Sulla questione razziale nel Nazionalsocialismo
Sulla questione razziale nel Nazionalsocialismo
Fonte della citazione: Gianantonio Valli, L’ambigua evidenza, L’identità ebraica tra razza e nazione, seconda edizione, ampliata e corretta, effepi edizioni, Genova, Luglio 2010, pagg. 313-316. Le persone interessate a possedere l’opera possono richiederla telefonando al numero 338-9195220, oppure inviando una email al seguente indirizzo: effepiedizioni@hotmail.com . La pubblicazione del testo avviene col consenso dell’Autore, che ringraziamo per la naturale, signorile, disponibilità. Olodogma
(…) << Quanto al problema della «superiorità razziale», equilibrate sono le tesi di Eichenauer, espressione della più vera, completa e radicale concezione razziale nazionalsocialista, riecheggiata anche da Walter Groß (Der deutsche Rassengedanke und die Welt, Junker und Dünnhaupt, 1939), medico, capo dell’Ufficio per la Politica Razziale della NSDAP, deputato, autore e curatore di numerosi saggi sulla razza e l’ebraismo, dal 1942 capo del dipartimento Scienze Naturali dell’Amt Rosenberg (nato nel 1904, cadrà combattendo a Berlino, nella sua casa, il 25 aprile 1945):
«Noi apprezziamo il fatto che i membri di un’altra razza siano diversi da noi […] Se quest’altra razza sia “migliore” o “peggiore”, non ci è possibile giudicare. Perché questo esigerebbe che superassimo i nostri limiti razziali per la durata del giudizio e assumessimo un’attitudine superumana, perfino divina, dalla quale soltanto potrebbe essere formulato un verdetto “impersonale” sul pregio o il difetto di tante fra le molte forme viventi dell’inesauribile Natura».
Già cinque anni prima (Nationalsozialistische Rassenpolitik – Eine Rede an die deutschen Frauen, Junker und Dünnhaupt, 1934 [ed. italiana: La politica razziale nazionalsocialista – Un discorso alle donne tedesche, Effepi, 2009]), lo stesso Groß aveva espresso gli stessi concetti in un discorso pienamente inserito nella visione del mondo pagana, poi diffuso in opuscolo a larghissima diffusione, tenuto a Colonia il 13 ottobre ad un convegno femminile durante il congresso del Partito del Gau Köln-Aachen:
«Nel nostro Reich, noi separiamo ciò che ci appartiene, perché è sangue del nostro sangue, da ciò che non ha legami con noi, in quanto straniero. E stiamo facendo quanto è giusto non soltanto in questo momento, ma per l’eternità. Credetemi, cari compatrioti, non è vero, come alcuni sostengono, che questa dottrina sia un segno di arroganza o di superiorità o di millanteria. Noi non ci reputiamo migliori di altre razze sulla terra. No, non ci crediamo migliori, neppure pensiamo che gli altri siano peggiori di noi.
