Sovieti, accompagnando la circolare con una nota per la bibliografia « adatta », riferentesi alla questione. (Fu adottata la proposta Sicard e in seguito venne inviata la circolare).

Il fratello Marcel Huart riconosceva che il movimento bolscevico nella massoneria aveva reso segnalati servigi all’Ordine nei critici momenti della liquidazione della guerra, si dichiarava perciò favorevole ad un’azione energica, ma circospetta del Consiglio dell’Ordine. Egli diceva : « La framassoneria deve aiutare la Rivoluzione russa, poiché entrambe vogliono l’emancipazione dei lavoratori e una evoluzione sociale rapida ».

[Apriamo una parentesi : « Generosità », « aiuti », « restauri del tempio », « liquidazioni di guerra », ecc. ; ma questi « termini » di loggia si traducono, in linguaggio profano, con una sola frase : « oro bolscevico, affluito ed affluente nelle capaci e mai sazie fauci dei venerabili illustrissimi e potentissimi fratellì delle logge di Francia ». Mi sbaglio ? E la parentesi è chiusa].

Il fratello Dupré, dichiarava a sua volta che la « Loggia Alpina » e i fratelli « Quartier de la Tente » e « Reverchon » erano d’avviso che la massoneria universale deve, senza ostentazioni, incoraggiare il movimento rivoluzionario russo. Il fratello Vodecard, segretario generale del Grande Oriente, ricordava che il fratello Magalhaes Lima, gran maestro della massoneria portoghese, nella sua recente visita in via Cadet aveva preso nettamente posizione in favore della Rivoluzione russa, senza però dichiararlo pubblicamente : « Tale azione circospetta delle Logge, permette un lavoro efficace senza che il pubblico profano dubiti dell’origine del movimento ».

Il fratello Marcel Sembat era anch’egli di tale opinione ed affermava che la massoneria avrebbe commesso un grave errore se non avesse concesso aiuto e protezione ai russi. Concludendo, il presidente Corneau dichiarava che il Consiglio dell’Ordine approvava la diffusione delle idee bolsceviche ; solo chiedeva che queste idee si fossero manifestate «sotto forma di uno studio delle teorie sovietiche, al fine di non eccitare e spaventare quei fratelli che ancora sono ostili ai principi bolscevichi ».

Da questo momento si iniziava nelle Logge una vera e propria organizzazione bolscevica. Con la « Action Socialiste » venivano attirate le Logge « Fidélité », « Jean Jaurès » e «Francisco Ferrer ».

Dai verbali delle sedute del Consiglio dell’Ordine si rilevano i progressi compiuti.

Il 18 febbraio il fratello Lanquine nuovamente espose al Consiglio gli avvenimenti di Russia e dei Balcani. Egli inneggiava alla vittoria definitiva dei bolscevichi. Il fratello Lahy propose l’invio di un omaggio alle Logge del Grande Oriente stabilite in Russia ; egli stesso venne incaricato di redigere la lettera.

Il 17 marzo il fratello Mille che ritornava da Nizza, porgeva le congratulazioni al Consiglio pei risultati ottenuti nelle Logge dalla campagna in favore dei Sovieti ; e segnalava alla gratitudine del Consiglio i fratelli Auray e Guebin, venerabili dell’« Action Socialiste ».

Il 21 aprile il fratello Lanquine propose uno schema di circolare da inviarsi alle logge sui rapporti coi Sovieti. Egli parlò degli errori dei precedenti Ministeri e di quello del tempo riguardo alla Russia. Ringraziò il Consiglio dell’Ordine di non aver respinto i bolscevichi dalle Logge e di aver loro permesso un’azione mondiale.

E mi pare che ce ne sia abbastanza in questa documentazione di epoca non certo sospetta per provare abbondantemente che Ebraismo, Bolscevismo e Massoneria hanno sempre agito d’accordo ; fra loro non vi è mai stato contrasto, né è mai successo che uno dei tre abbia veramente sbarrato la strada agli altri due, o viceversa. Tutti sanno quali rapporti esistano fra Massoneria e Ebraismo ; l’una e l’altro sono la stessa cosa ; più esattamente, l’Ebraismo si serve dell’organizzazione massonica per agire attraverso il mondo, irradiando le propaggini piú capillari e raggiungendo i punti piú lontani. La rivoluzione bolscevica, d’altra parte, fu, come ognun sa, una rivoluzione di origine e di spirito giudaico.

Il problema perciò oggi si presenta cosí :

1. Per salvare la civiltà minacciata dalla progressiva avanzata delle forze sovvertitrici occorre combattere, senza esclusione di colpi, il bolscevismo.

2. Non è possibile combattere efficacemente il bolscevismo, senza prendere posizione contro l’ebraismo, del quale il bolscevismo è diretta filiazione, e contro la massoneria, che dell’ebraismo è stato il maggiore strumento.

14. LA LEGA FRANCESE DEI DIRITTI DELL’UOMO E IL GRANDE ORIENTE DI FRANCIA GUIDATI DAL GIUDAISMO CONTRO IL FASCISMO

1. – LA « LEGA DEI DIRITI’I DELL’UOMO »

15 gennaio 1927

Parigi, immenso quartier generale della Massoneria universale, ha firmato la sua capitolazione incondizionata in mano dei giudei.

Conseguenza : se nell’Oriente di Europa imperversava una volta il pogrom antisemita, oggi a Parigi diluvia il pogrom semita.

La parola d’ordine della congrega verde è : annientare il cattolicesimo ; il paravento giudaico della tenebrosa attività della setta è la « Lega dei diritti dell’uomo » o, per essere piú esatti, la « Lega francese dei diritti dell’uomo e dei cittadini ».

Essa è l’istituzione-tipo giudaico-massonica.

Il nome è stato imposto alla Lega in omaggio alla « Dichiarazione dei diritti dell’uomo », in base alla quale gli ebrei ottennero dall’Assemblea costituente la qualifica di « cittadini attivi », secondo il gergo di allora.

Taine scrisse che « tutti gli articoli di questa Dichiarazione erano pugnali rivolti contro la Società umana : bastava spingere la impugnatura per far entrare la lama ».

La Lega venne fondata per la revisione del processo Dreyfus, nel 1898, dal senatore Scheurer-Kestner e da Joseph Reinach, anima, il secondo, del movimento in favore del capitano ebreo che fu condannato per alto tradimento.

Gli ebrei Reinach — originari tedeschi — furono personaggi importanti nella tragicommedia fangosa della III Repubblica, la cui linea è individuata da due punti : affare Panama e affare Dreyfus.

Dei Reinach — succeduti al Capo della dinastia, maneggiatore di grossi affari, finito in modo tragico e alquanto misterioso nel 1892 — Joseph, il piú invadente nel campo politico (« Polybe » degli articoli militari durante la guerra) morì nel 1921 ; gli altri due, Salomon e Theodore, membri dell’Istituto, si occupano di archeologia, di storia e di giudaismo, e sono ormai quasi dimenticati dalla grande opinione pubblica.

La Lega dei diritti dell’uomo, dopo l’affare Dreyfus avrebbe dovuto conservare, per i gonzi, un’azione essenzialmente giuridica, intesa cioè ad ottenere la riparazione degli errori o abusi commessi dalla cosí detta giustizia, specialmente militare ; ma si gettò invece nella mischia politica, divenendo — come disse modestamente il suo vice presidente Aulard al Congresso Internazionale di Bruxelles (giugno 1926) — « l’armatura della Repubblica ».

La si può ritenere infatti uno dei « medium » dello spirito massonico : molti uomini politici ne fanno parte, accettando talvolta di svalutarla e di metterla in ridicolo come essa accetta di avere i politicanti in dispregio..

Commedia massonica. Tutto il sistema della setta è basato sulla menzogna iniettata dal Talmud.

Se anche dall’azione della Lega questo non apparisse chiaro, basterebbe a dimostrarlo un articoletto di qualche mese fa dell’Impartial Français, organo del massone François Albert, ex Ministro dell’Istruzione Pubblica con Herriot, nel quale era celebrata liricamente la riunione dei leghisti appartenenti alle varie classi sociali, sotto i segni simbolici dell’«arte reale ».

I due primi Presidenti della Lega furono Trarieux e de Prasseuse ; nel comitato direttivo figurò all’inizio anche il cattolico Violle, che dette le dimissioni perché gli fu respinto un voto tendente ad ammettere nelle scuole pubbliche i congregazionisti.

Terzo presidente è stato il vecchio Ferdinando Buisson, libero pensatore, apostolo del laicismo, il quale proclama che la Rivoluzione, cominciata nel 1789, soffocata per novant’anni, ha ripreso trionfalmente il suo corso verso il 1880, quando cioè la Massoneria, impadronitasi del potere, cominciò a sferrare colpi di ariete nelle tradizioni cattoliche della Francia.

Il Littré, definendo « rivoluzione » : « un cambiamento brusco e violento della politica e del governo di uno Stato », non supponeva certo che la Rivoluzione francese dovesse camminare ancora. In Francia molti sono i rivoluzionari nel modo di certi scrittori che non sanno concludere un romanzo : sono un po’ come un fiume che si impantana. Inoltre, assestare le cose è molto piú difficile di scompaginarle, saltare da fermo è meno agevole che in piena corsa ; per cui gli uomini di una rivoluzione e quelli che ne derivano, se non veramente superiori, una volta padroni dello Stato, sono portati ad agire come se fossero eternamente all’opposizione.

A proposito dei presidenti della Lega giudaica dei diritti dell’uomo, bisogna notare che gli ebrei, in generale, nell’opera di sgretolamento politico, fino ad oggi evitavano di mettersi in evidenza, nonostante la grande vanità che è forse il loro punto debole. Si servivano di francesi, dirigendoli con la suggestione e con gli interessi. Oggi si sentono forti e tendono a togliersi la maschera.

Infatti, dopo Buisson, che ha dovuto ritirarsi per i suoi 80 anni suonati, la presidenza della Lega è stata assunta dall’ebreo Victor Basch.

Victor Basch è nato a Budapest 62 anni fa : lo portò bambino a Parigi suo padre, che fuggiva il capestro decretatogli a Vienna e a Berlino per avere preso parte a moti rivoluzionanori.

È professore di estetica dell’arte alla Sorbona. Ha scritto libri su queste materie, specialmente nei riguardi della Germania, ma anche sull’arte italiana (Tiziano) e su questioni di sociologia (L’individualismo anarchico). Collabora a vari giornali demo-massonici come Ère Nouvelle, Volonté, ecc.

Cominciò la sua attività politica con l’affare Dreyfus : che fu la grande battaglia decisiva per la conquista ebraica della Francia, nella quale molti uomini politici ebbero i galloni o ridorarono quelli scoloriti.

Tutti o quasi tutti, i personaggi consolari della Repubblica passarono dal setaccio di quella triste faccenda.

Poincaré, maestro nel navigare tra due acque, avendo fatto parte del Gabinetto sotto il quale venne condannato Dreyfus, provò nel 1898 bisogno di purgare la sua coscienza (che sembra soggetta alla costipazione, perché anche recentemente la purgò in Senato per la condanna di Malvy) proclamando alla Camera di sentirsi « nell’obbligo imperioso di non fare e di non lasciar fare nulla che potesse impedire  la scoperta di un errore giudiziario ». Nel 1913 poi, Presidente del Consiglio e candidato alla presidenza della Repubblica, sconfessò Millerand, ministro della Guerra — che dovette dimettersi — per avere iscritto nei quadri della Territoriale, conferendogli un incarico logistico, il tenente colonnello a riposo du Paty de Clam, personaggio importante dell’« affare » e bestia nera degli ebrei e dei dreyfusardi.

Quest’ufficiale, sospeso per un anno dalla Territoriale, si vendicò combattendo valorosamente durante la guerra e morendo in seguito alle ferite riportate.

Victor Basch si trovava proprio ad insegnare a Rennes, sede del processo, durante l’affaire, di cui — ha scritto recentemente il suo compare Aulard — fu « uno degli eroi che rischiarono il posto e la vita ». Il suo eroismo si limitò ad affrontare i fischi e gli urli dei giovani nazionalisti. Perché in Francia, sembra che alla gioventú patriota — pur cosí balda sotto la divisa — manchi l’animo di battersi seriamente per le strade : strepita, ma, quando si vede di fronte degli uomini, « incassa », accusando poi gli avversari e la polizia di aver sparso il generoso sangue francese.

Forse questo deriva dal non sentirsi essa sostenuta dai cosiddetti partiti dell’ordine e di «conservazione sociale », composti di uomini che tremano di compromettersi, ferocemente egoisti.

La vedova di Èdouard Drumont — il famoso nazionalista antisemita, sepolto ormai nel silenzio — non trova un cane che le porga un bicchiere d’acqua ; Bidegain, che vendette, le fiches massoniche ai nazionalisti — con un gesto poco estetico, ma che forse salvò l’esercito dalla cancrena — si è dovuto avvelenare giorni fa con la moglie per sfuggire alla miseria ; Millerand, scomunicato dalla Massoneria, fu sconfitto nelle recenti elezioni senatoriali, perche ostracizzato dalla lista del suo partito.

Tre anni or sono, alcuni camelots du roi appostato il Basch mentre si recava a parlare in una conferenza, gli distribuirono alcune pedate e gl’imbrattarono di inchiostro il lucido cranio. Uguale trattamento ricevettero Marc Sangnier (il democristiano del Congresso pacifista di Bierville) e Violette, attuale governatore dell’Algeria. Da eroe, Victor Basch fu promosso martire sul campo.

È’ un pacifista settario, che grida, « guerra alla guerra, guerra all’odio », vuole la sostituzione della « tenerezza umana, all’odiosa violenza », ma scatenerebbe volentieri una rivoluzione o un macello internazionale « per i principî » se pur si voglia considerare come troppo romantica l’ipotesi di un piano occulto della sua razza.

In tutti i processi per l’uccisione di un patriota (Bonservizi compreso) si è recato a testimoniare sopra i fatti a lui sconosciuti, in difesa dell’assassino o contro le idee o il regime rappresentato dalla vittima.

Patrocinatore di un’intesa franco-tedesca, porta il verbo oltre il Reno, dove viene anche accolto con gesti e suoni da scoraggiare chiunque non avesse la sopportazione atavica a un tal genere di complimenti.

Proprio in questi giorni, il Basch ha prodigato — a Francoforte — il conforto del suo vangelo ai leghisti tedeschi. Assicurandoli che l’« idea del riavvicinamento guadagna terreno in Francia dove i pacifisti, sino a poco fa minoranza, rappresentano ormai la maggioranza del popolo ».

Hoch ! Hoch !

Nell’assumere la Presidenza della Lega dei diritti dell’uomo — che egli considera « la piú alta magistratura della Francia democratica » — Victor Basch ha dichiarato in un proclama che la Lega, non solo deve difendere il diritto degli individui, senza distinzioni di partiti, di gerarchia o di classe, ma anche quello dei popoli, di tutti i popoli, a disporre liberamente di loro stessi, a svilupparsi liberamente, ad armonizzare il proprio sviluppo con quello degli altri popoli ; deve lavorare con passione per la causa della pace ; difendere  instancabilmente la democrazia : dare ai concetti di libertà e di eguaglianza tutto il loro valore e tutta la loro portata.

Perché questa nobile missione possa essere adempiuta con perfetta purezza, bisogna che la Lega sia protetta da qualunque compromesso con la politica, intesa come lotta di partiti, battaglie elettorali, anche in favore di un Ministero amico, quando debba derogare ai suoi principî.

Nessuna paura, nessuna concessione : la Lega è una libera associazione di cittadini che si preoccupano della cosa pubblica e sorvegliano chi ha missione di amministrarla.

Essa agisce politicamente nel senso che, stando sulla prua della Democrazia (col d maiuscolo) ne è la guardia vigilante, la coscienza vivificante e organizzata; non una coscienza inerte, che si contenti di deplorare il male accaduto, ma che deve prevenirlo e, quando esiste, combatterlo finché sia abbattuto.

Secondo il sig. Challaye, membro del Comitato Centrale della Lega, Victor Basch, nell’assumere la presidenia, ha promesso ai suoi colleghi che piú si preoccupavano delle forme, di esprimersi nei manifesti con un tono cortese e diplomatico, pur conservando la sua abituale intransigenza. « I leghisti — dice il signor Challaye — seguiranno con entusiasmo e disciplina il capo eloquente e coraggioso che li condurrà d’ora innanzi nella battaglia contro tutte le ingiustizìe e tutte le tirannie ».

La Lega dei diritti dell’uomo ha progredito nell’ultimo anno da 94.462 a 130.563 associati e da 79 a 81 federazioni con 1.600 sezioni. Possiede un bollettino: Les Cahiers de la Ligue des droits de l’homme con 15.804 abbonati. Si serve però di tutti i giornali demo-massonici controllati dagli ebrei.

Il suo organo ufficiale era fino a poco tempo fa Le Quotidien, creato per la battaglia elettorale che portò il Cartello massonico alla vittoria dell’11 maggio. Il Consiglio politico di questo giornale, « créé par plus de 60.000 Français et Françaises pour défendre et perfectionner les institutions républicaines », si componeva di Ferdinand Buisson (Presidente della Lega), Aulard (Vice Presidente), Renaudel (membro importante di essa, deputato socialista).

Da vario tempo correvano voci curiose sulla gestione del palladio della Democrazia : enorme sperpero di fondi, campagne finanziarie pagate, azioni con voto multiplo ai fondatori — con a capo l’equivoco Dumay — per assicurar sempre loro la maggioranza nelle assemblee. Quando stava per scoppiare lo scandalo (la cassa era prosciugata e Dumay cercava disperatamente di vendersi) le tre coscienze incarnate si misero in salvo : cominciò Renaudel (forzato, del resto, dal suo partito) e lo seguirono, fieri e dignitosi, come gli svizzeri alla battaglia di Marignano, Buisson e Aulard ; Dumay (direttore) e il livido Bertrand (redattore capo) cercarono di trattenerli ricorrendo all’arbitrato di Herriot e Painlevé ; ma poiché se erano pronti a sottoporre il caso, non, lo stesso entusiasmo avevano per rifornire la cassa e per far vedere i registri, gli arbitri dovettero declinare l’incarico.

Le Quotidien ha annunziato luce piena, ma perora vaga, come un tenore con le corde vocali intaccate dalla sifilide, in cerca di una scrittura. Non gli rimane neanche un po’ di fiato per insultare l’Italia.

La stampa, salvo forse qualche articolo ironico de L’Humanité e de L’Action Française, ha passato sotto silenzio questo sporco dramma giornalistico ; in un lazzaretto di appestati, bubbone più bubbone meno…

Però, chi vorrà scrivere la storia di oggi, dovrà tener conto di questo episodio sintomatico : un giornale fetido, conosciuto da tutti per tale, è riuscito ad imporsi alla Francia per qualche anno, ha contribuito potentemente a rovesciare una politica, a creare una specie di rivoluzione, a buttar fuori a pedate dall’Eliseo un Presidente della Repubblica, a causare danni enormi al paese ; poi si accuccia sulle sue lordure, e tutti fingono di non accorgersene.

La Massoneria abbandona chi la lascia e si vendica di chi, tradendola, ne ostacola l’azione; ha per tutti gli altri grande indulgenza : non percepisce il male che non la tocca.

E poi, possono sempre servire, anzi meglio, perché piú contaminati, piú le ubbidiscono passivamente.

L’organo ufficiale della Lega dei diritti dell’uomo è tornato ad essere, dal 24 dicembre u. s. L’Ère Nouvelle, con la collaborazione di Buisson, Aulard e Albert Bayet, che il giornale, esaltando questo fausto avvenimento, descriveva come « il discepolo più eloquente e più ardente di quei due maestri », l’autore della Nostra Morale, « prezioso manuale della filosofia e della saggezza laica ».

Oltre al suo organo che si può chiamare ufficiale (oggi Ère Nouvelle) la Lega si serve, per esplicare la sua azione visibile, di combattimento, anche degli altri giornali spiccatamente massonici — quindi ebraici — come, per citare solo quelli parigini, L’OEuvre, La Volonté, Le Peuple, Le Quotidien, Le Soir (che ha preso il posto del Paris-Soir diventato neutro da qualche tempo, e che raccoglie in parte l’influenza democratica perduta dal Quotidien, il quale, però, rimane piú ebraico di prima).

Ho detto « azione visibile di combattimento » perché quella subdola è esercitata dalla Massoneria giudaica in quasi tutti i giornali, con l’influenza dei finanziatori, con quella di qualche redattore, o anche con la necessità che essi hanno di non mettersi contro corrente.

Molti giornalisti appartengono alle Logge. Esiste inoltre, una associazione massonica che li raggruppa : l’« Association Frat. des journalistes », sotto la presidenza onoraria del Fr. Camille Chautemps, ex ministro dell’Interno con Herriot, e quella effettiva del Fr. Marcel Huart, ex membro del Consiglio dell’Ordine del Grande Oriente di Francia, redattore del Temps, del Radical, ecc. ; i vice presidenti sono Maurice Monnier, Gran Maestro della Gran Loggia di Francia, e Dupré, vice presidente del Consiglio dell’Ordine del Grande Oriente di Francia. Ne è segretario Géo-Meyer, direttore dell’Événement, giornale di poca importanza, che si onora della collaborazione del basso strumento massonico e di polizia Maria Rygier.

Questo spiega come, nei periodi in cui la campagna massonica contro l’Italia si riacutizza, le informazioni, gli articoli dei giornali di sinistra siano redatti sulla stessa falsariga, o uno di essi, con qualche differenza di forma, faccia il giro di tutti. È il sistema dell’« articolo omnibus » impiegato durante l’affare Dreyfus.

La Lega dei diritti dell’uomo dispone di scrittori occasionali e di scrittori militanti : tra questi Buisson, Aulard, Basch — già nominati — Guérout, segretario generale della Lega, il prof. Langevin, Emile Kahn, Séverine, Georges Pioch, dei quali si vedono più frequentemente le firme.

Tutti sbavano — con maggiore o minore veleno — contro il nostro regime ; i tre ultimi senza nessuna misura.

Séverine (Madame Guebhard) fu una appassionata bulangista ; andava a portare corone a Ixelles sulla tomba del Generale suicida, la cui memoria le ispirò — dice Drumont che a Séverine dedicò un libro — le pagine piú eloquenti uscite dalla sua penna. Oggi, la vecchia Séverine fa parte della Lega dei diritti dell’uomo, irrora di lagrime di tenerezza tutti gli assassini politici, ed è una fervida giudaizzante.

Chi sa ? Forse anche Drumont, in vecchiaia, stretto dal bisogno e dalle insidie, avrebbe fatto ammenda dell’antisemitismo, sfogando i resti dell’ardore combattivo contro il «terrore bianco ». L’autore comico, critico teatrale e cronista mondano Abraham Dreyfus, morto da poco, sostenne malignamente che Drumont (Dreimund, secondo lui) era ebreo, con grande gioia dei correligionari.

Georges Pioch — transfuga del comunismo — è un uomo obeso, una specie di meta sudans di cattivo grasso, coi capelli cresputi, affetto da meteorismo verbale, scrittore mediocre e presuntuosissimo in prosa e in versi, critico musicale e teatrale ; ha il nome, il fisico, la pronunzia, il morale di un ebreo di qualità scadente, ma dice di non esserlo, forse per acquistare piú merito nell’agire come tale.

Dopo l’attentato al Duce, vergò una nota apologetica per la Gibson procurandosi il piacere d’investirlo in pieno Transalpine.

Èmile Khan (o Coen) docente di storia, milite del partito socialista, nel quale è membro della Commissione amministrativa permanente. Entrato nella Lega fino dalla sua fondazione, ne è forse il piú ardente animatore. Con Jaurès, è stato un precursore del protocollo di Ginevra (arbitrato internazionale e imputazione di aggressore — in caso di guerra — allo Stato che rifiutasse di sottomettervisi). Fece una campagna accanita, con altri militanti della Lega, contro l’« avventura » della Ruhr e per la vittoria del Cartello. Fin dal 1921 indusse i democratici tedeschi della lega « Neues Vaterland » a creare una Lega dei diritti dell’uomo germanico, e si adoperò poi per la fondazione di quella Internazionale. Per lui la Lega dei diritti dell’uomo è il supremo tribunale che deve travolgere il Fascismo.

In genere si può dire che gli elementi attivi della Lega dei diritti dell’uomo appariscono soprattutto come dei fanatici petulanti di mediocre levatura ; sembrerebbe strana l’appartenenza di tanti uomini politici a questa associazione, se lo stesso fenomeno non si verificasse per la Massoneria, che ne costituisce il doppio fondo.

La Lega dei diritti dell’uomo ha tenuto un Congresso a Metz, in Lorena, aprendolo proprio il giorno di Natale : manifestazione poco opportuna degli araldi del laicismo in una terra dove è acuta la questione religiosa.

Si ricorderà che il Congresso dei maestri sindacati (altra grande forza massonica) ebbe luogo qualche mese fa a Strasburgo, in Alsazia.

Se si pensa che buona parte della popolazione delle terre riacquistate non vuole la scuola neutra — preparazione a quella laica — e resiste all’introduzione delle leggi laiche, e che questa resistenza alimenta l’idea dell’autonomismo, attizzata sottomano dalla Germania, non è troppo avventato concludere che un potere nascosto spinga queste mandrie di francesi suggestionati, a compiere atti, di cui non si capisce la necessità, contro l’interesse del proprio paese.

Dobbiamo scorgervi l’idea giudaica degli Stati Uniti di Europa, alla cui realizzazione potrebbe fare ostacolo, un giorno, l’appartenenza alla Francia dell’Alsazia Lorena, di fronte a una Germania — nonostante la finzione di Locarno — non rassegnata ?

La Massoneria — almeno nella sua forma detta « moderna » — lavora da due secoli in un modo che può parere incoerente perché si adatta alle circostanze, perché non se ne conoscono — neanche dagli stessi massoni — gli scopi finali, e se ne intuiscono o suppongono appena, dalla coordinazione degli indizi, i veri dirigenti.

Ma quelle varie manifestazioni di essa, che oggi appariscono chiaramente alla superficie, servono per determinare il poligono della sua azione attuale, in cui possono individuarsi altri punti che, non circoscritti, sfuggirebbero all’osservatore.

Nel Congresso di Metz, si sono trattate varie questioni che formano in questi tempi il pane quotidiano delle Logge massoniche.

Il presidente Basch ha dichiarato ancora una volta che in politica estera la Lega tende al riavvicinamento con la Germania « senza il quale è impossibile un istante di pace e di tranquillità per l’Europa ».

Bisogna liberare la Renania, purché la Germania manifesti delle intenzioni veramente pacifiche. Il verdetto del Consiglio di guerra di Landau fu avversato con una mozione votata all’unanimità. Eccola :

« Il Congresso riunito a Metz, considerando che, innanzi al Consiglio di guerra di Landau il Commissario incaricato della requisitoria si è permesso di criticare la politica pacifista del Governo ; che, in seguito alla requisitoria, il Consiglio ha emesso un giudizio d’ordine puramente politico ; che con questo giudizio, i giudici di Landau compromettono l’opera di riconciliazione necessaria alla pace europea : persiste nel domandare la soppressione dei Consigli di guerra, giurisdizione iniqua e pericolosa ».

Il delegato, tedesco doveva godere. Egli aveva portato alla Lega « il saluto dei suoi leghisti annunciando un sistema politico semplice, chiaro e di facile applicazione : non i diplomatici daranno la libertà e la pace al mondo, ma i popoli stessi. Ogni individuo deve lavorare alla felicità del popolo, ogni popolo alla felicità dell’umanità. Se vi è lotta tra i popoli, essa deve essere pacifica ».

In quanto all’Alsazia Lorena, l’autonomismo — e ancor meno il separatismo — per la Lega non esiste ; si tratta di un movimento artificiale creato dalla « reazione » dopo l’11 maggio 1924, per amareggiare la vittoria del Cartello. Per prevenirlo sarebbe bastato applicare subito, senza esitazione, nelle provincie riacquistate le leggi della Repubblica.

Dal punto di vista internazionale, poi, inutile parlarne : non c’è Locarno ?…

Cosí si coltiva nei suggestionati francesi.

A tutto c’è un rimedio sovrano : l’introduzione delle leggi laiche, prima applicazione dei diritti dell’uomo. Il deputato ebreo Georges Weil, che si era fatto applaudire calorosamente sulla questione generale dell’Alsazia Lorena, ricevette una doccia di urla irosi quando — pensando forse ai suoi rabbi, (che in fatto di religione non scherzano) — propose di autorizzare i ministri del culto a far dei corsi di istruzione religiosa fuori delle ore di scuola.

Ecco la tolleranza dei massoni della Lega dei diritti dell’uomo, che riabilita quella di certe case.

Al Congresso è stata discussa anche la questione degli stranieri in Francia e dell’assimilazione. Si capisce che gli italiani ne hanno formato il pezzo forte ( « Vari delegati — dicono i resoconti — portano precisazioni importanti sull’impianto nel Sud-Ovest di comunità italiane organizzate, con le proprie scuole, i loro ministri del culto, i loro commissari regi e persino la loro polizia. Se non si sta attenti, queste comunità straniere che esistono anche in forma analoga, nel Nord e nel Pas-de-Calais, costituiranno presto piccole nazioni allogene pericolose per l’unità nazionale »). Il deputato Lambert (giudeo) ha esposto il suo progetto, da cui si ripromette una naturalizzazione metodica, col ritmo di 100.000 individui all’anno.

Il Congresso ha votato : il diritto di ogni individuo di stabilirsi nel paese di sua scelta sotto riserva del diritto del paese stesso a salvaguardare il lavoro dei suoi connazionali ; la soluzione internazionale del problema dell’emigrazione ; e, per la Francia, la proibizione di comunità etniche autonome, il rispetto scrupoloso del diritto di asilo per i fuorusciti politici ; la creazione di un ufficio nazionale dell’immigrazione.

Ho detto che tutti gli argomenti trattati al Congresso della Lega sono il pane quotidiano delle Logge. Potrei documentare minuziosamente questa asserzione, ma mi limito ai punti che c’interessano direttamente.

Per il giorno 23 dicembre (il Congresso si è aperto il 25) era annunziata alla Loggia « Libre Pensée » la conferenza del carissimo fratello Senatore Lisbonne, ebreo, una specie di Segretario Generale dei fuorusciti, su questo tema : « La questione degli stranieri in Francia ; assimilazione, naturalizzazione ».

È inutile diffondersi su tutte le discussioni del Congresso. La principale, quella che i congressisti aspettavano con impazienza, come i bambini aspettano il dolce nei pranzi delle ricorrenze, riguardava il Fascismo. La Lega dei diritti dell’uomo intendeva prendere solennemente e decisamente posizione contro la dichiarazione di principî fatta da Mussolini in aprile 1926, allorché insediando il Direttorio del Partito proclamò : « Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo l’antitesi netta, categorica, definitiva di tutto il mondo della democrazia, della plutocrazia, della massoneria : di tutto il mondo, per dirla in una parola, degl’immortali principi dell’89 ». La Lega iniziava col Congresso la coalizione di tutte le forze armate contro il Fascismo.

Anche questo argomento è stato prima esaminato con la lente massonica su tutte le cuciture. I temi « L’activité fasciste et les moyens propres à lui résister », « La lutte contre le Fascisme », « Les causes du Fascisme et les moyens d’y remédier » sono da tempo all’ordine del giorno delle Logge per istillare bene nel cervello degli apprendisti, compagni, maestri ed altri gradi, la paura e l’odio contro il nostro regime.

Piú recentemente si è avuto, alla Loggia « Agni »: « Mussolini e gli psicopati al potere » (15 novembre) ; alla Loggia « La Philosophie sociale » : « Cose d’Italia e di Spagna viste in Francia » (17 novembre) ; alla Loggia « Les neuf Soeurs » : « Esposto critico del libro di Roya su Mussolini », il resoconto del libro di Nitti Bolscevismo, fascismo e democrazia, «La Dittatura in Italia » ; fatica quest’ultima del T.’.I.’.T.’., ossia illustrissimo fratello Ubaldo Triaca, 31° Venerabile della Loggia Italia (23 dicembre) ; alla Loggia « Clarté » : «Le Fascisme et les événements actuels » dello stesso Triaca (7 dicembre).

Il Triaca — Presidente della Sezione Italiana della Lega dei diritti dell’uomo, della quale fanno parte i fuorusciti effettivi ed onorari italiani, con etichetta democratica — è proprio il massone fatto su misura, con un cervellino incapace d’idee proprie, specie di materia arida e spugnosa, con due soli bernoccoli vivi : quello dell’imbroglio e quello dell’ambizione.

Sperando che l’Ambasciata, con l’avvento del Fascismo, seguitasse a rimanere aperta alla luce Massonica, fece votare nel febbraio 1923 un ordine del giorno dalla sua Loggia, trasmettendolo con una lettera dove diceva « che i massoni italiani di Parigi erano consci dei doveri che imponevà la libera accettazione degli immortali principî dell’Oriente, ma anche desiderosi di non sollevare all’estero difficoltà al Governo della Patria ; che si poteva contare pienamente sulla loro moderazione, sul loro senno e patriottismo, e specialmente, sulla sua devota e volenterosa collaborazione ; che — osava sperare — questa collaborazione leale e cordiale avrebbe trovato la fiducia che non potrebbero ispirare tante e tante opportunistiche adesioni ».

Il debole dei furbi è quello di prendere tutti gli altri per degli imbecilli. Il Triaca, troppo ben conosciuto, frequentò per un poco — con pretesti — l’Ambasciata, accolto con la solita urbanità misurata ; ma visto che non era nido per le sue uova, si allontanò e si tolse la maschera.

Al Congresso di Metz, Aulard ha presentato il suo grande rapporto contro il Fascismo, ispirandosi agli immortali principî dell’89 contro i quali Mussolini ha osato « pronunciarsi non per qualche tempo (sic) ma definitivamente ».

Aulard, professore di storia alla Sorbona, specializzato nella Rivoluzione francese, crede fermamente che il mondo sia cominciato dalla proclamazione dei diritti dell’uomo, codice riassuntivo della perfezione morale, politica e sociale (ricordo che gli stessi promulgatori dei diritti pensarono, tanto per simmetria, anche ai doveri, ma di questi giustamente nessuno ha tenuto mai conto).

Se le cose non vanno bene non è colpa dei comandamenti dettati dal Popolo-Dio ai riformatori della Rivoluzione,  ma perché esiste una specie di demonio (la « reazione ») che si diverte a ficcar la coda nell’opera di essi e dei loro legittimi discendenti. Cómpito della Lega dei diritti dell’uomo è quello di tagliare questa coda.

Anche Aulard dovette riconoscere con dolore che i « giganti » della Convenzione (coi quali si svilupparono in pieno gli effetti dei diritti dell’uomo, come quelli di certi gas tossici che agiscono nell’organismo dopo un certo tempo) non erano superiori agli uomini di altre epoche.

Non fece un grande sforzo. Il Convenzionale Barrère, interrogato venti anni dopo sullo scopo vero, sull’intimo sentimento del Comitato di salute pubblica, confessava : « Non avevamo che un sentimento : quello della nostra conservazione ; che un desiderio : quello di salvare la nostra esistenza, che ognuno di noi credeva minacciata. Si faceva ghigliottinare il vicino, perché il vicino non ci facesse ghigliottinare (Taine) ».

Senza andar troppo lontano, Clemenceau, il quale, per giustificare politicamente la rivoluzione disse che « bisogna prenderla in blocco » definí, parlando tra colleghi, la Convenzione : « un’Assemblea di vili che si sono ammazzati tra loro per paura ». Ed oggi Baurthou, nel suo Thermidor, qualifica il coraggio — se si può chiamare cosí — degli uomini che fecero questo colpo di stato, come la rivolta della paura : la peur revoltée.

Mi sono un po’ diffuso sul fenomeno sanguinoso della Convenzione, perché non escludo che dei massoni piú sottilmente maligni abbiano sperato d’istillare nel corpo politico dell’Italia — con minacce e provocazioni dall’estero, con sobillazioni ed attentati all’interno — il veleno della diffidenza reciproca, in modo che con successive leggi repressive, sempre piú rigorose, si cadesse negli eccessi che furono fatali alla Rivoluzione francese ; insomma, che il Fascismo si decapitasse da sé.

Il rapporto di Aulard rivela soprattutto la paura, che il Fascismo si diffonda in Europa e specialmente in Francia. I rimedi che esso preconizza sono immediati e mediati.

Tra i primi, le misure di polizia e le attribuzioni di tutti i posti civili e militari piú importanti a repubblicani provati, perspicaci e rigorosi (ossia massoni).

A proposito della polizia, è bene tener sempre presente che essa in Francia è massonica. Molti funzionari di ogni grado, non solo appartengono alle logge, ma formano l’associazione massonica « Groupement Fraternel de la Préfecture de Police et de la Sûreté Générale ».

Tra i secondi (mezzi mediati), Aulard consiglia il rafforzamento del regime parlamentare, che è battuto in breccia dal Fascismo. Il Parlamento — che ha dato troppo spesso uno spettacolo di lentezza, precipitazione, disordine — deve essere rimodernato nei modi.

La Lega può vantarsi di avere già ottenuto, con la campagna di opinione condotta in tutto il paese, la recente e profonda riforma del regolamento della Camera (non occorre dire che — come il solito — la questione era stata ampiamente discussa in seno alla Massoneria, con minacciosi avvertimenti ai fratelli deputati pazzerelloni).

Il regime potrebbe anche essere perfezionato con la collaborazione dei sindacati (come si vede, il Fascismo ha del buono ; soltanto, i sindacati, in Francia, sono basati sulla lotta e non sulla collaborazione delle classi).

Bisogna poi ridurre le prerogative del Senato, alle cui elezioni, a suffragio ristretto, la classe operaia partecipa in modo inadeguato alla sua importanza. « Mai il Senato, finché avrà gli attuali poteri, lascerà vivere un Governo di sinistra che vorrà fare delle riforme sociali un po’ ardite ».

Bisogna insomma democratizzare la costituzione, per avere un governo forte, capace di «far regnare i diritti dell’uomo».

Questo per la politica interna ; nella politica estera, per opporsi efficacemente al Fascismo, bisogna rendere sempre piú forte, accreditare negli spiriti, la Società delle Nazioni, organizzazione di pace avente lo scopo di applicare ai rapporti tra le nazioni i principî stessi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo.

Come coperchio al suo pentolone, Aulard raccomanda vivamente la Scuola laica. « Il maestro può fare molto contro il Fascismo, dando al bambino il gusto della libertà, l’orrore della servitú, mostrandogli che la vera gloria risiede nelle arti della pace e non nelle imprese sanguinose di un Napoleone ».

La Massoneria non trascura i ragazzi. Esiste il « Patronage Maçonnique », che si propone l’educazione dell’infanzia per la pace, con l’insegnamento della bontà e della fratellanza. « I nostri figli — dice l’avviso per le riunioni — devono essere l’anello di congiunzione e i garanti di amicizia fra le Sorelle e i Fratelli, le Logge e le Obbedienze. Imparare ad amarsi dall’infanzia, per preparare una generazione di massoni scelti ».

Alla discussione contro il Fascismo non poteva mancare l’ebreo Modigliani ; il quale spiegò « come le ultime leggi fasciste, specialmente quella sulla sicurezza dello Stato, schiacciano ormai in Italia le ultime vestigia delle libertà democratiche ».

I congressisti si sfogarono con male parole (Victor Basch : « Il Fascismo, questa malattia, questa peste, questa lebbra che si è abbattuta sull’Europa » ; Emile Kahn : « il Fascismo, vero flagello internazionale »), ma non conclusero nulla. Il Presidente Basch osservò che la questione del Fascismo suscita tutto il problema delle basi e dell’organizzazione della democrazia : per studiarlo a fondo propose di rimandarlo al prossimo Congresso di Parigi (14 luglio : presa della Bastiglia).

In nome di 130.000 leghisti, il Basch « salutò con rispetto le migliaia di vittime che hanno sofferto e che soffrono ancora sotto il Regime fascista e bollò d’infamia  i loro oppressori ». Il Congresso si separò « dopo aver constatato che il Fascismo viola i diritti dell’uomo e prepara la guerra civile » ; richiese la vigilanza del Governo francese per reprimere i tentativi faziosi, dichiarò che il regime delle Assemblée deliberanti è la sola forma di democrazia organizzata e che spetta agli amici delle pubbliche libertà di reclamare l’aggiornamento (mise au point) del meccanismo parlamentare.

Secondo Émile Kahn, la Società delle Nazioni avrebbe dovuto « richiamare al rispetto dei diritti dell’uomo, i Governi che li disprezzano e mettere pubblicamente al bando della umanità quelli che rifiutano di ristabilirli ». Un tentativo per portare dinanzi al tribunale di Ginevra, l’Italia fascista, era già stato fatto dalla Lega dei diritti dell’uomo durante l’ultima grande offensiva massonica, approfittando dei provvedimenti per la difesa dello Stato.

La Lega domandava alla Società delle Nazioni « se uno Stato governato dall’assassino di Matteotti, di Amendola e di tanti cittadini irreprensibili, uno Stato che ha emesso contro i suoi nazionali ed anche contro gli stranieri delle misure dinanzi alle quali avrebbe indietreggiato lo stesso zarismo, uno Stato basato sul delitto e la delazione, fosse — come l’esige l’art. 1 del Patto — uno Stato che si governa liberamente ; e se possa concepirsi che un tale Stato continui a far parte di una Società che, nel pensiero del suo fondatore e di tutti quelli che hanno abbracciato ardentemente le sue idee, dovrebbe essere  l’organizzatrice di Diritti della libertà del mondo ».

Nella lotta contro il Fascismo, la Lega dei diritti dell’uomo vede in prima linea dei suoi nemici, l’Italia, e, dietro a questa, la Spagna e alcuni paesi dell’Europa Orientale, come la Romania, la Polonia e l’Ungheria. I primi due sono monarchici, retti da un governo nazionale, e cattolici (Aulard, nel suo rapporto, ha scritto : « l’ondata di Fascismo, che passa sull’Europa orientale e meridionale, dove essa trova un aiuto nella Chiesa cattolica, non ha colpito la Germania, dove i partiti di destra non domandano la soppressione della democrazia rappresentativa e le forme di reazione sono rimaste classiche »  e nei secondi la questione ebraica è ancora accesa e allo stato acuto.

L’investimento dell’Ungheria si è alquanto calmato da quando gli ebrei del paese fecero sapere ai loro correligionari all’estero che erano in trattative per regolare direttamente la loro posizione col Governo. Contro la Polonia e specialmente contro la Romania invece, rimane latente e ogni tanto divampa. Anche pochi giorni or sono, la seconda è stata oggetto di un fuoco tambureggiante di notizie false o tendenziose : ad esempio nel numero del 31 dicembre u. s. de L’Univers israélite — settimanale dei conservatori ebrei — leggesi : « La situazione in Romania è diventata di una gravità eccezionale. La vita d’ogni giorno, continuando col ritmo attuale, sarà presto insopportabile per gli ebrei… ».

Coincidenze ? o dettagli del piano generale ebraico-massonico ?

Quantunque la Lega dei diritti dell’uomo abbia — per opportunimo respinto nel Congresso l’idea di fare un fronte unico col Partito comunista contro il Fascismo — vero o gabellato tale per i suoi fini — si serve, nel combatterlo, dell’organizzazione di propaganda del «Soccorso Rosso Internazionale », di cui è anima il ricco scrittore Henri Barbusse, il quale, in un articolo recente, rimproverava agli ebrei di non essere dei militanti abbastanza attivi.

Barbusse è conosciuto per Le Feu (contro la guerra), L’Enfer (vade-mecum per i seguaci di Onan) ; recentemente ha scritto: Les bourreaux (contro il preteso Fascismo dei paesi dell’Europa Orientale).

Il Soccorso Rosso Internazionale pubblica settimanalmente un bollettino col titolo La Défense des victimes du fascisme et de la terreur blanche e organizza delle riunioni nelle quali sbraitano anche i piú arrabbiati leghisti, come Basch, Kahn, Langevin e il ricco avvocato comunista ebreo e massone Torrès difensore di tutti gli assassini politici.

Le manifestazioni massoniche, come le disgrazie, non vengono mai sole.

Contemporaneamente al Congresso della Lega dei diritti dell’uomo, vi è stato a Parigi il XXXV Congresso del Libero Pensiero.

Il Libero Pensiero è un piatto di bassa massoneria intorno al quale si tengono generalmente riuniti gli « Homais » provinciali non idonei alla discussione dei problemi di alta politica.

Homais è un personaggio di Flaubert, figlio di artigiani, farmacista, fatto vivere dal romanziere verso la fine della Restaurazione, divenuto il tipo del settario di paese.

I congressisti liberi pensatori erano stati convocati « per la salvezza della Repubblica Sociale e Laica contro la Chiesa che sotto la maschera del fascismo minaccia il mondo intero di una nuova guerra per imporgli il suo dominio ».

Nel programma, fra le altre cose amene, c’erano: l’organizzazione di un’agitazione permanente in tutta la Francia per l’applicazione rigorosa ed immediata della legge di separazione e dei decreti relativi alle Congregazioni ; la difesa e la protezione della scuola laica, con il regolamento ed il controllo delle scuole private in attesa del monopolio dell’insegnamento ; l’epurazione di tutte le grandi amministrazioni pubbliche piene ancora di allievi dei gesuiti ; l’esclusione da tutte le funzioni pubbliche, elettive o no, di tutti i preti cattolici, stranieri per loro volontà a tutte le funzioni e incarichi della vita sociale e non cittadini francesi ma sudditi assoluti del loro papa ; la creazione di un’opera di incoraggiamento all’educazione antireligiosa nelle famiglie…

La great attraction del Congresso era la presenza di Maria Rygier e di Massimo Rocca, «emigrato denazionalizzato », e i loro discorsi sul tema : « Lo spirito antigiuridico del Fascismo ».

Sarebbe ozioso seguire tutte le elucubrazioni di queste mummie che parlano col fonografo delle Logge e minacciano di schiaffeggiare e di schiacciare un Dio che per loro non esiste.

Esse si conclusero — per quanto ci riguarda — con un saluto di cuore ai due rinnegati « per il loro eloquente esposto sulla tirannia fascista e il loro commosso appello alla pace tra tutti i popoli in risposta alla minaccia di guerra che la dittatura italiana fa pesare sull’Europa », e con un altro « saluto fraterno e affettuoso al popolo italiano » da non confondersi « con l’esercito del delitto che lo terrorizza e che, col pretesto di rigenerarlo, lo trascina ai  peggiori destini », nonché con l’esortazione al popolo stesso « di riprendersi e rifiutarsi ad ogni lotta fratricida tra due grandi popoli che hanno fondato la civiltà moderna ».

Tutto finí con l’apoteosi di Rocca e della Rygier, specialmente di questa, che per poco — se non ci fossero stati i « gardiens de la paix » (quelli veri) — veniva portata in trionfo ad un altare di Notre Dame con le funzioni di Dea Ragione.

La prima era di facili costumi, ma belloccia e forse si lavava. La seconda…

Decadenza dei tempi !

Quanto alla Massoneria ebraica, ci sembra che commetta il grave errore di «esteriorizzarsi» troppo : il suo grande vantaggio consisteva nel tramare nascostamente, senza che se ne conoscessero i veri scopi in una massa di ignari.

Adesso, pazientemente, si potrebbero riunire dati precisi per smascherare la sua azione.

Quest’opera, certo non è facile, per i francesi che si ostinano a tenere gli occhi ermeticamente chiusi, e perché ogni tentativo serio viene subito soffocato.

Rispetto alla Massoneria, e specialmente agli ebrei, si può dire oggi per la Francia quello che scrisse Tacito per Roma, muta sotto la tirannia : Gallia vasta silentio.

Domani chi sa ?

15 dicembre 1930

Un telegramma da Parigi del 9 dicembre 1930 diceva :

« Il Congresso Nazionale della “Lega Intemazionale contro l’antisemitismo” ha chiuso i suoi lavori. Il nuovo Comitato eletto ha nominato la sua presidenza.

« In serata ha avuto luogo un banchetto nel salone delle feste del Grande Oriente di Francia, sotto la presidenza del sig. Francesco Nitti, ex Presidente del Consiglio Italiano.

« Il sig. Nitti, dopo aver assicurato i presenti della giustizia della loro causa, ha detto fra l’altro : Nella lotta che voi intraprendete una sola cosa conta : la forza, poiché la libertà non può essere sostenuta che con la forza della convinzione e dell’azione. È per avere sconosciuta questa verità che il nostro partito ha perduto il potere in Italia. Lottate dunque ed agite ».

Lasciamo da parte Cagoia che parla di coraggio e di forza, e fermiamoci sul fatto che F. S. Nitti, nella sede del Grande Oriente di Francia, presiede la Lega Internazionale contro l’antisemitismo. Quale prova maggiore di quanto abbiamo sempre affermato, che Nitti, cioè, era l’uomo di fiducia della lega massonicogiudaica internazionale ?

A Parigi, immenso quartiere generale della massoneria universale, nel momento piú solenne della capitolazione incondizionata della Francia in mano dei giudei, quando si è voluto cercare l’uomo piú rappresentativo per presiedere il « Congresso Nazionale della Lega Internazionale contro l’antisemitismo », non si è trovato nulla di meglio di Nitti.

15 luglio 1933

« Grandiosa — dice la cronaca — è stata la manifestazione antifascista che ha avuto luogo ad Amiens, promossa dalla Federazione locale della Lega francese dei diritti dell’uomo. »

Fu, narra la cronaca, « una imponente manifestazione contro il fascismo mussoliniano e hitleriano. La sala dell’Hôtel de Ville era gremita di pubblico foltissimo ». E sapete chi fu l’oratore ufficiale ? L’oratore applaudito prima ancora che parlasse ? Diamo la parola alla loro relazione :

« Il segretario generale della Lega francese, Emile Kahn, che gli succede, solleva applausi entusiastici e generali quando dichiara, cominciando il suo discorso, che gli uomini liberi della Francia debbono dare ai proscritti d’Italia e di Germania una solidarietà totale di spiriti e di mezzi, una solidarietà calda.

« La democrazia francese, e con essa gli uomini liberi di tutti i paesi, deve essere senza riserve, con tutto il suo vigore, contro le tirannidi di Mussolini e di Hitler, a fianco delle vittime e degli oppressi, contro i regimi medievali delle dittature militariste e conservatrici».

II. – IL PROCESSO MONCO

15 maggio 1927

Il processo Zaniboni-Capello-Ursella ed altri complici minori nell’attentato al Duce è stato un processo monco. Lo stesso avvocato generale, S. E. Noseda, dovette dichiarare nella requisitoria: « Molte altre circostanze si potrebbero presentare, se il campo delle accuse portate al dibattimento non ne precludesse una piú diffusa contestazione ».

Ebbene, vogliamo noi presentare alla pubblica opinione alcune di quelle « molte altre circostanze » alle quali fece allusione l’avvocato generale, che certamente era in grado di sapere molte cose.

La sentenza del Tribunale Speciale ha colpito Zaniboni, Capello e Ursella per i reati di : a) cospirazione ; b) insurrezione ; c) tentato omicidio qualificato nella persona del Duce.

Da tutto il processo risulta — ed è stato consacrato nella requisitoria — che il Capello e lo Zaniboni vennero maturando i loro delittuosi propositi in una atmosfera massonico-aventiniana con netta pregiudiziale antifascista.

Noi siamo in condizione di identificare una associazione che ha per programma la pregiudiziale antifascista, che auspica la fine del Fascismo con la scomparsa del Duce e che prepara l’insurrezione.

Alimentata dalla « Lega dei diritti dell’uomo », vive e prospera in terra di Francia, sotto gli occhi del signor Briand, « l’Unione democratica italiana », la quale ancora recentemente — 15 febbraio 1927 — emanava un manifesto-programma largamente ed impunemente pubblicato e diffuso in Francia e all’estero. La prima pubblicazione fu fatta a Parigi dal Corriere degli Italiani che fa capo al Grande Oriente francese. Ecco alcuni brani del manifesto in parola ;  avvertiamo che le sottolineature sono dello stesso manifesto : «L’Unione democratica italiana » venne costituita per assumere l’eredità del disciolto Comitato Pace e Libertà.

« L’Unione è un’associazione di singoli antifascisti che si preoccupano, oltreché del loro programma massimo particolare, anche di soluzioni immediate ed immediatamente applicabili, che valgano a ricondurre l’Italia sulla via dell’evoluzione civile.

« L’Unione vede nel fascismo un acerrimo nemico, che si propone di  combattere senza tregua né quartiere, fino al suo crollo definitivo e all’imputazione di tutti i responsabili.

« L’Unione, ferma sulla « questione morale », dichiara inammissibile, né ora né mai, qualsiasi patteggiamento col fascismo.

« L’Unione intende liberare l’Italia dal giogo dell’ignobile fazione fascista, quale che sia la maschera di cui possa coprirsi ».

Sotto il titolo « Come sarà abbattuto il fascismo », il manifesto-programma dice : « Il fascismo potrà cadere per varie cause prevedibili ed imprevedibili : con la scomparsa naturale od accidentale del suo Capo ; con l’intervento della monarchia e dell’esercito, in conseguenza di una guerra perduta per causa di situazione economica disastrosa e dei suoi sviluppi. Tutte queste cause esorbitano dall’azione diretta dell’Unione che, tuttavia, non mancherebbe di intervenire in tempo opportuno nel senso dei suoi “principii” e del suo programma.

« Ma il fascismo potrà essere in ogni caso abbattuto con la insurrezione. « Sarà compito dell’Unione di opporsi con ogni mossa alla norrnalizzazione del regime fascista, di sviluppare all’estero e in Italia, con modi possibili e diversi, un’atmosfera per scuotere l’inerzia, delle volontà spezzate dall’oppressione, contribuendo cosí a creare l’emozione generale e profonda. « La concezione dell’Unione trova la sua espressione in alcuni principii contenuti nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ».

C’è qui la confessione di quanto altra volta dimostrammo : essere cioè l’Unione sorta dal connubio delle logge d’Italia e di Francia sotto gli auspici della lega giudaico-massonico-antifascista francese, ossia della « Lega dei diritti dell’uomo », per ispirazione della quale ha anche pensato alla successione e tracciato le linee fondamentali per « la instaurazione in Italia del regime democratico alla caduta del regime fascista ». Ecco le parole con le quali si chiude il manifesto-programma :

« Le forze che attraverso le imprevedibili contingenze assumeranno incarico di Governo Provvisorio, allo sfacelo del fascismo, dovranno immediatamente abrogare tutte le leggi, decreti, ordini e disposizioni d’ogni genere prese dal governo fascista. Nuove disposizioni saranno di urgenza emanate per assicurare la continuità della vita nazionale, nel breve periodo che precederà la instaurazione del regime democratico, definito dal programma qui esposto.

« Tutte le decorazioni, attributi, prebende, impieghi e favori di ogni genere concessi dal regime fascista, saranno ipso facto annullati.

« Tutte le persone che avranno partecipato alle responsabilità del fascismo saranno imputate e giudicate con rapida procedura. I colpevoli di reati di violenza e di sangue saranno oggetto di giustizia speditiva.

« Tutti gli impegni finanziari politici e diversi, presi dai governo fascista coll’estero, saranno considerati come nulli e non avvenuti, giacché mancò loro la base giuridica della legittimità del contraente, sprovvisto del mandato regolare del popolo italiano.

« Nel fare con assoluta fermezza questa grave dichiarazone, l’Unione mette in guardia i Governi esteri contro le conseguenze svantaggiosissime per i loro interessi, di ogni appoggio morale finanziario e politico, che essi potessero concedere al governo fascista. Ed incoraggia gli italiani a conservare completa fiducia nei destini, della Patria e della democrazia :..

Alla luce di questo documento è evidente che Zaniboni, Capello, Ursella e compagni, in varia misura, non sono stati che lo strumento di un’organizzazione che vive in terra di Francia, composta di massoni ed ebrei italiani, finanziati e obbedienti a quell’istituzione tipicamente ebraico-massonica che è « Lega dei diritti dell’uomo ».

È questo il quartiere generale anche della diffamazione e dell’azione internazionale e nazionale antifascista. È la Lega che, a mezzo di tutte le massonerie, tiene desta la lotta nelle logge e nella stampa. Per il prossimo 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia, l’ebreo massone Basch, presidente della Lega, ha indetto a Parigi un Congresso «per avvisare ai mezzi pratici per combattere il fascismo : malattia, peste, lebbra che si è abbattuta sull’Europa ».

III. – COME LA MASSONERIA PREPARÒ L’ « AVENTINO »

15 maggio 1927

Vogliamo dedicare agli italiani un brano di un documento segreto massonico che precisa con lucidezza mirabile la posizione della massoneria di fronte al Fascismo, e rivela — inequivocabilmente — che fu la massoneria quella che organizzò in terra di Francia l’«Aventino », nel quale sì maturarono i delittuosi propositi di Zaniboni, Capello e Compagni.

Il documento è tratto dall’archivio dell’« Ill’mo Potentissimo Fratello Valentino di Fabio, Fratello Gran Comm. della Federazione Italiana « Diritto Umano » dell’Ordine Massonico Scozzese Misto Internazionale Obbediente del Supremo Consiglio Universale Misto Sedente allo Zenit di Parigi ».

Il Potentissimo Fratello Valentino di Fabio, il suo archivio e la Federazione italiana «Diritto Umano » obbediente allo Zenit di Parigi, hanno sede in Napoli.

Ecco il brano del documento :

…Omissis. « La Massoneria non può non considerare come fatte a lei le offese recate agli immortali principii della libertà e dell’uguaglianza, che furono professati nei suoi Tempii assai prima di essere accettati dal mondo profano quali norme inderogabili delle moderne istituzioni giuridiche e politiche. Essa riconosce in quei principii una verità ed una efficacia piú profonde di quelle accessibili alla mente dei profani ; essa li scruta alla luce dei suoi misteri, ne intuisce i futuri sviluppi, ne comprende l’azione sul divenire dell’umanità, sa

che sono rivelazioni progressive di una legge di evoluzione, che opera negli spiriti, prima di realizzarsi, in forme tangibili, nella società.

« La Massoneria non può vedere senza dolore compromessa la laicità dello Stato italiano, il quale è in gran parte opera sua e delle associazioni segrete che da lei ebbero l’origine e l’ispirazione, non certo perché l’Italia risorta si genuflettesse davanti al Vaticano.

« Non era neppure necessario che il fascismo — sotto l’impulso dei nazionalisti, che esso si era illuso di poter assorbire, e che invece lo tengono prigioniero, essendosi ormai impadroniti del Ministero dell’Interno, della stampa di partito e delle piú importanti cariche della gerarchia fascista — proclamasse la propria incompatibilità con la Massoneria, perché questa combattesse in lui l’avversario delle sue dottrine, e specialmente di quel principio di universalità che è la ragione stessa della sua esistenza.

« Ma il fascismo ha voluto stoltamente affermare e ribadire, con due distinte deliberazioni del suo Gran Consiglio, la propria ostilità contro la Massoneria. Ha fatto il peggio : è trasceso a provocazioni ed a persecuzioni, quali solo l’intolleranza religiosa aveva osato compiere contro la Massoneria in tempi che sembrano ormai tramontati per sempre. Senza preoccuparsi della impressione che siffatti atti avrebbero suscitato all’estero e delle rappresaglie a cui potevano esporre l’Italia, i fascisti, con la cecità e l’incoscienza che caratterizzano tutta la loro opera, hanno dato l’assalto alle Logge, ne hanno asportato i simboli sacri, per profanarli nelle pubbliche vie ; hanno stampato sui loro giornali liste di proscrizioni additando in ogni massone un nemico della Patria ; hanno interpretato, come solo il livore clericale avrebbe saputo farlo, frammenti di nostri rituali, che il tradimento o la violenza hanno fatto cadere nelle loro mani.

« La Massoneria disdegna i giudizi sfavorevoli che i profani, nella loro ignoranza, esprimono su di lei ; perché, depositaria di una verità superiore ed umana, è convinta di potere trovare solo in se stessa la misura del proprio valore. Ma non è costume della Massoneria di perdonare gli attentati compiuti contro la sicurezza sua, contro il segreto di cui circonda i suoi lavori, contro la reputazione di coloro che inizia ai suoi misteri, perché li considera i piú degni, per intelletto e per carattere, fra i loro contemporanei.

« Altri regimi piú potenti del fascista, circondati dal prestigio di secolari tradizioni, protetti dalla memoria di passate benemerenze nazionali, sostenuti dalla forza del costume e dalla solidarietà degli interessi morali e politici che rappresentavano, sono caduti per avere sfidata la giusta vendetta della Massoneria. Anche il fascismo dunque dovrà cadere, per la stessa causa e sotto la stessa reazione.

« Non mai come in questo momento le contingenze politiche hanno offerto alla Massoneria l’occasione e il dovere di un compito che le sembra specialmente riservato, che non snatura il suo carattere e le sue finalità, che non la rende mancipia di partiti né la obbliga a fare la minima violenza morale alle preferenze politiche dei suoi ascritti. Non è un partito, non è neppure una coalizione di partiti che si è levata contro il fascismo : è la Nazione intera che sorge a reclamare la propria libertà, e, prima ancora della stessa libertà, il proprio onore conculcato e vilipeso.

« Alla Massoneria spetta di permeare del suo spirito questa vasta insurrezione di coscienze, di indirizzare ai propri obbiettivi queste correnti, partite da opposte direzioni, che affluiscono, per la forza stessa delle cose, verso uno sbocco comune.

« Ogni massone può contribuire a questa opera pur rimanendo scrupolosamente fedele alle sue particolari vedute politiche. Liberale, rafforzerà in seno al partito — che nel congresso di Livorno ha pronunziato una cosí fiera requisitoria contro il fascismo — i propositi ancora incerti, di una esplicita opposizione…; il massone Repubblicano, il Democratico e il Socialista porterà nelle adunanze la nota di una piú generosa e larga visione del problema che non è quello di una libertà particolare, ma la rivendicazione di quei beni ideali che sono patrimonio comune dell’umanità civile e che soli rendono la vita degna di essere vissuta.

« Cosí operando la Massoneria, senza promuovere innaturali alleanze che indeboliscono le azioni dei singoli partiti e corrompono coi compromessi il costume politico, farà convergere ad un fine unico le iniziative concordi.

« E poiché ho nominato l’avvenire, non dimentichiamo che tra le forze schierate in campo con noi contro il fascismo vi è il partito popolare, il quale domani vorrà essere messo a parte dei beneficî della Vittoria. Non possiamo certo meravigliarci che perfino i popolari abbiano sentito il bisogno di liberarsi dalla umiliante tutela del fascismo che avevano anche essi fiancheggiato. Il fascismo è in rivolta aperta contro tutti i valori tradizionali della civiltà, ed alcuni di questi valori appartengono anche al pensiero cattolico, a cui spetta perciò il dovere di difenderli. Ma questo leale riconoscimento non ci dispensa dall’obbligo, fin da ora, come meglio possiamo, di limitare al minimo l’ingerenza del partito popolare nella direzione della politica nazionale di domani ».

Il documento che porta la data 6 ottobre 1924, epoca in cui si venne appunto costituendo l’« Aventino », continua nelle istruzioni per l’azione da spiegare nella Camera e nel Paese.

15. POTENZA EBRAICA IN INGHILTERRA

15 febbraio 1921

Una analisi accurata dello spezzarsi della vecchia tradizione della politica estera inglese ha fatto Hilaire Belloc nel New Witness di Londra in tre articoli pubblicati successivamente sui nn. 400, 401, 402 (9, 16, 23 luglio 1920). La lettura di quegli articoli del noto scrittore inglese ci spiega il trionfo essenzialmente antibritannico del panbolscevismo, del panbalcanismo e del panislamismo.

Ci limitiamo a dare dei brani del secondo degli articoli del Belloc, nel quale è precisato che l’elemento nuovo che ha invaso, con altre viste e con altri mezzi interssi, la politica estera inglese è l’elemento ebraico. Nessuno scritto più di questo di H. Belloc dà la misura della potenza ebraica in Inghilterra.

« …Il primo, il piú ovvio degli elementi — scrive Belloc — contendenti che producono attualmente il caos nella politica estera, è il grado di comando che gli ebrei hanno ottenuto ora sugli affari inglesi. Questo grado è, come si sa, molto elevato. Non esiste un’altra nazione — giacché non possiamo piú chiamare ciò che è rimasto della Russia centrale una “nazione” — in cui il potere ebraico sia diventato cosí formidabile. L’eccesso di tale potere ha raggiunto tale un limite, da costringere anche i piú timidi ed ipocriti ad alzare la voce, e, per la prima volta durante il tempo di tre generazioni, qualche avviso sulla verità dell’opera ebraica e del suo potere è stato pubblicato dalla stampa ufficiale.

« I grandi giornali quotidiani, che solo dieci anni fa non avrebbero osato stampare la parola “ebreo”, parlano ora del pericolo ebraico, benché sia vero che essi accentuino troppo il pericolo fuori del paese invece di occuparsene sufficientemente nel paese stesso. I principali ebdomadari, specialmente, The Spectator, si sono messi anche a criticare l’ebraismo. E questo sentimento è diventato cosí formidabile da produrre miracoli perfino in quella stampa per le classi medie, la quale nell’epoca “vittoriana” avrebbe potuto soltanto sussurrare con timore e privatamente intorno alla clique governativa.

« Il potere ebraico sugli affari dell’Inghilterra, e specialmente la preponderanza ebrea nell’attuale guazzabuglio della nostra politica estera, è soprattutto il prodotto del modo con cui per tanto tempo fu trattata in questo paese la questione ebraica. Il rito e la convenzione di ignorare la nazionalità ebraica è proprio la maniera per far accrescere il potere di essa, giacché il permanente metodo di azione usato da questo popolo in tutto il mondo è il metodo del segreto.

« Ma benché, questa convenzione di ignorare o non voler vedere la nazionalità ebraica fosse la causa essenziale del potere ebreo qui, essa non è stata l’unica. Gli ebrei si sono sempre fissati nei grandi centri commerciali del loro tempo, e durante i giorni felici di tali centri, gli ebrei si attaccano ad essi come parassiti, tanto da subito segnalare con ciò stesso la prosperità di quei centri.

« Ma vi era una terza causa affatto diversa tanto dalla timidezza prodotta dalla prima, quanto dalla grandezza commerciale della seconda. Questa terza causa era la simpatia religiosa. Benché negativa, bastarda, questa era molto forte, ed esiste tuttora considerevolmente fra noi, perfino in questi giorni di crisi, in cui nove su dieci inglesi hanno capito il pericolo ebraico.

« Questa simpatia non è stata una simpatia per la religione degli ebrei. In verità gli ebrei, per quanto essi siano patriotti ardenti e tenaci (giacché il loro patriottismo è legato al loro cerimoniale religioso ed alla loro tradizione) sono oggi indifferenti riguardo ai loro confratelli.

« Lord Beaconsfield (l’ebreo Disraeli) era appassionatamente e patriotticamente ebreo con tutto il caratteristico scherno ebraico per gli europei (aryas) e specialmente per quegli europei fra i quali egli ha vissuto. I suoi confrateIli ebrei erano e sono superbi di lui ; ma nessuno di loro è mai stato dispiacente per il fatto che il padre del lord aveva cessato di praticare il rituale religioso della nazione, mentre che suo zio, il prestatore di denari, continuava, se non mi sbaglio, ad essere molto rigido in questa pratica.

Nessuno domanda oggi se un Samuel, un Mond, un Isaacs, un Trotzky, un Low, un Litvinoff vadano o no alla sinagoga ; e proprio nessuno saprebbe dirlo.

« La simpatia degli inglesi verso gli ebrei non era dunque una simpatia positiva fra la religione nazionale inglese (anglicanismo) e la religione nazionale ebrea, essa era una simpatia negativa, nata dal contegno comune contro un avversario comune, cioè la Chiesa cattolica.

« Di qui la leggenda bizzarra « vittoriana » dell’ebreo come di un tipo relativamente simpatico e superiore ; cioè una leggenda mantenuta e propagata non solo dalle persone che non avevano mai visto un ebreo, o che non lo riconoscerebbero come tale se lo vedessero, ma anche da  quelle persone che (come ad esempio la scrittrice George Elliot) hanno vissuto nella piú grande intimità con quella razza.

« Io sostengo che sopravvivono ancora oggi i resti di tali sentimenti. In questi giorni una delle nostre piú grandi riviste si è mostrata indignata per un articolo del Times o di un altro giornale quotidiano importante, in cui fu richiamata la pubblica attenzione sulla potenza ebraica nell’Europa e sul pericolo di lasciare tale potere illimitato ; mentre noi tutti ricordiamo il fervido panegirico del Manchester Guardian per Isaacs o Mandel o Booth, suoi agenti nel comitato Marconi. E mi pare che molte persone abbiano ancora il pregiudizio tenace che sia sconveniente il discutere la questione ebraica come pienamente ufficiale, o di parlare degli ebrei cosí francamente come si parlerebbe di un irlandese o di un cinese. Ma anche questa mentalità dovrà passare.

« Essendo questa una causa del potere speciale degli ebrei in Inghilterra, in paragone col loro potere piú moderato, benché considerevole, in altri paesi, noi possiamo comprendere l’effetto di tale potenza negli affari esteri di oggi. La maggior parte dei nostri giornali, in parte per incapacità, ma molto piú per il motivo lodevole di patriottismo, parlano come se questi fatti speciali fossero dovuti al capriccio privato dell’uomo politico professionale attualmente al potere, ed anzi ai suoi parassiti. Essi discorrono come se il tentativo di distruggere la Polonia, il di lei strangolamento per mezzo di Danzica, la nostra ostilità verso i magiari, le nostre coquetteries cogli anarchici in Russia, ecc., fossero “fatti politici” adottati deliberatamente, non solo, ma inventati dagli inglesi. Noi tutti sappiamo che essi non sono nulla di simile. Essi sono, in verità, appoggiati da individui inglesi, da gruppi di individui fra gli uomini politici professionali e, naturalmente, da molta gente ingannata del grosso pubblico, che non hanno una idea della differenza fra magiari e slavi, che hanno appena sentito nominare la Polonia credendo che essa fosse una provincia russa prima della vittoria degli Alleati.

« Ma tutti questi individui, uomini politici professionali parassiti, le minoranze ingannate dalle classi medie e i loro giornali, sono i servitori della causa. Essi non entrano nella causale della potenza ebraica. Non sono essi che hanno prodotto l’effetto del quale abbiamo parlato. Essi sono “effetti” ebraici, dovuti alla potenza ebraica. L’odio verso i Polacchi, ed il tentativo di distruggerli, non è che un odio ebraico e un tentativo ebraico.

« Anche piú grave (e questa è cosa talmente seria d’allarmare giustamente l’intera opinione pubblica e potrà avere conseguenze gravi) è la nomina di Herbert Samuel all’autorità effimera della Palestina da parte degli ebrei. Questo è un  pericolo enorme ed immediato che merita un esame speciale per se stesso ».

È un inglese che parla cosí.

16. L’INGHILTERRA CONTRO L’ITALIA SEMPRE

I

15 marzo 1936

Perché l’atteggiamento dell’Inghilterra di fronte all’Italia, e a tutte le altre potenze non satelliti possa essere valutato realisticamente e senza illusioni, è indispensabile tenere presente quanto è consacrato almeno dalla recente storia.

E che cioè tutte le volte che si crea una situazione politica nuova, o si scopre e si attua una invenzione tecnica capace di minacciare la assoluta superiorità navale e il dominio dell’Inghilterra, tutti gli inglesi — qualunque sia il partito al quale appartengono — non si acquietano, sino a quando il problema, non della sicurezza, ma dell’assoluto dominio britannico non sia risoluto ; anche se si deve ricorrere alla guerra di sterminio sotto l’aspetto di consolidare la pace.

Narriamo.

Un grande ingegnere italiano, Vittorio Cuniberti, nei primissimi anni del secolo in corso, concepisce e disegna i piani di una nuova nave da battaglia con caratteristiche di tale superiorità tecnica ed efficienza bellica, da far diventare un  non valore tutti i tipi di corazzate precedenti. Nel1904 questo grande italiano dava notizie del suo progetto nel Jane’s Fighting Ships. Fu una rivelazione tecnica.

Per iniziativa di Lord Fisher, con estrema rapidità, l’Inghilterra costruisce la prima dreadnought su disegni del Cuniberti.

Proprio in quegli anni la Germania mutava la sua politica da europea in mondiale, col motto di Guglielmo II « navigare necesse est, vivere non necesse ». Le condizioni per competere con l’Inghilterra erano le migliori per l’espansione germanica nel mondo : l’invenzione di Cuniberti riduceva pressoché al nulla la possanza della numerosa flotta inglese. Seguí la gara degli armamenti navali tra le due potenze ; gara che doveva sboccare nella guerra, visto che la politica degli accordi non era sufficiente a stabilizzare la superiorità navale inglese : era fallita infatti la nota missione di Lord Haldane. E fu cosí che gli eserciti alleati e non la superiorità navale inglese determinarono la auto-sepoltura della flotta germanica a Scapa Flow, consolidando la superiorità navale dell’Inghilterra.

Se non che la tecnica navale nuovissima, il sottomarino e l’aeroplano, dopo l’esperienza della guerra mondiale, hanno fatto piú di quello che nel 1904 fece l’invenzione tecnica navale di Cuniberti : tutto il sistema marittimo inglese è svalorizzato, e la predizione di Lord Fisher sta per divenire un assioma. Quale valore, per conservare l’impero sul mare, ha piú una potente flotta, quando il sottomarino e l’aeroplano sono armi potentissime ed accessibili anche alle nazioni minori e meno ricche ?

Ed ecco che alla Conferenza di Washington, nell’immediato dopoguerra, l’Inghilterra propone la limitazione dell’armamento di navi di minor tonnellaggio e soprattutto la completa soppressione dei sottomarini e dell’uso dell’aviazione in guerra. Tutto naturalmente per la pace e non a scopo conservativo di quello statu quo politico e militare inglese, che rende possibile all’Inghilterra di esercitare una pressione politica permanente, attiva o potenziale, su tutti gli Stati.

Respinte le proposte di Washington, l’Inghilterra progetta nel 1924 una Conferenza per il disarmo del Mediterraneo dove — si disse subito — « gli inglesi non hanno alcuna mira aggressiva ed egoistica ».

Ciò che spinge l’Inghilterra è soprattutto l’amore della pace e l’altruismo, che in questo caso era amore per l’Italia. La stampa autorevole e ispirata traccia le linee e sceglie il miglior momento : quello che precede la visita dei nostri sovrani a Londra (26 maggio 1924) ; il piú adatto cioè per esaltare, ancora una volta e solennemente, la « tradizionale amicizia » e per rinsaldare — secondo le non dimenticate dichiarazioni che il Premier Mac Donald fece in quella occasione ai giornalisti — attraverso la « soluzione della questione mediterranea i legami anglo-italiani ».

Basta aprir le collezioni di riviste e giornali del tempo, per vedere la uniformità del tono. Non un accenno all’ « interesse inglese ».

Prendo un brano solo : quello di R. Saint Loe Strackey nella influente rivista Spectator :

« L’Italia è una potenza che occupa una posizione assolutamente speciale nel Mediterraneo, e la libertà del Mediterraneo è necessaria all’Italia piú che a qualunque altra nazione. Non solo l’Italia ha nel Mediterraneo la costa piú lunga d’Europa, ma non ha altro sbocco marittimo se non nel Mediterraneo. La Francia ha finestre e porte in abbondanza sull’Atlantico ; anche la Spagna ha un’ampia costa atlantica. L’Italia non ha invece che una porta marittima, il Mediterraneo ; e pertanto si deve tener sempre conto in maniera speciale dell’Italia ogni volta che avviene un mutamento nel Mediterraneo. A mio avviso noi non dovremmo prendere alcuna misura riguardo al Mediterraneo se non  consigliandoci con l’Italia ».

Generoso proponimento che, come già ad altri scrittori, dettava a Mr. Strackey questa conclusione :

« Questa situazione dovrebbe spingere la Gran Bretagna ad agire rispetto al Mediterraneo, come si agí a Washington nell’interesse della pace riguardo alla stabilizzazione del Pacifico nord-occidentale e alla limitazione degli armamenti navali in quelle acque. Perché il governo britannico non dovrebbe dunque proporre all’Italia, Francia, Spagna, Grecia e Turchia una conferenza del Mediterraneo con la quale assicurare — analogamente a quello che si è fatto a Washington — la regolarizzazione locale e una limitazione degli armamenti cosí da porre fine a molti timori, gelosie e dubbi ? In tal modo potremmo impedire l’aumento progressivo delle spese per gli armamenti… Nessuna potenza deve per questo abolire la propria marina : si stabilizzi la situazione attuale e non inizino nuovi programmi di costruzione ».

La prospettata conferenza voleva raggiungere lo scopo di ottenere nel Mediterraneo quello che non si poté avere a Washington : soppressione dei sottomarini e dell’uso del l’aviazione in guerra ; a gloria dello status quo della potenza navale britannica.

Se non che il sondaggio « pacifico » ed « altruistico » della opportunità di una conferenza per il Mediterraneo era stato preceduto — proprio all’indomani dell’approvazione da parte del Parlamento italiano del Trattato di Washington, per il quale l’Italia, fra tutti i paesi, fu piú vicina all’Inghilterra, agevolando il programma anglo-americano contro le non illegittime resistenze del Giappone e della Francia — dalla dislocazione di tutte le forze navali nel Mediterraneo con centro a Malta, la cui base era stata rafforzata ; dalle manovre navali in grande stile alle sospirate Baleari, violando lo spirito del trattato suddetto ; dall’ordinativo di dodici torpediniere d’alto mare. Senza dire dell’insediamento definitivo in Palestina ; del tentativo di impossessarsi, attraverso la Grecia, di Costantinopoli ; della richiesta di sloggio dell’Italia dal Dodecaneso ; dell’aggiustamento con la Francia per Tangeri escludendo l’Italia dalla conferenza ; dell’episodio di Corfu, e relativa scena prima alla Società delle Nazioni ; di certi risentimenti britannici per alcune chiare parole pronunziate da Mussolini in un discorso agli ammiragli, ecc., ecc. Con questi precedenti — e non sono tutti — si lanciava la proposta di una « Conferenza per il disarmo nel Mediterraneo », dove (come gli stessi inglesi riconoscono perché la geografia è quella che è) a differenza di tutte le altre  potenze grandi e piccole, l’Italia ha tutta la sua costa senza altro sbocco o porta marittima. Nel Mediterraneo sta la sicurezza del nostro territorio nazionale.

Ci voleva poco per capire che lo scopo vero della conferenza era quello di conservare lo status quo politico e militare nel Mediterraneo, e cioè far riconoscere e convalidare la situazione di dominio assoluto — marittimo militare — inglese  nel mare che non è inglese. Status quo e cioè lasciare l’Inghilterra padrona assoluta del formidabile assetto marittimo : Gibilterra, Malta, Canale di Suez, Cipro, Caifa ; niente sottomarini, niente aviazione di guerra ; cioè niente di quella nuova tecnica che annulla la supremazia bellica tenuta dalle corazzate di linea e che — combinata alla situazione geografica dell’Italia e a quella delle nostre colonie del Nord-Africa — ci dà sicuramente il mezzo di evitare, non fosse altro, una impresa militare inglese contro il territorio italiano e paralizza l’illegittimo assoluto dominio inglese del mare nel quale ci protendiamo.

Illegittimo assoluto dominio dell’Inghilterra perché, mentre per noi il Mediterraneo è la vita, per l’Inghilterra come per le altre nazioni è solamente una via : i possedimenti coloniali inglesi sui tre grandi continenti dei mari indiani e del Pacifico erano già antichi, taluni di secoli, prima che si tagliasse l’istmo di Suez.

Fallí il tentativo della conferenza per il disarmo nel Mediterraneo, attorno alla quale si baloccarono giornali ed uomini politici inglesi anche dopo la visita dei nostri sovrani a Londra. I fatti hanno dimostrato che il disarmo voleva significare dominio a scopo politico imperiale inglese ; per fas e per nefas.

Tutta la politica inglese — specialmente dall’armistizio in poi — verso l’Italia, aveva il proposito ben determinato di giungere, con la pressione e con l’astuzia, a ridurre sempre piú l’efficienza militare italiana nel Mediterraneo. Contro il quale proposito sta il diritto dell’Italia che chiede agli inglesi di abituarsi a considerarla non come una satellite, ma come una nazione che ha e deve avere una storia ed una personalità propria ; le quali non consentono che il Mediterraneo sia guardato in funzione imperiale inglese e sia usato per esercitare la permanente ed incontrastabile pressione politica inglese, attiva e potenziale, contro di noi e contro altri.

Questa concezione italiana della funzione del Mediterraneo può rappresentare — per chi crede alle conferenze — l’argomento base di una futura conferenza.

II

15 novembre 1935

Il discorso di Baldwin sulla asserita amicizia con l’Italia mi ricorda un proverbio inglese che dice: A rose by any other name would smell as sweet. In Italia il proverbio suona cosí : « Una rosa, con qualunque altro nome, ha un profumo ugualmente dolce», il che equivale : la vera politica inglese, sotto qualunque altra veste o finzione, è sempre politica inglese ; nel caso nostro è sempre politica antiitaliana.

E cioè politica di « mancanza di parola », di « offesa all’altrui diritto », di « violazione di trattati », di « tradimento », da parte di quell’Inghilterra che non fa che parlare di «rispetto della parola data » e di « rispetto dell’altrui diritto ».

Tiriamo le somme degli avvenimenti piú importanti, riferendoci solo ai fatti piú salienti degli ultimi venticinque anni.

1. — Nel 1911 l’Italia va in Libia e la stampa inglese crea la opinione pubblica anti-italiana in nome della « politica della pace » e dei « sacrosanti principii del diritto internazionale »: due pilastri sui quali — si dichiarò solennemente — « è fondata la politica estera dell’Inghilterra ». La guerra contro la Turchia si svolge vittoriosamente per l’Italia, e i messi inglesi tentano il sabotaggio della prevista vittoria italiana, proponendo di concedere alla Sublime Porta la sovranità religiosa del Califfo sulla Tripolitania e sulla Cirenaica. L’Italia resiste e — centro sempre la stampa inglese – si crea attorno all’Italia l’isolamento, mentre si tiene mano alla Turchia rifornendola di vettovaglie ed armi.

Anche il cosí detto mondo intellettuale e quello femminile inglese prendono posizione, mentre il Graphic ed il Daily Graphic  iniziano quella campagna di calunnie e di indimenticabili trucchi fotografici contro « l’efferatezza e l’inumanità dell’Italia » ed a favore della civiltà della scimitarra e della mezzaluna. È l’epoca in cui l’ebreo Luciano Wolf, direttore dei detti giornali, offre gratuitamente l’opera sua a qualsiasi giornale del mondo disposto ad accettare i suoi articoli anti-italiani. Tutto ciò fu documentato dall’inglese Hilaire Belloc, che perde per questo suo atteggiamento, il seggio nel parlamento  britannico, e da Sherwood Spencer che fu a Tripoli corrispondente di guerra del New York Herald.

2. — Nel 1915 l’Italia entra in guerra e crede di avere « alleata » sincera l’Inghilterra alla quale si è legata con un patto, quello di Londra. Dove e come comincia — ancora durante la guerra, mentre cioè l’Italia faceva fronte ad impegni maggiori di quelli già gravosi assunti con la stipulazione del patto — dove, dico, e come comincia la svalutazione del patto di Londra ? A Londra ; e soprattutto per opera di stampa e di uomini inglesi. La collezione della New Europe e del Times ne sono la piú solenne testimonianza.

Un documento di perfidia si stipula a Londra ; alludo al famoso verbale delle conversazioni degli inglesi Steed, Evans e Seton-Watson, e del croato Trumbic con l’italiano Mola, estensore l’ebreo Guglielmo Emanuel. Quel verbale inglese, manovrato e redatto a Londra, tenuto gelosamente nascosto al ministro italiano Sonnino, conosciuto dal governo inglese e dall’« Intelligence Service » fu il retroscena per far diventare rinunziatario il patto di Roma, quasi fosse creato contro il patto di Londra.

Chi scrive queste note smascherò il retroscena, e pubblicò ne La Vita Italiana (luglio-agosto 1919) quel verbale che doveva servire e serví per il giorno della pace ai danni dell’Italia. Chi può pensare che tutto questo poté verificarsi a Londra all’insaputa del governo di S. M. Britannica ?

In piena guerra guerreggiata il governo inglese lascia sferrare dalla stampa inglese una campagna infame contro il ministro degli Esteri della nazione alleata, solo perché si intuiva che Sonnino il giorno della pace avrebbe chiesto all’Inghilterra di fare onore alla sua firma, cosí come onore aveva fatto l’Italia. « Sonnino riunisce in sè tutta l’ostinazione dello scozzese con la mentalità distruggitrice (destructive genius) dell’ebreo, e perciò resta attaccato inesorabilmente al contratto (bond) che ha estorto alla spensierata incompetenza degli alleati ». Cosí in regime di censura scriveva la New Europe, N. 127, pago 219.

Ed andiamo innanzi. Qui basta solamente accennare.

3.— Mentre l’Italia era in guerra accanto agli alleati e teneva fede ai propri impegni, Inghilterra e Francia, nella primavera (9-16 maggio) del 1916, si adunano, all’insaputa dell’Italia, a Londra, per iniziativa inglese e conchiudono un accordo segreto sulla futura spartizione dei territori in Asia Minore. E un secondo accordo — sempre all’insaputa dell’Italia — viene concluso il 6 marzo del 1917 con la partecipazione della Russia, ai danni dell’Italia.

Nell’aprile del 1917 ha luogo a S. Giovanni di Moriana un convegno fra gli alleati ; si viene a degli accordi sull’Asia Minore, ma non si firma perché « l’accordo è subordinato al consenso della Russia ». Nessuno fa parola degli accordi conclusi alle spalle dell’Italia e contro gli interessi dell’alleata violando il patto di Londra. Un bel giorno Sonnino viene a sapere, e fa le sue accorate rimostranze. E chi vuole avere la prova della « dolcezza del profumo della rosa » del proverbio inglese, non ha che da leggere la lettera di Balfour, ministro inglese per gli Esteri, diretta al governo il 18 agosto del 1917 e pubblicata, per la prima volta in Italia, assieme ai documenti segreti a pagine 108-204 del volume XV, anno 1920, de La Vita Italiana.

4. — Siamo a Versaglia, che per l’Italia è un calvario. La documentazione è nelle memorie del despota Lloyd George, in quelle di Irving H. Hoover, che fu a Versaglia una specie di primo cameriere (chief usher) di Wilson, e in quelle del Colonnello House. Ce n’è abbastanza per conoscere l’atteggiamento tenuto dall’« alleata » Inghilterra per stracciare il patto di Londra a completamento del piano diabolico svolto durante la guerra.

5. — Siamo al dopo guerra, e l’Italia d’allora non sa far di meglio che farsi cacciare dall’Albania. Questo avveniva proprio mentre il governo albanese stipula con gli inglesi Barnes e colonnello Wallace un accordo che, prendendo a base la concessione in esclusività dei tabacchi, deve preparare l’altro accordo tra il governo albanese e la inglese « Acry Exploration Company Limited » per l’esclusività di tutte le ricerche di petroli ed altri minerali in Albania, con l’obbligo di non associarsi nell’impresa altri (leggi: italiani) di nazionalità diversa.

Un’altra trattativa, nello stesso tempo e anche con la ditta Barnes e Wallace, riguarda la esclusività al gruppo inglese in Albania per i fiammiferi, per gli impianti telefonici e forniture di materiale telegrafico, per le concessioni idro-elettriche e di impianti agricoli. Centro di questi accordi e trattati : il Console inglese e l’agente dell’« Intelligence Service » Colonnello Wallace. Pubblicai a suo tempo il testo « segretissimo » degli accordi.

6. — Trionfa il Fascismo. Quella che fu la condotta della stampa inglese e degli uomini maggiori britannici è di buon gusto non ricordarlo. Tutto fu manomesso.

7. — Il 27 agosto 1923 a Janina è massacrata la missione italiana del generale Tellini. L’Italia prende la posizione che il ruolo di grande potenza le imponeva, e fa nulla di piú e molto di meno di quanto in circostanze con simili aveva fatto l’Inghilterra. Chi ci troviamo contro ? Il governo inglese ; o, per essere piú esatti, la Lega delle Nazioni, mobilitata dall’Inghilterra. Basta per convincersene rileggere la gran parte della stampa inglese a cominciare dal solenne Tìmes. Non una parola per i massacrati ; tutte le simpatie per i massacratori.

A Ginevra l’Inghilterra — e l’ambasciatore britannico a Roma, Drummond, che era allora segretario generale della Lega delle Nazioni, è piú che autorevolissimo testimone — mobilitò tutti i piccoli Stati contro l’Italia, creando la situazione ricreata poi per la vertenza italo-abissina. Perfino i telegrammi del nostro ministro della Marina sull’episodio di Corfù, che giustificavano la nostra condotta e che erano stati inviati a Londra appositamente per essere pubblicati sui giornali, furono occultati per sei intere settimane ; fino a quando cioè un membro della « British Italian League » riuscí per altra via, a poterseli procurare ; ma dovécontentarsi d’inviarne privatamente copia soltanto ai soci della, per ironia cosí detta, Lega Italo-Britannica.

Questi sono fatti — e solo una parte dei fatti — conseguenza dei tre capisaldi della politica inglese: a) non espansione dell’Italia ; b) egemonia inglese nel Mediterraneo ; c)  adronanza inglese delle vie dei mari.

Su questi tre capisaldi si fonda la politica di S. M. Britannica e non — come ancora una volta ha ripetuto nel suo discorso elettorale Baldwin — sulla Lega delle Nazioni ; a meno che non si voglia dire che l’Inghilterra è riuscita a far diventare la sua propria politica la politica della Lega. «Una rosa con qualunque altro nome ha un profumo ugualmente dolce» dice il proverbio inglese.

Fino a quando ?

III

15 febbraio 1936

Nel discorso che tenne Eden il 17 gennaio ai suoi elettori di Leamington, vi sono due punti che meritano di essere fissati :

a) la smargiassata del « passo lungo » dell’azione collettiva della Lega per iniziativa del Governo inglese ; iniziativa della quale Eden si proclama « orgoglioso » ;

b) la speranza che all’azione della Lega, che dovrà sempre piú intensificarsi, si associno « i popoli di buona volontà » attualmente non soci della Lega e specialmente gli Stati Uniti.

Due punti, questi, che vanno, come dicevo, fissati e non confutati ; perché al primo è stato, con un giorno di anticipo sul discorso, risposto nella stessa Inghilterra dal giornale Morning Post; ed al secondo è stato risposto nel Senato americano — parte in causa — nello stesso giorno in cui il discorso di Eden veniva pronunziato.

Scriveva infatti la Morning Post :

« Oggi l’Inghilterra si trova quasi sola, senza amici sui quali poter contare e con la scarsa possibilità di farsene di nuovi. Un anno fa avrebbe potuto fare affidamento sull’appoggio della Francia e dell’Italia nel caso di una qualsiasi minaccia alla pace d’Europa. Oggi, grazie alla debolezza delle sue forze armate, la sua politica a Ginevra ha, quantunque ispirata ai piú nobili intendimenti, antagonizzata l’Italia e confuse le relazioni anglo-francesi. Se questa politica è spinta agli estremi, l’appoggio della Francia sarà compromesso e l’Italia si trasformerà in un’aperta e attiva antagonista ».

In quanto alla invocata collaborazione « dei popoli di buona volontà », ha parlato senza finzioni il senatore Johnson, proprio nel dibattito al Senato di Washington, a proposito della collaborazione americana alla politica « inglese » delle sanzioni. Egli ha detto, ed altri americani han confermato :

« Non ho difficoltà a dichiarare che in seno alla riunione segreta della Commissione degli Affari esteri al Senato ho sollevato io stesso la questione se vi sia stato l’embargo sui petroli contro l’Italia. Ho sollevato tale questione con uno scopo che confesso subito. Io non voglio che il nostro paese applichi le sanzioni contro una qualsiasi nazione al mondo su richiesta della Gran Bretagna o della Lega delle Nazioni, che appartiene alla Gran Bretagna.

Francamente, non voglio che noi, durante l’attuale difficile momento internazionale si faccia da battistrada nella questione delle sanzioni perché poi l’America venga di nuovo lasciata in sospeso con il risultato di prendere parte dirigente in una controversia europea».

Questi sono i termini della questione: a Eden che in nome del « popolo britannico il quale non desidera nulla piú ardentemente che la pace », chiede la collaborazione del « popolo di buona volontà » degli Stati Uniti, risponde il senatore della California, per dire che l’America deliberatamente non vuole dare alcuna collaborazione « su richiesta della Gran Bretagna o della Lega delle Nazioni che appartiene alla Gran Bretagna », e ciò perché gli Stati Uniti non vogliono ancora una volta essere trascinati nella guerra.

Il popolo americano è tuttora sotto l’impressione provocata dalla lettura degli articoli di Walter Mills, il noto pubblicista che nell’autunno 1935 pubblicò nella stampa a catena le rivelazioni sbalorditive sugli intrighi inglesi che precedettero, prepararono ed accompagnarono la guerra mondiale. In sei fittissime pagine di giornale, il Mills ha documentato tutta la subdola e brutale inframmettenza per vie traverse nel governo, nel tesoro, sulla pubblica opinione americana ; ha messo a nudo i sistemi anglicani di accaparramento di chiese, banche, fondazioni, massoneria, unionismo, legioni, scuole, giornali, collegi, sport, ecc. Come gli uomini di fiducia e i diplomatici che l’America aveva in Europa furono giocati uno per uno, come fu accalappiato Wilson, come Re Alberto dei Belgi fu portato — novello Giosuè — a rifermare il sole con il suo piccolo dito, per cui diventò il Pietro Micca della guerra : tutta ha detto Mills additando come massimo artefice l’ebreo e la finanza internazionale ebraica.

E fu cosí che il cinque agosto dell’anno fatale, proprio mentre l’Inghilterra tagliava i cavi sottomarini della Germania per isolarla dal mondo, la gigantesca macchina americana costruita dall’Inghilterra fu messa in moto dalle forze subdole inglesi : chiese, stampa, massoneria, ecc. E la macchina non si fermò fino a quando, nel giorno piú sacro della pace consacrata dal sangue dell’Agnello del Signore, l’America dichiarava la guerra alla Germania. Vi fu chi disse che il venerdi santo è il giorno prescelto dai giudei per fare le loro vendette contro i gentili e contro i cristiani.

Nel paese del « popolo di buona volontà », si fa quindi risalire la responsabilità della guerra all’Inghilterra che aveva bisogno di conservare la sua egemonia e puntellare l’impero. E la guerra portò a farle conservare l’egemonia e a farle puntellare e ingrandire l’Impero in nome della pace. È per questo che il giudice nordamericano signor Cohalan domandava ai suoi concittadini a proposito delle nuove corruttrici macchinazioni anglicane :

« E dobbiamo noi togliere di nuovo la castagna dal fuoco per far piacere all’Inghilterra che attraverso le « Carnegie Peace Foundations » e altri centri d’intrigo da lei controllati, ha messo in moto una gran macchina propagandistica ?…

« Non è questa una prova dell’esistenza di gente negli Stati Uniti la quale ha piú interesse che ci sia una guerra contro l’Italia (a richiesta della Gran Bretagna) piuttosto che mantenere la pace ? »

Questa sí che è storia, e non quella che fa capo ai Libri Bianchi anglicani ed alla letteratura pagata dall’ « Intelligence Service », diffusa dai vari uffici di propaganda installati nelle varie capitali, per far sapere al mondo che i soldati tedeschi andavano in giro portando le teste di bambini belgi infilzate sulle punte delle baionette. Questa storia dice che la pace dell’Europa non si avrà fino a quando non penetrerà nel cervello di tutti che la potenza dell’Inghilterra — tutta la sua potenza — non sta nella sua flotta, non nel suo impero, non nelle sue ricchezze, ma nelle discordie che essa, la perfida, sa creare e perpetuare nell’Europa per mantenere, attraverso la divisione delle potenze continentali, intatta la sua egemonia e sicuro, nel mondo abitato, il suo sconfinato impero.

La pace europea non può che essere un argomento continentale, soprattutto delle tre potenze continentali : Francia, Germania, Italia. Fino a quando nel continente avrà peso l’arbitrio e la prepotenza inglese, nell’Europa non vi saranno che « storte » : come quella che portò alla conflagrazione del 1914 a tutto beneficio dell’Inghilterra ; come quella dell’accordo anglo-tedesco del giugno del 1935 (subito dopo Stresa) stipulato al solo scopo di mantenere essa operante la paura francese ; come quella del corrente anno di grazia anglicana dopo il riavvicinamento francoitaliano.

Ogni intesa, ogni patto continentale nel quale entra l’Inghilterra, è patto che porta al dissidio e, prima o poi, alla guerra per uso e vantaggio britannico. Questo dice la storia «vera ». Quella che purtroppo non insegna nulla ; ed è perciò che l’Inghilterra è già riuscita ad allontanare un riavvicinamento franco-germanico ; a rendere evanescente l’intesa delle due potenze, Italia e Francia, che si affacciano nel Mediterraneo ; mentre si sta scavando la fossa al patto di Locarno già virtualmente cadavere. In questa divisione continentale europea — voluta e preparata a Londra — sta tutta la potenza dell’Inghilterra.

IV

15 marzo 1936

Io non so se — come negli stessi ambienti politici inglesi si dice — Eden sia, in alcuni circoli londinesi considerato un « gigante » solamente in virtú del successo personale sul pubblico femminile del suo paese, per via di quelle tali virtú, caratteristiche dei personaggi fotogenici da cinematografo, o se anche in virtú della sua ben nota funzione di uomo di fiducia dell’ebraismo internazionale ; so però che come personaggio di politica estera non è un gigante ma semplicemente un nanuncolo. E tale lo giudico dal punto di vista della tradizione inglese e degli interessi inglesi.

Già è risaputo che la prima dote di un ministro degli Esteri — anche senza essere gigante — è quella di non fare il profeta, specie se la profezia si riferisce a breve scadenza. Che se poi la profezia verte su ciò che dipende dal libero arbitrio e dalle forze altrui, è semplicemente bestiale da parte di un ministro degli esteri mettersi a fare il profeta. Tutta la storia — anche quella di casa nostra — è ricca di esempi in proposito ; qualcuno dei quali illumina di ridicolo il protagonista profeta.

La lista di questi esempi di bestialità e relativo ridicolo è stata arricchita dal caso Eden. Non occorre essere filosofo della storia, per questa dimostrazione ; bastano i fatti.

Il 24 febbraio Eden, alla Camera dei Comuni, pronunciava il suo primo discorso di ministro degli Esteri dello smisurato Impero di Sua Maestà Britannica e diceva :

« La capacità di acquisto dell’Italia all’estero deve essere seriamente ridotta. Una Nazione in questa condizione può continuare ad acquistare con l’oro fino a quando le sue riserve auree glielo permettono. Ma le riserve di una Nazione in questa condizione devono gradualmente diminuire e dovrà giungere il momento in cui la sua capacità di acquisto si esaurirà. È chiaro, dagli sforzi fatti per raccogliere oro, che l’Italia comprende benissimo la portata delle sanzioni. L’effetto delle sanzioni imposte è infatti cumulativo e continuo e deve in ultima analisi avere una importanza nel raggiungere quello che è lo scopo principale della Lega : la cessazione delle ostilità ».

(Non commentiamo l’« è chiaro », a proposito della portata delle offerte di oro alla patria : l’argomento non è accessibile alla gentilezza mercantilistica del « gentleman »). Dunque due profezie ha fatto Eden :

a) « dovrà giungere il momento in cui la capacità di acquisto dell’Italia si esaurirà » ;

b) questo farà « raggiungere quello che è lo scopo principale della Lega : la cessazione delle ostilità ».

Bestione d’un nanuncolo ! anche se ministro degli Esteri dell’impero senza confini di Sua Maestà Britannica. I fatti, solamente cinque giorni dopo, hanno coperto di ridicolo la duplice profezia ed hanno a loro volta preannunziato :

a) che la cessazione delle ostilità non sarà « l’effetto delle sanzioni »;

b) che la cessazione delle ostilità avverà per piena, gloriosa e senza precedenti vittoria italiana sull’esercito abissino alimentato abbondantemente di armi, munizioni, viveri, consulenti e « cervelli » anglicani, e proiettili « dum-dum », nonché in tutti i modi soccorso da quegli altri , « amici » ed alleati nostri della grande guerra.

Per cui si potrebbe dire che la cessazione delle ostilità, se avrà qualche ritardo è solo perché la Lega ha alimentato i barbari.

Anche Mussolini (sei giorni dopo il discorso del « personaggio » pitturato) fece la sua profezia dopo la celebrazione in onore dei caduti di Adua, e fu profezia di poche parole : « i nostri eroici soldati avanzano ; i fatti parlano e piú ancora parleranno ». Ma, Lui sí che è un gigante.

E da che siamo in argomento di « sincerità anglicana » meritano di essere meditati due periodi del citato discorso che, come ministro degli Esteri, pronunziò Eden il 24 febbraio alla Camera dei Comuni. Accennando alla parte dell’Inghilterra « per aiutare la creazione di un nuovo ordine mondiale » Eden disse :

« Se vogliamo riuscire, bisogna che induciamo le altre nazioni a fiancheggiarci. E per ottenere anche questo, bisogna persuadere le altre nazioni della nostra sincerità, della nostra forza. Una politica coerente e costruttiva è per noi una suprema necessità, ed è per tale politica che chiedo con fiducia e mi appello alla Camera ed al Paese ».

Già ; quella politica coerente, sincera e costruttiva alla quale si riferiva il senatore americano Borah nella commemorazione di Washington. Borah disse :

« Paragonato il contegno dell’Inghilterra di fronte all’invasione della Manciuria con quello assunto verso l’Italia operante in Africa, l’Inghilterra aveva bene il diritto di rimanere neutrale nel primo caso e l’America glielo riconosce ; l’America, che avrebbe potuto agire contro il Giappone, non tentò di influenzare l’Inghilterra, non inviò a Londra i suoi scrittori, conferenzieri, i suoi arcivescovi per convincere gli inglesi dell’opportunità di cambiare politica ».

Discorrendo poi del ben noto segretissimo e « disinteressato » rapporto inglese « Maffy » pubblicato in Italia — e che rappresenta « una indiscrezione di tale natura che deve naturalmente causare una gran preoccupazione nel governo » — Eden disse :

« È’ ancora meno giustificabile supporre, come lo hanno fatto, credo, i giornalisti italiani, che il contenuto di questo documento sia tale da far ritenere che la politica del Governo sia stata modificata o manchi di sincerità nel conflitto italo-etiopico ».

Dal che si vede che la « sincerità » è un argomento del quale Eden sente impellente bisogno di parlare, vuoi « per persuadere le altre Nazioni della sincerità inglese », vuoi per difendersi dalla « supposizione » che « la politica del Governo inglese manchi di sincerità nel conflitto Italo-Etiopico ».

Non vogliamo invocare l’excusatio non petita accusatio manifesta. No. Non è necessario incomodare il latino. Per documentare l’ipocrisia anglicana bastano le parole di Eden : « È’ ancora meno giustificato supporre come lo hanno fatto, credo, i giornali italiani ecc. ». In quel « credo » è tutta la « sincerità » anglicana.

Merita l’affissione.

Voglio fare, anch’io il profeta. Non è lontano il tempo in cui ogni nazione libera dall’influenza del giudaismo farà proprie le parole dell’inglese Lord Byron : « Oh, se l’Inghilterra potesse almeno rendersi conto di quanto il suo nome sia da tutti odiato e quanto desiderio ha il mondo di vederla finire male ! Tutti i popoli la conoscono per nemica, per la peggiore nemica, sebbene un giorno fosse in ogni parte adorata  quando pareva volesse far lìbero il mondo. Adesso pretenderebbe di incatenare persino gli spiriti! » (Nel Don Giovanni, canto X, 65-68).

17. PROFEZIE

I. — LA PROFEZIA DI LUDENDORFF

15 gennaio 1931

Il Maresciallo Ludendorff ha pubblicato in questi giorni un libro sensazionale — La guerra mondiale minaccia di scatenarsi in territorio tedesco — nel quale preannunzia una guerra mondiale piú terribile della prima.

Orditrice del prossimo flagello destinato a travolgere successivamente gran parte dei popoli del mondo intero è la plutocrazia internazionale ebraico-massonica, decisa a soffocare una volta per sempre con il ferro e col fuoco le velleità delle nazioni non abbastanza proclivi a piegare il capo e le ginocchia sotto il peso dell’oro.

A parte il lato apocalittico e gli ammonimenti, questo libro di Ludendorff è destinato ad avere una notevole influenza negli avvenimenti e sull’orientamento della Germania, dove il gran partito di Hitler ha posto come primo postulato del programma nazionale tedesco la esclusione dell’ebreo dalla vita della Germania : condizione essenziale per gettare le basi di uno Stato integrale tedesco .

Pochi uomini in Germania e nel mondo sentono e hanno vissuto il problema della internazionale finanziaria ebraico-massonica al pari di Ludendorff.

Il grave e vecchio maresciallo vide che il primo inizio che portò al disfacimento dell’esercito germanico, fu l’invio a Hindenburg di una commissione in nome di quattrocentomila soldati, e l’oratore e l’animatore del pronunziamento fu un semplice soldato ventenne : l’ebreo Levy. Ebrei furono tutti gli oratori e agitatori delle terribili giornate di sangue del bolscevismo nella Baviera di Ludendorff : nomi tutti il cui ricordo è fatto di sangue: Leviné, Lewlen, Toller, Landauer. Il giorno in cui cadde l’Impero, gli ebrei videro aprirsi quella via che Goethe diceva l’unica che si apre a « questo scaltro popolo ebraico che nulla ha da sperare finché regna il buon ordine » : la via del disordine, della rivoluzione.

E di ebrei fu formata la maggioranza dei famosi Consigli di operai e soldati. E chi portò al Governo la rivoluzione ? In Prussia, l’ebreo Hirsch ; in Baviera, Kurt Eisner, che, viceversa, si chiamava Salomone Kosmanowski ; in Sassonia, l’ebreo Gradnauer ; nell’Assia, l’ebreo Fulda. Nel primo governo repubblicano, ottanta su cento dei Ministeri e delle Direzioni piú importanti furono occupati dagli ebrei i quali, per contro, non formano che l’uno per cento della popolazione tedesca.

Tutte constatazioni che facemmo già nel 1920.

Ludendorff e la Germania « svegliata » sanno che fin la detronizzazione del Kaiser fu opera degli ebrei il giorno in cui egli non fu piú utile alla loro causa.

Anche l’ex Kaiser riconosce oggi che ebrea fu la guerra — egli non fu che lo strumento degli ebrei — ebrea fu la rivoluzione, ebrea fu la pace, ebrea fu anche la repubblica tedesca.

Solo dopo la sconfitta, Ludendorff vide la vera Germania dell’anteguerra : le leggi germaniche, che permettevano alle banche di possedere pacchi di azioni delle imprese industriali e combinazioni, diedero al Direttorio ebraico delle grandi banche tedesche concatenate la possibilità di dominare il Kaiser ed il Governo germanico, da una parte ; di porre dall’altra l’operaio germanico, attraverso la legislazione socialista, in uno stato di servitù dal quale era impossibile di sottrarsi. Nessuno poteva lavorare senza permesso. Tutti lavoravano nel congegno di una schiavitú economica della quale fu artefice il socialismo ebraico, perchè ebrei furono Marx e Lassalle i cui veri nomi erano Mordecai e Feist Lassal. Ebrei erano in maggioranza i capi del Partito socialista tedesco: Guglie1mo e Carlo Liebknecht, Singer (che si faceva chiamare Paolo invece di Pinkus), Bernstein, Oskar Kohn Nordhausen, Davidsohn, Frank, Gradnauer, Herzfeld, Simon, Stadthagen, Rosa Luxemburg… I ventidue « indipendenti » che primi si staccarono dalla maggioranza socialista spezzando l’unione sacra, erano quasi tutti ebrei ; ed ebrei i loro capi Liebknecht, Haase e Cohn. Nessuna guerra avrebbe potuto essere cominciata ne combattuta, senza il consenso dei membri del Direttorio delle banche concatenate e dei socialisti. Arturo von Gwinner, allora direttore amministratore della Deutsche Bank e consulente fiscale del Governo germanico, disse nel settembre del 1914, che « la guerra era opportuna per la Germania con i suoi capitali oziosi mentre la Gran Bretagna era totalmente impreparata». Von Gwinner e la sua banca erano specialisti per le ferrovie e relativi finanziamenti, e la sua mano arrivava fino agli Stati Uniti, cosí come una grossa banca di Amburgo si era specializzata in affari navali. Sono questi uomini che finanziarono — con Jacob Schiff — Lenin e Trotzky nella loro avventura russa, per il tramite del banchiere svedese Ashberg.

Quasi tutti coloro i quali parteciparono alla operazione lo hanno confessato. I loro successori detengono attualmente il potere in Germania e sono le loro azioni che forniscono ai socialisti la giustificazione per dire che la responsabilità della guerra si trova nel capitalismo. La loro è unione di interessi egoistici, ed essi hanno le loro congreghe a Berlino, Amburgo, Francoforte e Vienna. Essi hanno potenti amici, congiunti ed alleati in quasi tutti i paesi civili.

Nelle varie mosse politiche dei Poteri centrali e degli Alleati, le loro « mani nascoste » si riscontrarono durante la grande guerra nella direzione degli uomini e nella formazione degli avvenimenti.

Questo ha visto Ludendorff; questo sa il grande partito hitleriano ; questo sa ogni nazionalista tedesco.

Apparentemente, tutta la storia ha avuto alcune ombre simili nello sfondo.

Roma, fu realmente governata da un gruppo di banchieri asiatici, per cui i consoli ed i Cesari erano dei semplici burattini ? Le congregazioni religiose, dettarono le politiche dei monarchi medioevali ? Agisce ora una organizzazione internazionale ?… Esiste questa segreta organizzazione i cui membri inferiori obbediscono inconsciamente e ciecamente con un fanatismo simile a quello caratteristico delie guerre medioevali di religione ? Questa organizzazione, potente in Russia, Germania, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, stipula essa la guerra, o la pace, a seconda della direttive dei suoi capi ? Utilizza essa le passioni rivoluzionarie a vantaggio dei propri scopi, con un’autorità che i rovesci od i disastri non ostacolano ? Controlla essa gli uomini di Stato e gli agitatori, i capitalisti ed i dirigenti le masse operaie, gli educatori ed i sacerdoti, tendendo, dietro il paravento di una stampa inconscia, ad imporre sul mondo la dittatura dell’oro sotto la beffa della democrazia ? È d’importanza vitale il rispondere a queste domande.

Certo è che l’imperialismo ebraico mai come oggi ha visto il suo piano tanto trionfante. Sono le seguenti tre terribili verità che vanno tenute presenti :

a) Mai quanto oggi il mondo è stato in mano dell’Internazionale economicofinanziaria e dell’Internazionale demagogico-massonica.

b) Mai quanto oggi queste due internazionali sono state in mano di Israele, che è il padrone dell’alta banca internazionale destinata da Israele a sconvolgere il mondo per assoggettarlo. Il banchiere ebreo Jacob Schiff che finanziava il capo bolscevico ebreo Trotzky simboleggia questo fatto capitale.

c) Per quanto Israele non sia ancora riuscito ad attuare il suo ideale di dominio del mondo, ha però creato grandi raggruppamenti e colossali intese ; onde il suo dominio benché non assolutamente compiuto pesa su tutto e su tutti.

Ma quali finalità persegue Israele, alla cui razza non appartengono, in tutto il mondo, che una quindicina di milioni di ebrei ?

Leggiamo in Gog di Giovanni Papini il capitolo « Le idee di Benrubi ». Questo piccolo e malformato ebreo, che ha « l’aspetto poverissimo e l’espressione d’un cane che teme d’essere picchiato ma sa pure d’esser necessario », scelto tra i quarantasei ebrei, che con altri sedici non ebrei si sono presentati a Gog desideroso di avere un segretario, è l’incarnazione tipica totale degli ebrei. Benrubi dice :

« Dopo la dispersione, gli ebrei furono sempre senza Stato, senza governo, senza esercito : gruppì sparuti in mezzo a moltitudini che li odiavano. Come volete che si sviluppasse in loro l’eroismo dei Crociati e dei Condottieri ?

« Per non essere sterminati dovettero anche loro inventar difese. N’ebbero due : il denaro e l’intelligenza… Quelli che furono arnesi di protezione diventarono, col tempo, strumenti di vendetta. Piú potente dell’oro, secondo me (è Benrubi che parla) l’intelligenza. In che modo l’ebreo calpestato e sputacchiato poteva vendicarsi dei suoi nemici ? Coll’abbassare, avvilire, smascherare, dissolvere gli ideali dei Goim. Col distruggere i valori sui quali dice di vivere la Cristianità. E difatti, se ben guardate l’intelligenza ebraica, da un secolo a questa parte, non ha fatto altro che scalzare e insudiciare le vostre care credenze, le colonne che reggevano l’edificio del vostro pensiero. Da quando gli ebrei hanno potuto scrivere liberamente, tutte le vostre impalcature spirituali minacciano di cadere ».

E Benrubi dimostra il suo audace asserto con l’opera dei suoi correligionari : Heine in arte, Marx in sociologia, Lombroso in biologia, Freud in psicologia, Weininger per quanto spetta la donna, Bergson in filosofia, Salomone Reinach in religione, Einstein nelle scienze fisico-matematiche, Meyerson nel razionalismo scientifico.

« Non parlo — continua Benrubi — della politica, dove il dittatore Bismarck ha per antagonista l’ebreo Lassalle, dove Gladstone fu sopraffatto dall’ebreo Disraeli, dove Cavour ha per braccio destro l’ebreo Artom, Clemenceau l’ebreo Mandel e Lenin l’ebreo Trotzky.

« L’Europa intellettuale d’oggi è, in gran parte, sotto l’influenza o, se volete, il sortìlegio dei grandi ebrei che ho rammentati. Nati in mezzo a popoli diversi, consacrati a ricerche diverse, tutti quanti, tedeschi e francesi, italiani e polacchi, poeti e matematici, antropologi e filosofi, hanno un carattere comune, un fine comune : quello di mettere in dubbio le verità riconosciute, di abbassare ciò che è in alto, di sporcare ciò che sembra puro, di far vacillare ciò che pare solido, di lapidare ciò ch’è rispettato.

« Questa propinazione secolare di veleni dissolvitori è la grande vendetta ebraica contro il mondo greco, latino e cristiano. I greci ci hanno scherniti, i romani ci hanno decimati e dispersi, i cristiani ci hanno torturati e depredati e noi troppo deboli per vendicarci colla forza, abbiamo condotto un’offensiva tenace e corrosiva contro i pilastri sui quali riposa la civiltà nata dall’Atene di Platone e dalla Roma degli imperatori e dei papi. E la nostra vendetta è a buon punto. Come capitalisti dominiamo i mercati finanziari, in un tempo in cui l’economia è tutto o quasi tutto ; come pensatori dominiamo i mercati intellettuali, sgretolando le vecchie fedi sacre e profane, le religioni rivelate e quelle laiche. L’ebreo riunisce in se i due estremi piú temibili : despota nel regno della materia, anarchico nel regno dello spirito. Siete i nostri servitori nell’ordine economico, le nostre vittime nell’ordine intellettuale. Il popolo accusato di avere ucciso un Dio ha voluto uccidere anche gli idoli dell’intelletto e del sentimento e vi costringe a inginocchiarvi dinanzi all’idolo massimo, l’unico rimasto : il Denaro. La nostra umiliazione, che va dalla schiavitú di Babilonia alla disfatta di Bar-Coscebà e si perpetua nei ghetti fino alla Rivoluzione francese, è finalmente ripagata. Il paria dei popoli può cantar l’inno d’una doppia e sicura vittoria ».

Il piccolo Benrubi, parlando, s’era a poco a poco esaltato : gli occhi, dalle fosse delle orbite, scintillavano, le sue magre mani tagliavano l’aria, la sua voce fioca s’era fatta stridula. S’accorse di aver detto troppo e tacque improvvisamente. Ci fu un lungo silenzio nella stanza. Alla fine il dottor Benrubi, con voce timida e bassa, chiese a Gog : « Non potreste anticiparmi mille franchi sul mio stipendio ? Devo farmi un vestito, vorrei pagare qualche piccolo debito… ». Quando ebbe avuto lo chèque guardò Gog con un sorriso che voleva essere arguto : « Non prendete alla lettera i paradossi che ho detto stasera. Gli ebrei son fatti cosí : ci piace troppo parlare e quando s’è preso l’aire si parla, si parla… e si finisce sempre coll’urtare qualcuno. Se in qualche cosa vi avessi offeso vi prego di perdonarmi ».

Cosí parlò a Gog il dottor Benrubi.

II. – LA PROFEZIA DEL GIUDEO EMIL LUDWIG

15 agosto 1939

Ogni tanto questo tipico giudeo agente provocatore fa delle profezie. Ecco qua la profezia lanciata nel giugno del 1934 nell’articolo « La guerra di domani » pubblicato nella rivista Les Annales :

« Hitler non vuole la guerra, ma egli vi sarà costretto, non quest’anno, ma presto. È naturale che la Germania e il Giappone, entrambi fuori della Società delle Nazioni, stringeranno tra di loro vincoli di simpatia. Tuttavia, dopo l’inevitabile guerra, avremo gli Stati Uniti d’Europa, per i quali ora non siamo ancora pronti. La guerra non risulterà per dispute territoriali,  ma per l’educazione della gioventú di tutti i Paesi, che proclamano il loro amore per la pace, ma continuano ad armarsi. L’ultima parola, come nel 1914, è

all’Inghilterra, che può evitare la guerra, dichiarandosi pronta a difendere la Francia contro gli aggressori ».

Dunque secondo la profezia di Ludwig, « Hitler non vuole la guerra ma vi sarà costretto ». Quando ? Presto. L’anno venturo ? Fra un mese ?

L’ebreo profeta e « storico » Ludwig — reduce dagli incontri con Roosevelt — ha scritto il noto libro La Nuova Santa Alleanza tutto di sapore profetico in vista della guerra ebraica che si va preparando. Ne prelevo alcuni brani citando l’edizionefrancese :

« A che scopo parlare sempre, in una nebbia vaga, di certi Stati !

L’Alleanza è diretta contro la Germania, l’Italia e alcuni Stati che forse domani ne potranno seguire i principii. L’Alleanza sarà vigilante, chiaroveggente, serena. In aggressività, supererà il linguaggio di sfida dei dittatori… Essa agirà in modo fulminante. In luogo di tredici o sedici governi che discutono per dei mesi per sapere come costringere delle truppe a ritirarsi o impedire dei bombardamenti, tre conversazioni telefoniche basteranno a che, l’indomani, venga presentato un ultimatum comune concedente ventiquattro ore e redatto in termini tali, che i dittatori rimarranno di stucco (pag. 68).

« Quando si verrà alle mani, le cose dovranno essere fatte senza reticenze e gli alleati della santa alleanza non useranno certamente il sistema di umanizzare la guerra. La fiamma di una nuova coscienza universale non si ravviva oggi che negli Stati Uniti… Roosevelt veglia ! Da quando egli è al potere ha pronunciato cinque grandi discorsi che han posto gli Stati Uniti al fianco delle democrazie contro i dittatori. Finche egli governerà, l’America combatterà contro i Fascismi. È prevedibile che l’alleato piú lontano avrà il compito di colpire con maggiore violenza… » (pagine 6, 60).

Subito dopo i tre, la Russia, la grande Russia sovietica, alla quale il novello messia rivolge parole degne di un ditirambo:

« La costituzione sovietica è un documento sublime, e se si obietta che essa non è realizzata, risponderò che, del pari, i Diritti dell’Uomo riconosciuti dalla Grande Rivoluzione, pur non essendo stati applicati per intero, hanno tuttavia esercitato sugli uomini una forza leggendaria. La Rivoluzione Russa rimarrà il piú grande avvenimento sociale dopo il 1789, anche se in altri paesi le sue idee si sono trasformate secondo la natura e il grado di evoluzione dei popoli ». (pag. 61).

Dalla Triplice si passa cosí alla Quadruplice dell’antifascismo : dopo di che,  invito generale da parte del profeta :

« Tutti gli Stati potranno aderire alla nuova Santa Alleanza, come già fecero con l’antica. E vi aderiranno in gran numero… Presidenti di tutti i paesi, unitevi! » (pag. 64-74).

III. – LA NOSTRA PROFEZIA

15 giugno 1939

Sfogliamo la margherita: farà o non farà la Gran Bretagna la guerra ebrea ? V’è chi crede che i suoi governanti si limiteranno ad inveire contro le Potenze dell’Asse, nell’intento di calmare l’opposizione ebraica, massonica e bolscevica. L’ultima parola non può essere ancora detta. Molti eminenti uomini del regno di S. M. Britannica non sono inglesi ma dichiarati sionisti ; essi hanno impiegato il grosso dei loro capitali fuori dell’Impero britannico. Costoro, senza  dubbio, vogliono la guerra ebrea e non si preoccupano delle conseguenze, qualunque sia il suo esito. Sono gli uomini fortemente appoggiati dall’alta finanza ebraica, dalla massoneria, dai Sassoon, dai vari Rothschild e da tutta la stampa,

dominata a sua volta dalla finanza ebraica. È la stampa che fa passare gli ebrei e gli strumenti dell’ebraismo per ottimi inglesi, e presenta la loro politica come autentica politica inglese. Che importa a tutta questa eletta schiera di ebrei polacchi o marocchini la sorte di Londra e degli inglesi ? L’Impero e la Gran Bretagna sono per loro dei semplici mezzi, subordinati ai fini ebraici. Non altrimenti, ad esempio, Léon Blum può infischiarsi di Parigi e dei francesi, poiché non è francese ma ebreo rumeno, nato nel ghetto di Jasi ; egli stesso, a piú riprese, ha esaltato il suo patriottismo palestinese ; e — ciò che conta piú di tutto — ha anche lui i suoi soldi al sicuro.

Chamberlain — se è sincero — pel momento spera, o si illude, di poter fare una politica inglese. L’avvento al potere di elementi come Eden e Churchill, tipici esponenti dell’ebraismo, rafforzerebbe la cricca dei Samuel, dei Hore Belisha, dei Simon, del Sassoon, ecc. e sarebbe il segnale sicuro della guerra ebrea.

Che avverrà ?…

Imitiamo per un momento i pronosticatori franco-inglesi, senza però parlare né dell’Europa, né del Mediterraneo, ma solamente di terre e di mari lontani.

Durante l’ultima guerra, grazie all’alleanza del Giappone, l’Impero britannico era in grado di rifornire la Russia attraverso Wladivostok, di sfruttare tutte le risorse economiche dell’Estremo Oriente, di concentrare tutte le sue navi da guerra nelle acque europee, di sguarnire di truppe l’Australia e l’India ed infine di disporre delle forze navali e militari degli Stati Uniti. I quali intervenendo oggi sarebbero pienamente impegnati nel Pacifico. La loro flotta potrà anche intraprendere un viaggio senza ritorno. Ma, a parte ciò, sarà

nell’impossibilità di alleviare la pressione giapponese sul possesso coloniale britannico e su quello francese ed olandese, mentre l’India si rivolterebbe contro una Gran Bretagna impegnata in Europa ed impossibilitata di soccorrere le proprie forze là dislocate. Poco piú di duecentomila inglesi fra militari, funzionari e privati risiedono in India e dominano 350 milioni di indiani ; ma nel momento in cui l’Inghilterra non avesse piú le mani libere, i suoi giorni sarebbero contati. Gli inglesi stessi non si fanno illusioni sull’apparente calma ; essi sanno che tra il 1914 ed oggi un radicale cambiamento è avvenuto in India e gli indiani non hanno dimenticato la mancata promessa da parte britannica.

Con l’occupazione di Hainan e delle Spratley il Giappone ha già conseguito dei vantaggi strategici decisivi, ma anche in questo settore il tempo lavora celermente.

Già oggi il Giappone sarebbe in grado di occupare in breve tempo l’Indocina francese e di minacciare da quella base, d’accordo con il Siam, Singapore dal lato della terra.

Le democrazie perderebbero cosí, in poco tempo, l’Indocina, la Malesia, l’Arcipelago della Sonda, la Birmania e l’India senza possibilità di ricupero, sia pure nell’inconcessa ipotesi di una vittoria in Europa, che costerebbe tanto cara all’Inghilterra ed ai suoi alleati, da renderli incapaci di una qualsiasi azione contro centinaia di milioni di asiatici nazionalmente organizzati ed appoggiati da un Giappone tutt’altro che indebolito.

Sfogliamo ancora la margherita : L’Inghilterra farà o non farà la guerra ebrea ?

IV. – I « PROFETI » AMERICANI NON SBAGLIANO MAI

15 agosto 1939

Il giornale Ken, noto per essere organo ufficioso dell’ebraismo negli Stati Uniti di America pubblicò (Chicago, 6 aprile 1939) un articolo intitolato Capitaland Crisis nel quale, tra l’altro, si legge :

La Gran Bretagna e la Francia saranno impegnate in aspra guerra prima della fine di questa estate. L’ambasciatore degli Stati Uniti di America in Inghilterra, non riferisce esattamente le cose e preferisce tacere. Ma noi sappiamo che egli sta cercando una villa nei dintorni di Londra per stare al sicuro durante la prossima guerra.

Sappiamo anche che Anthony Eden farà parte del Governo solo nel caso in cui Chamberlain non riesca a convincere Mussolini ad abbandonare l’Asse Roma-Berlino. In caso di guerra, Winston Churchill farà parte del Governo della Gran Bretagna.

Come si spiega che il giornale ebraico di Chicago può cosí esattamente prevedere che la guerra ebraica e quella che sarà la formazione del Governo inglese durante la guerra ?

Si spiega facilmente : sono i plutocrati ebrei (che fanno tutti parte della sezione riservata agli ebrei della massoneria internazionale B’nai B’rith) quelli che preparano le guerre e gli avvenimenti politici mondiali. Ecco spiegata la loro virtú profetica che mai non sbaglia. Quando i gojm capiranno tutto ciò ? Quali altre prove aspettano ? Vorranno continuare ad essere « stupidi come pecore » come dicono I Protocolli ?

18. DAGLI STATI UNITI ISRAELE PREPARA LA GUERRA EBRAICA

15 febbraio 1938

Nel messaggio del 27 gennaio inviato dal Presidente Roosevelt al Congresso degli Stati Uniti per chiedere la votazione di 800 milioni di dollari per l’armata, è detto :

« Come Nazione pacifica, non possiamo abbandonare e non abbandoneremo i nostri sforzi per arrivare ad un accordo con le altre Nazioni per la limitazione degli armamenti e la soppressione dell’aggressione ; ma è chiaro che, fino a quando un tale accordo non sarà realizzato — e io non dispero che un giorno esso possa essere firmato — siamo costretti a pensare alla nostra sicurezza nazionale ».

E piú oltre il Presidente chiedeva con le seguenti parole provvedimenti che sono veri e propri provvedimenti di guerra :

« Io credo pure che sia venuto il momento per il Congresso di votare una legislazione che abbia per scopo di sopprimere i profitti in tempo di guerra e proporzionare gli oneri sopportati dalla Nazione durante il conflitto. Dobbiamo comprendere che la situazione disgraziata nella quale si dibatte il mondo è stata essenzialmente provocata dall’abbandono dei principii e dei trattati che costituiscono la base del diritto e dell’ordine internazionale. Dobbiamo pure tener conto dell’apparizione di numerosi fattori nuovi nel modo di fare la guerra. Per difesa appropriata io intendo una difesa che assicuri non solo la protezione delle coste ma anche quella dei territori lontani. Dobbiamo poter tenere lontano diverse trentine di miglia dai nostri limiti continentali ogni possibile nemico. Non possiamo limitare la nostra difesa ad un solo oceano. Dunque, una difesa appropriata deve comprendere la difesa simultanea di tutte le parti degli Stati Uniti. È chiaramente nostro dovere di fare tutti gli sforzi possibili per la pace, ma dobbiamo in pari tempo proteggere la nostra Nazione. È questo il fine delle mie raccomandazioni. Queste misure di protezione sono fondate non su idee di aggressione, ma su idee di difesa ».

Non vi sarà piú nessuno, è da sperare, che in questo messaggio ed in questi provvedimenti non veda il vero pensiero, recondito, di Roosevelt e della politica ebraica nord americana. Proprio cosí : della politica ebraica. Perché tutta la politica di Roosevelt, al pari della N.A.R., non è che la « legge ebraica inquadrata nella legge americana ». Cosí disse Fiorello La Guardia, che è uno dei maggiori elettori del Presidente in carica (New York Tribune, 8 giugno 1937). Politica che deve portare alla guerra delle « grandi democrazie » contro il fascismo, qualificato da Roosevelt « il veleno del mondo » (New York Herald, 2 dicembre 1937).

Quando un Capo di Governo indulge in sdolcinature o in astrazioni, e diventa, come dicono in America, too soft, allora c’è da concludere o per un rammollimento, oppure per una completa acquiescenza a fattori invisibili. Il secondo, piú del primo, è il caso di Roosevelt. Non passa giorno che Roosevelt non lanci in aria bolle di sapone per esasperare le potenze autoritarie. Il sapone è giudaico e massonico. La cannuccia è sua. Parla di « grandi democrazie », di trionfo della verità, di “fede, speranza e carità. Piú volte ha parlato di… buon vicinato. La buona vicina, naturalmente, è la giudaica e massonica Inghilterra, attraverso le frontiere del Canadà. Roosevelt non è uomo di pace ; egli, anche quando enfatizza di pace, è uomo di guerra. È come guidato dai giudei : i soli che architettano e vogliono la guerra.

Se non mi credete date uno sguardo, sia pure fugace, ai Protocolli ; la verità dei quali mai nessuno riuscí a distruggere.

Machiavelli fissò il principio del Divide et impera che fece furore ai tempi beati di Metternich ; i Protocolli hanno semplificato e accelerato questo principio, sostituendolo col taglione mosaico : Impera et occide. È la nostra civiltà latina e cristiana che gli ebrei vogliono colpire, attraverso gli Stati Uniti d’America.

Roosevelt è portato a braccetto da Hull e Morgenthau, espressioni autentiche del giudaismo e del massonismo universale ; battistrada dell’alta finanza internazionale ; non si lasciano sfuggire occasione per attaccar brighe, nel Centro America, nella Cina, nel Giappone, nella Spagna. Durante la guerra italo-abissina fecero da pifferai alle sconcezze britanniche, e almanaccarono perfino di… occupare l’Egitto ; per conto dei manigoldi di Londra, e dei negrieri del cotone del Sudano.

Questa è storia. L’inchiostro che l’ha scritta non è stato ancora asciugato dalla sabbia dell’oblio.

Scrutate la lista dei diplomatici americani all’estero e anche quella dei cosiddetti corrispondenti di giornali, e vi troverete un intero ed elaborato ghetto. Nomi americani (generalmente irlandesi e scozzesi) e prepuzi giudaici.

Volete vedere che non sono io solo a ragionare cosí ? Il Manchester Guardian del 28 gennaio, preso dall’entusiasmo, non faceva mistero delle ardenti speranze inglesi e presentava il programma americano di 800 milioni di dollari per l’armata navale, come l’espressione della volontà di Roosevelt di fare una « politica mondiale », e parlava addirittura della « parte riservata agli armamenti navali nel gruppo delle democrazie ».

« Riservata » per che cosa ? Per la pace ?…

La guerra ebraica voluta dal giudaismo è contro il Giappone per salvare la Russia dei Sovieti, alla quale Roosevelt mandava testè le felicitazioni « per il successo di 20 anni di comunismo » (New York Herald, 14 novembre 1937).

La Russia comunista è sempre la spina dorsale giudaica nel mondo.

Però… il Pacifico è troppo vasto, troppo immenso. Dieci flotte vi andrebbero a zonzo per anni senza mai incontrarsi. Certo la nuova guerra, per l’America non sarà cosí facile e cosí sicura come quella di Wilson. Gli americani di Roosevelt non avranno una Vittorio Veneto per salvarsi e per riportare la pancia ai fichi e alle patate macinate d’America.

La psicologia di Roosevelt non è dissimile da quella di Wilson. La differenza sta solo nello slogan o mottetto programmatico. Woodrow Wilson fu rieletto con lo slogan di tener la nazione fuori della guerra. Roosevelt è stato rieletto con lo slogan di tenerla fuori della fame ; Wilson giocò sulla pace per andare alla guerra, Roosevelt sta giocando sulla fame per preparare la guerra. La parabola è la medesima. Nell’antica storia romana spieghiamo Augusto risalendo a Cesare. Pur non potendo qui applicare il paragone, per l’imparità dei termini, spieghiamo Roosevelt con Wilson e viceversa.

Cominciano intanto già a spuntare le alucce messianiche a Roosevelt, col sistema di Wilson. Ambedue hanno in mano il ramoscello di pace giudaica e massonica, saldamente legata col nastrino democratico puritano e rigattiere britannico. Il gesto è identico, identica la concione. Quattordici punti l’uno, nove punti l’altro. Il primo impose al mondo l’ebraica Società delle Nazioni, l’altro, attraverso la Conferenza Pan-Americana, progettò una specie di sottopancia della Società delle Nazioni. Una sinagoga ed una sottosinagoga, un ghetto e un sottoghetto. Gli stessi bar, lo stesso whisky, le stesse chellerine, lo stesso yiddish, lo stesso Talmud. Ma… ci sono sempre dei « ma » nella storia ; ragion per la quale non sempre i calcoli tornano.

19. IL PRESIDENTE DELL’EBRAISMO SOVVERTITORE

15 aprile 1938

La stampa americana del 2 febbraio ha fatto la voce grossa contro il mio commento del fascicolo di febbraio, pubblicato in anticipo su Regime Fascista sotto il titolo : « Israele prepara la guerra ».

Il New York Herald Tribune nel suo servizio speciale sunteggiava largamente il mio scritto e ne riportava, come scandalizzato, i brani salienti, senza neppure un cenno, naturalmente, alla definizione rooseveltiana « il fascismo è il veleno del mondo ».

Oggi però non sono piú solo ad attribuire a Roosevelt il proposito della guerra.

L’United Press trasmette che un vivace attacco alla politica del Presidente Roosevelt, ed in particolar modo al programma di costruzioni navali, è stato fatto dal senatore Borah, ex presidente della commissione per gli Affari Esteri. Il quale ha detto, tra l’altro, che « tale programma costituisce un passo verso un nuovo conflitto mondiale ». Egli ha espresso il timore che, sotto il programma di incremento della difesa nazionale, Roosevelt voglia celare qualche altro suo piano. A buon intenditor… A sua volta il senatore Lundeen scrive nel Sunday Journal che « la politica estera di Roosevelt tende a implicare gli Stati Uniti in una nuova guerra europea, portando cosí la politica americana, che sola può salvare gli Stati Uniti, verso nuove compromissioni belliche non desiderate dal popolo amencano ».

Manca solo il filo-ebraismo e l’affare delle bolle di sapone che ogni tanto Roosevelt lancia in aria per esasperare le potenze autoritarie. « La cannuccia è sua — dicevo io — il sapone è giudaico e massonico ».

Sopraggiunge a questo proposito un nuovo anello di prova che si aggiunge alla lunga catena.

È nota, a chi tiene gli occhi aperti, l’azione sovversiva esercitata in Europa Centrale dalla massoneria americana, composta esclusivamente da ebrei, che risponde al nome di « B’nai B’rith » ; massoneria direttamente controllata dalla plutocrazia ebraica americana. È provato, attraverso il documento segreto stampato nel Bollettino delle Associazioni Massoniche Internazionali, che Roosevelt fa parte di queste logge, delle quali « è l’uomo nel quale sono riposte tutte le speranze dei venerabili fratelli in Hiram » per avere egli «ricevuto la luce nei loro templi ». È anche provata l’origine ebraica di Roosevelt.

Ora ecco che Roosevelt si è fatto promettere di una « sistemazione onorevole e conveniente » dei fuorusciti politici ebrei dell’Europa Centrale, di coloro cioè che tradiscono il paese che li ospita, ne sovvertono e violano le leggi per instaurare il regime comunista. Roosevelt si è rivolto, per la sistemazione di questi fuorusciti politici, ai paesi dell’America Latina e alle Nazioni di Europa (a ventinove Stati).

Aveva egli un mezzo sicuro per dare prova agli ebrei comunisti di Europa della sua paterna benevolenza : ospitarli in una qualsiasi delle immense e vergini zone del suo paese. Nelle attuali contingenze politiche la prepotente voce del sangue e il richiamo della razza, avrebbe dovuto suggerire a Roosevelt di ospitare in America gli ebrei indesiderabili. Nossignore. Da Washington ci si fa sapere che le quote di immigrazione rimarranno immutate — anche dopo l’atteggiamento di Roosevelt — nei riguardi degli ebrei di Germania, Austria, Spagna, Cecoslovacchia, Polonia, ecc. E allora ?

Evidentemente Roosevelt vuole dirigere un nuovo movimento sionista, pensando che il sionismo di Palestina volge al tramonto. Roosevelt vuole — per gli scopi politici del comunismo ebraico — convogliare gli ebrei per distribuirli in vari settori nevralgici del mondo.

Lo scopo di questa ultima manovra del paladino della democrazia e degli ebrei, appare chiaramente : ora che gli ebrei sono stati trovati in Europa con le mani nel sacco, mentre funzionavano da agenti sovietici per preparare la rivoluzione comunista, è opportuno convogliargli altrove, sempre allo scopo di provocare nuovi pericolosi avvenimenti politici.

Se altri avvenimenti non ci fossero, e ce ne sono moltissimi, basterebbe questa misteriosa proposta di Roosevelt per provare la verità di quanto avevo affermato : « Israele prepara la guerra ».

20. L’ASSE MOSCA-WASHINGTON

15 giugno 1938

Riepiloghiamo :

1. — Il 14 novembre 1937 il New York Herald (edizione di Parigi) dava notizia del telegramma col quale Roosevelt si congratulava con Stalin « per il successo di 20

anni di comunismo ».

2. — Il 12 dicembre 1937 il New York Herald (edizione di Parigi) riferiva il colloquio che il deputato francese Charles Baron ebbe con Roosevelt, il quale ebbe a dirgli : « il fascismo è il veleno del mondo ».

3. — Il 5 maggio 1938 a Washington il ministro della Guerra degli Stati Uniti d’America, Harry Woodring, pronunziava un discorso guerriero, forse perché era la ricorrenza napoleonica, nel quale diceva testualmente : « Ammonisco la Germania, il Giappone e l’Italia che se le dittature vanno troppo in là nelle loro pressioni sulle Nazioni democratiche ne risulterà la guerra ».

4. — Il 14 maggio 1938 il Duce nel discorso di Genova diceva : « Noi vogliamo la pace, ma dobbiamo essere pronti con tutte le nostre forze a difenderla, specie quando si odono discorsi, sia pure di oltre-oceano, sui quali dobbiamo riflettere. È forse da escludere che le cosiddette grandi democrazie si preparino veramente ad una guerra di dottrina. Comunque è bene che si sappia che in questo caso gli Stati totalitari faranno immediatamente blocco e marceranno fino in fondo ».

5. — L’indomani, 15 maggio 1938, era segnalata grande agitazione nei circoli giornalistici e politici di Washington, perché il discorso pronunciato a Genova dal Capo del Governo d’Italia sembrava riguardare il ministro della Guerra americano e le sue parole minacciose. Il Segretario di Stato, Cordell Hull, interpellato dai giornalisti ansiosi, si limitava a dire che non poteva rispondere prima di avere conosciuto il testo del discorso e accertato le circostanze di fatto. La verità è che Hull non poteva smentire il ministro della Guerra. Nessuno meglio di Hull inoltre sa che il 3 maggio scorso il Senato americano ha approvato il programma di armamenti navali proposto dal Presidente Roosevelt — con 56 voti contro 28 —: saranno spesi 1156 milioni di dollari nella costruzione di navi di guerra.

6. — In questi ultimi giorni, il Presidente Roosevelt ha richiamato per la seconda volta l’attenzione del Governo e del Paese sulla questione della guerra in Cina e ha detto : « Se non si interviene in aiuto dei cinesi, si verificherà in Cina una delle piú grandi tragedie della storia moderna ».

7. — Il 21 maggio il ministro della Guerra degli Stati Uniti, Harry Woodrig, ha ripetuto i propositi guerrieri con queste parole :

« Gli Stati Uniti debbono mettere a punto i loro armamenti con la maggiore celerità possibile, perché aggressori potrebbero essere tentati di assalire il paese allo scopo di impossessarsi delle sue ricchezze naturali : la fertilità dei nostri campi, la ricchezza delle nostre miniere possono suscitare le cupidigie degli aggressori ».

Tiriamo le somme :

Dopo aver minacciato la guerra contro gli Stati fascisti, il ministro della Guerra degli Stati Uniti d’America afferma che gli armamenti sono necessari contro una eventuale aggressione. Chi potrebbe desiderare i fertili campi americani e le ricche miniere ? Non certo gli Stati fascisti. Le strane e contradittorie parole del ministro militare americano rivelano perciò una cosa sola : gli Stati Uniti si preparano alla guerra. Intanto Hopkins, amministratore degli enti federali di assistenza sociale, annunzia che il regresso economico degli Stati Uniti è stato in questi ultimi mesi il piú rapido registrato nella storia della Confederazione : tre milioni di operai sono rimasti disoccupati in tale periodo di tempo ; il reddito nazionale è sceso dal novembre 1937 all’aprile 1938 da 68 a 56 miliardi di dollari annui. Inoltre i giornali pubblicano che in una lettera letta al Senato, Roosevelt ha dichiarato che la situazione è peggiorata da quando, sei settimane or sono, egli raccomandò il progetto di nuove spese per 3.427.000.000 allo scopo di fronteggiare la disoccupazione.

Le peggiorate condizioni economiche, l’aumentata disoccupazione, il programma costosissimo di costruzioni militari, le dichiarazioni minacciose di guerra, rispondono perfettamente al piano ebraico di preparare la guerra spingendo al tempo stesso gli operai alla disperazione.

Senonché, visto che batterie sono scoperte, ecco un tentativo per nasconderle.

Il Sottosegretario di Stato per gli Interni, Summer Welles, il 24 maggio affermava che il popolo degli Stati Uniti continuerà a difendere la democrazia e ad alimentare la sua fede in essa, ma eviterà gli attacchi ai sistemi politici che altri popoli si sono dati. Ecco le sue parole :

« Il mondo è sovraccarico di conflitti fra dottrine divergenti, di aspre recriminazioni tra esponenti di dogmi differentissimi, di propaganda condotta da interpreti di un’ideologia tra i credenti di un’altra. Come popolo, noi dobbiamo evitare qualsiasi attacco alle nostre istituzioni e alla nostra politica rigorosamente interna da parte di Governi stranieri ».

Ma a riscoprire le batterie sopravviene l’indomani, 25 maggio, un altro discorso guerriero ; quello pronunziato a New York dall’Ambasciatore accreditato da Stalin presso Roosevelt. L’Ambasciatore dell’U.R.S.S. negli Stati Uniti di America, Troyanowski, ha detto :

« L’Unione Sovietica è pronta a difendere con le armi la Cecoslovacchia e la Francia, qualora fossero aggredite ; forse anche il mio paese potrà essere chiamato a difendere altre potenze straniere. Noi siamo pronti a collaborare alla conservazione e alla difesa della democrazia ».

Il sipario è calato : democrazia è sinonimo di bolscevismo, come bolscevismo è sinonimo di ebraismo. L’asse Mosca-Washington, con precisi scopi militari, è ufficialmente inaugurato, e siccome il sistema dell’internazionale ebraica è di preparare simultaneamente la guerra e la rivoluzione, il compito in America è diviso tra La Guardia, che prepara la guerra civile, e Roosevelt che organizza la guerra. La preparazione della guerra da parte degli Stati Uniti corrisponde alla preparazione della guerra da parte della Russia.

Il piano ebraico di conquista mondiale è basato su rivoluzione e guerra, che scoppiano all’improvviso e allo stesso tempo : gli ebrei, nella terribile situazione caotica che deriva da questa duplice sanguinaria contingenza, si impossessano intanto del denaro altrui e diventano sempre piú ricchi. Ecco chiarito il discorso guerriero e le misteriose parole del ministro della Guerra degli Stati Uniti, del Presidente Roosevelt, dell’Ambasciatore dell’U.R.S.S., di cui certo nessuna nazione del gruppo Antikomintern ha avuto timore.

Conoscere il gioco dell’avversario è già una certezza importante di vittoria. Il Duce ha ammonito.

POSTILLA

Ma Cordell Hull doveva decidersi a parlare, ed ha parlato il 3 giugno contro « l’anarchia internazionale, esistente in varie parti del mondo » (Giappone), e in particolare « in piú parti di Europa » (Germania e Italia). Con fariseismo puritano e facendo affidamento sulla immensa ignoranza dei suoi concittadini ha sentenziato :

« I solenni obblighi contrattuali sono a cuor leggero e con gesto sprezzante messi da parte. Il rispetto della legge e l’osservanza della parola data sono caduti ad un livello inconcepibilmente basso e le antiche grida di glorificazione della guerra risuonano ancora una volta in molte parti del globo.

La forza armata, nudamente e senza vergogna, è di nuovo impiegata come strumento di realizzazioni politiche e mezzo d’aggressione per ingrandimenti ed espansione nazionali : si fa ricorso ad essa con una brutalità sconcertante che degrada ogni istinto umano…

« L’attuale spirito di illegalità è una conseguenza diretta della deriva, verificatasi in questi ultimi tempi, verso un’era nazionalistica, la quale implica una decadenza materiale e spirituale. »

A questa autentica voce delle potenze occulte nord-americane, ha fatto eco, presso che con le medesime parole e nello stesso giorno, Anthony Eden, esponente non meno autentico delle forze occulte inglesi. Egli, rivolgendosi per lettera ai suoi elettori, si mostra assai pessimista sulla situazione internazionale:

« Viviamo in momenti di estrema ansietà e malgrado certe previsioni ottimistiche sarebbe pericoloso menomare i gravi pericoli che sono nascosti nella situazione mondiale attuale in generale ed in quella europea in particolare ».

L’ex ministro degli Esteri inglese, al pari del ministro degli Esteri americano, se la prende poi contro coloro che non rispettano gli impegni internazionali (ossia l’Italia e la Germania) e termina dicendo che « il pericolo per le democrazie è cosí grande che bisogna che la nazione sia perfettamente unita se vuole mantenere la propria sicurezza ». Naturalmente la sicurezza inglese, al pari di quella americana, è minacciata dalle potenze autoritarie o meglio dal fascismo. Questo è il pensiero delle democrazie e del giudaico santone, barcollante sulle malferme gambe : Roosevelt. Se non che, un telegramma da New York del 2 corrente ai giornali fa sapere :

« La Commissione di inchiesta parlamentare statale del Massachussetts dimostra in una sua relazione che il pericolo fascista negli Stati Uniti è immaginario. Rivela che invece il vero pericolo è costituito dal comunismo attivissimo e organizzato a scopo rivoluzionario. Le unioni laburiste, quelle dei disoccupati e la « National Maritime Union » sono controllate dai comunisti, che hanno posizioni dominanti nel Comitato dell’organizzazione industriale ».

Altro che « pericolo fascista » ! La verità è una sola : Israele prepara la guerra ; per scatenare la quale sono, con somma ipocrisia e perfidamente, elevati a bandiera i ben noti argomenti : « violazione di obblighi contrattuali » ; « osservanza della parola data » ; «spirito di illegalità » ; « ricorso alla forza » ; « gravità della situazione di chi vive del rispetto dell’altrui diritto » ; « spirito di aggressione », ecc.

Argomenti tutti che sono e saranno il substrato di tutti i discorsi dei veri bellicisti.

Il 7 giugno i giornali pubblicavano questa notiziola che ha valore di chiave per molte incognite:

« Il corrispondente da Mosca dell’« International New Service » telegrafa i particolari della visita dell’Ambasciatore americano signor Joseph Davies a Stalin.

« Il signor Davies si è recato al Kremlino per congedarsi dal signor Molotof, presidente del Consiglio dei Commissari del popolo, quando Stalin lo fece chiamare.

« In una intervista avuta subito dopo il colloquio con StaIin, il signor Davies ha detto di esser lieto di aver avuto l’opportunità di parlare con Stalin prima di trasferirsi a Brusselle.

« Abbiamo avuto un’interessante conversazione — ha detto il signor Davies — durante la quale abbiamo discusso, nelle loro linee generali, le questioni mondiali ».

Questa è la prima volta, in quattro anni e mezzo, che un ambasciatore ha avuto una intervista con Stalin.

È facile immaginare che l’ambasciatore, dopo avere esaminati col dittatore rosso i «pericoli dell’avanzata giapponese in Cina », ha ripetuto a nome del Presidente Roosevelt le congratulazioni a Stalin per « il successo dei 20 anni di comunismo » ed avrà concertato il da fare contro il fascismo : « il veleno del mondo ».

Tutte le grandi speranze delle forze dissolvitrici sono ormai riposte nel sonnambulo presidente dell’ebraismo, al quale opportunamente Il Popolo d’Italia ricordava che piú che blaterare di democrazia e sputare sentenze in casa altrui, meglio farebbe a tenere presente che « gli Americani avrebbero un altro tema da attuare: quello che riguarda la sicurezza dei loro bambini — in casa loro — e che costituisce l’abbicí per i popoli che aspirano alla civiltà».

21. L’ORIGINE EBRAICA DI ROOSEVELT E DELLA SIGNORA ROOSEVELT

15 novembre 1938

1. — Chiunque può consultare un documento anagrafico pubblicato per primo del The Realer (Wichita, 15 ottobre 1937) dal quale risulta che nel 1682 ebbe luogo in America un matrimonio tra Nicolas Rosenvelt e Heyltie Janskunst. Nicolas Rosenvelt era figlio di Claes Martenszen van Rosenvelt e di Jannetje Samuels : da questa coppia discende la moglie dell’attuale presidente Roosevelt. Un altro figlio di Nicolas Rosenvelt, di nome Giacobbe sposò Caterina Hardenbroech : da questi discende il Presidente degli Stati Uniti. Fu Isacco Rosenvelt, figlio di Giacobbe che abbandonò il vecchio cognome per quello americano di Roosevelt. Questa genealogia dei coniugi Roosevelt è stata stabilita a cura del celebre Istituto Carnegie di Washington.

2. — Tutta la stampa americana pubblicò una intervista del governatore dello Stato del Michigan, Chase Osborne, sulla famiglia del presidente, di origine olandese, che abitò prima la Spagna, e dalla quale fu espulsa allorchè furono espulsi gli ebrei.

3. — Ma è lo stesso presidente Roosevelt in persona che proclama la sua origine ebraica. Nel The New York Times del 14 marzo 1935 v’è un discorso di Roosevelt nel quale si legge : « I miei antenati erano ebrei. Tutto ciò che io conosco circa i miei antenati è che discendo da Claes Martenszen van Rosenvelt ». E del suo attaccamento agli ebrei, Roosevelt non ne fa un mistero. La piú tipica festa ebraica, esclusivamente ebraica, è la festa di Purim. Tutti sanno quale è il significato della festa di Purim. Lo scorso anno ebraico 5698, il presidente Roosevelt indirizzava al giornale Joint, scritto in yiddish, un messaggio nel quale evocava la storia di Aman del tempo di Mardocheo, affermando che « la caduta di Aman fu una delle tappe della liberazione della umanità ». Il messaggio concludeva :

Il pensiero della miracolosa liberazione del popolo ebraico minacciato tanti secoli fa di distruzione da parte di Aman deve rafforzare la fede nel futuro, nell’anima degli Ebrei. La coscienza della loro radiosa successione dia ad essi la sicurezza della vittoria finale.

Nessun Gran Rabbino può avere un pensiero piú profondamente ebraico di questo.

E, come tutto il mondo ebraico internazionale, il presidente Roosevelt è antifascista, e non lascia passare occasione per affermare il suo filo-bolscevismo nell’atto stesso che diffama il Fascismo e i regimi autoritari.

Una delle piú tipiche manifestazioni dell’ebraismo di Roosevelt è costituita dal discorso pronunziato il 26 ottobre 1938 alla radio della Casa Bianca. Un discorso sul disarmo nell’atto stesso che gli Stati Uniti si armano fino ai denti. È’ la solita « menzogna eterna » del giudaismo. E volete sapere a che cosa — per l’ebreo Roosevelt — è seconda la pace del mondo ? Alla ospitalità che si accorda o meno agli ebrei. Ecco il linguaggio giudaico del Presidente dell’ebraismo mondiale :

Non può esistere pace fino a che si ricorre, quale strumento deliberato di politica nazionale, alla dispersione per le vie del mondo di gente inerme e perseguitata, errante perché non trova posto su cui poggiare la testa.

Dal che si vede che d’ora innanzi, per regolare le cose di casa propria, gli Stati autoritari devono chiedere il permesso al Presidente del giudaismo, il quale ha sottoposto i 128 milioni di cittadini americani al dominio ebraico. Alcuni nomi e qualche cifra.

Tutti i principali collaboratori di Roosevelt sono giudei. Su settantacinque funzionari dirigenti i vari Ministeri, ben cinquantadue sono ebrei. Fra questi si contano i consiglieri addetti all’ufficio presidenziale, Bernhard Baruch e Felix Frankfurter ; nel Dipartimento del Tesoro, oltre al segretario Henry Morgenthau, vi sono altri undici direttori generali ebrei ; nel Dipartimento del Lavoro, Frances Perkins ebreo, ha nove ebrei ; nel

Dipartimento di Stato, Cordell Hull, che ha sposato un’ebrea, ha ai suoi ordini altri sei direttori ebrei.

Tutto il sistema di propaganda governativa è nelle mani degli ebrei. Eppure gli ebrei sono una minoranza nel paese : su circa 128 milioni di abitanti, gli ebrei sono tre milioni e mezzo : rappresentano il tre per cento della popolazione, ma la percentuale che si aggiudicano nelle libere professioni e nel commercio raggiunge il 50 per cento, superando il 70 per cento nell’industria. I capitalisti ebrei controllano e dirigono l’industria cinematografica, i principali giornali, fra cui il New York Times, le piú autorevoli banche, e possiedono il 60 per cento dei teatri e dei cinematografi.

Quando entrerà nella testa degli italiani che Roosevelt è il massimo esponente dell’ebraismo mondiale ? E che la sua politica è esclusivamente ebraica ? Sono non miopi, ma ciechi coloro che manifestano simpatia per la politica economica di Roosevelt, perché «controllata dallo Stato » e sottratta alla egemonia della plutocrazia. Che cosa significano queste parole prive di serio contenuto ? E non è controllata dallo Stato anche tutta la economia sovietica ?

Sotto l’influenza delle agenzie di informazioni giudaiche e della grande stampa dominata dal giudaismo, i giornalisti italiani sparsi per il mondo non vedono che, al pari di quella interna, tutta la politica estera di Roosevelt è diretta contro gli Stati autoritari e piú precisamente contro Germania, Italia e Giappone. La prima conferenza pan-americana fu un fiasco perché il Brasile rovinò le mire di Roosevelt e di Hull ; ma lo scopo era preciso : organizzare le repubbliche latine del Sud-America contro la Germania, l’Italia e il Giappone — cioè le nazioni povere di materie prime — in previsione della nuova guerra mondiale progettata da Israele. Basta seguire il sistema quotidiano di diffusione di notizie nel Sud-America da parte delle grandi agenzie dei paesi cosiddetti democratici per rendersi conto della verità di queste affermazioni.

Fallito una prima volta lo scopo, ecco che si torna alla carica. È del 6 novembre corrente il discorso pronunziato dal Sottosegretario agli Esteri degli Stati Uniti, Summer Welles, per illustrare il significato del Congresso panamericano di Lima.

Dopo aver insistito sulla necessità che gli Stati Uniti si mettano in grado di potersi difendere con i soli loro mezzi da qualunque aggressione, il Sottosegretario ha rilevato che questa preparazione armata si rende tanto piú necessaria in quanto spetta agli Stati Uniti di collaborare con le repubbliche americane al mantenimento della sicurezza nell’emisfero occidentale, onde preservarlo da qualsiasi attacco.

« La situazione attuale — ha soggiunto il Sottosegretario — rende necessario, ora piú che mai, che scompaia ogni ombra di malinteso e sospetto nelle relazioni fra le repubbliche americane ».

Il Welles ha inoltre riaffermato i principii della dottrina di Monroe, ed ha dichiarato che gli Stati Uniti « tengono le polveri asciutte onde essere pronti ad unirsi alle democrazie del nuovo mondo per parare qualunque minaccia contro l’emisfero occidentale ».

Il discorso di Welles coincide con l’informazione di carattere ufficioso, secondo la quale Washington progetta una ulteriore espansione delle forze aeree, per cui il numero degli apparecchi dell’esercito e della marina sarebbe portato complessivamente a 7000.

È semplicemente ridicolo credere a quanto una parte della nostra stampa — che va per la maggiore — affermava, e che cioè gli Stati Uniti avevano progettato la conferenza pan-americana in antagonismo alla influenza britannica nel Sud-America. Roosevelt non prenderà mai posizione contro l’Inghilterra e contro le « democrazie ».

È’ negli Stati Uniti — sede del Kahal — che si coordina l’attività ed il piano antifascista delle « democrazie », le quali sono sinonimo di giudaismo e massoneria.

Il pontefice massimo del giudaismo mondiale e quindi della massoneria è Franklin Delano Roosevelt, giudeo di razza. Quando entrerà questa verità nella testa dei giornalisti italiani ?

22. LA PRESIDENTESSA

15 marzo 1939

Passerà cosí nella storia degli Stati Uniti Anna Eleonora Roosevelt, tanta è la sua determinante influenza nel governo, nella vita e nei destini della Nazione : « la presidentessa ». Pochi mesi dopo il suo ingresso nella Casa Bianca gli americani cominciarono a domandarsi : « abbiamo eletto il marito oppure la moglie ? ». La domanda non era priva di grandi preoccupazioni, perché era vivo il ricordo del governo della moglie di Wilson : la paffutella vedova di un orefice giudaico di Washington, la quale fece da presidente e da dittatore durante la paralisi del marito.

Eppure gli americani dovevano saperlo, che eleggendo Franklin Delano Roosevelt, avrebbero eletto Anna Eleonora Roosevelt, di comune ceppo ebraico. Non aveva essa dominato anche la vita di Franklin Delano, cugino e illustre fanciullo ? E quando, giovanotto, il futuro presidente entrò, studente, nella Università di Columbia, non seppe la cugina Eleonora fargli rompere una tradizione nazionale costringendolo a mettere sotto il moggio la fiaccola celibataria dello scibile e della rispettabilità, che vuole che gli studenti americani della Università seguano, durante lo studentato, l’esempio delle Vestali romane?

E un’altra cugina della presidentessa e del presidente, Alice Longworth Roosevelt, non aveva pubblicato in una rivista di Washington una biografia del futuro presidente nella quale era detto che Franklin « è per tre quinti musch (leggi : pappa) e per due quinti Eleonora ? ».

E chi ha visto Roosevelt — dal giorno in cui dalla Tammany di New York ebbe il battesimo politico — dinanzi alle piramidi cibarie dei banchetti politici mangiare a due palmenti, gioviale e sempre pendente dalle labbra di Eleonora, non può non far propria la definizione che, del Presidente di tutte le democrazie, ha dato la cugina Alice Longworth.

Dall’infausto giorno del 1921 in cui Franklin Delano Roosevelt, all’età di quarant’anni, mentre si bagnava nelle fredde acque dell’Hudson, contrasse la paralisi infantile che gli immobilizzò permanentemente gli arti inferiori, non è stato piú possibile vederlo in piedi ; nessuno ha mai piú visto Roosevelt senza essere appoggiato ad un bastone e al braccio di un fedele, che egli fa apparire in pubblico in veste di generale o di ammiraglio. Da quel giorno infausto, il bastone vero e sicuro del futuro presidente diventò la moglie.

Sarà scritto nella storia dei presidenti americani che la paralisi dei mariti fece diventare presidentesse le mogli. Il presidente Roosevelt, poverino, ha bisogno di tante cure e di una permanente vigilanza. È la presidentessa che lo dice in una autobiografia dal titolo La Signora della Casa Bianca (The Lady of the White House), pubblicata alcuni mesi fa. L’autrice illustre rivela che il suo grande marito ha sempre sofferto di sonnambulismo e di allucinazioni. La signora Roosevelt descrive lo spavento provato quando, in viaggio fra l’Europa e New York, si accorse una notte che il futuro Presidente aveva lasciato la cabina e passeggiava, addormentato, sul ponte scoperto della nave, e come, in un’altra occasione, durante un soggiorno in Iscozia, sia stato colto dall’ossessione che il soffitto precipitasse sui loro letti (cosí come ora è tutto preso dall’ossessione che le potenze autoritarie vogliano aggredire e dividersi gli Stati Uniti).

Fu cosí che la presidentessa entrò nella Casa Bianca con tutto il peso della sua ininterrotta diurna e notturna assistenza, con la sua autorità e con tutto il bagaglio del suo passato. Conservò le vecchie amicizie, le impose al Governo della pubblica cosa, diede la precedenza a quanti — nel mondo giudaico, comunista e socialista d’America — avevano avuto contatti con lei.

Un’americana, Elisabetta Dilling di Chicago, ha reso un gran servizio agli Stati Uniti d’America, con una interessante pubblicazione, dal titolo The red network, che ha avuto un fuoco di fila di edizioni.

In questo libro sono descritti gli intrighi, le insidie, le impudenze della propaganda  giudaica e bolscevica in America, agli ordini di Mosca. Nel capoverso « Who is who in radicalism », è catalogato il riverito nome della presidentessa. Nella stessa lista sfilano i caporioni comunisti, i capintesta moscoviti e perfino qualche monsignore cattolico irlandese, dell’Università cattolica di Washington. Vorrei poter riportare per intero il capitolo dedicato alla signora Roosevelt, parola per parola. Viene fuori che i suoi vecchi collaboratori, tutti notissimi socialisti, comunisti e giudei celebri, sono anche collaboratori del New Deal, e quindi messi alla testa del Governo degli Stati Uniti d’America.

L’energica presidentessa, apparisce associata con la ben nota « Garland Foundation » — a cui risale, in massima parte, la propaganda comunista e socialista americana — creata da Charles Garland, lo scapestrato milionario bostoniano che ebbe il gran torto di ereditare dagli stivali di suo padre due o tre milioni di dollari.

Costui fece parlare i giornali con la sua colonia nudista del libero amore. Il libero amore è uno dei capoversi del comunismo russo e rabbinico. Finí poi col cedere tutto il suo denaro, creando questa « Garland Foundation », cui appartengono, oltre alla signora Roosevelt,  Norman Thomas, Foster ed altri pezzi grossi del gamberismo americano. Fra le altre accomandite, pullulate dalla Fondazione, c’è la cosí detta Non-Intervention Citizens Committee, che si proponeva l’abolizione della « Monroe Doctrine » che fu sempre uno dei capisaldi della politica americana e che è stata praticamente abolita dal Presidente consorte. In una conferenza a favore del pacifismo, inteso sempre in senso asiatico e comunistico, la signora Roosevelt, che era presente, fu salutata dalla nota propagandista Carrie Chapson Catt, come « una dei nostri e la prima socialista e comunista entrata nella Casa Bianca ». La presidentessa si adoperò all’indomani a far prolungare l’Ora Comunista della radio di Mosca sul fascio delle stazioni radiofoniche americane.

I suoi vecchi amici e collaboratori l’han seguita, con grosse prebende nel governo del marito. Norman Thomas, il trombato candidato socialista alla presidenza, è riuscito a far sostituire il suo programma o piattaforma socialista a quello democratico, giurato da Roosevelt. Si tratta di settantacinque giudei nel preferito entourage. Un esercito. Parecchi di questi giudei, come Frankfurter, Hullman, Mordekai Ezeckiel, Wise — il famoso rabbino, capo della Kehilla ebraica per l’emisfero occidentale — non sono nati in America, ma in compenso questi figli di Giacobbe sono portatori di idee straniere, e dissolventi la compagine americana. Che piú ? Non è il caso di ricordare gli ultimi atteggiamenti della presidentessa. Sono a tutti noti. Ecco i due piú recenti.

Si legge nel Service Mondial (Erfurt 1-2-39) che in Galilea è stata recentemente  costituita una colonia ebraica denominata « Léon Blum ». Il denaro necessario per la costituzione di questa colonia ebraica sionista è stato raccolto a New York durante una riunione pro-sionisti. La moglie del presidente Roosevelt e l’ambasciatore francese a Washington  hanno pronunciato in questa occasione vibranti discorsi. Sappiamo che la signora Roosevelt durante la guerra civile di Spagna, ha parteggiato apertamente per i bolscevichi-ebrei-rossi. La gratitudine di costoro fu tanta, che alla vigilia della conquista di Barcellona da parte delle truppe di Franco, giunsero a New York alcuni importantissimi quadri di Goya e di Velasquez provenienti dai musei spagnoli. Erano destinati alla signora Roosevelt : era un grazioso dono dell’uccisore e torturatore di cristiani, Negrin. Il dono non fu accettato, perché Barcellona era caduta. Altrimenti…

Con questi precedenti tutto è spiegato. Si gioca ormai a carte scoperte.

Quello che è avvenuto non poteva non avvenire. E quello che avverrà si conosce. Il tutto culmina nell’odio di Roosevelt contro gli Stati autoritari e antigiudaici. Odio fino a scatenare la guerra che sognava e preparava Israele.

Poppea, completamente dominata dai giudei, riuscí ad avvelenare l’anima di Nerone contro i primi cristiani e li fece condannare ai leoni e alle tigri, quando non diventavano torce ardenti. Eleonora la presidentessa vuole che oggi tutto il mondo diventi torcia ardente per illuminare il sorgere del regno di Israele, e Franklin Delano Roosevelt sta preparando la resina e apprestando il fiammifero.

23. E LA GUERRA EBREA È VENUTA

15 settembre 1939

E la « guerra ebrea » è venuta. Quella guerra in previsione della quale, tre mesi prima ne La Vita Italiana era posta la domanda : L’Inghilterra farà o non farà la « guerra ebrea » ? E con la guerra è anche venuta la chiara dimostrazione delle seguenti incontrovertibili verità, costantemente e ripetutamente annunziate :

1. — La guerra è stata preparata in America dall’ebraismo che ha nel governo dell’Inghilterra i suoi maggiori strumenti europei : uomini che la stampa dominata dalla alta finanza ebraica fa passare per « ottimi inglesi », presentando la loro politica come autentica politica inglese.

2. — La prima e più grande responsabilità — dopo quella di Roosevelt — della « guerra ebraica » spetta perciò all’Inghilterra. L’autorevole e non sospetto The Catholic Times, dopo avere enumerato gli sforzi compiuti in ciascun paese dai gruppi internazionalisti per scatenare la guerra mediante una pressione politica ed economica, a fine luglio 1939 scriveva : « È un fatto che l’intenzione di provocare la guerra è, nel nostro paese, apertamente confessata… Basta passeggiare per Londra e nei dintorni, ascoltare i discorsi della gente che si pretende bene informata, per sentir dire che la guerra è una cosa decisa, che se ne farà nascere l’occasione e che perfino la data ne è stabilita, al piú tardi, il 12 agosto ».

Uno spostamento di venti giorni…

3. — La guerra, voluta e preparata dal giudaismo è stata scatenata per opera della Polonia, che ospita in Europa il maggior numero di ebrei e dove l’ebraismo dominatore ora come non mai, ha avuto come inflessibile strumento quel colonnello Beck, che l’organo ebraico Jewish Daily Post fin dal 28 luglio 1935 vantava con queste parole : « Il colonnello Beck è nato come ebreo ».

4. — L’odio ebraico contro la Polonia ebbe le piú atroci e calunniose manifestazioni proprio nella politica dell’Inghilterra. Fu il Comitato Inglese alla « Società delle Nazioni » quello che il 29 novembre 1920 protestò, in assemblea, contro « la violenta propaganda antisemita nella Polonia ; propaganda che mette in pericolo la pace ed ha condotto a numerosi delitti contro gli ebrei ». Quando però la Polonia ebbe al governo uomini designati dall’ebraismo (primo fra tutti il colonello Beck) l’Inghilterra diventò la sostenitrice della Polonia presentata come angelo di pace. Nel pensiero degli uomini di fiducia dell’ebraismo inglese, la Polonia doveva diventare, una volta sparita la Cecoslovacchia, il paradiso degli ebrei nel centro di Europa.

5. — L’Inghilterra ha l’abitudine costante di pubblicare, a trattative diplomatiche chiuse, il Libro bianco dei documenti. Se non ancora ha visto la luce il Libro bianco che riguarda le trattative anglo-franco-russe per il « patto di pace », è perché, come chiaramente precisó Molotov dinanzi al Soviet supremo dell’U.R.S.S., non è possibile nascondere che con quel patto di pace si aveva l’intenzione di trascinare subito la Russia nella guerra a fianco dell’Inghilterra contro la Germania.

6. — Hore Belisha, l’agitato ministro ebreo della « guerra ebrea » scatenata dall’Inghilterra è, assieme a Churchill e ad Eden, il maggior sostenitore della guerra « fino in fondo » ; perché in essa vede la vendetta d’Israele.

7. — Tutto il mondo sa quale è stata in un ventennio l’opera costante ed ammonitrice di Mussolini per evitare fino all’ultimo momento questa guerra ; tutto il mondo sa pure che anche la Francia aveva all’ultima ora acceduto alla proposta di Mussolini, tendente non solamente a risolvere il conflitto tra Germania e Polonia, ma ad affrontare l’intollerabile ingiustizia di Versaglia. È’ stato il « no » della inflessibilità giudaica dell’Inghilterra che ha deciso la guerra minuziosamente preparata. L’opera di Mussolini si è trovata cosí di fronte al proposito ebraico annunziato fin dal 3 marzo del 1939 dall’organo dell’ebraismo inglese Jewish Chronicle, che dichiarava solennemente : « Noi non daremo pace al mondo… la testa della famosa idra apparirà in tutti gli ambienti diplomatici e sbarrerà il passo ad ogni tentativo di distensione internazionale… noi ebrei non lasceremo pace al mondo per quanto zelo possano impiegare gli uomini di Stato e gli angeli della pace per conseguirla ». E si è avverata anche la profezia del giudeo Emil Ludwig lanciata ne Les Annales del giugno dei 1934 : « Hitler non vuole la guerra, ma egli vi sarà costretto, non quest’anno ma presto… L’ultima parola come nel 1914 è all’Inghilterra ».

Questa è la verità storica che nessun « Intelligence Service », nessuna propaganda, nessuna Cavalleria di San Giorgio potranno mai falsificare, alterare od occultare. E la documentazione minuziosa, tempestiva e non a posteriori è nelle pagine de La Vita Italiana. La quale in tempo non sospetto (quindici anni or sono) ricordava alla Polonia la terribile profezia del santo taumaturgo gesuita polacco Andrea Bobola il quale, allorché fu con atroci supplizi messo a morte dai cosacchi, divinò che la Polonia doveva perdere ancora una volta la sua libertà. Questa profezia ricordammo nel maggio del 1939 al colonnello Beck, il giorno in cui a Varsavia, nel sobborgo di Saska Kempa, al santo gesuita veniva dedicato un tempio.

Chi ha detto che solo le profezie degli ebrei si avverano e non anche quelle dei Santi ?

24. GLI INCENDIARI DELLA GUERRA EBRAICA

15 marzo 1940

Non è fuor di luogo ricordare una lettera sulla necessità di una collaborazione navale fra gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia, che l’ex sottosegretario di Stato Stimson indirizzò or sono due anni, il 7 marzo 1938, al New York Times e che il Segretario agli Esteri Cordell Hull, sia pure genericamente, approvò e accreditò in aperta offesa ad alcune grandi Nazioni, facendo intravedere la nuova e aperta provocazione alla guerra odierna.

Ecco il testo della lettera di Stimson :

Noi, americani, non possiamo ignorare il fatto che quasi ad ogni momento un gruppo di Potenze fasciste può fare un attacco contro la sicurezza vitale di una delle due Nazioni amanti della pace, sulle quali riposa in larga parte la sicurezza della nostra civiltà, ossia la Gran Bretagna e la Francia.

Questo attacco implicherebbe quasi inevitabilmente entrambe queste Nazioni, e, stando alle presenti apparenze, vi collaborerebbero tutte e tre le Potenze fasciste. In tal caso soltanto una strada si potrebbe seguire, per salvare la presente civiltà, su cui riposa il nostro benessere nazionale.

Oggi il gruppo aggressivo è piu potente nell’aria e per terra di quanto siano Francia e Gran Bretagna messe insieme, ed è forse sufficientemente forte sul mare da inchiodare le flotte britannica e francese nelle acque europee, lasciando così scoperto alla potente flotta giapponese l’intero Pacifico occidentale, inclusi i Dominions di lingua inglese dell’Australia e della Nuova Zelanda, e anche il Canadà occidentale, come pure la base navale di Singapore, che è la chiave di protezione di quelle regioni.

La difesa contro questa azione in Europa e in Asia da parte delle Potenze fasciste, può essere realizzata soltanto con un’azione navale congiunta delle tre grandi democrazie, inclusivi, cioè, gli Stati Uniti. È tutt’altro che fuori del probabile che una Francia o un’Inghilterra o una Olanda devastata o minacciata possa essere forzata a cedere ad una nazione fascista qualcuno dei suoi possedimenti nell’emisfero occidentale o nell’Oriente ; o a fare impegni con quella nazione, che sarebbero ancor piu pericolosi per la nostra sicurezza.

Sarebbe forse la nostra posizione migliorata dall’aspettare con le mani in mano che questo accada ?

Il segretario agli Esteri signor Cordell Hull, riferendosi a questa lettera, dichiarava : « è senza dubbio un’affermazione costruttiva».

Simultaneamente il congressista repubblicano signor Fish diramava un comunicato per negare a Stimson il diritto di parlare in nome del partito repubblicano, e denunziava la lettera come una messa a nudo della politica di Roosevelt, e cioè « politica verso imbrogli di alleanze, che il popolo americano non vuole ».

Il corrispondente del Times da Washington si affrettava a sua volta a fare osservare che il signor Fish protestava con nessuna maggiore autorità a rappresentare il partito piú di quanto ne avesse il signor Stimson nello scrivere la sua lettera ; ma soggiungeva che «l’approvazione, sia pure in termini generici, della lettera, espressa dal segretario di Stato Hull era fatta in nome del Governo ».

La lettera dello Stimson apriva cosí in pieno la discussione sulla politica estera di Roosevelt; politica che aveva lo scopo di incitare le democrazie contro ciò che Roosevelt chiamava le forme di intimidazione delle Potenze totalitarie. Il Governo americano del signor Roosevelt si arrogava la parte di sergente dei pompieri incendiari, che era stata prima tenuta dai vari Cecil ed arcivescovi anglicani.

25. UN PAZZO E UN SONNAMBULO HANNO NELLE MANI LE SORTI DELLE GRANDI DEMOCRAZIE

15 giugno 1940

Tra i documenti del Quarto Libro Bianco tedesco sulla genesi della campagna in Norvegia, ve ne è uno singolarissimo non tanto per la documentazione del proposito inglese di coinvolgere nella guerra Svezia e Norvegia, quanto perché rivelativo del « sistema nervoso» dell’attuale capo del governo del barcollante impero di S. Maestà britannica. Mi riferisco al rapporto segreto che il signor Martensen fece il 2 febbraio 1940 al ministro di Norvegia Coeban. Leggiamo :

« Nel corso della conversazione Churchill si espresse con molta amarezza circa l’accoglienza che il suo famoso discorso aveva trovato presso i neutrali. Ma egli comprendeva la nostra riserva e comprendeva anche come noi non fossimo pronti. Gli dissi che noi non eravamo piu avanzati di quanto lo fosse l’Inghilterra nei giorni di Monaco ; allora egli rise amaramente.

« Egli era furioso contro la Norvegia e la Svezia, soprattutto contro la Svezia (mentre aveva già rinunciato alla Danimarca, dicendo che non era consigliabile difendere la Danimarca, la quale « presto o tardi sarebbe stata presa dalla Germania) ; sostenne che il ferro svedese, che passava da Narvik entro la zona delle tre miglia, non doveva giungere in Germania, ed ebbe contro la Norvegia parole brutali ; parlò infine delle tre navi che egli credeva fossero state silurate entro la zona delle tre miglia. Dovetti di nuovo contraddirlo e dire che il ministro degli Esteri norvegese aveva dimostrato davanti allo Storting che le tre navi non erano state silurate, e che due navi erano state affondate fuori dalla zona delle tre miglia.

Egli non aveva saputo nulla del rapporto del ministro degli Esteri norvegese (io avevo inviato una breve comunicazione al riguardo al Daily Herald, dato che questo giornale me ne aveva a suo tempo fatto richiesta. Ma la notizia non venne pubblicata, poiché si voleva far credere che le tre navi fossero state silurate entro le nostre acque territoriali).

« Churchill voleva fermare il petrolio della Romania, ma confessò che ciò era molto difficile. Poi si infuriò di nuovo contro il ferro svedese, ma ammise che il giorno in cui venisse fermato il ferro, « Stoccolma sarebbe bombardata », come ebbe ad esprimersi con cinica astuzia. E dopo aver mangiato qualche cosa ed essere rimasto alquanto a sognare, si dichiarò d’accordo con me che gli uomini di Stato nordici avevano ragione di pensarci due volte prima di gettare il paese e il popolo alla perdizione. »

È il capo di governo del piú grande impero del mondo un pazzo da legare ?

Non altrimenti ci viene presentato, barcollante sulle gambe malferme, Roosevelt in un recentissimo libro (Alsop & Kintner : American White Paper, Simon & Schuster, New York 1940) che due giornalisti americani hanno dedicato a una cronaca degli ultimi avvenimenti internazionali, visti e vissuti « dietro le segrete porte della Casa Bianca e del  Dipartimento di Stato ». I due scrittori — uno dei quali è un lontano cugino di Roosevelt — devono aver trovato la chiave buona per disserrare quelle porte. C’è anzi chi afferma che questa storia della attività diplomatica americana sia uscita addirittura «da sotto il letto del Presidente».

Gli autori narrano che alla Casa Bianca si vive sotto incubi tali che potrebbero avere un peso decisivo sulle sorti del popolo americano. Nel loro racconto, Alsop e Kintner ci presentano Roosevelt che ha perduto il sonno e il sorriso, e che si agita e smania, terribilmente oppresso da angosciosi pensieri circa i « mortali pericoli » a cui si troverebbe esposto il Continente americano nell’ipotesi di una rovinosa sconfitta degli Alleati. Questa angoscia è enormemente aggravata dalla « crudele insensibilità » che l’opinione pubblica continua a dimostrare di fronte alle apocalittiche minacce paventate dal Presidente.

Roosevelt vorrebbe agire per salvare da un crollo fatale quei tabernacoli di democrazia che sono l’Inghilterra e la Francia ; il popolo americano invece, « non si rende ancora conto della realtà » e intende rimanere estraneo a un conflitto che, a sua impressione, non lo concerne affatto. È’ questo il dramma segreto che da due anni si svolge tra la Casa Bianca e il Congresso, tra il Presidente e la Nazione americana ; ed è nella luce di questo dramma che occorre valutare la « inefficiente verbosità » di certi atteggiamenti assunti da Roosevelt, il quale avrebbe preferito ben altre forme di azione se il Congresso non gli avesse legato le mani.

Un episodio solo, cosí come lo riassume il Corriere della Sera :

« E si giunse alla crisi finale del settembre scorso ; agli appelli di Roosevelt a Vittorio Emanuele, al Fuhrer e a Moscicki ; alla telefonata notturna a Bullitt, all’intervento franco-britannico nel conflitto tedesco-polacco… La cronaca di quelle giornate fu densa di movimentati avvenimenti anche da questa parte dell’Atlantico e i due scrittori ne fanno un quadro vivace e pittoresco. Si rivede Roosevelt in pigiama e papalina, attorniato dal suo Stato Maggiore, agitarsi e smaniare ; Hull che bestemmia sottovoce e Welles che perde la calma ; l’ambasciatore Kennedy che piange al telefono e gli ammiragli curvati sulle carte per tracciare una zona di sicurezza, al largo, alle coste americane…

Francesi e Inglesi premono intanto per rifornirsi di aeroplani e il Congresso viene convocato in sessione straordinaria per revocare quelle maledette leggi di neutralità. La cosa è ormai matura e la formula del cash and carry viene introdotta per attenuare il rigore dell’embargo ; e quando Roosevelt proclama l’applicazione delle nuove misure, una scappatoia viene trovata anche per eludere il cash and carry, escludendo il Canadà dal novero delle Potenze belligeranti… »

Io penso con tristezza alle terribili nottate della Presidentessa Eleonora, che già nel suo celebre libro The Lady of the White House (La Signora della Casa Bianca) ci descrisse come qualmente l’illustre marito, che « aveva sempre sofferto di sonnambulismo e di allucinazioni » le procurò un grande spavento una notte durante un viaggio fra Europa ed America. Eleonora racconta che « il futuro presidente aveva lasciato la cabina e passeggiava addormentato sul ponte della nave » e come « in un’altra occasione, durante un soggiorno in Iscozia, sia stato colto dall’ossessione che il soffitto precipitasse sul loro letto ».

[Ieri la moglie e oggi il cugino. Dal che si vede che servizi di questa qualità li possono rendere solamente le mogli e i cugini].

E questi sono gli uomini nelle mani dei quali le grandi plutocrazie han depositato le loro sorti.

26. « LA FRONTIERA AMERICANA È SUL RENO »

15 luglio 1940

In un articolo dal titolo « America ed Europa » pubblicato nella rivista Berlino-Roma-Tokio, sono contenute precisazioni che benché non propriamente nuove non è inutile segnalare. L’articolista (evidentemente uomo di fiducia del Ministro degli Esterii germanico) dice che poiché gli Stati Uniti vanno alla ricerca dei responsabili di quanto accade ora in Europa, non altrimenti in Europa si può e si ha il diritto di esaminare i metodi seguiti dagli Stati Uniti in rapporto appunto all’Europa.

Esaminandoli si può dire a cuor sicuro che Roosevelt non si troverà certo in condizioni di presentare alle ventuno repubbliche americane che interverranno alla Conferenza da lui bandita, i risultati dei suoi metodi come altrettanti successi della sua politica. Ed infatti, mentre questa politica ha peggiorato i rapporti americani con la Germania, con l’Italia ed il Giappone, ha incoraggiato la Francia a correre incontro alla sua rovina ed ha, del pari, incoraggiato l’Inghilterra ad una guerra che finirà per essa come è finita per la Francia.

Roosevelt ha fatto una politica personale interventista che è stata un veleno per le due Potenze occidentali europee, rimaste poi sole nella mischia. Tutto ciò facendo credere all’America che chissà quali pericoli la minacciavano.

Noi, abbiamo illustrato tutto questo e piu di questo con molta precisione ed abbondante documentazione, da tempo, e non soltanto dal giorno in cui Roosevelt è stato rieletto presidente della repubblica stellata. Ma allora molti italiani chiamavano, in articoli e libri conclamati, fascista o corporativa la politica economica di Roosevelt ; e non pochi tedeschi si facevano molte illusioni sulle finalità della politica rooseveltiana.

Ma noi vogliamo oggi ricordare un episodio al quale nessuno ha accennato e che riassume tutte le responsabilità di Roosevelt nello spingere alla guerra Inghilterra e Francia. L’episodio cioè condensato nella celebre frase : La frontiera americana è sul Reno.

Questa frase fu pronunziata da Roosevelt in una seduta segreta della Commissione del Senato per l’esercito, e fu subito dopo rivelata da un senatore presente che si infischiò del segreto. Nessuno poté mai smentirla. Il N ew York Herald Tribune del l° febbraio 1939, cioè sei mesi prima della dichiarazione di guerra delle democrazie alla Germania, disse chiaramente che il Presidente aveva precisato che « gli uomini responsabili alla testa delle democrazie europee erano al corrente del suo atteggiamento ». Lo stesso giornale aggiungeva che Roosevelt aveva detto che « gli Stati Uniti devono essere pronti a recare aiuto a Francia e Inghilterra, nel caso di una guerra in Europa » ed aveva affermato che «gli Stati Uniti devono prepararsi ad aiutare le democrazie ».

« Il Presidente — aggiungeva il giornale — deve considerare la situazione molto grave, se ha preteso il segreto assoluto ».

In una successiva edizione il New York Herald Tribune dava altri particolari sulla seduta della Commissione senatoriale dell’Esercito.

Il Presidente Roosevelt, considerando la situazione internazionale attuale, ha esaminato le conseguenze di una sconfitta delle democrazie europee  in caso di una guerra vinta dalle dittature. L’eventualità ha indotto Roosevelt a osservare che l’America del Sud e quella del Nord non si salverebbero quindi dalle mire delle dittature.

Dunque non a torto Francia e Inghilterra fondavano sull’intervento americano per difendere la « comune frontiera ».

Enorme fu l’allarme suscitato in America dalla dichiarazione di Roosevelt di voler stabilire i confini degli Stati Uniti, in caso di guerra fra democrazie e Stati autoritari, sul Reno.

Se ne ebbe la prova al Senato dove da diversi anni non si assisteva a una seduta cosí tempestosa come quella. Il Journal American pubblicava questo titolo su sette colonne in prima pagina : L’aiuto segreto di Roosevelt agli Stati « alleati » fomenta rivolte.

Il Mirror del 1° febbraio 1939 confermava che fu l’ambasciatore Bullit (il pazzoide Bullit, l’agente elettorale premiato da Roosevelt con una feluca ambasciatoriale) a impressionare Roosevelt sulle disperate condizioni dell’aviazione francese e sull’opportunità di solleciti aiuti americani prima che il Congresso, approvando il riarmo, bloccasse, le vendite all’estero. Bullit aveva informato Roosevelt che le imponenti forze aeree accumulate in Francia dopo l’armistizio si erano deteriorate senza essere sostituite ; che la deteriorazione si era accelerata durante il Governo di Blum, e che alla vigilia di Monaco la Francia poteva mettere in linea soltanto 500 aeroplani. Egli aveva riferito che anche l’Inghilterra non si trovava in migliori condizioni, mentre la superiorità della Germania e dell’Italia appariva schiacciante.

Dopo questi ben chiari atteggiamenti ed i noti incitamenti, Inghilterra e Francia aspettavano l’America sul Reno, cosí come i polacchi aspettavano l’immancabile aiuto dai garanti Inghilterra e Francia. Ma le democrazie si aiutano cosí.

Mi è stato dato a leggere questo telegramma che una distinta signora americana ha indirizzato da Roma ad un senatore americano : « Roosevelt disse lo scorso anno che la frontiera americana era sul Reno ; ed ora dove è ? »

27. TRE FIGURI

I. – BULLIT AGENTE PROVOCATORE DI ROOSEVELT IN EUROPA

15 luglio 1940

Vogliamo a guisa di « punti » (il sistema dei « punti » è caro agli americani) riassumere alcune — alcune soltanto — benemerenze che servono a dare il profilo di William Bullit, antifascista e strumento dell’ebraismo mondiale sotto la feluca ambasciatoriale americana:

1. — Parecchi giornali francesi del 1° ottobre 1936 e del 9 aprile 1938, presentavano Bullit come un grande collaboratore del Comintern, e reclamavano dalla Russia la guerra contro Hitler.

2. — Sua madre è ebrea. Egli ha sposato la vedova di John Reed, primo capo del partito comunista americano, seppellito accanto a Lenin.

3. — È’ intimo collaboratore, fin dal 1917-1918, della Banca Kuhn Loeb & Co. di New York, la centrale piú attiva dell’ebraismo internazionale, che finanziò Trotzky, allora diretta da Jacob Schiff, e oggi diretta dal figlio Mortimer Schiff. Ad essa sono legati i banchieri Cassel e Warburg, ed il gentleman Eden, nonché Israel Moses Sieff della P.E.P. di Londra.

4. — Nel 1919 Bullit fu uno dei collaboratori di Wilson alla conferenza della Pace. Fece in quella occasione un rapporto favorevole al regime di terrore creato da Trotzky in Russia.

5. — Nel 1933, riappare, aiutato dalla Massoneria, attivissimo sulla scena politica, legato al Presidente Roosevelt per aver contribuito attivamente alla sua elezione. Favorisce, sempre aiutato dalla Massoneria, l’intervento insolente dell’America negli affari interni della rivoluzione messicana.

6. — Nel 1934 organizza una conferenza segreta, politica, a Vichy, alla quale intervengono gli ebrei Litvinoff, Finkelstein e Bernard Baruch, il grande, vero, dirigente ebraico-massonico-occulto della plutocrazia d’America.

7. — Insiste, dopo quella conferenza, presso Roosevelt per il riconoscimento della Russia Sovietica, e cosí fu nominato ambasciatore d’America a Mosca e favorí le mire sovietiche sulla Spagna e sulla Francia.

8. — Nel luglio 1936, lasciò Mosca e arrivò ambasciatore a Parigi.

9. — Quando il 14 luglio 1936 fece la visita di congedo a Mosca, uno dei piu alti funzionari moscoviti gli disse : « Fra due settimane la Spagna è nostra, fra due mesi la Francia è nostra ». Il 18 luglio 1936, Calvo Sotelo viene assassinato dagli agenti della ebreo-massoneria marxista.

10. — In seguito, dice il giornale La Nouvelle Voix, egli eseguisce fedelmente gli ordini della massoneria e dell’ebraismo, consolida la posizione di Blum, e fa di tutto per sabotare ogni azione pacificatrice.

11. — Nel 1938-1939, vari giornali e riviste nazionaliste inglesi e americane, lo segnalano (assieme al rabbino Wise, a Emil Ludwig-Coen, a Thomas Mann, a Borgese ed a La Guardia) attivissimo nel sabotare il Patto di Monaco e scatenare la guerra contro la Germania e l’Italia. (Tutto ciò è confermato dai noti documenti trovati nel Ministero degli Esteri a Varsavia).

12. — Quando il massone dell’Ordine ebraico B’nai B’rith, l’antifascista ebreo e filosofo-pornografico, Sigmund Freud, il 5 giugno 1938, fu di passaggio a Londra, dopo esser fuggito dall’Austria, fu Bullit che, assieme ad altri ebrei, gli fece alla stazione un ricevimento d’onore.

In collaborazione con Bullit, sono, oltre i sopra menzionati ebrei, Leopold Schwarzschild, ebreo che dirigeva il giornale dei fuorusciti a Parigi Das Neue Tage Buch (nel quale il 24 dicembre 1938, fu affermato che fra le popolazioni della Corsica, Nizza e Tunisi e gli italiani, non c’era nessuna, nemmeno minima parentela di sangue) ; Emilio Buré accanito sanzionista, che ha per moglie una ebrea romena e che ricevette recentemente 450 mila franchi, raccomandato da Benes, attraverso le banche Morgan-Rothschild ; Pertinax detto anche Géraud (il vero nome è Grünblatt) ; il ben noto Titulescu, e De Kerillis, noto per le sue false affermazioni, per i processi per diffamazione, e perché riceve danaro dall’ebreo, accaparratore del grano, senatore Louis-Louis Dreyfuss ecc. ecc. Bullitt — il più caro a Roosevelt tra tutti i suoi ambasciatori — è il tipico rappresentante della piú grande democrazia !

II. – L’AMBASCIATORE « PERSONALE » DI ROOSEVELT PRESSO IL PAPA

15 agosto 1940

Ho sotto gli occhi il giornale originale e la fotocopia del giornale ebraico Forward che si pubblica a New York in dialetto ebraico yiddish, del 24 dicembre 1939. Nella parte terza illustrata, a pag. 5, contiene la fotografia della signora Mayron C. Taylor mentre riceve, da parte del Governatore ebraico di New York, a nome dell’« American Hebrew », per suo marito, la medaglia “Per meriti eccezionali pro Opera Fuorusciti (ebrei) e per aver promosso « buone relazioni fra ebrei e gentili ».

La cerimonia ebbe luogo all’albergo Astor a New York.

Mr. Taylor — il quale era prima del suo alto incarico presso il Papa il delegato americano nell’inter-governativo « Committee of Refugees » (ebrei) — non potè intervenire personalmente alla cerimonia perché « ammalato, in Italia, a Firenze, nella sua villa Schifanoia, in via Boccaccio ».

È’ appena necessario ricordare che una identica medaglia di benemerenza ebraica fu conferita a Roosevelt e alla Presidentessa.

Quante cose spiegano queste medaglie !

III. – IL METICCIO FIORELLO LA GUARDIA

15 marzo 1940

In una corrispondenza del Corriere della Sera del 13 febbraio leggesi :

« Il pericolo che incombe sugli Stati Uniti in conseguenza della vittoria dell’Asse è l’argomento che ha servito a far votare la legge degli aiuti all’Inghilterra, ma da nessun pulpito americano avevamo udito esporre questa tesi con piu spassosa e grottesca dialettica come da La Guardia, sindaco di Nuova York. Egli è stato cosí spudorato da dire che se l’Inghilterra non sarà aiutata a vincere la guerra, molto tempo non passerà che gli aeroplani dell’Asse faranno la loro comparsa nei cieli degli Stati Uniti, e ha profetato addirittura il bombardamento di Nuova York per la primavera del 1943 ».

Dove sono coloro, ed eran tanti, che magnificavano il «primo sindaco italiano di New York», cucinandocelo in tutte le salse reclamistiche ?

Fummo primi e per molto tempo soli ad insistere che La Guardia non era italiano ma di sangue ebraico e perciò nemico dell’Italia e del fascismo.

Ci riportammo all’autorità del B’nai B’rith Magazine (febbraio 1934). Tutto inutile. Non fu inutile invece in America perché, dopo le nostre precisazioni, Padre Coughlin nella sua Social Justice del 5 luglio 1939 precisò che La Guardia « è uno dei maggiori esponenti della propaganda per la guerra contro gli Stati totalitari ».

Social Justice documentò che Fiorello nacque l’11 dicembre 1882 a Nuova York da Irene Coen-Luzzatti e Achille La Guardia, cornettista di una banda musicale dell’esercito. Poi si trasferí con la famiglia a Budapest, dove la madre lo iniziò ai riti ebraici, e dove essa morí e fu sepolta nel locale cimitero ebraico.

In questa città Fiorello ebbe il suo primo impiego presso il Consolato americano e vi restò fino al 1906, quando dovette lasciare Budapest perché aveva pubblicamente insultato una arciduchessa austriaca.

Nel 1907 ritornò a Nuova York per studiarvi legge in una scuola serale e divenne sfruttatore degli emigrati italiani.

Il 6 aprile 1917 votò per la nota Resolution che portò l’America a partecipare alla guerra mondiale e fu inviato come aviatore sul fronte italiano, dove non fece mai nulla di particolarmente eroico. La maggior parte del suo tempo la usò come agente segreto, ed anche contrabbandando qualche cosa che valeva un milione e mezzo di dollari , via Barcellona.

Verso la metà del 1918 Fiorello La Guardia comparve in Svizzera, carico d’oro e di ordini da parte dell’Ufficio Informazioni Militari, e, da buon giudeo, visto che per il momento non c’era niente di meglio da fare, usò il denaro per preparare dalla Svizzera la rivoluzione in Ungheria, che alcuni mesi piu tardi portò al potere l’ebreo Bela Kuhn e costò la vita a migliaia di ungheresi.

Ritornato nel 1919 a Nuova York si fece sempre notare per la sua politica opportunistica ; cambiò cinque volte partito, fino a che passò alla « American Labour Party » e, col voto degli ebrei e di 1.200.000 goim italiani residenti a New York, fu eletto sindaco.

Quei poveri goim italiani i cui connazionali vent’anni prima avevano visto volare i sudati risparmi depositati presso il « banchista » Fiorello La Guardia. Infatti, pochi ricordano che La Guardia, giovanissimo, iniziò la sua vita, pubblica aprendo un ufficio di « banchista » nel centro della « Piccola Italia » di New York, in prossimità di Mulberry Street ; e, forte dell’appoggio degli ebrei e della famigerata Tammany Hall, attrasse all’amo i nostri «cafoni»  emigrati, che accorsero a depositare i loro risparmi. Un triste giorno Fiorello prese il volo e con lui i risparmi dei nostri emigrati. Si imbarcò per Trieste e proseguí per Budapest con la famiglia.

Un amico ebreo — che molti dicono essere il padre vero di Fiorello — tacitò con irrisorie percentuali gli italiani derubati, e li « consigliò » a non sporgere denunzia ; e cosí La Guardia pote essere assunto come impiegato al Consolato americano di Budapest. Il resto è noto.

28. PER LA GUERRA: ROOSEVELT COME WILSON

15 settembre 1940

Un telegramma da Washington del 13 luglio diceva :

Ai giornalisti recatisi alla Casa Bianca per la consueta Conferenza, il Presidente ha confermato la dichiarazione fatta mercoledì, che cioè egli non invierà uomini per partecipare alla guerra europea.

Alcuni giornalisti gli hanno chiesto se per « uomini » deve intendersi anche i marinai e la fanteria di marina, Roosevelt si è limitato a ripetere di attenersi alla sua precedente dichiarazione ed ha soggiunto, che egli usa la lingua inglese altrettanto bene che quelli i quali sollevano obiezioni circa la chiarezza di tale sua dichiarazione.

Il gioco è noto : Roosevelt, primo responsabile della guerra ebraica, vuole portare anche gli Stati Uniti alla guerra. Ma per essere rieletto, pone a base del suo programma elettorale il non intervento. Messo con le spalle al muro dai giornalisti, invece di rispondere un bel si o un bel no, ha risposto con un non meno chiaro ni.

È’ la storia che si ripete e che al fanciullone popolo americano non insegna nulla. A questo popolo i grandi mezzi di propaganda — cinema, radio, stampa : dominati completamente dagli ebrei — danno a credere anche le cose piú incredibili. E, cosí come Wilson si presentò agli elettori, per averne il suffragio, con il programma di non-guerra alla Germania ; non altrimenti — poiché il popolo americano non vuole la guerra — fa Roosevelt. Cosí come Wilson, una volta rieletto, portò l’America alla guerra ; non altrimenti, ha la sicurezza di poter fare in piú larga misura Roosevelt ; in ogni caso non dispera nella guerra tra i continenti se non farà in tempo ad intervenire prima del tracollo inglese.

Israele ha in Roosevelt il massimo strumento.

Il Presidente Wilson fu rieletto nel 1916 soprattutto perché aveva mantenuto la pace fra gli Stati Uniti e la Germania ; la frase storica, che si leggeva su tutti i cartelloni di pubblicità elettorale, e che si pronunziava in tutti i discorsi ed a tutti i banchieri era : « He kept us out of war ». Dopo le elezioni le cose mutarono rapidamente. Il Presidente si dichiarò subito in favore dei crediti straordinari per le spese militari. Mentre la guerra europea sembrava prolungarsi indefinitamente, distruggendo la vitalità di intere nazioni ; mentre d’altra parte il Giappone aumentava enormemente la sua marina militare e mercantile e manteneva intatto il suo splendido esercito, gli Stati Uniti furono oggetto di una martellante quotidiana propaganda affermante l’imperiosa ed immediata necessità di una organizzazione militare di primo ordine per « la difesa del paese in qualsiasi evenienza ». Un senso di paura attraversò dall’Atlantico al Pacifico la nazione, che aveva già accumulato rapidamente gran parte dell’oro del mondo. E fu allora che il Presidente Wilson gettò la maschera ed affermò chiaramente il « dovere » degli Stati Uniti di America, che egli sintetizzò nella frase : We must make the World safe for democracy. E la guerra alla Germania fu dichiarata.

Di ciò che avvenne nel Congresso in quei giorni, un particolare merita di essere ricordato, ed è la mozione favorevole alla autonomia dell’Irlanda. La mozione ebbe un effetto di sbalordimento sulla pubblica opinione inglese. Ciò non ostante il ministro Balfour, il piú accanito oppositore della autonomia irlandese, in occasione del suo viaggio a Washington come capo della missione inglese, poté dare al Presidente Wilson assicurazioni formali su questo punto. Bastò questo per trasformare in entusiasticamente favorevole alla guerra la totalità del clero cattolico e dell’elemento irlandese d’America, senza del quale la guerra non poteva essere popolare negli Stati Uniti.

Eppure, nel Messaggio al Parlamento di Washington per « la pace fra i belligeranti », il Presidente Wilson solo pochi mesi prima, il 9 dicembre, aveva detto :

Noi siamo i campioni della pace, della concordia e dobbiamo essere fierissimi di questa situazione specialmente nel momento attuale, perché nostra piú cara speranza è che questa reputazione ci fornirà, grazie a Dio, l’occasione raramente accordata ad una nazione di consigliare e ottenere la pace nel mondo, la riconciliazione e la soluzione salutare di molte questioni che hanno raffreddato e interrotto l’amicizia fra le nazioni.

Roosevelt vuole oggi ripetere quello che riuscí a Wilson venti anni fa. Nel libro Sous le ciel de Rome di Albert Besnard, accademico di Francia, si legge :

« Il 4 gennaio 1919 Roma è in festa : un uomo si è fermato sulla soglia del suo passato illustre. Egli ha parlato e tutti hanno creduto di vedere in lui il Messia della pace mondiale. Egli avrebbe potuto invocare il Padre che sta in alto nei cieli, e nessuno avrebbe osato domandargli chi era e da dove veniva… »

Quest’uomo era Wilson ; la storia poi documentò che egli parlava a nome di Morgenthau, Warburg, Jacob Schiff, Baruch, Kuhn Loeb e C., tutti banchieri ebrei di Nuova York desiderosi di divenire padroni del mondo. La pace che egli auspicava era la Pax judaica, come ammise il Times candidamente.

Gli uomini che dominano oggi Roosevelt sono gli stessi che dominarono Wilson : Baruch, Morgenthau, Warburg, Wise, Kuhn Loeb e C., Felix Frankfurter ecc.

ai quali si sono aggiunti tutti gli ebrei di primo piano che sono a capo degli organi vitali e della pubblica amministrazione degli Stati Uniti, fiancheggiati e protetti tutti dalla Presidentessa.

Se non che l’Europa d’oggi non è quella del 1914~18 ; oggi non si brucia incenso al Salomone americano trinciante giustizia giudaica. L’Europa si va sistemando da sé, ed a Roosevelt non resta che il compito di continuare a scavare il solco di odio tra l’America e l’Europa, in attesa — se il piano ebraico riuscirà — della guerra tra i due continenti. Israele non perdona e non si arrende.

Ormai giuochiamo a carte scoperte.

29. GLI STATI UNITI FARANNO O NON FARANNO LA « GUERRA EBREA » ?

15 novembre 1940

Fummo per circa sette anni soli ad identificare in Franklin Delano Roosevelt il «Presidente dell’ebraismo sovvertitore che a braccetto di Hull e di Morgenthau, espressioni autentiche del giudaismo e del massonismo universale, prepara la guerra ebrea ». Non ci credevano neppure i camerati tedeschi. Polemizzammo col il New York Herald Tribune e con la stampa piú autorevole di casa nostra per aver affermata e dimostrata la origine ebraica di Roosevelt e della Presidentessa. Ad alcuni studiosi nostrani che ci presentavano poco meno che come fascista la politica economica della N.A.R., dimostrammo che quella era «politica ebraica inquadrata nella legge americana » che « deve portare alla guerra delle grandi democrazie contro il Fascismo qualificato da Roosevelt il veleno del mondo ». E ammonimmo :

« Roosevelt è guidato dai giudei : i soli che architettano e vogliono la guerra. Lancia in aria bolle di sapone per esasperare le potenze autoritarie. Il sapone è massonico e giudaico ; la cannuccia è sua. Parla di grandi democrazie, di trionfo della verità, di fede, speranza e carità. Piú volte ha parlato di buon vicinato. La buona vicina è naturalmente l’Inghilterra attraverso le frontiere del Canadà. Roosevelt non è uomo di pace, egli, anche quando enfatizza di pace, è uomo di guerra ».

È’ consolante constatare che tutti « oggi » — riferendosi ad una accurata elencazione del camerata Gayda in risposta ad Hull, nel Giornale d’Italia del  1° corr. — riconoscono come altrettante indiscutibili verità queste dimostrazioni che andiamo ripetendo da sette anni.

Vogliamo sfogliare un’altra margherita ? Ne sfogliammo già una chiedendo :

« L’Inghilterra farà o non farà la guerra ebrea ? » e la risposta di « allora » è oggi qualificata da Emilio Canevari in Regime Fascista «una chiara visione degli avvenimenti ».

Gli Stati Uniti faranno o non faranno la guerra ebrea ? Quasi non c’è bisogno della margherita poiché gli Stati Uniti fanno già, inufficialmente, la guerra ; e sul carattere della guerra inufficiale, non può sussistere dubbio alcuno : è guerra ebrea.

La storiella dell’« aggressione » è troppo puerile per poter essere presa ancora in una qualsiasi considerazione.

Faranno o non faranno gli Stati Uniti la guerra ebrea ? Gli ebrei che speravano a suo tempo di poter salvare l’Inghilterra col solo sacrificio della Francia, ora son disposti a sacrificare l’Inghilterra per riprendere il dominio, salvare la pelle ed il valore del proprio oro sterilizzato in America. Gli ebrei, incuranti — come avevamo esattamente previsto — della distruzione di Londra e dell’inevitabile crollo dell’Impero Britannico da loro già scontato, vogliono ora prolungare la guerra sperando di indebolire l’Asse ed il Giappone e di salvare cosí l’America ebreoplutocratica.

Gli ebrei e con loro gli americani (il cui cranio è imbottito dal cinema, dalla radio e dalla stampa dominati assolutamente dall’ebraismo) non vogliono vedere che il tempo lavora pro-Asse e pro-Giappone. I metodi dell’attuale guerra sono tali da non intaccare le loro energie vitali, qualunque sia la sua durata. L’America non potrà impedire che il tempo lavori contro l’Impero Britannico — anche indipendentemente dall’azione dell’Asse — con l’ordine nuovo nell’Asia sud-orientale, con la disobbedienza civile in India, con il fermento nel mondo arabo-musulmano. L’America sarà l’ultima vittima dell’ebraismo.

Già ora è troppo tardi per un efficace intervento americano, perché l’ultima testa di ponte rimasta in Europa, l’Inghilterra, non è la Francia del 1917, né la Londra di oggi è in grado di offrire al boy d’America gli allettamenti della Parigi dell’altra guerra. Pesa inoltre troppo la forza del Giappone nel Pacifico.

L’America, lo abbiamo ripetutamente detto, fa già tutto quello che può e poco di piú potrebbe fare come potenza belligerante. Eppure — dicemmo prima di conoscere l’esito delle elezioni presidenziali — chiunque dei due candidati sarà il Presidente, dichiarerà la guerra se ne avrà il tempo. E ciò malgrado i giuramenti di « non coinvolgere l’America nella guerra » (Wilkie) e di « non impiegare forze armate americane all’estero » (Roosevelt). Dichiarerà la guerra perché è impossibile per un Presidente degli Stati Uniti non cedere alle pressioni delle grandi firme giudaiche dei Kuhn Loeb e Co., dei Breitung, degli Schiff, dei Knauer (Hanau), dei Warburg, dei Baruch, ecc., ecc. ; cosí come è impossibile sottrarsi alla influenza degli ammiragli ebrei Bloch, Taussing, Kalbfuss, ecc. ; potente inoltre è e sarà il dominio dei Morgenthau, degli Hull, dei Guggenheim, dei Wise e di tutta la potente schiera dei fuorusciti ai quali si sono aggiunti i numerosi membri della dinastia dei Rothschild, assetati di vendetta.

Tutto sarà dunque fatto perché l’America entri in guerra, poiché Israele « deve »  continuare la sua lotta, per la sua esistenza, per il suo avvento e per il valore del suo oro : fino al sacrificio dell’ultimo goj. Il quale sarà abbastanza cretino da sacrificarsi per il dominio del giudaismo. E nella  ginecocratica America abbondano i goim abbastanza cretini.

Gli ebrei di tutto il mondo sanno troppo bene che la vittoria dell’Asse e del Giappone — con o senza l’intervento degli Stati Uniti — significherà la fine dell’ebraismo, ovunque, America compresa. Essi sanno che i vincitori potranno imporre all’America la seguente alternativa : o venire a piú miti consigli [e ciò significherebbe l’antisemitismo integrale e la conseguente modifica del sistema plutocratico-capitalistico, onde poter, svolgere scambi sufficienti col futuro gruppo autarchico — Europa, Asia, Africa — dal quale ancora per molto tempo dipenderà l’esistenza economica dell’America che deve esportare in grande stile per poter vivere capitalisticamente, mentre non sarebbe in grado di costituire un sistema autarchico suo da un giorno all’altro] oppure, spaventoso crollo economico, rivoluzione sociale americana e conseguente antisemitismo ancora piú integrale. Sfogliamo la  margherita : Gli Stati Uniti faranno o non faranno la guerra ebrea ?

30. COME ROOSEVELT CIANCIANDO DI PACE PREPARAVA LA GUERRA EBRAICA

15 dicembre 1940

Sarà facile allo storico futuro dimostrare che la « democrazia » è stata l’arma del giudaismo per la conquista del mondo; ragione per cui Roosevelt, pontefice massimo del giudaismo mondiale, non vive che per la « democrazia ». E quando lo storico coordinerà i documenti di questo ventennio, narrerà quale tremenda azione, a base di falsi e di inganni, gli uomini maggiori della democrazia anglosassone hanno messa in moto in nome della «democrazia».

Voglio citare un solo esempio.

Il 14 agosto 1936 Franklin Delano Roosevelt iniziava la serie di discorsi per la campagna della sua seconda elezione.

Premuto e circuito dai giudei, dei quali era l’esponente e che costituivano il suo stato maggiore (primi fra tutti i non nati in America : Frankfurter, Hullman, Ezekiel Mordekai, Baruch, il rabbino Stefano Wise, ecc.) giocò la prima colossale beffa al popolo americano dichiarandosi non solo contrario ad ogni guerra, ma avversario « deciso » alla vecchia formula Recovery through War (la prosperità con la guerra). Chi ricorda piú quel solenne discorso pronunziato oltre quattro anni or sono nel maggior feudo elettorale rooseveltiano, a Chatauqua nello Stato di New York ? Disse Roosevelt :

« Se una guerra dovesse scoppiare in un altro continente non nascondiamoci il fatto che vi saranno in questo paese migliaia di americani che perseguendo il miraggio di una ricchezza immediata, farina del diavolo, tenteranno di rompere o di eludere la nostra neutralità. Essi vi diranno, e, sfortunatamente il loro punto di vista otterrà la piú grande diffusione, che se potessero produrre questo o spedire quello e quell’altro articolo alle nazioni belligeranti, il disoccupato americano troverebbe lavoro. Sarà estremamente difficile resistere a tanto clamore. Sarà difficile, temo, per molti americani, poter guardare al di là delle cose, comprendere appieno l’inevitabile condanna, l’inevitabilità del giorno del giudizio che segue quasi sempre una falsa prosperità. Per resistere alle lusinghe della cupidigia, se la guerra dovesse durare, avremo bisogno dell’aiuto incondizionato di tutti gli americani amanti  della pace. Oggi, con la saggezza che è cosí facile avere dopo gli eventi, è possibile, per noi, ricostruire e individuare la tragica serie di piccole decisioni che portarono l’Europa alla grande guerra nel 1914, e, in un secondo tempo, travolsero noi stessi e tante altre nazioni. Noi potremo starcene fuori dalla guerra se coloro che montano la guardia e dovranno decidere faranno in modo che le piccole decisioni quotidiane non ci portino verso la guerra, e se,contemporaneamente, possederanno il coraggio di dire di no a coloro che, per egoismo o per ignoranza, ci lascerebbero andare verso la guerra ».

Cosí parlò colui che i fatti hanno dimostrato essere il maggiore responsabile della guerra attuale e l’artefice primo della speculazione orrenda che della guerra fanno l’industria e la Borsa degli Stati Uniti. Queste parole, pronunziate quattro anni fa per avere il voto popolare, messe in rapporto ai fatti odierni, rappresentano la piú colossale delle beffe che mai uomo di Stato abbia giocato alla buona fede ed alla ingenuità del popolo del proprio paese.

Con lo stesso sistema Roosevelt trasse in inganno le repubbliche dell’America Latina. Anche qui i piú hanno dimenticato il primo messaggio di Roosevelt al Presidente della Repubblica Argentina per la prima conferenza pan-americana di Buenos Aires. Scopo : « la pace e l’allontanamento della guerra ». Diceva il messaggio :

A me sembra che i governi delle Americhe dovrebbero acconsentire ai miei suggerimenti e alla proposta d’inviare i loro delegati a Buenos Aires, attorno a un comune tavolo di discussione per studiare assieme la via migliore per il mantenimento della pace, o riapprovando i trattati già preesistenti, o emendandoli, o finalmente creandone dei nuovi, come strumenti generali di pace, da aggiungersi agli altri. Ciò promuoverebbe la pace del mondo perchè un accordo così raggiunto, dovrebbe essere un complemento e un rafforzamento alla Lega delle Nazioni di Ginevra e ad ogni altro e futuro accordo a servizio della pace e per allontanare la guerra.

I fatti hanno poi dimostrato e continuano a dimostrare che la pace e l’allontanamento della guerra non c’entrano. Si trattava invece di allineare con perfidia puritana anglosassone e con calcolo giudaico, le nazioni latino-americane al servizio del dominio ebraico e della guerra ebraica. A tempo opportuno si faranno poi sparire i documenti.

Avete dimenticato l’episodio del giudeo Baruch che fu il pezzo piú grosso dell’ebraismo al tempo del folle Wilson ? Una specie di Morgenthau, Hull e Frankfurter uniti insieme.

Un giorno fu messo sotto inchiesta, a proposito di una certa documentazione segreta, che un occhio indiscreto aveva scoperto nel tesoro americano. Si trattava anche di somme favolose spese in propaganda pro-guerra. Gran chiasso e poi silenzio.

Che è, che non è : tutti i documenti, debitamente elencati, erano scomparsi dagIi archivi del Governo Federale. Comprendete ? Dagli archivi federali. Ed oggi Baruch è ritornato potenza di primissimo ordine accanto a Roosevelt.

Così avverrà per la documentazione che tocca Hull, Morgenthau, Frankfurter, Wells e lo stesso Roosevelt.

Quando Ford pensava con la propria testa, pubblicò — e nessuno mai smentì — che, dopo l’« episodio » Baruch, la « KehiIla » di New York aveva trovato modo di sottrarre, anche per l’avvenire, agli occhi « profani » tutto quanto poteva riguardare anche l’attività «ufficiale » degli agenti del giudaismo.

Questo sa fare la piú grande delle democrazie del mondo che detiene la « fiaccola della libertà e della moralità ». Ragione per cui un grande giornalista americano, Walter MilIs, a conclusione dei suoi celebri articoli sugli intrighi inglesi che precedettero ed accompagnarono la guerra del 1914, poté scrivere :

« Democrazia ! Che parola vana ! Cioè a dire, occultismo massonico, accomandita di sétte tenebrose a servizio dell’imperialismo d’Israele per il quale in realtà fu combattuta la guerra ».

31. CHE COSA PUÒ FARE IL PRESIDENTE DELL’EBRAISMO MONDIALE

15 gennaio 1941

Guardate che cosa può fare in regime, di « democrazia » il presidente dell’ebraismo mondiale :

Di fronte alle formule giudaiche escogitate da Roosevelt per trascinare gli Stati Uniti nella guerra, la Commissione Navale e Militare del Senato americano, dopo una accurata indagine, alla quale parteciparono tutte le maggiori autorità militari e tecniche della nazione, rese la sua relazione nella quale, tra l’altro, è detto :

« Da un punto di vista militare gli Stati Uniti vanno considerati come un paese insulare… Larghi e profondi oceani ci separano da eventuali nemici… Gli eserciti d’Europa e d’Asia non possono rappresentare per noi una minaccia e sempre che possediamo una marina da guerra la nostra sicurezza continentale non può sentirsi minacciata da nessuna Nazione o gruppo di Nazioni.

« Noi non abbiamo bisogno, quindi, di alcuna alleanza militare, né abbiamo bisogno di un vasto esercito e di vaste difese territoriali. La sicurezza del nostro Paese può essere mantenuta con una forte marina da guerra ed una forza aerea di sufficiente potenza per facilitare il compito delle navi che devono tenere lontano dalle nostre coste qualsiasi eventuale nemico ».

Inoltre, la relazione ammonisce per evitare il pericolo della guerra :

« Gli Stati Uniti non dovrebbero ingerirsi negli affari europei, non dovrebbero interessare le loro finanze nella guerra in corso e non dovrebbero impegnare le proprie industrie per fornire materiali bellici a Paesi stranieri ».

In quanto al supposto futuro pericolo che gli Stati dell’Asse, dopo la sconfitta dell’Inghilterra, si rivolgerebbero contro gli Stati Uniti, la Commissione dice :

« La tesi secondo la quale noi dovremmo affrontare la guerra oggi che abbiamo degli alleati, anziché correre il rischio di una guerra, piú tardi da soli, contro i vittoriosi Totalitari, è basata su di un’errata valutazione dei fatti ed è senza base militare ».

Un documento — come si vede da questi soli accenni che sgonfia tutte le bolle di sapone che da anni va gonfiando il presidente dell’ebraismo per preparare ed alimentare la guerra mondiale. Ebbene, questo documento emesso, su richiesta dello stesso Presidente, dalla massima autorità militare degli Stati Uniti, non solo non è stato dal Presidente preso a base dell’atteggiamento del governo della Repubblica nei confronti della guerra europea, ma è stato ed è tenuto nascosto al popolo ; nel senso che nessun giornale lo ha pubblicato. E cosí Roosevelt il 30 dicembre dalla Casa Bianca ha potuto annunziare ancora una volta al suo paese la urgenza di prepararsi contro un attacco che le Potenze dell’Asse scatenerebbero contro gli Stati Uniti nel caso di sconfitta dell’Inghilterra. Di qui la necessità di aiutare l’Inghilterra accordandole quanto chiede : « In tal modo l’Inghilterra sarà in grado di continuare la lotta per la sua libertà e per la nostra sicurezza ». Inoltre, nel messaggio per l’inaugurazione del 77° Congresso Roosevelt ha dichiarato che « gli Stati Uniti si sono impegnati in un programma di difesa nazionale e ad appoggiare tutti i popoli che, combattendo per la democrazia, mantengono la guerra lontana dall’emisfero occidentale ». È’ l’antitesi perfetta del responso dato dal massimo organo militare tecnico della Nazione. E questo si chiama « democrazia » nel paese che pretende di essere il detentore della fiaccola della « libertà » e dei « valori morali ».

Opportunamente Pier Luigi Barbato, in una corrispondenza da New York al Popolo d’Italia ricordava che un altro Presidente, Jefferson, in un momento che aveva molte somiglianze coll’attuale, alle grida dell’Inghilterra invocanti aiuti « per la sicurezza americana » rispose:

« Il timore che Bonaparte venga a conquistare anche noi è troppo chimerico e, d’altronde, nessuno ci assicura che l’Inghilterra, allorché noi ci saremo imbarcati nella guerra per lei, non accetti una pace separata lasciando noi nell’imbarazzo ».

Ma al tempo di Jefferson negli Stati Uniti non regnava sovrano, dietro la persona del Presidente, il giudaismo.

POSTILLA.

15 febbraio 1941

La rivelazione sulla esistenza di un documento ufficiale della Commissione navale del Senato degli Stati Uniti tenuto nascosto da Roosevelt al popolo americano, produsse grande impressione in America. L’agenzia United Press diramava la seguente informazione :

« Washington, 17. — I corrispondenti americani da Roma hanno segnalato l’articolo del dott. Preziosi pubblicato sulla rivista La Vita Italiana, contenente brani di una relazione che sarebbe stata emessa dalla Commissione navale militare del Senato di Washington.

« Al Dipartimento di Stato della Guerra e della Marina si sono rifiutati di commentare la pubblicazione della rivista italiana. Soltanto un funzionario ha espresso alla United Press il suo convincimento personale che si tratti di « semplice propaganda ».

Come i lettori vedono, in questo sistema tutto democratico di rifiutarsi di confermare o smentire da parte dei dipartimenti di Stato della Guerra e della Marina degli Stati Uniti, sta la effettiva conferma della esistenza del documento.

Al funzionario che ha espresso il suo irresponsabile e “personale convincimento” che si tratti di “semplice propaganda” voglio fare grazia della seguente precisazione, per dimostrargli che non è nel metodo fascista inventare documenti per fini di propaganda.

Il documento al quale mi riferivo è la Relazione della Commissione navale del Senato degli Stati Uniti, che fu presentata il 15 maggio del 1940.

La relazione che, come dicevo, fu ed è tenuta nascosta al “libero popolo” della “grande democrazia”, è la risultante della accurata indagine compiuta dal massimo organo tecnico della Confederazione americana, il quale, con precisione di dati e di osservazioni, escludeva la possibilità di una minaccia contro gli Stati Uniti da parte di potenze europee o di altri simili continenti, negava l’opportunità di una alleanza militare degli Stati Uniti con qualsiasi altra potenza europea e consigliava invece l’isolamento degli Stati Uniti i quali non dovrebbero ingerirsi negli affari europei, non dovrebbero interessare le loro finanze nella guerra in corso e non dovrebbero impegnare le proprie industrie per fornire materiali bellici a paesi stranieri”.

Il funzionario dica ora la sua nuova impressione.

Tutto ciò può avvenire nel paese che agita la fiaccola della libertà e della moralità, ossia della “democrazia”. Paese dove non si pensa, perché non si ha la capacità di pensare ; paese a bassa moralità politica, dove può essere presentato e digerito come episodio di “abilità politica” il mercato al quale si prestò il candidato repubblicano Wilkie ; il quale, per garantirsi un suo personale avvenire, rappresentò la farsa di oppositore di Roosevelt nelle elezioni presidenziali, per diventarne, all’indomani delle elezioni, lo strumento in veste di inviato di fiducia a Londra.

32. LA PRIMA COMUNISTA ENTRATA NELLA CASA BIANCA

15 luglio 1941

Le prime ripercussioni negli Stati Uniti dell’entrata della Russia in guerra, dimostrano fino alla evidenza che Roosevelt ha potuto e può continuare a giocare sulle sorti dell’America — in funzione dei piani dell’ebraismo — liberamente e sicuramente, perché gli americani non hanno la capacità di pensare. Gli Stati Uniti sono un paese a bassa politica e destituito di senso morale e giuridico.

Basta a provarlo il caso dell’ex Presidente Herbert Hoover che in un suo discorso antinterventista, riferendosi alla politica di Roosevelt ed alla entrata della Russia in guerra, solamentre il 28 giugno — dopo aver detto : « ora ci troviamo a promettere aiuti a Stalin ed ai suoi comunisti che cospirano contro tutti gli ideali democratici del mondo » — ha fatto la storia delle relazioni russo-americane per concludere che quattro Presidenti americani declinarono di ristabilire rapporti con la Russia « perché essa rappresenta uno dei piú sanguinosi regimi terroristici della storia e perché cospirava contro il mondo intero e contro tutte le democrazie, compresa quella degli Stati Uniti, fino a 7 giorni or sono ».

E com’è che Hoover si accorge di questo solamente ora, mentre è di pubblica ragione che Roosevelt è sempre stato filobolscevico, e non ne ha mai fatto mistero né prima né dopo tutte e tre le sue elezioni alla presidenza ?

Roosevelt appena eletto la prima volta, tenne a differenziare, nei riguardi della Russia comunista, la sua politica da quella dei quattro Presidenti suoi predecessori.

Se essi infatti « declinarono di ristabilire i rapporti con la Russia dei Sovieti »,  Roosevelt invece, appena eletto Presidente, li ristabilí. E il ristabilirli non fu che l’assolvimento dell’impegno che aveva preso di fronte all’ebraismo che lo aveva portato alla presidenza per i fini del dominio d’Israele. Non bisogna mai dimenticare che Roosevelt è d’origine ebraica (a dire questo per sette anni non v’è stata che La Vita Italiana, oggi è verità di dominio comune) come lo è la Presidentessa, la quale nel gioco ebraico ha avuto ed ha un ruolo d’importanza maggiore di quello dello stesso Presidente.

Il piano ebraico si è svolto negli Stati Uniti metodicamente, senza che nessun Hoover, prima dell’ultimo atto del terribile dramma, se ne fosse accorto.

Sette anni or sono — mentre tutta la stampa italiana magnificava la politica di Roosevelt che non pochi presentavano come politica « fascista » — ne La Vita Italiana fu dimostrato che quella del Presidente e della Presidentessa era politica ebraica e perciò antiamericana, perché tendente ad abolire la politica di Monroe e perché filocomunista.

È’ dell’aprile del 1934 la rassegna del primo anno di governo di Roosevelt, nella quale precisavamo che due eventi avevano caratterizzato il primo anno di presidenza giudaico-rooseveltiana :

a) la quasi rinunzia alla dottrina di Monroe ;

b) il riconoscimento della Russia dei Sovieti.

Ne La Vita Italiana fin d’allora fu rilevato che « sotto l’orpello dell’esperimento, Roosevelt è piú dittatore di Mussolini e di Stalin » (Hitler non era ancora il capo supremo dello Stato tedesco ; lo era Hindenburg).

Nella lettera del compianto collaboratore Amalio Landolfi (aprile 1934) era riferito che uno degli assistenti di Roosevelt gli disse :

— Presidente, se voi riuscirete, sarete il piú grande Presidente degli Stati Uniti ; se non riuscirete sarete il peggiore.

Roosevelt interruppe :

— Non sarò il peggiore, ma sarò l’ultimo Presidente se non riuscirò nell’esperimento.

Se per Hoover e per gli americani « la Russia rappresenta uno dei piú sanguinosi regimi terroristici della storia », come è che la stampa americana il 2 febbraio del 1938 fece la voce grossa — primo fra tutti il New York Herald Tribune — perché nel nostro commento «Israele prepara la guerra » denunciavamo la politica ebraica di Roosevelt rilevando anche che il 12 dicembre del 1937, con un telegramma (New York Herald, 14 novembre 1937), Roosevelt si congratulava con Stalin « per il successo di 20 anni di comunismo » ? Com’è che in America nessuno rilevò l’enormità di questo saluto ?

E il 15 giugno 1938 non affermammo — con una precisa elencazione di fatti — l’esistenza dell’« Asse Mosca-Washington » ?

E non presentammo la Presidentessa come colei che — quando Roosevelt non era Presidente — era stata attivissima sostenitrice della abolizione della « Monroe doctrine » e del ristabilimento dei rapporti con la Russia dei Sovieti ?

E non rivelammo gli intrighi della propaganda giudaica e bolscevica in America agli ordini di Mosca ? Intrighi nei quali aveva un ruolo di primissimo ordine Eleonora Roosevelt, che fu da noi presentata come nota per i suoi contatti con i comunisti e con tutto l’elemento giudaico degli Stati Uniti.

Ricordammo che la Presidentessa era associata alla « Garland Foundation » alla quale «risale in massima parte la propaganda comunista e socialista in America ».

Ricordammo che Carrie Chapson Catt, una delle piú note propagandiste comuniste d’America, in una conferenza a favore del Pacifismo, rivolgendosi alla Presidentessa presente, la salutò come « uno dei nostri e la prima comunista entrata nella Casa Bianca ». Dicemmo che la Presidentessa per secondare la propaganda comunista in America fece prolungare l’« Ora comunista » sul fascio delle stazioni radiofoniche americane. Elencammo tutti i maggiori giudei — un vero esercito — entrati padroni nella Casa Bianca e portati al potere degli Stati Uniti : tutti del  circolo personale di Eleonora Roosevelt. Primi fra tutti Frankfurter, Hullman, Mordekai Ezeckiel, il rabbino Stefano Wise, ecc. ecc.

E durante la guerra civile di Spagna la Presidentessa non parteggiò per i bolscevichi ebrei rossi ? E alla vigilia della caduta di Barcellona non giunsero a New York — mittente il torturatore dei cristiani, Negrin — destinati in dono alla Presidentessa alcuni quadri di Goya e di Velasquez, asportati dai musei spagnoli ?

E in Galilea non fu fondata una colonia ebraica dedicata a Léon Blum con danaro raccolto durante una conferenza della Presidentessa ? (Forse la cifra fu divisa a metà, perché la Dama della Casa Bianca non parla e non scrive gratuitamente mai).

Potremmo continuare nella elencazione.

« Poppea — scrivemmo allora — completamente dominata dai giudei riuscí ad avvelenare l’anima di Nerone contro i cristiani e li fece condannare ai leoni e alle tigri quando non  diventavano torce ardenti per illuminare gli spettacoli pubblici. Eleonora vuole che oggi il mondo diventi torcia ardente per illuminare il sorgere del regno d’Israele ; e Franklin Delano Roosevelt sta preparando la resina ed i fiammiferi ».

Come è che quando noi precisavamo con tanta sicurezza gli scopi della politica ebraica di Roosevelt, nessun ex Presidente, nessun grande americano, neppure durante le due successive campagne elettorali, sentì il dovere di denunziare che per i coniugi Roosevelt e per il giudaismo la esistenza della Russia bolscevica era una questione di vita o di morte ? La Russia bolscevica era il grimaldello per corrompere e terrorizzare e mettere a sacco e fuoco il mondo, così come l’anglosassonismo e il mariannismo erano i puntelli utilizzati dal medesimo giudaismo che controllava la Russia. Il tutto in funzione del trionfo d’Israele sul mondo.

Questa la verità che gli americani non hanno mai capito perché non hanno la capacità di pensare. Il male è che anche da noi a capirla erano stati pochissimi.

33. IL PLAGIO DI WOODROW WILSON

15 giugno 1941

Woodrow Wilson — il folle santone presentato ed acclamato dal giudaismo massonico internazionale come il « Presidente di tutte le democrazie » — il 22 gennaio 1917 lanciò al mondo il messaggio per rivendicare a sé come capo della Nazione nord-americana il diritto di occuparsi delle vicende, del vecchio mondo e imporre la sua autorità.

Quel messaggio fu il preannunzio, in nome della democrazia, della partecipazione degli Stati Uniti nella guerra e l’affermazione del diritto dell’America di intervenire in tutte le questioni internazionali. Né piú né meno di quanto ora va facendo Roosevelt.

In Brasile (Fanfulla di San Paolo, 18 maggio) hanno dimostrato che quel famoso messaggio venne ricalcato su una nota, pure essa famosa, che l’imperatore Don Pedro II, aveva inviato, oltre un secolo prima (1864), niente di meno che ad Abramo Lincoln, presidente degli Stati Uniti, per offrire la mediazione del Brasile nella guerra civile che allora divideva il popolo nord-americano.

La piccola differenza (chi l’avrebbe mai detto !) è solo questa, che Wilson adoperava quei concetti in nome della democrazia e per la libertà ; mentre Don Pedro II li adoperava per affermare il diritto di uno Stato di mantenere il lavoro servile e di conservare la schiavitù. Proprio cosí.

Il plagio di Wilson è singolare proprio per questo che per affermare il suo diritto a regolare le cose della civile Europa, adoperò gli stessi « principii » che D. Pedro II aveva adoperato per coonestare la conservazione della schiavitú.

D. PEDRO II nel 1864

Parlo in nome dell’umanità e dei neutrali dell’America del Sud, la cui industria e commercio saranno gravemente danneggiati da questa piú che ingiustificabile guerra.

È inconcepibile che il poderoso Stato di cui io sono Imperatore non disimpegni una funzione in questa impresa.

Nessuna pace che non includa l’Impero Brasiliano potrà salvare il futuro dalle conseguenze di questa innominabile guerra.

Gli statisti degli Stati Confederati mi assicurano di non aver alcun proposito di schiacciare gli Stati Uniti d’America.

WOODROW WILSON nel 1917

Parlo in nome di metà dell’umanità, in nome dei diritti di tutte le nazioni neutrali e dei nostri propri diritti che la guerra mette in costante pericolo nei loro piú vitali interessi.

È inconcepibile che il popolo degli Stati Uniti non disimpegni una funzione in questa grande impresa.

Non vi sarà congresso cooperatore di pace senza includere il popolo del Nuovo Mondo, che possa garantirci contro una futura guerra.

D. PEDRO

Si deve fare una pace senza vittoria.

La base di tal pace sta nell’uguaglianza degli Stati.

L’umanità anela per la libertà e gli Stati schiavocrati combattono per la libertà, per il sacro diritto di utilizzare il lavoro secondo il loro particolar modo di vedere.

Essendo io Imperatore del Brasile, sono l’unica persona investita di alta autorità che ha il diritto di rivelar la verità e affermare i vantaggi del lavoro servile.

Parlo in nome degli amici dell’umanità in tutte le nazioni. La mia voce è quella della  propria libertà attraverso il mondo.

Questi sono i principî del Brasile, la politica del Brasile, questi sono i sacri principî dell’umanità.

WOODROW WILSON

Suppongo innanzi tutto che deve esservi una pace senza vittoria.

L’uguaglianza delle nazioni sulla quale deve esser fondata la pace per esser durevole, dovrà essere l’uguaglianza dei diritti.

L’umanità anela adesso una simile libertà di vita senza confronto di forze.

Forse io sono l’unica persona investita di alta autorità fra tutti i popoli che abbia la libertà di parlare e di nulla nascondere.

Parlo sinceramente in nome della massa silenziosa dell’umanità, in tutte le parti del globo.

Questi sono i principî americani. Questa la politica americana. Sono i principî dell’umanità che devono prevalere.

Proponiamo l’affisione di questo parallelo sulla facciata della casa dove nacque Wilson, Presidente di tutte le democrazie, la quale è stata elevata a tempio nazionale da Roosevelt, Presidente dell’ebraismo mondiale ed erede ed alfiere dei « principî » di Wilson, che poi erano quelli dello schiàvista D. Pedro II.

34. IL PIÚ FARISAICO DISCORSO DEL GIUDEO ROOSEVELT

15 aprile 1941

Nessuna meraviglia per l’atto piratesco del sequestro, in tutti i porti degli Stati Uniti, dei piroscafi italiani e tedeschi. In un paese destituito di senso morale e giuridico, dove è piú facile che vada in carcere chi è onesto e rispetta le leggi che non il gangster, Roosevelt è la più autentica espressione nazionale. E poiché egli vuole la guerra, tutto ciò che avvicina gli Stati Uniti alla guerra è lecito e « giuridico ». I nostri lettori sono testimoni che da sette anni abbiamo, ininterrottamente, previsto con precisione matematica tutti gli atteggiamenti di questo esponente dell’ebraismo universale, primo responsabile di questa guerra ebraica.

In un paese come gli Stati Uniti dove nessuno pensa, perché non si ha la capacità di pensare veramente ; in un paese a bassa moralità politica, dove « politica » equivale ad «affarismo », che cosa volete che conti il ricordare che il Presidente, parlando a tutti i suoi cittadini ed al mondo, ancora il 4 settembre scorso aveva solennemente ripetuto : « ho detto abbastanza frequentemente che ho visto la guerra e che odio la guerra. Lo ripeto e lo ripeterò sempre. Spero che gli Stati Uniti rimarranno estranei a questa guerra » ?

Quali garanzie in un paese simile possono dare impegni solenni come questo che Roosevelt assumeva di fronte alla sua Nazione e al mondo : « … vi do piena e concreta assicurazione che ogni sforzo del nostro governo sarà diretto a quello scopo… Fino a quando rimarrà entro l’ambito dei miei poteri di impedirlo, non vi sarà alcuno oscuramento della pace degli Stati Uniti » ? Erano discorsi per carpire una terza volta voti agli elettori.

In un paese dove non si pensa, chi volete che avesse coordinato, in previsione della guerra ebraica, tutti gli atti del Presidente dell’ebraismo dissolvitore ? Atti che vanno dalle « bolle di sapone » che il Presidente lanciava in continuazione per esasperare le potenze autoritarie, alle istigazioni presso le democrazie, mediante l’opera dei suoi ambasciatori, che i documenti provano essere stati veri agenti provocatori. Neppure i « fatti » piú significativi inducevano gli americani a pensare.

Non fu — ad esempio — Roosevelt che chiese, durante la nostra guerra d’Africa, l’embargo sul petrolio a completamento delle sanzioni contro l’Italia ? Non fu Roosevelt che chiese pubblicamente nel discorso di Chicago, due anni prima della guerra, che gli Stati autoritari fossero « messi in quarantena » ? Non fu Roosevelt che soffiò nel fuoco polacco  assicurando la Polonia « che l’America avrebbe determinato la guerra » ? Non fu Roosevelt che aizzò in continuazione la Francia assicurandola che « il confine degli Stati Uniti è sul Reno » ? Non fu ed è Roosevelt a provocare in continuità il Giappone ?

Nelle pagine de La Vita Italiana vi è l’elencazione degli infiniti atti del Presidente provocatore. Ma v’è un documento che in Italia e in Germania non è stato mai integralmente pubblicato e che vogliamo qui riprodurre perché dà la misura della moralità politica di Roosevelt e della incapacità a pensare degli americani. È il messaggio del 20 settembre 1939 col quale Roosevelt presentava quella « legge sulla neutralità americana », che nel suo pensiero era « legge di guerra ».

Nessuno scritto meglio di questo messaggio può dare la chiara visione del vero volto di Roosevelt.

« Io ho convocato il Parlamento in sessione straordinaria, allo scopo di esaminare e agire in merito all’emendamento di una legislazione che, secondo  il mio giudizio, modifica talmente la tradizionale politica estera degli Stati Uniti da danneggiare le pacifiche relazioni degli Stati Uniti con le nazioni estere.

« Comincio dal tener conto del fatto che ciascun membro del Senato e della Camera dei rappresentanti come pure ciascun membro della sezione esecutiva del Governo, compresi il Presidente ed i suoi compagni, siano personalmente, ufficialmente e senza riserve favorevoli a queste misure che proteggeranno la neutralità, la sicurezza e l’integrità del nostro paese e nello stesso tempo ci tengano lontani dalla guerra.

« Siccome sono disposto a riconoscere il nobile desiderio di pace di coloro i quali sostengono idee diverse dalle mie per ciò che devono essere le nuove misure, spero che questi signori saranno altrettanto volenterosi di riconoscere eguale onorevole desiderio di pace in coloro coi quali si trovano in disaccordo.

Nessun uomo e nessun gruppo deve assumersi lo esclusivo protettorato sul futuro benessere dell’America. Io sono del parere che il mantello della pace e  del patriottismo sia assai largo per coprirci tutti, malgrado le diversità di partito. Nessun gruppo deve assumersi il cartellino esclusivo del « blocco della pace » perché ad esso apparteniamo tutti.

« Io ho sempre tenuto il Parlamento ed il popolo americano al corrente degli avvenimenti e delle vie degli affari internazionali. Ora io ne faccio un riassunto.

« Durante questi anni la costituzione di vasti eserciti, marine e materiali di guerra ha seguito in Europa un ritmo sempre piú veloce ed intenso. Durante questi anni, e già ai tempi del Patto Kellogg-Briand, gli Stati Uniti hanno sempre, con coscienza e consistenza, fatto tutto il possibile per incoraggiare soluzioni pacifiche, ridurre gli armamenti e allontanare le minaccie di guerra. Noi abbiamo fatto questo non solo perché qualsiasi guerra in qualsiasi luogo necessariamente danneggia la sicurezza e la prosperità americana ma per il fatto piú importante che qualsiasi guerra combattuta in qualsiasi luogo ostacola il progresso della moralità e della religione e danneggia la sicurezza della stessa civiltà.

« Per molti anni il primo scopo della nostra politica estera è stato quello che questa nazione e questo Governo facciano di tutto per evitare la guerra fra le altre nazioni ma se e quando la guerra disgraziatamente viene, allora il Governo e la nazione devono fare ogni sforzo per non essere coinvolti in essa.

« La sezione esecutiva del Governo ha fatto di tutto, secondo la nostra tradizionale politica di non-intervento, per, allontanare l’attuale conflitto.

Avendo cosí cercato di riuscire eppur avendo fallito, questo paese non deve piú perdere tempo e deve far di tutto per non esservi coinvolto. È’ mio parere che sinora noi siamo riusciti in questo.

« Noi siamo fieri della storia degli Stati Uniti e di tutte le Americhe in questi anni perché noi abbiamo messo tutto il nostro peso a favore della pace.

Accenno semplicemente ai lunghi dibattiti su ciò che è l’aggressione e sui metodi per indicare l’aggressore. Dal punto di vista accademico ciò sarà stato istruttivo per gli storici che discutono i pro ed i contro, come pure i diritti ed i mali della guerra mondiale durante gli anni dopo il conflitto mondiale. Ma, di fronte ai problemi di oggi e di domani, le responsabilità per gli atti di aggressione non si possono celare e la loro precisazione sarà fatta nel futuro dagli storici. Vi è abbastanza realismo negli Stati Uniti per capire come le vie pericolose seguite negli altri continenti siano state portate vicino al nostro paese.

« Nel gennaio scorso io ho detto al Parlamento che è stata allontanata una guerra che minacciava di incendiare tutto il mondo, ma che era un fatto sempre piú chiaro che la pace non era stata assicurata. Nell’aprile la situazione divenne piú intensa e si avvicinava una nuova crisi. Alcune nazioni con le quali noi avevamo relazioni diplomatiche e commerciali amichevoli avevano perduto, oppure perdevano, la loro indipendenza e la loro sovranità.

« Durante la primavera e l’estate gli avvenimenti prendevano definitivamente una via verso altri atti di conquista militare a danno della pace.

Nel luglio scorso io parlai ai membri del Parlamento sulla possibilità di una guerra ; di queste nuove minacce che considero egualmente come sfida alla religione ed alla democrazia e insieme pure alla fiducia internazionale, io avevo detto : “Una società che metta da parte la religione, la democrazia e la fiducia fra le nazioni non può trovare in essa gli ideali del Principe della Pace. Gli Stati Uniti rigettano tale ordine e tengono alla loro antica fede. Noi sappiamo cosa sarà il nostro futuro se tali filosofie di forza dovessero accerchiare gli altri continenti ed entrare nel nostro. Noi non possiamo essere accerchiati dai nemici della nostra fede e della nostra umanità. Siamo fortunati, quindi, di avere nel nostro emisfero, e sotto un comune ideale di governo democratico, grandi risorse che agiscono attraverso il rispetto reciproco e la pace”.

« Ma nel gennaio scorso io avevo pure detto che quando noi abbiamo legiferata la neutralità, le nostre leggi di neutralità possono operare in modo ingiusto e possiamo persino assistere un aggressore e negare tale assistenza alla vittima. Questo istinto di autopreservazione dovrebbe ammonirci che ciò non deve piú avvenire.

« È stato appunto quello che io previdi allora osservando il cammino degli affari internazionali e il loro probabile effetto a nostro riguardo ; epperò  ho prospettato al Parlamento nel luglio di quest’anno la necessità di modificare la nostra legge sulla neutralità.

« I punti importanti per la pace americana nel mondo non sono cambiati da allora e perciò io vi chiedo nuovamente di riesaminare la nostra legislazione.

« Incominciando con la fondazione del nostro governo costituzionale nel 1789 la politica americana verso i belligeranti è stata basata, salvo una eccezione notevole, sulle leggi internazionali. Sia ricordato che quella che noi chiamiamo legge internazionale ha avuto ed ha come suo principale obiettivo di evitare le cause della guerra e prevenire l’estensione del conflitto.

« La sola eccezione fu la politica adottata da questa nazione durante le guerre napoleoniche quando cercando di evitare di esservi travolti abbiamo agito per diversi anni secondo il cosiddetto Embargo and non intercourse Act.

Quella politica risultò un disastroso fallimento ; primo perché portò il nostro paese ai margini della rovina ; secondo, perché fu la maggior causa di nostra attiva partecipazione nelle guerre europee e della nostra guerra del 1812. È una pura ricitazione storica il ricordarvi che uno dei risultati di quella politica fu l’incendio nel 1814 di parte di questo Campidoglio dove noi siamo riuniti.

« La nostra successiva deviazione dai sani principi di neutralità e pace a mezzo della legge internazionale non doveva verificarsi che cento trenta anni dopo. Fu con il cosidetto Neutrality Act del 1935 — di soli quattro anni fa — un atto mantenuto in vigore con una risoluzione aggiunta del mese di maggio 1937, nonostante gravi dubbi espressi circa la sua saggezza, da molti senatori, da deputati e da ministri incaricati di dirigere i nostri rapporti internazionali e da me stesso. Io deploro che il Congresso abbia votato quella legge.  Deploro ugualmente di averla io firmata.

« Il quattordici luglio di quest’anno io domandai al Congresso, per la causa della pace e per i reali interessi della neutralità e sicurezza americana, di prendere una iniziativa per modificare quella legge.

« Io domando ora nuovamente che una tale iniziativa sia presa riguardo quella parte della legge che è completamente incompatibile con gli antichi precetti della legge delle nazioni : l’embargo sui rifornimenti. Io lo domando perché essa è, secondo la mia opinione, fondamentalmente dannosa alla neutralità americana, alla sicurezza americana, ed alla pace americana.

« Questo embargo dei rifornimenti come esiste oggi impedisce la vendita ad un belligerante da parte di una industria americana di qualunque completo strumento di guerra, ma permette la vendita di molti tipi di oggetti di guerra non completati, cosí come ogni sorta di materiali e rifornimenti. Essa inoltre consente che tali prodotti dell’industria e dell’agricoltura siano trasportati ai belligeranti da piroscafi protetti dalla bandiera americana. Là consiste, nella presente legge, il definitivo pericolo alla nostra neutralità ed alla nostra pace.

« Dal punto di vista puramente materiale quale è il vantaggio per noi di far varcare l’Oceano a prodotti non finiti quando noi possiamo dar lavoro a migliaia di disoccupati, completando qui il processo di lavorazione ?

Incidentalmente e di nuovo dal punto di vista materiale, con tale lavoro noi aiutiamo la nostra stessa difesa. E se profitti anormali appaiono in mezzo a noi pure in tempo di pace come risultato di incremento industriale, io penso che l’argomento potrà essere trattato in una sessione ordinaria del Congresso.

« Lasciatemi intanto mostrare il presente paradosso della esistente legislazione nei piú semplici termini : se prima del 1935 una guerra generale fosse scoppiata in Europa gli Stati Uniti avrebbero venduto e comprato dalle nazioni belligeranti tali cose e prodotti di ogni specie come le nazioni belligeranti con le loro possibilità esistenti e la loro posizione geografica sarebbero state in condizione di comprare da noi o di vendere a noi stessi. Questa sarebbe stata la pratica normale all’epoca delle vecchie dottrine della legge internazionale. La nostra precedente posizione accettava i fatti della geografia e delle condizioni del potere sul mare come esse esistevano in ogni parte del mondo. Se una guerra in Europa fosse scoppiata prima del 1935 non vi sarebbe stata alcuna differenza per esempio tra la nostra esportazione di apparecchi di alluminio e di aeroplani ; oggi vi è invece una artificiosamente legale differenza. Avanti il 1935 non vi sarebbe stata differenza tra l’esportazione del cotone e la esportazione di cotone da cannone ; oggi tale differenza esiste. Avanti il 1935 non vi sarebbe stata differenza tra l’imbarco di tubi di ottone in forma di conduttura e tubi di ottone in forma di proiettili ; oggi questa differenza esiste. Avanti il 1935 non vi sarebbe stata differenza tra l’esportazione di un autocarro e quella di un autocarro armato ; oggi questa differenza esiste.

« Permettetemi di essere realistico e riconoscere che una nazione belligerante ha spesso bisogno di grano, di grassi e di cotone per le esigenze di vita della propria popolazione, tanto quanto necessita di cannoni controaerei e cariche anti- sommergibili. E lasciate quelli che cercano di dimostrare che la presente legge è completamente compatibile e cercano una nuova legislazione per togliere alle nazioni in guerra : pane, vesti e cereali e migliaia di altri articoli.

« Io cerco una maggior solidità nel rigetto dell’embargo e nel ritorno alle leggi internazionali. Io cerco la restaurazione della politica storica e tradizionale americana, la quale, fatta la eccezione ricordata, ha ben servito per circa un secolo e mezzo.

« È stato erroneamente affermato che il ritorno a quella politica significherebbe avvicinarsi alla guerra. Io esprimo a voi la mia profonda e inalterabile convinzione, basata sopra anni di esperienza come lavoratore nel campo della pace internazionale, che col rigetto della clausola dell’embargo gli Stati Uniti rimarranno piú probabilmente in pace che se la legge rimane quale essa è oggi. Io dico questo perché con il rigetto dell’embargo questo Governo insisterà chiaramente e definitivamente che i cittadini americani e i piroscafi americani si tengano lontani dagli immediati pericoli delle attuali zone di conflitto.

« La revoca dell’embargo ed il ritorno alla legge internazionale formano lo scopo di questa questione. L’accettazione delle misure relative all’embargo hanno fatto di piú che cambiare la nostra politica tradizionale. Ha avuto l’effetto di mettere le potenze terrestri allo stesso livello con quelle navali. Una potenza terrestre che minacciasse di far la guerra potrebbe cosí essere sicura che qualsiasi potenza navale in conflitto con essa sarebbe indebolita attraverso il rifiuto del suo antico diritto a comprare ciò che le occorre da qualsiasi parte del mondo. Quattro anni fa, ciò dava un vantaggio sicuro ad un belligerante contro un altro non per la sua forza oppure per la sua posizione geografica ma soltanto per un nostro atto affermativo. Togliere l’embargo significa ritornare alla pratica internazionale piú logica.

« Ciò farà piacere ad alcuni e dispiacere ad altri, secondo il punto di vista che essi prendono di fronte al conflitto. Ma ciò non è il problema. Ciò ch’io desidero è di far ritornare questo paese alla vera e tradizionale neutralità.

« Quando e se la revoca dell’embargo sarà compiuta, certe altre fasi della politica tendente a rinforzare la sicurezza americana dovranno essere considerate. Dato che tutti siamo d’accordo sui suoi obiettivi, rimangono da discutere solo le questioni di metodo. Io credo che alle navi americane dovrà essere limitata il piú possibile l’entrata in zone pericolose.

Le zone di guerra possono cambiare cosí rapidamente e cosí frequentemente nei giorni a venire che è impossibile fissarle in modo permanente con una legge del Congresso ; un’apposita legislazione dovrebbe cosí autorizzare gli adeguamenti ai continui e rapidi mutamenti. Ma sembra piú pratico delimitarle per mezzo dell’azione del Dipartimento di Stato e delle vie amministrative. Cosí l’obiettivo di impedire l’entrata delle navi americane in tali zone può essere raggiunto con una legge del Congresso che la vieti, mentre poi l’Esecutivo può emettere un proclama dal quale risulti che tali viaggi vengono compiuti ad esclusivo rischio e pericolo di coloro che li compiono.

« Il secondo obiettivo consiste nell’impedire che cittadini americani abbiano a viaggiare su navi belligeranti o in zone pericolose. Tale scopo può essere raggiunto sia attraverso la legislazione, vale a dire mantenendo in forza certe disposizioni delle leggi esistenti, o anche per mezzo di una Proclamazione la quale chiarisca a tutti gli Americani che viaggi del genere saranno compiuti a loro rischio.

« Il terzo obiettivo consistente nella richiesta fatta ai compratori stranieri di provvedere nel nostro paese al trasferimento dei titoli per le merci da essi acquistate per i belligeranti, può ugualmente essere raggiunto per mezzo della legislazione o anche attraverso debite dichiarazioni.

« Il quarto obiettivo consiste nell’impedire la concessione di crediti di guerra ai belligeranti: esso può essere raggiunto mantenendo in vigore le esistenti disposizioni di legge o con una dichiarazione la quale chiarisca che se dei crediti verranno concessi da parte di Americani ai belligeranti, il nostro Governo non prenderà nel futuro alcun provvedimento per evitar loro i rischi dell’eventuale perdita. Da questi due ultimi punti risulta che tutti gli acquisti saranno fatti in cash e tutti i carichi saranno spediti agli acquirenti su loro proprie navi e a loro rischio.

« Due altri scopi sono stati ampiamente raggiunti dalla esistente legislazione, vale a dire il controllo sulla raccolta di fondi nel nostro paese per i belligeranti ed il mantenimento del sistema delle licenze riguardanti  l’importazione e l’esportazione di armi e munizioni e rifornimenti di guerra. In forza delle presenti leggi, tali armi non possono essere trasportate ai Paesi belligeranti su navi americane e tale disposizione non sarà toccata.

Naturalmente il Congresso dovrà scegliere con quali metodi queste salvaguardie potranno essere raggiunte e mantenute in relazione coi pericoli della mutevole situazione.

« A coloro i quali dicono che tale programma potrà involgere un passo verso la guerra, io rispondo che esso offre invece la miglior salvaguardia di cui noi possiamo disporre per proteggere le vite degli Americani e le loro proprietà da ogni pericolo. Esso è un programma positivo per garantire la sicurezza. Esso significa minor probabilità di incidenti e di controversie che tendano a trarci nel conflitto come accadde  nell’ultima guerra mondiale. Esso conduce alla strada della pace.

« La posizione della sezione esecutiva del Governo è che la vecchia ed onorata dottrina della legge internazionale, unita a queste positive salvaguardie, rappresenta il modo migliore per mantenerci al di fuori di questa guerra. Per quanto riguarda la nostra difesa, voi siete testimoni che io ho diramato una Proclamazione stabilendo “una situazione di emergenza nazionale in relazione con l’osservanza, la salvaguardia e il rafforzamento della neutralità e l’aumento della difesa nazionale entro i limiti delle autorizzazioni inerenti al tempo di pace”. Ciò è stato fatto solamente per applicare certe misure costituzionali e legali. Io ho autorizzato l’aumento del personale dell’esercito, della marina e dell’aviazione, nonché della guardia costiera, portando tutti e quattro questi Corpi ad un totale che è ancora al di sotto delle forze massime per il tempo di pace autorizzate dal Congresso. Io ho autorizzato il Dipartimento di Stato ad impiegare una somma di 500 mila dollari per il rimpatrio degli Americani che si trovano nella zona di guerra. Ho autorizzato l’aumento di 150 persone nel Dipartimento della Giustizia allo scopo di impiegarle nel proteggere gli Stati Uniti da attività sovversive straniere ai nostri confini.

« Ora non chiedo altre autorizzazioni dal Congresso. Non vedo nessuna necessità di ulteriori azioni da parte dell’Esecutivo in conseguenza della proclamazione della limitata situazione di emergenza nazionale. Perciò io non vedo alcuna ragione di presentare altre proposte legislative in questa sessione straordinaria del Congresso.

« Naturalmente è possibile che nei mesi a venire possano presentarsi impreviste necessità di sviluppare la nostra legislazione, ma la cosa non è oggi indispensabile.

« I giorni pericolosi che attraversiamo richiedono un’opera di collaborazione senza alcun elemento partigiano. I nostri atti devono essere guidati dal principio capitale di tenere l’America al di fuori di questa guerra.

Con questo stato d’animo io chiedo ai capi delle due maggioranze del Senato e della Camera dei rappresentanti di rimanere a Washington nel periodo tra la chiusura di questa sessione straordinaria ed il 3 gennaio prossimo, in cui avrà inizio quella regolare. Essi mi hanno dato questa assicurazione ed io mi riprometto di avere frequenti contatti con loro per informarli del corso degli eventi negli affari esteri e per le necessità circa la futura azione in questo campo, nonché per l’attività legislativa ed esecutiva. Naturalmente nel caso di ogni futuro pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti o in caso di necessità di provvedimenti legislativi di importanza, io convocherò immediatamente il Congresso in un’altra sessione straordinaria.

« Vorrei poter offrire la speranza che l’ombra attualmente distesa sul mondo potesse rapidamente passare, ma questo non mi è possibile. I fatti mi costringono a riconoscere candidamente che questo oscuro periodo può ancora durare. Il disastro non è opera nostra.

Nessuna nostra azione ha scatenato le forze che scuotono le basi della civiltà.

Eppure anche noi ci troviamo colpiti, le nostre correnti commerciali si vanno modificando, una quantità di nuovi problemi ci si presentano e la nostra posizione negli affari del mondo è stata immediatamente alterata.

« In circostanze simili la nostra politica deve tendere a valutare nel senso piú profondo il vero interesse americano. Questo interesse, esattamente considerato, non è egoista. Il destino ci ha fatti eredi della cultura europea congiuntamente alle altre nazioni del nostro emisfero. La sorte sembra ora costringerci ad assumere il compito di aiutare il mondo occidentale ad essere una cittadella nella quale la civiltà possa essere mantenuta viva. La pace, la sicurezza e l’integrità delle Americhe debbono essere mantenute ferme. In un periodo nel quale si arriva a dire che una libera discussione non è piú compatibile con la sicurezza nazionale, mostrate voi coi vostri fatti che noi negli Stati Uniti rappresentiamo un popolo di una stessa idea, di uno stesso spirito, di una stessa chiara risoluzione, in cammino dinanzi a Dio nella luce dei viventi ».

Mentre con questo messaggio continuava ad ingannare i suoi connazionali, Roosevelt già da tempo capitanava in Europa l’azione nefasta delle forze anglofranco-ebraiche per scatenare la guerra. È’ consacrata alla storia, attraverso i documenti diplomatici già da noi illustrati, quella che fu, dopo Monaco, l’azione dei messaggeri di Roosevelt in Europa. Ambasciatori, cioè, che invece di agire in senso conciliativo o disinteressarsi -— applicando all’Europa i famosi principii di Monroe — inasprirono la situazione sobillando i Polacchi e spingendoli alla guerra. Ebbe il primo posto in questa azione l’« inviato speciale di Roosevelt » a Varsavia, sig. Bullit, al quale erano subordinati anche gli ambasciatori americani a Londra e a Parigi.

L’attività dell’uomo di Roosevelt fu letteralmente nefasta all’Europa e al mondo. Bullit agí come intermediario fra gli Inglesi ed i Polacchi per togliere a questi ultimi ogni scrupolo e far prevalere a Londra e a Varsavia il partito della guerra. A Washington, presso l’ambasciatore polacco Jerzy Potocki, a Parigi presso l’ambasciatore Jules Lukasiewicz, a Londra attraverso l’ambasciatore americano Kennedy — che Bullit faceva agire come un subordinato — l’opera di Roosevelt di incitamento alla guerra fu continua e febbrile, fino a determinare la follia della politica polacca. Non diversamente è avvenuto per la Jugoslavia, dove, all’indomani dell’adesione al Patto Tripartito, l’« inviato personale di Roosevelt », colonnello Donovan, avvertí il principe Paolo, lo Stato Maggiore e soprattutto i capi dell’opposizione democratica che « il Presidente degli S.U. si sentiva in dovere di ricordare alla Jugoslavia i doveri di riconoscenza verso gli Stati Uniti ». Passo che determinò quel colpo di Stato che fece sventolare in Jugoslavia la bandiera americana.

Deve essere un grande illuso e poco conoscitore del suo paese quel deputato americano repubblicano Pish che ha dichiarato a Boston in un suo discorso, che « se Roosevelt trascinasse gli Stati Uniti nella guerra, sarebbe un’ironia, dopo tutte le promesse che egli ha fatto al popolo degli Stati Uniti ». In questo caso, dice il deputato americano, « il Presidente dovrebbe essere citato dinanzi alla giustizia per aver male adempito alle sue funzioni ».

Già : dinanzi a quella Suprema Corte Federale che è regolata dal pensiero e dalle sentenze talmudiche dei sommi giudei Louis Brandies e Frankfurter, che negli Stati Uniti rappresentano il diritto e la legge.

FATTI E COMMENTI

Quelli che seguono sono solo alcuni « Fatti e Commenti » che non hanno perduto delle loro attualità e dimostrano quale chiara visione, per non dire previsione, si ebbe — alla luce dei Protocolli dei Savi anziani di Sion — degli avvenimenti odierni.

1. INGHILTERRA

I. – LA « MANO NASCOSTA »

Spesso, ma non sempre esattamente, vengono citate le parole di Lord Beaconsfield (l’ebreo Disraeli, iniziato nel Kahal diventato Premier britannico che Daniel O’Connel bollò : «discendente dal Cattivo ladrone ») pronunziate il 20 settembre 1876 ad Aylesbury ; eccole:

« Gli uomini al potere non hanno da fare solamente coi governi, imperatori, re e ministri, bensí anche colle società segrete, elementi di cui bisogna tenere conto. All’ultimo momento esse possono annientare tutte le sistemazioni. Esse hanno dappertutto agenti senza scrupoli, che spingono all’assassinio ; e possono, se lo giudicano opportuno, condurre ad un massacro ».

Le parole dell’ebreo Disraeli vanno completate da quelle che sotto il titolo « Noi non daremo la pace al mondo » apparvero nel piú autorevole giornale ebraico inglese Jewish Chronicle di Londra, il 3 marzo 1939. Nell’organo ufficiale dell’ebraismo britannico, si legge :

« Il problema ebraico avrà sviluppi che faranno fremere tutti i dirigenti politici sensati. Il problema ebraico si alzerà dinanzi ad essi con una forma e una realtà cosí pressante e cosí acuta come mai nel corso della storia. I dirigenti politici delle varie nazioni potranno fare ciò che vorranno, ma le nazioni non si sbarazzeranno del problema ebraico. Questo problema apparirà come la testa della famosa idra in tutti gli ambienti diplomatici e sbarrerà il passo a ogni tentativo di distensione internazionale.

« Il problema ebraico è tale che noi ebrei non lasceremo la pace al mondo per quanto zelo possano impiegare gli uomini di Stato e gli angeli della pace per conseguirla ».

II. – LO STATO MAGGIORE DELLA GUERRA EBRAICA

15 ottobre 1938

Nel mese di agosto (1938) si sono riuniti a Cap d’Antibes i signori : Morgenthau (ebreo segretario del tesoro americano), Bernard Baruch (ebreo consigliere di Roosevelt), rabbino Wise (papa nero dell’americanismo).

Che fanno questi signori a Cap d’Antibes ? Sapete di chi sono ospiti ? Di Sassoon (ebreo), il grande mercante della morte. Trovasi in loro compagnia Davide duca di Windsor, con la duchessa Simpson (meticcia ebrea). Attendono l’arrivo di Léon Blum. (Nouvelle Voix de France, 13-8-1938). Questa riunione, rivelata dal giornale francese, viene dopo l’articolo dell’American Hebrew (4-6-1938), nel quale si faceva l’apologia della imminente guerra universale e si comunicavano con compiacimento i nomi dei dirigenti dell’Internazionale ebraica.

Nessuno dirà che non è una riunione significativa. E nessuno dubiterà che la guerra voluta dagli ebrei non abbia lo scopo di distruggere la nostra civiltà.

Ma sono sicuri gli ebrei e i loro complici di vincere una guerra contro i goim ? I lettori forse ignorano le generalità dell’ospitante Sassoon ; meglio noto con l’appellativo di mercante della morte. Eccole :

La famiglia Sassoon viene da David Sassoun ebreo trafficante di Bagdad (Mesopotamia). Stabilitasi nell’India, vi divenne ricchissima con il traffico dell’oppio con cui l’Inghilterra avvelenava i cinesi. Questo mestiere valse al capo della famiglia Sassoon il titolo britannico di baronetto ; l’attuale Sassoon è il terzo baronetto, figlio di Sassoon immischiato nell’affare francese dei metalli e nella catastrofe del « Comptoir d’Escompte ». Sua madre è Alice Rothschild figlia di Gustavo. E l’attuale baronetto ha sposato, anch’egli, una Rothschild. Né si creda che questi Sassoon britannizzati abbiano abbandonato gli affari d’Israele : tutt’altro. Sulla fine del 1916 una assemblea della ebraica « Maghon David Congregation » si radunava a Bombay  per manifestare la sua intransigenzà separatista ; non fu parlato che in lingua ebraica ; « sir Jacob Sassoon fu rieletto presidente della «Congregation » ; il presidente dell’assemblea lodò in lingua ebraica l’ammirevole attività filantropica (pro Israele, ben inteso!) di sir Jacob Sassoon » (Israel, Firenze, 11 gennaio 1917).

Un ramo di Sassoon è restato a Bagdad ; il suo capo, Ezra Sassoon, mandava diecimila sterline per il fondo ebraico in Palestina : è la tassa ebraica del Kahal con cui si pagano i monopoli riconosciuti dalla sinagoga.

E poi si dice delle vecchie dinastie che ingrossavano il loro dominio con le guerre e coi matrimoni ! Almeno quelle mettevano a rischio la propria corona. Ma i… sovrani ebrei lasciano tali rischi agli altri ; essi invece della guerra fanno gli affari e i matrimoni.

Oggi Sir Philip, primo commissario delle opere pubbliche, fa il ministro a Londra, mentre il fratello Victor Sassoon è a Shanghai in collaborazione con vari ebrei assai sospetti (vedi The Shanghai Evening Post e il Mercury del 10 aprile 1937) e cioè con Freddy Kaufmann direttore del sospettatissimo club notturno Ciro, Josef Ullstein ed Henry Nathan direttori di orchestra da « varietà » in alberghi e locali notturni che appartengono a Victor Sassoon.

Victor Sassoon, secondo la Jüdische Rundschau del 5 luglio 1935, ebbe dal  governo cinese delle altissime onorificenze, e ciò perché i Sassoon assieme con gli ebrei Kadoori, Hardoon e Heimfetz sono, come ho detto, i detentori del monopolio dell’oppio, col quale guadagnano somme favolose di cui dicesi una parte va ad alimentare le casse del Kuomintang perché lotti contro il Giappone.

Sarà interessante ricordare che questi ebrei Sassoon, tanto legati con Eden, sono imparentati con l’ebreo antifascista Philipson di Firenze e che quest’ultimo è parente di altri ricchi ebrei da Firenze trasferitisi a Roma.

III. – RAFFRONTO STORICO: PER LO ZAR DELLE RUSSIE E PER RAS TAFARI

15 maggio 1936

Il 4 corrente Eden, ministro per gli Affari esteri di S.M. Britannica narrava alla Camera dei Comuni :

« Venerdì sera l’imperatore di Etiopia ha mandato il suo segretario presso il Ministro di Gran Bretagna ad Addis Abeba per informarlo che aveva deciso di rinunciare alla direzione degli affari etiopici ed aveva stabilito di affidarla al Consiglio dei ministri ed intendeva partire subito con la famiglia per Gibuti. Prima ancora che di questa sua comunicazione fosse data notizia a Londra, il Negus partiva da Addis Abeba il 2 corrente ed arrivava ieri a Gibuti. Nel fare la sua comunicazione al Ministro di Gran Bretagna, il Negus manifestò chiaramente il desiderio di recarsi con la famiglia in Palestina. Il Governo britannico ha ritenuto di accedere a tale richiesta e, per quanto sta in suo potere, di facilitare il viaggio dell’imperatore in Palestina. Si è messo pertanto in comunicazione con il Governo francese il quale ha manifestato il suo assenso. In tali circostanze il Governo britannico ha ordinato che l’incrociatore Entreprise procedesse per Gibuti per trasportare la famiglia imperiale a Caifa.

« Ricevo in questo momento un dispaccio il quale avverte che il Negus si è imbarcato alle ore 16 (ora europea) ».

In due giorni e mezzo tutto fatto : avviso del Negus — senza attendere risposta — al Governo inglese ; partenza da Addis Abeba e arrivo a Gibuti ; immediata decisione inglese con relativo incrociatore a disposizione dell’ex imperatore schiavista ; accordi col Governo francese ; partenza per Caifa ; immediata comunicazione alla Camera dei Comuni. Ripetiamo : due giorni e mezzo.

Quanta differenza col trattamento fatto allo Zar !

Lo Zar di tutte le Russie, alleato della grande guerra, congiunto del Re d’Inghilterra, abdicò il 15 marzo 1917 e, a mezzo del governo provvisorio russo, chiese all’Inghilterra di potersi rifugiare con la propria famiglia in qualsiasi regione dello sconfinato Impero Britannico. Il Re d’Inghilterra gli aveva telegrafato all’atto dell’abdicazione : « Gli avvenimenti di questa settimana mi hanno profondamente commosso. Io non cesso di pensare a te ».

Dopo una lunga settimana — il 23 marzo 1917 — giunse l’assenso inglese, ma l’incrociatore promesso non arrivava. Il 10 aprile, dopo vane e insistenti sollecitazioni, invece dell’incrociatore giunse un telegramma da Londra all’ambasciatore inglese Buchanam con « l’ordine di prevenire il governo provvisorio russo perché i preparativi del viaggio siano aggiornati ».

Nei suoi Ricordi, Miss Buchanam, figlia dell’ambasciatore, scrive : « Mio padre tornò dal suo ufficio in uno stato tale che noi gli chiedemmo se stesse male. — Ho ricevuto notizie dall’Inghilterra, egli rispose con voce debole ; rifiutano di ricevere lo Zar. Mi ordinano di prevenire il Governo provvisorio perché i preparativi del viaggio siano aggiornati ».

Non è vero che Kerenski si sia opposto alla partenza della famiglia Romanof.

L’ex ministro Terescenco, succeduto a Miliucof, rinnovò nel maggio — un mese dopo — i suoi tentativi presso gli inglesi. Scrive Terescenco :

« La questione della partenza della famiglia imperiale è stata di nuovo sollevata in maggio, in pieno accordo col principe Lvov e con Kerenski. Feci dei passi per ottenere l’invio d’un incrociatore inglese a Murmansk e un rifugio in Inghilterra o in qualsiasi altra regione dell’Impero Britannico. I miei sforzi non ebbero successo, come i precedenti del marzo. Alla fine di giugno o al principio di luglio, ricevetti, un rifiuto definitivo ».

E fu cosí che, nella febbrile e vana attesa dell’incrociatore inglese, dopo ben quattro mesi di « orribili torture », nella notte del 16 luglio 1917 l’imperatore di tutte le Russie con l’intera famiglia fu massacrato in una stanzuccia ad Ekaterinburg.

Lo Zar era alleato di guerra, accusato dai rivoluzionari di aver fatto causa comune con l’Inghilterra, cugino germano di S. M. Britannica Giorgio V, al quale rassomigliava come un fratello.

Quattro mesi e il massacro ; due giorni e mezzo e l’imbarco con tutti gli onori.

IV. – DECADENZA

15 dicembre 1935

Al principio della guerra europea la situazione si presentava cosí : a meno di non subire la distruzione totale o di una parte della propria flotta, la conflagrazione era un’impresa che per l’Inghilterra, e solo per l’Inghilterra, sarebbe sempre andata bene. Il piú grande alleato dell’Inghilterra diventò presto l’imperatore Guglielmo allorché annullò « la incrollabile fede (di von Tirpitz) nella possibilità e anzi nella certezza di una vittoria nella battaglia navale » emanando l’ordine categorico imperiale di non impegnare la flotta che, integra, doveva servire come strumento politico per il tavolo della pace.

E fu cosí che dopo il 14 dicembre 1914 [che Tirpitz chiama « il giorno nefasto, simbolo del destino della flotta germanica nella guerra », cioè quando l’ammiraglio tedesco ebbe l’ordine di tornare indietro e non furono annientate le dieci grandi navi da battaglia inglesi] tutto andò bene per l’Inghilterra. Essa infatti ancora durante la guerra si prese le colonie tedesche ed il commercio tedesco ; si prese il commercio francese e quello belga ; si avvantaggiò sia dei danni che gli alleati procuravano al nemico, sia dei disastri che gli alleati subivano dal nemico ; le sue officine non furono distrutte ; il suo territorio non fu invaso ; le sue miniere non si riempirono d’acqua, né furono fatte crollare con la dinamite le loro gallerie ; poté, mentre si combatteva la sanguinosa guerra, far continuare a funzionare fin l’accordo — per la vendita del materiale di guerra — tra l’industria pesante inglese e quella germanica, mentre gli eserciti dei due paesi  si straziavano a vicenda ; si fece consegnare anche l’oro dall’Italia alleata, per impinguare le sue ricchissime riserve. Non perse nulla e guadagnò tutto ; il suo « contributo » fu ricompensato ad usura. Era la maggiore potenza coloniale e divenne ancora piú grande. Era la maggiore potenza commerciale e aumentò spasmodicamente questa priorità. Vinta la Germania, diventò anche potenza egemonica in quell’Europa continentale che da piú di un secolo era sottoposta alla egemonia dell’armata britannica.

Senonché l’Inghilterra aveva usato con una certa « moderazione » — eccetto che in pochi casi, come quello di Fascioda — della posizione di potenza che aveva ad un tempo la maggiore ricchezza, il maggiore commercio, le maggiori colonie, la maggiore armata. Il mondo, e specialmente l’Europa, sopportava perciò con rassegnazione la supremazia britannica pur sapendo che, a stretto rigore, nessuna nave di altra nazione — senza il permesso dell’Inghilterra — avrebbe potuto mettere la prua fuori dei propri porti.

Adagiata su questa supremazia, l’Inghilterra pretende che essa sia riconosciuta come il fondamentale carattere della nuova èra : ha abbandonato la tradizionale « moderazione » fino al punto di non riconoscere la enormità di certe sue pretese. La stampa inglese, ad esempio, ha potuto avvelenare l’opinione pubblica mondiale contro l’Italia ; ha potuto diffamare l’esercito italiano, al quale ha attribuito bombardamenti di villaggi abissini inermi e massacri di donne e bambini ; giornali autorevoli come l’Economist, o a larga diffusione come il Daily Herald, han potuto insolentire trivialmente il Duce ed il Regime fascista ; si è potuto fin negare a Guglielmo Marconi l’uso della radio per difendere il proprio paese, e la stampa italiana avrebbe dovuto tacere e fare buon viso all’«esperimento» di affamare l’Italia per costringerla a capitolare. La stampa italiana ha parlato, ed ecco la minaccia attraverso la stampa notoriamente ispirata :« se l’Italia non fa cessare ogni attacco contro l’Inghilterra, i rinforzi navali rimarranno dove sono »  (Manchester Guardian).

Decadenza ?

V. — IDEOLOGISMO ANGLO-GIUDAICO-MASSONICO-LEGHISTA

15 gennaio 1936

Come durante la guerra di Libia piú che con la Turchia noi fummo in guerra con i grandi banchieri internazionali, alla testa dei quali era l’ebreo nemico d’Italia Sir Ernest Cassel con la sua banca ; non altrimenti oggi ci troviamo — contro quest’ebreo nato a Colonia residente a Londra. Egli governa la « Egyptian Governement Irrigation Trust » ed ha ambedue le mani nella questione del lago Tana.

È stato il gruppo Cassel Breitmeyer e Weruher-Beit, per primo, con una istanza, a mettere in guardia il governo inglese contro « il pericolo che l’impresa italiana può far correre agli interessi inglesi del Nilo Azzurro ».

Naturalmente questo affare della Banca Cassel e questo interesse inglese è — dai giornali controllati dai noti gruppi della finanza internazionale — presentato come interesse ideale democratico dell’Inghilterra e della Lega delle Nazioni. È’ la storia che si ripete ; e chi manovra è sempre il giudeo internazionale.

Non altrimenti per fare la guerra contro l’assoluto male germanico, gli inglesi ricorsero all’assoluto rimedio democratico. Anche allora chi manovrò fu il giudaismo.

Shylock prestava danari con una usura misteriosa e tremenda, gli ebrei prestarono formule ideologiche con la stessa usura. A Washington un ebreo testé defunto (Reading) andò a spiegare agli Americani la guerra democratica ; segretario dell’India fu messo un ebreo (Montagu) ; a istituire la democrazia nell’impero d’Asia, dal Foreign Office e dalle Trade-Unions, partirono ebrei per documentare ai popoli le basi universali della crociata antigermanica. Cosí l’Inghilterra ha fatto la sua guerra imperiale, con lo spirito giudaico. Cioè, avendo subíta la corruzione democratica, essa si offrí agli ebrei, come la Russia democratica di Miliukoff si offriva a Kerenski e a Trotzki.

A proposito, ma lo sapete o non lo sapete che Lord Burnham, proprietario del Daily Telegraph, organo personale di Eden, battistrada del sanzionismo ufficiale del Governo britannico, garante — al pari del bolscevico Journal de Moscou — della «depressione dello spirito » nella capitale d’Italia, è quel desso che il 22 giugno 1920 a Parigi ebbe offerto un banchetto dai rappresentanti della stampa internazionale perché si volle onorare in lui chi tanto aveva operato per la « Lega delle Nazioni » ? E lo si nominò presidente onorario dell’Associazione internazionale della stampa.

Senonché questo britannicissimo Lord Burnham è né piú né meno che l’ebreo Levi Webster Lawson, che assieme all’altro padrone di allora della stampa inglese Lord Northcliffe (della discendenza dell’ebreo Stern di Francoforte sul Meno poi diventato Harmsworth), ai vari Sassoon, Mandel-Rothschild, Heilbroner, Montagu, il rabbino Wise ed altri giudei, fu tra gli ideatori della « Lega delle Nazioni ».

Stava a tirare i fili il famoso Luciano Wolf, che gli ebrei d’Inghilterra festeggiarono come il loro « plenipotenziario d’Israele » presso la conferenza della pace. Wolf compí da par suo il mandato e meritò una solenne dimostrazione. Il noto capo ebreo Israel Zangwill, non essendo potuto intervenire all’assemblea che festeggiava Wolf, scrisse esaltando l’opera della Conferenza versagliese che imponeva il privilegio autonomistico delle « minoranze » ed aggiungeva : « Il trattato delle minoranze è la pietra di paragone della Lega delle Nazioni, che è un’idea essenzialmente ebraica ».

Questo si chiama parlar chiaro : « La Lega è un’idea essenzialmente ebraica ». I grandi uomini politici erano delle semplici marionette dietro le quali Luciano Wolf stava a tirare i fili.

VI. – LA CACCIA GROSSA DEL « GENTLEMAN »

15 gennaio 1936

A proposito della protesta italiana per l’uso, da parte dell’esercito abissino, delle palle dum-dum di origine inglese, il presidente delle Industrie Chimiche Imperiali che controllano le ditte Eley Brothers ha diramato un comunicato in cui si legge :

« Le etichette trovate sui pacchi erano usate dalle Eley Brothers prima del 1914 ; quindi le cartucce erano state fabbricate dalla Compagnia non meno di 22 anni fa. Munizioni di questo tipo sono fornite per caccia grossa e, in molti casi, i fucili usati per la caccia sono trasformazione di fucili militari ; onde segue che le cartucce possono essere usate per fucili militari. Noi smentiamo assolutamente che cartucce dum-dum siano state fornite per uso militare da alcuna compagnia appartenente alle Industrie Chimiche Imperiali ».

Perfetto gentleman questo sir Harry Macgowan, presidente della ditta produttrice di munizioni. Egli ha anche reso omaggio alla « correttezza » delle affermazioni della stampa italiana là dove in una lettera al Times dice :

« Posso dunque dichiarare che se le affermazioni della stampa italiana sono corrette, le munizioni in parola sono state fabbricate dalle Eley Brothers Limited e vendute a scopo sportivo anni fa, e che esse sono poi finite nelle mani degli abissini.

Desidero negare categoricamente che munizioni del tipo dum-dum siano state vendute per scopi militari da qualsiasi Ditta associata alle Imperial Chemical Industries ».

E dopo ventidue anni, da quando di palle dum-dum non se ne fabbricavano piú, se ne sono trovate tante e tutte perfettamente ben conservate in Abissinia! Che barbari questi abissini, che usano le dum-dum contro gli italiani, scambiando la caccia grossa animale con quella umana !

Le acquistarono a migliaia e le tennero in riserva! Per ventidue anni! «A scopo sportivo!».

Laonde il filosofo pensatore inglese Carlyle, cosí parlava del suo paese e dei suoi concittadini :

« Sta di fatto, purtroppo, che in Inghilterra, piú che in qualsiasi altro paese, la vita privata e pubblica, il governo, la religione e tutto ciò che facciamo e diciamo e perfino la maggior parte di quello che pensiamo è un tessuto di poca verità e di molte menzogne, di ipocrisia, di vane formalità e di tradizioni cenciose. Nessuna razza umana, da Adamo in poi, è stata mai vestita di cenci tanto sporchi e di menzogne come la razza inglese ; mentre noi portiamo questi cenci per il mondo, orgogliosi e superbi, quasi fossero una veste sacerdotale o un manto regale, anziché una casacca lurida. Un inglese, insomma, non deve credere alla verità. Abbasso la verità! Cosí da 200 anni gl’inglesi vivono tra le menzogne di ogni genere. Dal capo ai piedi sono circondati dall’ipocrisia tradizionale, come dall’acqua degli Oceani ».

Ma Thomas Carlyle… non era un gentleman ; era figlio di un muratore scozzese e restò, in fondo, sempre un duro contadino scozzese, moralista, puritano come era suo padre ; negò il liberalismo, la democrazia, il concetto di libertà, la teoria del « lasciar fare » perché la società è ordine, gerarchia instaurata dall’alto, imposta dall’alto : « Might is Right ».

Il rozzo Carlyle si fece un dovere di difendere nel solenne Times il girovago Mazzini a proposito dell’agitazione provocata dal tradimento del gentleman Sir Graham, il quale avendo fatto aprire le lettere di Mazzini le comunicò (maggio 1844) in copia al governo borbonico, il che fu causa dell’eccidio dei fratelli Bandiera.

Ma Carlyle non era un gentleman, era un rozzo contadino moralista, di quelli che non sanno inventare altisonanti motivi morali per commettere immoralità. Questo lo sanno fare solo i gentiluomini fabbricanti e venditori agli abissini di « munizioni del tipo dum-dum a scopo sportivo ».

VII. — L’EBREO HORE BELISHA

15 novembre 1937

Hore Belisha — il primo ebreo ministro britannico della Guerra nella storia del Regno Unito — è oggi il piú esaltato tra tutti i membri del gabinetto Chamberlain.

Agenzie e stampa ebraiche, o controllate dagli ebrei magnificano in tutto il mondo le gesta di Hore Belisha : vuoi se per non disturbare le sue abitudini egli fa ritardare, da perfetto gentleman, di 24 ore l’inizio delle grandi manovre francesi ; vuoi se « allenta » la disciplina militare per rinsanguare l’esercito di S. M. Britannica.

È’ fotografato in tutte le pose : Hore Belisha che ride, che parla, che legge, che scrive, che declama, ecc. ecc. Che cosa conta se ha vestito tutti i colori dell’arcobaleno politico e parlamentare dell’Inghilterra ? Questa è… duttilità.

Ed in virtú di questa duttilità «Hore Belisha es un probable Premier britanico en el futuro» stampa vistosamente su cinque colonne, ornate di varie fotografie, il piú diffuso quotidiano del Perú, El Commercio di Lima del 18 ottobre 1937.

Fu un servizio di informazioni a firma Milton Bronner, per conto di quella medesima agenzia « United Feature Sindacate » che preannunziò tre anni or sono, che l’altro ebreo — il turpe Blum — sarebbe diventato capo del Governo di Francia.

Evidentemente l’agenzia è bene informata sui propositi e sui piani del Kahal.

Infatti ecco quanto si legge nell’American Hebrew, organo ufficiale dell’ebraismo negli Stati Uniti di America :

« Hore Belisha è un uomo soave, ambizioso, ardente e autoritario. È’ un astro che comincia a brillare. Egli seguirà le tracce di un altro illustre nostro correligionario, Disraeli. Noi siamo sicuri che Hore Belisha andrà presto ad abitare al numero 10 di Downing Street, dove si decidono i destini dei cittadini dell’impero britannico. Hore Belisha è maestro nell’arte di servirsi della stampa : suo maestro fu Lord Beaverbrook, il quale decise in cuor suo di farne un personaggio di eccezionale importanza ».

Piú chiaro di cosí ? « Noi siamo sicuri » !

Pochi sanno, anche in Inghilterra, che il vero nome del ministro che dirige in questo momento una partita decisiva per l’ebraismo e per l’Impero inglese, non è Hore Belisha, ma è Isaac Horeb Elisha. Egli è nato a Mogador nel Marocco, e sulla casa natale è incisa questa lapide:

« In questa casa nacque Leslie Hore Belisha, ministro della Guerra della Gran Bretagna. Egli deve diventare il primo ministro inglese ».

VIII.— ISRAELE NON PERDONA

15 ottobre 1937

E Israele si è vendicato anche contro la Morning Post, rea di avere — primo e solo fra i grandi giornali inglesi — sollevata in pieno la questione ebraica e massonica in Inghilterra. Parlino i fatti :

Un telegramma da Londra del 29 settembre dice : « Domani 30 settembre la Morning Post cessa le sue pubblicazioni e si fonde col Daily Telegraph, il cui proprietario, Lord Comrose, ne aveva rilevato la gestione il 24 agosto scorso per la somma di 300.000 sterline.

« L’impressione suscitata dalla scomparsa del piú antico giornale in lingua inglese, organo autorevole del grande partito conservatore, è enorme in tutto il mondo britannico. La Morning Post aveva iniziata la sua lunghissima carriera nel novembre del 1772 e da allora era comparsa tutti i giorni, senza interruzione. La proclamazione dell’indipendenza americana fu annunciata in Europa nel 1787 dalla Morning Post, e fu essa il primo giornale in Europa che annunciò la morte di Luigi XVI e di Maria Antonietta sotto la ghigliottina.

« Un’altra notizia pubblicata dalla Morning Post, prima che da ogni altro giornale, fu quella della battaglia di Trafalgar nel 1805. Rimarrà merito della Morning Post, l’aver saputo intendere ad apprezzare l’Italia fascista.

« Durante le sanzioni, la sua voce si levò piú volte a protestare contro l’iniquo tentativo ed a prevederne il fallimento ».

Come e quando si vendicheranno gli ebrei della Morning Post ? domandavo nell’agosto del 1920, riferendomi ai 17 impressionanti e documentati articoli su giudaismo, massoneria, bolscevismo cospiranti contro la cristianità e la civiltà, che la MorningPost aveva pubblicato nel luglio di quell’anno sotto il titolo The Cause of World Unrest.

Furono tentati compromessi per far desistere la Morning Post dalla trattazione del problema ebraico, ma fallirono di fronte ad un fermo rifiuto del vecchio giornale conservatore, che continuò nella documentazione del pericolo ebraico-massonico.

Da quel momento sparirono gli annunzi di pubblicità e cominciò il declino del giornale.

Israele non perdona. Dopo 17 anni, la vendetta è compiuta : La Morning Post, il piú antico giornale di lingua inglese, cessa le pubblicazioni. E con chi si fonde ? Con il Daily Telegraph.

Ecco un telegramma de La Tribuna da Londra : 30 settembre :

« Il Daily Telegraph commentando la morte del confratello e la fusione con se stesso dichiara che la Morning Post aveva rifiutato qualsiasi compromesso con i tempi moderni combattendo per delle cause perdute in anticipo e che questa è stata la ragione della sua fine ».

Piú chiaro di cosí ?

Ora i proprietari del Daily Telegraph sono Lord Camrose e suo fratello Lord Kemsley, un figlio del quale è sposato con una Rothschild. Il colonnello Lawson della famiglia Burnham (Levi) è il manager del giornale controllato dall’ebraismo, come è dimostrato nel Jewish Press Control edito dalla « The Imperial Fascist League » (30 Graven Street, London W. C. 2).

IX. — COSE CHE NON SI SANNO

15 agosto 1936

La storia della Grande Guerra è ben lontana dall’essere completa e spesso accade  di  non conoscere episodi non privi di importanza. Io, per esempio, solo ora ne apprendo due che meritano di essere conosciuti :

Dal 1915 al 1918 i sommergibili inglesi ebbero modo di compiere in Adriatico due sole operazioni e queste furono :

1. — Il siluramento ed affondamento del nostro — dico nostro — sommergibile « H 5 » al largo di Brindisi ad opera del sommergibile inglese « H.B.I. » il giorno 16 aprile 1918. Si salvarono solo 5 uomini dell’equipaggio composto di 34 ; fra i salvati furono il Comandante Quentin ed il tenente di vascello Lorenzo Dalla Vedova, che ebbero la fortuna di trovarsi sulla plancia all’attimo del siluramento.

2. — Il 15 marzo 1917 lo sloop britannico « Cyclamen » affondò a cannonate in circostanze inverosimili, il sommergibile italiano — dico italiano — « Guglielmotti ».

Ad onta dei reiterati segnali di riconoscimento fatti dal sommergibile italiano, lo sloop seguitò a sparare a corta distanza fino a che il sommergibile, colpito nelle opere vitali, affondò dopo essere stato anche speronato dal « Cyclamen ».

Sarebbe interessante anche conoscere sulle due gesta le relazioni del nostro Ministero della Marina, nonché i rapporti inviati dagli affondatori all’Ammiragliato inglese.

X. — COME PARLA UN INGLESE

15 giugno 1938

Ho avuto in questi giorni la visita di un inglese ; di quelli che pur sono spaventati per l’azione di conquista ebraico-demagogica personificata nel gabinetto Chamberlain dal tipico giudeo Hore Belisha. Ho — tra i vari argomenti — portata la discussione sulla questione della Palestina. Il discorso si è svolto in modo che vale la pena di riprodurlo testualmente, perché dimostra a che punto arriva la « morale inglese » :

— Ma, ditemi, all’inizio della guerra contro la Turchia, l’Inghilterra per avere la solidarietà degli arabi non promise loro, formalmente, l’indipendenza del territorio palestinese ?

— Sicuro ; però alla metà della guerra Inghilterra e Francia per avere gli ebrei, specialmente americani, ritennero che il mezzo piú sicuro era quello di riconoscere le rivendicazioni tradizionali del sionismo in Palestina ; e dopo lunghe trattative si venne alla dichiarazione ufficiale Balfour del 2 novembre 1917, con la quale si concedeva agli ebrei l’autorizzazione a crearsi una sede nazionale in Palestina.

— Appunto. Ma voi inglesi come conciliate queste due promesse : indipendenza nazionale agli arabi in Palestina e sede nazionale agli ebrei nella stessa Palestina ?

— Nessuna contraddizione esiste fra le due promesse, perché quella fatta agli arabi ha carattere privato, mentre solo quella fatta agli ebrei ha carattere pubblico ed internazionale.

Mi toccò mutare argomento ed invitai il gentleman a visitare la mostra Augustea.

E questo è l’inglese, questa è la sua « parola ».

XI. — COSÍ PARLÒ’ W. COBBETT ALL’ARISTOCRAZIA INGLESE

15 gennaio 1938

Mentre Hore Belisha, ministro della Guerra d’Inghilterra ed ebreo al cento per cento, lavora — coadiuvato da Eden — a preparare gli elementi favorevoli per il completo dominio della sua razza sul Regno di S. M. Britannica, bene ha fatto Mosley a ripubblicare nel fascicolo di Fascist di dicembre la lettera che William Cobbett, riformatore e uomo politico inglese (1762-1835), indirizzò nel 1820 all’aristocrazia inglese dei suoi tempi.

Essa vale piú che mai per gli inglesi d’oggi. Eccola :

« Vi sentite di non essere gli uomini virili e forti che erano i vostri nonni ; ma siete giunti alla vostra condizione attuale cosí gradatamente, che non potete immaginarvi come mai sia avvenuto questo cambiamento e neanche in che consista.

« Però potrete capire quale sia, riflettendo che i vostri nonni avrebbero piuttosto cenato in compagnia d’uno spazzacamino che d’un ebreo o di qualsiasi rivendugliolo rettile (buckstering reptile) che ha ammassato denaro osservando le vicende della Borsa ; che quei nonni non si sarebbero sentiti disonorati sedendo a tavola con contadini (farmers) o con lavoratori, ma avrebbero scansato la tribú usuraia d’imbroglioni di prestiti (loan jobbers) ed altri famigerati cambiavalute, come avrebbero scansato il turbine o la pestilenza ».

È Cobbett che cosí parlò. Quel Cobbett autore, tra l’altro, di Rural Rides, di A Parliamentary History e delle famose Letters to Lord Hawkesbury e Letters to H. Addington.

XII. — S.O.S. – OCCHIO ALLA MASSONERIA DURANTE LA « GUERRA EBREA »

15 settembre 1939

Nel Times del 20 agosto 1939 si legge la descrizione della cerimonia massonica, che recentemente si è svolta a Londra per accogliere il nuovo Gran Maestro.

Il Re d’Inghilterra, che nel 1937 ricopriva degnamente l’eccelso incarico di Gran Maestro della Massoneria di Inghilterra, il 19 luglio di quest’anno ha insignito della stessa onorificenza e ha affidato lo stesso incarico al fratello, Duca di Kent.

Nel discorso pronunziato, il Re d’Inghilterra ha affermato che per un secolo e mezzo la Massoneria Inglese è stata diretta personalmente dai Sovrani inglesi, ed ha ricordato le benemerenze massoniche del Duca di Connaught e del Re Edoardo VII.

Inoltre ha chiarito che il protocollo reale e imperiale inglese stabilisce che il Gran Maestro della Massoneria quando diventa Re d’Inghilterra affida l’importante incarico al fratello principe reale piú vicino a lui sui gradini del trono. Il Re, parlando ai gerarchi massoni convenuti da tutte le parti del mondo, ha detto che egli si sente un fratello massone come gli altri e che farà tutto il possibile per il trionfo degli ideali massonici.

È degno di nota anche il discorso del vice Gran Maestro aggiunto, Lord Harewood, che ha assicurato tutti i fratelli sparsi sulla terra, dell’aiuto della Massoneria inglese ; questo aiuto, secondo le promesse di Lord Harewood si estende a « tutti i fratelli massoni che dimostrino di avere praticamente obbedito ai principii massonici », quindi l’aiuto è offerto ai fratelli massoni dei paesi dove la massoneria è stata abolita.

Questa notizia significa che, sotto l’alto patronato del Re d’Inghilterra, i fratelli massoni sparsi nel mondo sono chiamati a raccolta prima della guerra, preparata in seno alle logge da molto tempo. E sono chiamati a raccolta anche i fratelli massoni dormienti dei paesi dove la massoneria è stata sciolta per ragioni di sicurezza dello Stato. L’appello evidentemente li invita non a servire la patria, ma a schierarsi, in caso di guerra mondiale, dalla parte della massoneria universale. In altre parole, è un invito a tradire. Io credo che sarà molto utile, in caso di guerra, che ogni Stato Maggiore abbia un elenco preciso degli ex massoni, per evitare di affidare a questi ex fratelli mansioni delicate. Comunque è bene che tutti tengano sempre presente l’appello del vice presidente della Massoneria inglese pronunziato alla presenza del Re d’Inghilterra.

XIII. — TESTIMONIANZE SULLA GUERRA EBRAICA

15 novembre 1939

Opportunamente Farinacci nella sua « Radio Cronaca » in Regime Fascista ha raccolto alcune testimonianze — poche fra le tante — le quali confermano che questa è la guerra voluta da Israele :

Dall’ultimo numero del Centralblaad voor Israeliten in Nederland :

« La Polonia — il cuore degli ebrei — dove vivono tre milioni di ebrei, è minacciata da un nemico brutale. La Francia, la patria della libertà di tutto il mondo, è anch’essa minacciata. L’Inghilterra ha fatto sua questa lotta. Noi, ebrei, non dobbiamo mai dimenticare che l’Inghilterra lotta per noi da oltre venti anni. La posizione del popolo ebraico è perciò, su tutti i fronti, a fianco della Polonia, della Francia e dell’Inghilterra. Tutti gli ebrei debbono collaborare allo sterminio del nemico dell’umanità. E questo nemico dell’umanità è la Germania ».

Ancora dall’ultimo numero di Centralblaad voor Israeliten in Nederland :

« I milioni di ebrei in America, in Francia, in Inghilterra, Nord e Sud-Africa — e da non dimenticarsi quelli della Palestina — sono decisi a condurre la lotta della distruzione contro la Germania sino in fondo. Noi ebrei ci troviamo oggi in una situazione molto piú chiara che in quella del 1914. Allora dei rabbini tedeschi pregavano per la vittoria delle armi tedesche, mentre gli ebrei inglesi e francesi facevano lo stesso per il loro Paese. Fratelli contro fratelli ! E ciò ha prodotto allora la piú tremenda conseguenza per i singoli individui. Gli ebrei di tutti gli eserciti combattevano per una causa che non era la loro. Oggi nessuno può piú dubitare a fianco di chi sono gli ebrei di tutti i Paesi tanto belligeranti quanto neutrali. Noi sappiamo esattamente che adesso si sta svolgendo la lotta finale ».

Da un manifesto della Défense Sociale di Nizza :

« Francesi ! Dovete rendervi ben chiaro che chi guadagnerà nella guerra sono : 1) tutti i fabbricanti di armi e i mercanti di cannoni (per esempio : Schneider-Creuzot in Francia, oppure Vickers-Armstrong in Inghilterra) ; 2) tutti gli ebrei che in tutto il mondo trafficano con materiale da guerra ; 3) e inoltre tutti coloro che nelle nazioni belligeranti maneggiano il denaro a tasso da usurai, ossia la cricca internazionale dei banchieri ebrei : dei  Rothschild, Dreyfus, Finaly, Lazard, ecc., ecc.

« Essi si arricchiscono con i vostri beni, con le vostre sostanze e con il sangue che avete sparso.

« Abbasso l’Internazionale dell’alta finanza ebraica profittatrice, provocatrice di tutte le guerre e di tutte le rivoluzioni! »

Dallo Svenske Folksocialisten di Stoccolma :

« … Il popolo inglese ? Esso non è che un istrumento in mano degli ebrei che vogliono vendicarsi della Germania perché essa ha eliminato la loro gloria e potenza. Sono gli ebrei che adesso guadagnano enormi quantità di denaro in armamenti e in vendita di munizioni. Sono gli ebrei che speculano in Borsa rovinando cosí l’economia dei popoli, schiacciandola spudoratamente. Ma sono anche gli ebrei che presto verranno chiamati a rendere conto di tutto il male che hanno provocato. Il problema ebraico deve venire risolto, e radicalmente. La conseguenza di questa guerra deve essere : al Madagascar tutti questi parassiti ! ».

Dal quotidiano Nationen di Oslo :

« L’opinione pubblica non si rende abbastanza conto che una gran parte della stampa mondiale intralcia qualsiasi tentativo di pace perché è dominata dal capitale ebraico. La finanza ebraica non si interessa dell’esito della guerra : ad essa è perfettamente indifferente che popoli neutrali vengano distrutti e che l’Europa s’inabissi in un mare di sangue. Essa ha un solo scopo : vendicarsi della Germania.

« Il capitale ebraico crea una falsa ed artificiale atmosfera di guerra per convincere il mondo che battere la Germania è un gioco da bambini. Per fortuna c’è ancora della gente che calcola con la realtà ».

Dal quotidiano olandese Mishorn di Driebergen :

« La guerra ebraica dura già da quasi un mese. Scriviamo apposta la guerra ebraica, perché essa è stata scatenata e viene condotta da ebrei. Chi ci guadagna è Giuda e nessun altro !

« Decine di migliaia di goim sono già le vittime di questa guerra insensata. Ma che cosa importa tutto ciò ? I Savi Anziani di Sion non cadono sui campi di battaglia. Essi vivono tranquillamente a Parigi, Londra e Nuova York, dove tessono i piani per la distruzione dei popoli non ebrei.

« La Francia è in balìa di Giuda, e cosí l’Inghilterra. E la Polonia, con i suoi quattro milioni di ebrei, è stata un incanto. ».

C’è ancora qualcuno che non crede che questa guerra sia la guerra voluta e condotta dagli ebrei ?

XIV. — A CHI APPARTIENE LA GRANDE STAMPA INGLESE ?

15 gennaio 1940

Un capitolo del libro famoso Arena Spagnola spiega molte cose e fa luce completa sulla guerra di Spagna e sulla guerra contemporanea. Non è che quelle di Arena Spagnola siano delle novità che dicano di più di quanto noi abbiamo ripetutamente e da tempo dimostrato; ma importante è che la documentazione è di fonte inglese. Eccola :

« In Inghilterra, la gran parte della stampa  risulta di proprietà di famiglie o di gruppi di famiglie legate fra di loro da vincoli di sangue o da comunanza di idee politiche ; fatto questo che ha contribuito a diminuire il prestigio giornalistico britannico influendo negativamente sull’opinione pubblica mondiale e anche inglese.

« Vogliamo dare un succinto elenco di alcuni di questi gruppi e cominciamo dal gruppo Berry.

« Questo gruppo è controllato dai due fratelli gallesi Berry recentemente nominati pari di Inghilterra col nome di Lord Camrose e di Lord Kemsley, e da Lord Iliffe pure di nomina recente ; esso gruppo comprende varie società anonime tutte controllate dalle tre suddette persone e pubblica : 19 quotidiani del mattino, 8 quotidiani della sera, 7 giornali domenicali, 85 settimanali vari e 21 riviste mensili.

« Il Daily Telegraph, il piú importante giornale del gruppo, apparteneva, prima che passasse sotto il controllo di Lord Camrose, alla famiglia ebrea Levi, che cambiò il suo nome in Lawson ed arrivò fino a far nominare uno dei suoi membri a Pari d’Inghilterra col titolo di Lord Burnham ; un altro membro di questa famiglia occupa la carica di direttore amministrativo della società editrice del giornale. Direttore amministrativo del Daily Telegraph è il giudeo Oscar Pulvermacher già condirettore politico del Daily Mail.

« Un altro gruppo è l’Odhams Press, il quale pubblica due quotidiani del mattino, un domenicale politico, venti settimanali vari. Il 51% delle azioni di questo gruppo sono tenute dall’ebreo Abrahams E. Abrahams. A questo gruppo appartiene il Daily Herald, giornale del partito laburista inglese ; presidente della società editrice di detto giornale è l’ebreo James Samter Elias, alias Lord Southwood, il quale detiene il 51% delle azioni della società editrice che pubblica il Daily Herald, il rimanente 49% delle azioni è detenuto dalle « Trade Unions » britanniche.

« Si noti che la figlia di Mister Odhams, fondatore di questo gruppo, ha sposato Sir John Heith, fino a poco tempo fa capo supremo della B.B.C. (British Broadcasting Corporation).

« Un altro gruppo è l’Harmsworth, di cui è consulente finanziario l’ebreo ungherese Frederick Szarvasy. Esso pubblica : 4 quotidiani del mattino, 13 della sera e 7 giornali politici della domenica.

« Non meno importante è il gruppo Beaverbrook, controllato da Lord Beaverbrook e Figli. L’ebreo Blumenfeld già direttore del Daily Express è ora presidente del consiglio d’amministrazione della London Express Newspapers,; che pubblica il suddetto giornale donde per primo partì l’attacco al libro Arena Spagnola.

« Abbiamo infine il gruppo Cadbury. A questo gruppo appartiene il New Chronicle che è l’erede dei quattro giornali che uscivano a Londra quando il partito liberale britannico era nel suo splendore ; ultimamente questo partito è diviso in quattro piccoli partiti e non ha piú voce nella politica inglese.

« I giornali liberali come il New Chronicle ed il Manchester Guardian,  non avendo un partito da difendere propagandandone le idee, né potendo invadere il campo del laburismo, né tanto meno quello dei conservatori, hanno fatto dell’antifascismo il loro programma politico.

« La famiglia Cadbury che era interessata in uno di quei giornali liberali, per la sua posizione finanziaria riuscí ad assorbire gli altri tre e diede luce al New Chronicle e alla sua edizione pomeridiana, lo Star, tenendo però legati a sé gli azionisti dei vecchi giornali, di modo che il gruppo Cadbury è legato al gruppo « Provincial Newspapers ». In questi due gruppi l’influenza, diretta e indiretta ebraica è nota ed evidente. Citiamo ad esempio che il rappresentante della famiglia Cadbury presso il New Chronicle è Sir Walter Layton il quale è direttore della rivista The Economist pubblicata da una società controllata per un terzo delle azioni dall’ebreo Sir Henry Stratkosh.

« Altre personalità ebraiche nell’industria editoriale inglese :

« L’ebreo Isador Ostrer controlla il Sunday Referee e la compagnia cinematografica Gaumont-British. Un ex direttore del Sunday Referee ed attualmente direttore del settimanale scandalistico Cavalcade, noto per la sua politica antifascista, è l’ebreo Mark Gouden.

« Il presidente del consiglio d’amministrazione del Manchester Guardian è Sir E. D. Simon che appartiene al ramo inglese della famiglia ebraico-tedesca Siemens.

« Caso strano : non c’è nessun ebreo fra gli impiegati del Daily Worker.

Non illudetevi ! Esso è potentemente aiutato dagli ebrei ; nell’aprile del 1938 infatti Mr. Israel Moses Sieff (il nome dice tutto) direttore generale per le ricerche e lo studio sulla vita contemporanea con il P.E.P. (« Political And Economic Planing ») ha pubblicato un «Rapporto sulla stampa britannica » in cui si fa una grandissima propaganda per questo giornale.

« L’attività di Sir Israel Moses Sieff non si limita al campo giornalistico; questo giudeo che ha fatto i milioni con una catena di negozi, conosciuta in tutta l’Inghilterra sotto il nome di Magazzini « Mark and Spencer » di cui è il principale comproprietario, viene indicato come il primo azionista del Daily Mirror ; giornale definito nel suaccennato rapporto come « indipendente antifascista » ; dichiarazione questa, riservata solo a questo giornale fra i tanti in esame nel rapporto sulla stampa britannica. Ora, poiché il P.E.P. è mantenuto dal Sieff, che si presume sia anche il maggior azionista del Daily Mirror, questa dichiarazione è quanto mai sintomatica.

« Nell’Evening Standard dell’agosto 1938, si poteva leggere questa informazione : « Mister Anthony Eden è attratto sempre piú dal P.E.P. il cui numero uno è Mr. Israel Sieff che nella sua casa di Park Lane offre i migliori pranzi di Londra. Il pane azimo figura in evidenza a questi banchetti ».

A Londra gli ebrei pubblicano inoltre due quotidiani e diversi settimanali scritti in inglese e in yiddish, dei quali è inutile rilevare l’atteggiamento politico perché è facilmente comprensibile.

Merita attenzione, nell’elenco di Arena Spagnola, il caso di un milionario, che sovvenziona un centro di studi politici ed economici, che attrae Mr. Anthony Eden ed appoggia i critici degli accordi europei tra le grandi potenze ed influenza un giornale che per tutto programma politico dichiara di essere antifascista !

Nessuna sorpresa nel caso Eden-Sieff. Tutta la vita della Gran Bretagna è oggi dominata dall’ebraismo. La politica del Governo di S. M. Britannica è la politica d’Israele. Ieri tutto ciò non era visibile che a pochi ; oggi questa verità è patrimonio dei paesi e degli uomini liberi. Né è da pensare che con la « destituzione » di Hore Belisha, Israele abbia avuto un colpo mortale. A Mogador nel Marocco, sulla casa natale di Hore Belisha, è incisa questa già ricordata lapide : « In questa casa nacque Leslie Hore Belisha Ministro della Guerra della Gran Bretagna. Egli deve diventare il Primo Ministro inglese ».

2. FRANCIA

I. – LA FRANCIA DI BLUM

15 luglio 1936

L’Ordre (maggio 1935) riferendosi al processo verbale del XVI Congresso sionista tenuto a Zurigo nell’agosto del 1929, scriveva quanto segue :

« M. Blum s’est presenté au congrès de Zurich en sa qualité de membre de la “Jewish Agency”, de l’Agence Juive, organe de propagande du sionisme.

« Et dès les premier mots qu’il a prononcés, il a tenu à dissiper la surprise que l’apparition d’un homme tel que lui, qui s’est voué à la cause du socialisme international, pouvait faire naître dans un milieu que des liens d’une inaltérable gratitude unissent à de puissants financiers.

« M. Léon Blum s’est donc appliqué tout d’abord à rassurer son auditoire. Avec force, il déclara que jamais il n’avait renié ni sa race ni sa religion, mais qu’au contraire, en toutes circonstances, il s’en était prévalu avec orgueil. Avec émotion, il rappela que c’était lui qui, un jour, avait dit que le peuple juif était la plus grande victime de l’Histoire. « Avec emphase, il proclama, que malgré la dispersion et les épreuves subies, l’esprit de ce peuple était resté intact. Et avec attendrissement, il évoqua ce miracle qui a consisté à édifier un home juif en Palestine, cette incontestable patrie, destinée à accueillir non seulement les Juifs qui sont persécutés et qui souffrent, mais encore ceux qui ont la nostalgie de la terre de leurs aïeux.

« Cette profession de foi, accueillie par de vifs applaudissements, apportait, à n’en pas douter, un véritable soulagement à tous ceux qui, dans l’assistance, avaient pu être égarés par la pensée que M. Léon Blum n’était qu’un sans-patrie. Elle leur fournissait la preuve que l’honorable député de l’Aude (!) se reconnaissait une incontestable patrie — quelque peu lointaine, il est vrai, et dans le temps et dans l’espace. Et l’ardeur même avec laquelle cette profession de foi fut formulée laissait supposer qu’un jour viendrait peut-être où la nostalgie du champ ancestral emporterait M. Léon Blum vers la terre de Chanaan… ».

Si tratta, come si vede, di questioni interne francesi e noi non vi mettiamo bocca. Vogliamo però registrare quella tale battuta che provocò un vero tumulto alla Camera quando il deputato Vallat disse : « È la prima volta che questo vecchio Paese gallo-romano sarà governato da un ebreo ».

Richiamato all’ordine, il deputato replicava che non faceva se non una constatazione di fatto : « Blum non ha mai rinnegata la sua razza, e il suo spirito, quantunque intelligentissimo, deriva dalla legge del Talmud ».

L’ebreo Blum, che è il solo uomo che oggi in Francia sa dove vuole andare, in un discorso pubblico, con la caratteristica insolenza del giudeo quando è al potere, disse :

« Io governo per il fronte popolare sopra un programma troppo moderato per i miei gusti, allo scopo di conservare i radicali nella mia maggioranza, ma ritraggo pazientemente dal regime attuale tuttociò che è possibile, tuttociò che vi è di dinamico per orientare le masse alla distruzione del capitalismo ed alla creazione di un regime marxista integrale. La rivoluzione che è lo scopo finale che io perseguo non ha bisogno di essere violenta ed io mi auguro che essa eviti spargimenti di sangue. Ma l’essenziale è per me che essa si stabilisca o con le buone o con le cattive sopra le rovine di un passato abolito, dal quale le idee di famiglia, di religione e di patria non potranno piú mai risorgere ».

Altra volta terrorizzò i « patrioti » francesi con queste parole :

« La nostra è una bandiera internazionale. I nostri avversari rimasti patrioti devono riflettere ».

L’ebreo quando non scappa non ha limiti nella sua insolenza, come non ne ha nell’avarizia, nello sfruttamento e nella menzogna.

E, cosí come fomenta lo squartamento dei ministri di Dio allorché è al potere, e crea l’organizzazione dei « Senza Dio », non altrimenti tenta di vellicare la collaborazione dei cattolici quando non si crede sufficientemente forte. Ragione per la quale, quello stesso Blum che vuole edificare il Regno di Israel sulle rovine della patria, della famiglia e della religione, cosí parla ai cattolici francesi :

« Mi si chiede se ritengo possibile la collaborazione fra i cattolici francesi e il Governo del fronte popolare. Certo, io la credo possibile. Perché non dovrebbe esserlo ? Perché le idee su cui è basato il raduno popolare, vale a dire la libertà democratica, la giustizia sociale, la pace umana, non potrebbero coesistere nella coscienza degli uomini con la fede cattolica ? È cosí difficile trovare nelle due encicliche che la S. Sede, a mezzo secolo di distanza, ha consacrato ai problemi sociali, delle formule simili a quelle che il Governo del fronte popolare si sforza di inserire nella legalità repubblicana ? Non esito a rispondere che la collaborazione è, a mio giudizio, possibile e, dal momento che essa è possibile, i cattolici devono ammettere che sia anche da preconizzare ».

È questi lo stesso Blum che, nel suo libro sociologico dal titolo Du Mariage, afferma che pudore, modestia e femminilità sono impedimenti che nuocciono alle fanciulle, le quali debbono conquistare una « libertà interiore » che abbia i ben marcati i segni di una «individualità mascolinizzata ».

« Io non ho mai potuto capire — confessa candidamente il sociologo ebreo e Capo del Governo francese — che cosa ci sia di ripugnante nell’incesto. Osservo soltanto che esso avviene di frequente e che pare assolutamente naturale che fratelli e sorelle siano tra loro in rapporti sessuali ».

Piú giudeo corruttore di cosí ?

II. – ANCHE NELLA FRANCIA DI BLUM…

15 dicembre 1937

Anche nella Francia del « turpe ebreo » vi sono uomini che nelle ore oscure che la nazione francese attraversa hanno individuato il fronte del vero nemico. La loro voce è però vox clamantis in deserto soffocata dalla cospirazione della grande stampa ebraico-massonica.

Mi piace segnalare qui una recente pubblicazione di Henry Robert Petit, che s’intitola Le Règne des Juifs e che è edita dal « Centro di documentazione e di propaganda » di Parigi. Questo scritto, non si limita a riassumere in una forma assai felice i risultati ormai acquisiti della polemica antisemita, ma in vari punti li sviluppa mediante considerazioni assai interessanti per chi vuol conoscere la storia segreta dell’ultima Francia.

Ecco le parole di conclusione :

« Bisogna scegliere fra libertà e schiavitú : la libertà in un paese che ha ritrovato le sue tradizioni, la sua cultura, la sua missione, o la schiavitú sotto la livrea ebraica.

« Bisogna che l’ebreo e il massone suo accolito sappiano che se la guerra o la rivoluzione dovessero scoppiare un giorno o l’altro, le nostre prime palle saranno riservate agli alti dignitari della massoneria, le nostre prime granate saranno lanciate sull’antro del Grande Oriente, i nostri primi obici raggiungeranno le banche ebraiche, i nostri primi ostaggi saranno i dirigenti dei concistori ebraici e dei trusts giudaici ; e che se un giorno noi ci batteremo, la nostra battag1ia sarà contro gli emissari dell’anti-Francia, contro la banda dei malfattori che disonorano il paese. La pace, in Francia, non sarà garantita che a queste condizioni ».

Benissimo. Questo è veder chiaro e dimostrare senso di responsabilità spirituale. A questi compagni l’augurio che le parole non restino fine a se stesse.

III. — IL PERCHÉ’ DEL SILENZIO DEGLI STORICI FRANCESI SULLE RESPONSABILITA DELL’EBRAISMO

15 febbraio 1939

Come è, molti si domandano, che A. Thiers, nella sua voluminosa storia della Rivoluzione francese, serba il piú assoluto silenzio su l’opera attiva dell’ebraismo e per esso della massoneria ? Il fatto si spiega perfettamente, visto che il Thiers era massone. Doveva egli molto alla massoneria, soprattutto la brillante carriera che lo portò sino alla Presidenza della Repubblica.

Il Taine però, che, dal modo come tratta della rivoluzione, non appare certo essere massone, nemmeno lui in Les origines de la France contemporaine dice nulla su i veri fattori della Rivoluzione francese.

Il perché del suo silenzio però fu rivelato da lui stesso nella spiegazione che ne dette a E. Drumont e che questi pubblicò ne La Libre Parole del 25 settembre 1905.

Leggiamo :

« Il Taine sapeva perfettamente della parte considerevole avuta dalla massoneria nella rivoluzione ; né si dissimulava che il silenzio su tale questione creava una lacuna enorme nella propria opera ; ma egli confessava non aver osato parlare, per paura delle vendette da parte della setta ».

Probabilmente il Taine era rimasto impressionato della morte misteriosa del giurista sassone Eckert, avvenuta nel 1860, dopo la pubblicazione della sua opera La Massoneria nel suo vero significato.

Un massone stesso dichiarò sulla Die Freiermauer von Leipzig del 17 dicembre 1864 che l’Eckert era stato colpito per mano di un misterioso assassino.

Di morte non molto diversa perí pure Gougenot des Mousseaux, autore di Les Juifs, le Judaïsme et la Judaïsation des peuples chrétiens. Egli il 3 ottobre 1876 mostrava all’amico suo Carlo Choliac un biglietto, ricevuto alcuni giorni prima. In esso gli si raccomandava : «Non mangiate né bevete cosa alcuna prima di averla fatta assaggiare al vostro cane, poiché in una riunione segreta di ieri sera gli ebrei vi hanno condannato a morte ».

Alle dieci della sera Gougenot des Mousseaux aveva mostrato questo biglietto ; e nove ore dopo, egli moriva subitamente, dopo aver ricevuto, alle sette del mattino, secondo la sua abitudine, la santa comunione nella cappella dell’Ospizio di Coulommiers (cfr. Albert Muniot, Le crime rituel chez les Juifs, Parigi 1924, pagg. 320, 321).

Il Netchovolodow, dalla cui opera Giuseppe Zoppola (Imperialismo materiale e imperialismo spirituale, Venezia, Tip. Istituto Manin) trasse queste notizie, osserva che il dott. Gustave Le Bon — un erudito che scrive di tutto, delle cose piú disparate, e in particolare della rivoluzione del 1789 ecc., e, le cui opere, come egli stesso afferma, sono tradotte in tutte le lingue, sinanco in indiano e in giapponese — evita con cura di fermarsi tanto sul significato del giudaismo quanto su quello della massoneria. Né sulla psicologia del socialismo ha una parola sola per accennare alla parte che alla sua formazione e al suo sviluppo, ebbero gli ebrei. Nelle sue ultime ricerche sulla psicologia delle razze, mentre il Le Bon parla degli Indiani, degli Egiziani, dei Greci, dei Messicani, degli Arabi, dei Persiani, degli Etiopi, degli Inglesi, dei Francesi, dei Tedeschi, ecc., non fa alcun cenno degli ebrei.

Assai verosimilmente, nota il Netchovolodow, un tabú misterioso proibisce al dott. Le Bon di parlare di questioni riferentisi ad ebrei e massoni. E chiude con questa significativa osservazione :

« Il fatto di toccare tali questioni mette immediatamente ogni investigatore in faccia al mistero di questo silenzio voluto e della falsificazione della verità ; e, se riesce a terminare l’opera sua, superata la difficoltà di trovare l’editore che la pubblichi e la divulghi, deve affrontare il pericolo di soccombere o per veleno, o per un colpo di rivoltella, o per accidenti provocati da mano misteriosa ». (A. Netchovolodow, L’Empereur Nicolas Il et les Juifs, l° vol., Etienne Chiron, edit. Paris, pag. 67).

E la lista potrebbe continuare.

IV. – FLANDIN A CANOSSA

15 febbraio 1937

Non fu Flandin — ministro degli Esteri dopo la caduta del gabinetto Laval — quegli che il 6 marzo 1936 convocò i giornalisti al Quai d’Orsay per comunicare loro che aveva preso gravi accordi con l’Inghilterra e che perciò nel caso che l’Italia non avesse accettato l’invito a negoziare col Negus (invito rivoltole dal Comitato ginevrino dei 13, per iniziativa dello stesso Flandin) egli aveva deciso di applicare all’Italia, senz’altro, le sanzioni piú brutali ? Non sono di Flandin ministro degli Esteri francese queste ben chiare parole ? :

« Per quella che è la questione del petrolio, andremo in fondo. Ma se dopo il petrolio bisognerà spingersi piú in là, non saremo noi ultimi a seguire l’Inghilterra, poiché siamo d’accordo con essa al cento per cento. In caso di bisogno stiamo considerando anche sanzioni piú gravi. La Francia andrà fino in fondo, e so io quello che dico ».

E nella intervista al signor Gillet dell’Accademia francese e pubblicata — durante le… trattative di Londra a seguito dell’evaporato patto di Locarno — nella Tribune des Nations, il signor Flandin non dichiarò quanto segue ? :

« Il problema esorbita infinitamente il quadro di un incidente locale. È’ una questione di ordine spirituale e di un interesse che concerne l’universo. Si tratta del valore dei contratti, si tratta dell’esistenza stessa della Società delle Nazioni, vale a dire dell’avvenire di una nuova formula di pace fra i popoli. Abbiamo noi forse esitato a fare il sacrificio di un’amicizia che ci stava a cuore, quando l’Inghilterra ha preteso delle sanzioni contro l’Italia, in nome di quella stessa Società delle Nazioni che noi invochiamo a nostra volta ?

« Io sono persuaso ed è questa una mia intima convinzione, che l’accordo fra la Francia e l’Inghilterra è la condizione stessa della pace. Noi siamo i due ultimi popoli che abbiamo conservato la nozione della dignità umana, la libertà ed i vecchi valori che costituiscono il fondamento della civiltà. È questo un nodo potente che non bisogna spezzare. Per niente al mondo io voglio separarmi dall’Inghilterra ».

Alla distanza di soli undici mesi Flandin, societario e sanzionista ad oltranza, sino alla guerra contro l’Italia, detta un articolo per il Figaro e scrive (attenzione !) :

« È senza dubbio ancora troppo presto, per fare la somma delle conseguenze del conflitto italo-abissino nel quadro internazionale. Gli storici si meraviglieranno che tanti malintesi ed errori abbiano potuto essere accumulati in nome di una idea che non era realmente in causa. Fatto sta che le tre principali vittime di questa politica sono state la S.d.N., l’Inghilterra e la Francia. La S.d.N. soprattutto, tanto inutilmente ed imprudentemente impegnata, ha perduto gran parte del prestigio che le conferiva autorità.

L’Inghilterra, che aveva preso partito, ha cambiato idea, ha esitato e non ha potuto andare sino in fondo, e ciò dimostra una debolezza, almeno provvisoria.

La Francia, che non ha saputo e non ha potuto, a causa della sua politica tradizionale di intesa con Londra, prendere partito, ha compromesso l’amicizia italiana da poco rinnovata. Essa ha dovuto subire per lunghi mesi il cattivo umore britannico ed ha sofferto il 7 marzo 1936 della passività della S.d.N. A complicare ancora piú le cose è sopraggiunta la guerra civile in Spagna ».

Queste sono parole di quel ministro degli Esteri di quella Francia che, per essere uno dei due soli paesi il cui popolo abbia « conservato la nozione della dignità umana », voleva undici mesi or sono « andare in fondo » contro l’Italia, fino alla guerra ; e se non ne fece la prova fu perché all’indomani della minaccia, le truppe tedesche entravano in Renania.

Appartenente al comune di Ciano Denza, in quel di Reggio Emilia, v’è una rupe e vi sono i ruderi di un Castello, restato celebre non tanto perché fu baluardo inespugnabile, quanto perché fu teatro di una memorabile umiliazione. Quei ruderi e quella rupe vanno rispettati e venerati. Il loro ammonimento è eterno : Canossa.

V. – AL GIORNALE « FIGARO » ED AI FRANCESI

15 marzo 1940

In un corsivo che non ammette equivoci, Il Popolo d’Italia ha già risposto al francese Figaro, il quale in un articolo pieno di rimproveri all’indirizzo della Norvegia e della Svezia, colpevoli di puntare i piedi sul terreno della neutralità, ha sostenuto la tesi che, al tempo della guerra etiopica, fu colpa dei paesi scandinavi se la Francia fu trascinata nell’infausta impresa delle sanzioni contro l’Italia. Secondo il giornaIe parigino, furono la Svezia e la Norvegia che non solo costrinsero la Francia a votare le sanzioni, ma determinarono lo sfacelo della Lega ginevrina.

Alla risposta de Il Popolo d’Italia, vogliamo aggiungere qualche documentazione. Qualcuna solamente. E non andiamo a prenderla tra le innumerevoli dei giornali e uomini francesi tipicamente antifascisti, ma tra le dichiarazioni degli uomini di governo responsabili che anche oggi si proclamano nostri « amici ».

Cominciamo proprio da Laval, l’accusato « amico dell’Italia di Mussolini ».

Il 28 dicembre. 1935 il signor Laval fece alla Camera francese la seguente dichiarazione in veste di ministro, degli Esteri:

« …Prima ancora che il conflitto italo-etiopico diventasse una realtà, avrei potuto, rispettando il Patto, non far niente. Avrei in questo imitato l’esempio della maggior parte degli altri Stati membri della Società delle Nazioni. Ma fin dal 10 settembre io ebbi a Ginevra delle conversazioni con Sir Samuel Hoare e il signor Eden. Su che cosa ? Avevamo già la certezza che ogni tentativo di conciliazione fallirebbe e che le ostilità comincerebbero ben presto. Ci siamo dunque preoccupati di sapere in che modo sarebbe stato messo in azione il meccanismo della sicurezza collettiva. Senza aspettare la riunione ufficiale del Consiglio, in questo spirito di collaborazione stretta che deve sempre animare dei ministri francesi e britannici, noi abbiamo discusso, esaminato la situazione grave che stava per risultare dalla guerra italo-etiopica. Noi siamo stati subito d’accordo per scartare le sanzioni militari, per non adottare alcuna specie di blocco navale, per non ammettere la chiusura del canale di Suez, insomma per allontanare tutto ciò che poteva condurre alla guerra. Abbiamo esaminato in seguito quali sanzioni di ordine finanziario ed economico avremmo potuto applicare. Ci siamo trovati d’accordo nel decidere che le sanzioni finanziarie e l’embargo sulle armi, dipenderebbero dapprima da un comitato che non esisteva ancora ma che fu creato sotto il nome di Comitato di coordinamento, e che altre sanzioni sarebbero esaminate, come il rifiuto di vendere e di comprare in Italia. Si scelse soltanto il rifiuto di comprare, per la semplice ragione che con questo sistema l’avremmo privata di divise ».

È appena necessario avvertire che tutto questo sistema di accordi tra Laval, Samuel Hoare e Eden si effettuava il 10 settembre 1935, e cioè un mese prima dell’inizio delle ostilità italo-abissine e prima ancora di ogni decisione della Società delle Nazioni.

Altro che Svezia e Norvegia ! La prima disposizione decisamente antitaliana fu di iniziativa franco-inglese. Ripetiamo le parole dell’« amico » Laval : « Prima ancora che il conflitto italo-etiopico diventasse una realtà, avrei potuto, rispettando il patto, non far niente. Avrei in questo imitato l’esempio della maggior parte degli altri Stati membri della Società delle Nazioni ; invece ecc. ecc. ».

Ma qui non è tutto, leggiamo questo altro brano delle dichiarazioni dell’« amico » Laval :

« Il 10 ottobre mi veniva consegnato un promemoria britannico relativo alla eventualità di una cooperazione franco-inglese, il quale sollecitava una presa di contatto fra gli Stati Maggiori. Io risposi allora che tali accordi tecnici dovevano essere preceduti da accordi politici, e questo fu lo scopo della nostra nota del 18 ottobre di cui vi parlavo poco fa : questa nota costituiva l’accordo politico indispensabile ; subito dopo sono cominciate le conversazioni fra l’Ammiragliato inglese e il nostro Ministero della Marina.

« Il 10 dicembre questa presa di contatto veniva estesa agli Stati Maggiori terrestri ed aerei. Veramente, trovo penoso per un ministro degli Affari esteri costretto a difendere la sua politica, dover rilevare certi dettagli : per chi dunque mi avete preso ?

« Ma io voglio farvi un’altra confidenza, ed è che la Francia, il cui rappresentante come dicono alcuni, sarebbe stato manchevole nei riguardi del patto, è fra i 54 Stati membri della Società delle Nazioni il solo che abbia preso degli impegni e dato inizio a degli sviluppi tecnici. (Il resoconto della Camera segna a questo punto : « vivi applausi generali»).

« Debbo in ogni modo affermare dall’alto di questa tribuna tutto il valore che io attribuisco alla cooperazione franco-britannica. Essa è l’elemento essenziale non soltanto della nostra sicurezza, ma anche della sicurezza europea. Alcuni hanno detto che i nostri rapporti con la Gran Bretagna erano tesi : per parte mia non ho potuto che rallegrarmi senza limitazione di tutti i rapporti che ho avuto, non solo con Sir Samuel Hoare ma anche col signor Eden, ed affermo che la nostra collaborazione è stata sempre fiduciosa ed intima ».

Il resoconto della Camera francese segna anche qui « applausi fragorosi ».

Dopo di che la politica antitaliana di Laval veniva approvata con 304 voti contro 261.

A LavaI successe come ministro degli Esteri l’altro odierno « amico » : Flandin.

Il quale seguí le orme del predecessore e fece di piú. Il 6 marzo 1936 convocò i giornalisti al Quai d’Orsay per comunicare loro che aveva preso gravi accordi con l’Inghilterra e che perciò nel caso che l’Italia non avesse accettato l’invito a negoziare col Negus (invito rivoltole dal Comitato ginevrino dei 13, per iniziativa dello stesso Flandin) egli aveva deciso di applicare all’Italia, senz’altro, le sanzioni piú brutali.

« L’Italia, egli disse, vuole la guerra, ebbene vi assicuro che essa l’avrà, la sua piccola guerra ». Sono pure di Flandin, ministro degli Esteri francese, queste altre ben chiare parole già altra volta ricordate :

« Per quella che è la questione del petrolio, andremo fino in fondo. Ma se dopo il petrolio bisognerà spingersi piú in là non saremo noi ultimi a seguire l’Inghilterra, poi che siamo d’accordo con essa al cento per cento. In caso di bisogno stiamo considerando anche sanzioni piú gravi. La Francia andrà fino in fondo, e so io quello che dico ».

Questo fu l’atteggiamento della Francia, o signori del Figaro. E se la Francia non andò «fino in fondo », fino cioè « alla guerra contro l’Italia », fu solamente perché, all’indomani di queste dichiarazioni, tutto il popolo francese era sossopra per l’annunzio della notizia giunta da Berlino che le truppe tedesche entravano nella zona renana.

Questa è la storia vera che non si cancella ne può essere occultata.

Ma il Figaro non ha che da consultare la propria collezione, ed avrà anche la sorpresa di trovare che lo stesso Flandin, dopo il fallimento delle sanzioni — esattamente undici mesi dopo la minaccia di « guerra fino in fondo » — in un articolo pubblicato proprio dal Figaro riprese il tema dell’« amicizia italiana ».

Una Canossa ?… Si, ma una Canossa inutile, o signori francesi. È’ finito il tempo degli italiani « scordevoli ». L’Italia di Mussolini non è quella dei giri di valzer organizzati a Palazzo Farnese dall’ambasciatore Barrère con l’ausilio di Palazzo Giustiniani. Gli italiani d’oggi per non dimenticare i torti ne incidono il ricordo nella dura pietra sulla facciata della Casa del Comune.

E quel ricordo dice che « dei cinquantadue Stati che tentarono di strangolarci, due — che non sono precisamente la Svezia e la Norvegia — avevano con noi un grosso debito di riconoscenza : un debito che essi si erano illusi di pagare…eliminando il creditore. Un debito che sarà pagato al cento per cento, con gli interessi ».

VI. — COSI PARLÒ CHURCHILL CONTRO VERSAGLIA E CONTRO LA FRANCIA

Il Giornale d’Italia del 26 marzo 1940 pubblicava questa mia lettera al suo Direttore :

« Caro Gayda,

« Tutto passa e tutto si scorda » ; è un principio morale al quale si riporta in ogni ora della giornata un buon inglese.

Leggiamo attentissimamente questo scritto apparso oltre quindici anni or sono :

« L’umanità non si è mai trovata in un simile stato prima di adesso.

« Senza aver sensibilmente migliorato in virtù, o saggezza ; essa ha ora fra le mani per la prima volta gli strumenti coll’uso dei quali può infallibilmente determinare la propria distruzione.

È’ imperioso pertanto che gli uomini d’oggi si raccolgano, e meditino sulle loro nuove responsibilità.

« La morte guata, obbediente, desiderosa, pronta a servire, pronta a falciare popoli in massa, pronta, se richiesta, a polverizzare, senza piú speranza di ricostruzione, ciò che è rimasto della civiltà. La morte non attende che una parola. L’attende da una fragile sconcertata creatura, da lungo tempo sua vittima, e ora, per un’occasione soltanto, sua Padrona.

« Non si mantenga neppure per un minuto l’illusione che il pericolo di una nuova conflagrazione in Europa sia svanito. Momentaneamente l’istupidimento e la crisi seguíta alla Grande Guerra garantiscono una supina passività, egli orrori della lotta, le sue carneficine e le sue tirannie dominano ancora le menti di tutte le razze.

« Le cause della guerra non sono state tuttavia rimosse. Sotto certi aspetti esse accennano invece ad accentuarsi, grazie al cosiddetti trattati di pace e alle reazioni da essi determinate. Due possenti nuclei della famiglia Europea non si adatteranno mai alla loro situazione attuale. La Russia, mutilata delle sue provincie baltiche, persisterà in avvenire nel medesimo programma che ha caratterizzate le guerre di Pietro il Grande ; mentre da un capo all’altro della Germania un intenso odio contro la Francia unifica tutte le popolazioni.

« Tale passione è del resto ravvisata continuamente dalla politica del Governo francese. Gli enormi contingenti della gioventú tedesca che crescono e si sviluppano annualmente ad efficienza militare sono ispirati dai sentimenti piú bellicosi. L’anima della Germania è pervasa da sogni di una guerra di Liberazione e di Vendetta, sogni che oggi come oggi, non sono trattenuti che da una fisica impotenza. Mentre la Francia infatti è armata fino ai denti, la Germania è stata in gran parte disarmata e il suo organamento militare, ridotto ad una larva. I Francesi sperano di prolungare questa situazione facendo ricorso alle loro forze militari, alle loro truppe nere, e a sistemi di alleanza cogli Stati minori d’Europa ; e per il momento essi dispongono infatti di una schiacciante preponderanza.

« La sola forza fisica, non sostenuta dall’opinione del mondo, non garantisce tuttavia alcuna durevole forma di sicurezza. La Germania è un’unità di gran lunga piú potente della Francia, ed essa non può essere mantenuta in permanente dipendenza.

« — Le guerre — mi diceva la scorsa estate un distinto Americano — sono combattute coll’acciaio ; gli strumenti di guerra possono mutare, ma l’acciaio rimane alla base di tutti i sistemi di guerra moderni. La Francia si è assicurato l’acciaio d’Europa, e la Germania lo ha perduto. In questo fatto, almeno, c’è un elemento di predominio.

« Al che io risposi : — Siete proprio sicuro che le guerre dell’avvenire saranno combattute coll’acciaio ?

« Alcune settimane dopo parlavo con un tedesco.

« Alla mia domanda su ciò che egli pensasse dell’acciaio, mi rispose : — E l’alluminio ? Ci sono poi ancora altri, soggiunse, che ritengono che la prossima guerra verrà combattuta coll’elettricità ».

Una divinazione ? Certamente, se si pensa che queste parole rimontano a quindici anni or sono. E chi credi tu sia questo « divinatore » ? Egli è né piú né meno che l’attuale Primo Lord dell’Ammiragliato inglese, Winston S. Churchill in persona, l’« amico personale » del nuovo Primo Ministro francese Reynaud, il sostenitore « fino in fondo » della « causa francese » contro la Germania.

Mi riferisco all’articolo « L’Umanità verso il suicidio » pubblicato da Churchill, allora Cancelliere dello Scacchiere, nel fascicolo di febbraio 1925 della rivista I Tre I che Umberto Notari stampava a Milano. In tutto l’articolo, naturalmente, non v’è una parola sola per la innocente Inghilterra che non vi è neppure nominata. Tutta la responsabilità della preannunziata sicura guerra è di Versaglia e della Francia. E dire che Winston Churchill era stato ministro della Guerra e dell’Aeronautica in quel gabinetto di Lloyd George, al quale risale la maggiore responsabilità del « cosí detto Trattato di pace » !

Il signor Churchill è stato testé querelato per calunnia perché ha negato di avere nel 1936 concessa una intervista al giornalista americano Griffin, nella quale era detto che gli Stati Uniti avevano commesso un errore entrando in guerra ; provi ora a smentire di essere l’autore dell’articolo del 1925 nel quale addossa al trattato di Versaglia ed alla Francia tutta la responsabilità della prennunciata guerra odierna.

VII. – REYNAUD, L’UOMO DI ROTHSCHILD

15 aprile 1940

È’ vecchia conoscenza dei nostri lettori il signor Reynaud, principe degli inflazionisti. Polemizzammo con i suoi amici, allorché, nell’ottobre del 1934, lanciò nell’Information i suoi 36 punti per creare lo stato d’animo favorevole alla inflazione : lo presentammo sin d’allora come « l’uomo piú gradito alla City » di Londra che non al « Foreign Office ». E quando nel 1936 prese posizione contro Laval e contro la nostra impresa africana, gli ricordammo (gennaio 1936) che allorché nell’anno di grazia 1935 avvenne il dissesto della « Traveller’s Bank » con la conseguente fuga del direttore a bordo di un ricco yacht — disastro dovuto alla mal riuscita speculazione sul franco, — dalle indagini fatte sui libri della banca risultò che il piú caro amico di Reynaud, che aveva fin scritto un libro per valorizzare le teorie svalutazioniste reinaudiane, l’ex sottosegretario alle finanze, sig. Paternotre, era uno dei piú forti « clienti » della banca e speculatore a ribasso. La stampa francese affermò che Reynaud e Paternotre « sono gli esponenti del gruppo di speculatori internazionali che han giocato a termine sulla svalutazione del franco e temono di veder compromesso il loro affare dalla fedeltà di Laval al blocco dell’oro ».

In qualunque altro paese un uomo simile si sarebbe eclissato dalla vita politica ; in Francia diventa Presidente del Consiglio, nel momento piú grave della nazione, con poteri quasi dittatoriali, ma posti a servizio dell’Inghilterra. Né piú né meno, di quanto accadde per Clemenceau bollato panamista asservito all’oro di Cornelius Herz.

Bene ha fatto Sommi-Picenardi a ricordare in Regime Fascista (27 marzo) che il 22 febbraio dell’anno scorso, l’Action française pubblicava una circolare segreta, mai smentita, inviata dalla casa Rothschild di Parigi alle sue succursali, ai suoi clienti, agenti ed amici nella quale si diceva :

« Daladier e Bonnet sono dei buoni a nulla. Un solo uomo vede chiaro e si rende conto che gli interessi della Francia, della razza ebraica, dell’umanità in generale si confondono : è Paolo Reynaud. Sostenerlo. Dare addosso, viceversa, agli altri. Prevedere il conflitto internazionale, prepararlo, essendo quello che deve salvare la Francia e gli Ebrei, e l’Umanità… Qualsiasi vostra iniziativa per illustrare e divulgare questo punto di vista sarà da noi apprezzata e ricompensata secondo il merito. Indicateci quali spese potreste utilmente indirizzare a questo scopo… ».

Come si vede tutto è spiegato. E cosí è pur chiaramente noto il programma di Reynaud e del suo vero controllore, il ministro delle colonie, l’ebreo Geroboamo Rothschild, detto Mandel. Quello stesso Mandel che fu controllore e anima nera, nell’interesse dell’Inghilterra e della Internazionale ebraica, di Clemenceau durante il governo del «Tigire » e specialmente durante la conferenza di Versaglia. La sua fu opera di agente provocatore. Questa opera del giudeo contitnua.

VIII. — GIUDEI E MASSONI RIUNITI IN CONSIGLIO DI GUERRA PER LA DISTRUZIONE DELL’ITALIA

15 aprile 1940

Il 6 marzo i giornali pubblicavano questo telegramma :

Berlino, 5 notte.

« L’Angriff informa che le grandi logge massoniche francesi ed inglesi hanno tenuto consiglio di guerra a Parigi. A questa riunione di congiurati hanno partecipato anche membri dei due Gabinetti. Taluni particolari che man mano, si vanno apprendendo confermano che giudei e massoni hanno assunto anche in questa guerra un potente e oscuro ruolo. Le piú potenti logge massoniche d’Europa hanno proclamata la guerra fino alla distruzione contro la Germania e l’Italia. Aggiunge il giornale : « La riunione alla quale hanno partecipato principalmente parlamentari, alti funzionari e persino membri dei due Gabinetti, è stata presieduta dal giudeo Cohen, Gran Maestro della Grande Loggia di Francia. Nelle logge occidentali il giudeo Cohen, che coltiva intime relazioni con i circoli di fuorusciti italiani, è ritenuto il piú grande odiatore del Fascismo e si deve certamente alla sua influenza se ora a Parigi l’assemblea dei massoni ha dichiarato Mussolini “il pericolo pubblico numero uno”.

« Il Governo francese era rappresentato alla riunione dal semigiudeo Frossard — continua l’Angriff — ed il signor Chamberlain aveva inviato due rappresentanti uno dei quali nipote di Hore Belisha.

« Ufficialmente Londra e Parigi non hanno preso nota dei lavori del congresso ; tuttavia qualche cosa è trapelata alla luce del sole se persino i giornali neutrali hanno potuto pubblicare che le potenti logge massoniche occidentali hanno dichiarato la lotta fino all’ultimo sangue alla Germania e all’Italia.

« Il nostro uomo di fiducia — continua l’Angriff — ci ha confermati taluni dettagli che sono stati appena riportati dalla stampa. I giudei ed i massoni che coprono cariche importantissime fino ad essere membri dei Gabinetti francese ed inglese, hanno deciso nella seduta segreta di Parigi di dare il colpo di grazia all’Italia e al Fascismo. Il giudeo Cohen ha dichiarato nella seduta che la possibilità di attaccare l’Italia si troverebbe presto».

Niente di nuovo, o signori dell’Angriff. Già nel Congresso di Metz, inuguratosi il giorno di Natale (« pace agli uomini di buona volontà ») del 1926, tutti questi propositi e relativi programmi furono discussi ed approvati dai rappresentanti delle grandi logge francesi con partecipazione delle logge di altri paesi, non esclusa la Germania.

Il congresso era indetto dalla lega giudaico-massonica francese, detta Lega dei Diritti dell’Uomo. Tra tutte le discussioni quella che predominò fu la presa di posizione contro le dichiarazioni fatte il 7 aprile 1926 da Mussolini — insediando il Direttorio del Partito — contro gli immortali principii dell’89. Il Congresso iniziò i suoi lavori constatando « la coalizione di tutte le forze armate contro il fascismo ».

Allora, nel dicembre del 1926, l’ebraismo mondiale e la massoneria francese non davano importanza al movimento creato in Germania da Hitler, il nemico era uno solo : il Fascismo di Mussolini.

Già nelle varie logge era stata fatta la preparazione, e l’apporto maggiore fu dato da l’Association Frat. des Journalistes che vantava la presidenza del Fr. Camille Chautemps che era già stato ministro dell’Interno con Edouard Herriot.

Si distinse nell’odio antifascista il Frat. Marcel Huart del Grande Oriente di Francia redattore del Temps. V’era in prima fila anche allora Coen, ardente animatore della pattuglia di punta. Sentite questo florilegio del congresso: l’ebreo e massone Victor Basch : Il fascismo, malattia, peste, lebbra che si è abbattuta sull’Europa. Emilio Coen ebreo e massone : Il fascismo, vero flagello internazionale… La Società delle Nazioni fu invocata dal Coen per richiamare al rispetto dei diritti dell’uomo e mettere pubblicamente al bando dell’umanità il fascismo che si rifiuta di ristabilirli. Il congresso per combattere il fascismo invocava l’aiuto dell’organizzazione « Soccorso Rosso Internazionale », della quale era anima il ricco scrittore ebreo Henri Barbusse. Toccò all’ebreo Basch dimostrare la facilità con la quale l’Italia poteva essere presa per fame : È’ questione di mesi, tuonò Emilio Coen.

Son passati 14 anni dalle deliberazioni di quel Congresso e gli stessi ebrei, gli stessi massoni si sono riuniti ancora una volta per votare i medesimi ordini del giorno. Questa volta però anche contro la Germania.

IX. — RIVELAZIONI DELLA MOSTRA ANTIMASSONICA DI BRUXELLES

15 aprile 1941

La Mostra antimassonica del Belgio — che si riferisce anche alla Francia — con una documentazione inoppugnabile ha tra l’altro dimostrato :

a) che anche là dove le logge sono state abolite — perché soppressa la massoneria — è continuata a funzionare la tecnica di solidarietà sociale ed ideologica fra i massoni. Nel piano nazionale dei vari paesi v’è una solidarietà che si traduce in mutuo soccorso dei fratelli tra loro per la conquista e la conservazione dei posti di comando anche nei regimi antimassonici.

Solidarietà e mutuo soccorso tra i fratelli da una parte ; e dall’altra lotta a fondo e senza esclusione di colpi (naturalmente alle spalle e col sorriso e le carezze del cameratismo) a quanti « ribelli » condussero e conducono la lotta contro la frammassoneria ;

b) sopravvivenza dei contatti di questi massoni dei paesi che hanno abolita la massoneria, con quelli dei paesi nei quali trionfa la massoneria. Per effetto di questa sopravvivenza, gli uomini di fiducia della frammassoneria occupano ed occuperanno le posizioni di primo piano nei rapporti internazionali, con esclusione assoluta degli elementi anti-massoni.

La Mostra di Bruxelles ha anche dimostrato che tutta questa azione della massoneria è guidata dagli ebrei.

Ragione per la quale l’« antisemitismo di superficie » va paragonato all’azione di una dozzina di uomini di buona volontà, i quali intorno alla palude si costituiscono in sindacato contro la malaria, e danno la caccia alle zanzare, senza rendersi conto che fino a tanto che non avranno prosciugato la palude la loro fatica non servirà a nulla.

F. Hagen ha scritto :

« La massoneria è una gramigna nel campo della vita dei popoli. Abolire le logge, è come sradicare la gramigna. »

« Ma il seme della gramigna, lo spirito della massoneria è ancora nella terra del campo, nelle falde e nei solchi della vita dei popoli. La gramigna non è facile a sterminarsi ; essa può spesso rigermogliare dal terreno dopo decine di anni, al sorgere di favorevoli  condizioni di vegetazione. Se per qualche circostanza si verificano tali condizioni, ecco che cessa di “piovere” ed essa risorge molto rapidamente cosicché improvvisamente il campo è di nuovo pieno di gamigna.

« Non lasciamoci dunque ingannare ! I successi sono grandi, la massoneria ha ricevuto dei colpi gravi, come mai nella storia, ma noi vogliamo pensare alla saggezza degli avi, che ci ammonisce : “Dopo la vittoria stringi piú forte l’elmo !” ».

Questo discorso vale anche per gli italiani.

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Impresso nelle officine IGAP di Milano il 17 novembre 1941-XX per conto della casa

editrice A. Mondadori, Milano

Prezzo netto : L. 20