Noi insistiamo soltanto su un punto, una legge stabilita dallo stesso creatore: “Al mondo ogni uomo è diverso da un altro e ciascuna razza dall’altra”. Gli altri possono essere migliori o peggiori, ma sono certo differenti da noi e poiché sono diversi vi è una sorta di muro fra noi e ciò è parte delle leggi della vita. Questo è il nucleo del pensiero razziale nazionalsocialista. Il nostro obiettivo non è quello di oltraggiare gli altri o dire “Quanto sono grande!”. Anzi, noi teniamo all’umile riconoscimento che ogni parte sana della vita possiede il suo angolo nel mondo e i suoi compiti speciali. Ciò è giusto e vero tanto per gli esseri umani quanto per le piante e gli animali in tutta la loro varietà. Sappiamo che una specie non è più preziosa di un’altra. Ma sappiamo anche che ciascun genere di vita ha diritto all’esistenza fino a quando si mantiene puro e forte. Solo quando un albero produce i suoi frutti ha diritto alla vita. Altrimenti verrà abbattuto e distrutto. Noi non sappiamo perché le cose stanno così, e sarebbe sciocco chiederne la ragione. Ma stanno così. Il nostro compito è quello di accettare semplicemente le leggi che governano l’umana esistenza ed acconsentire al fatto che siamo nati tedeschi in Germania, e non cinesi o eschimesi. Ciò non per le nostre virtù, neppure per i nostri difetti e neanche per nostra volontà. È stata la volontà del destino che viene dall’alto. Non abbiamo altra scelta se non quella di accettare questa sorte e sviluppare le capacità che il destino ci ha accordato secondo la necessità e la legge. Gli altri possono svilupparsi seguendo la propria strada, nella propria terra. Noi dobbiamo dare ascolto all’interiorità del nostro stesso popolo, per attingere dal nostro sangue e dal nostro retaggio quella forza di cui abbiamo bisogno per costruire la nostra patria […] Muoviamoci sul cammino del sangue e della razza che non trascura la fede, la conoscenza e il senso delle potenze superiori. Seguiamo questa strada, che non è cammino di materia, superstizione ed eresia, bensì una via di profonda umiltà e di pietà nei confronti delle leggi divine».
Oltre agli esponenti e alle opere ufficiali e semiufficiali di cui abbiamo dato le conclusioni, ricordiamo infatti che identiche sono le analisi dei manuali operativi:
- Der rassische und völkische Grundgedanke des Nationalsozialismus, “Fondamenti ideologici razziali ed etnonazionali del nazionalsocialismo”, del professor Wolfgang Schultz dell’Università di Monaco, e
- Vom Wesen der Volksgemeinschaft, “Essenza della comunità di popolo”, del segretario di Stato al ministero delle Finanze dottor Fritz Reinhardt, numeri 4 e 7 della raccolta Die Verwaltungs-Akademie – Ein Handbuch für den Beamten im nationalsozialistischen Staat, Band I: Die weltanschaulischen, politischen und staats-rechtlichen Grundlagen des nationalsozialistischen Staates, “Scuola superiore di amministrazione – Manuale per i funzionari dello Stato nazionalsocialista, vol.I: I fondamenti ideologici, politici e giuridici dello Stato nazionalsocialista”;
- Das Rassengedanke und seine gesetzliche Gestaltung, “La concezione razziale e la sua strutturazione giuridica”, a cura del Capo della Sicherheitspolizei e del Sicherheitsdienst, “Nur für den Gebrauch innerhalb der Sicherheitspolizei und des SD, Solo per uso interno della SP e del SD”, della serie Schriften für politische und weltanschauliche Erziehung der SP und des SD, “Scritti per l’educazione politica e ideologica della SP e del SD”; e
- il numero 2, Die Gesetze des Lebens – Grundlage unserer nationalsozialistischen Weltanschauung, “Le leggi della vita – Fondamenti della nostra visione del mondo nazionalsocialista”, degli SS Handblätter für die weltanschaulische Erzieh-ung der Truppe, “Opuscoli SS per l’educazione ideologica dei militari”, editi dal Reichsführer SS – SS Hauptamt.
Tale concezione riposa infatti su un postulato, che è poi anche il risultato dello studio disincantato del divenire umano: l’impossibilità di una razionale classificazione gerarchica delle razze. O, meglio, l’inesistenza di un sistema di valori comune, l’assenza di parametri condivisi, comunemente applicabili ed egualmente accetti dalle varie razze (cosa che, con diverse articolazioni, è alla base delle concezioni spengleriane della storia).
Ed è per questo, aveva scritto nell’ufficiale periodico NS-Briefe del 1° giugno 1927 il trentaseienne Dietrich Klagges (An alle Völker der Erde – I: Die Zukunft der Nationen, Alma-Druck + Verlag KG, 1972), che
«non esiste alcuna nazione idonea e destinata a dominare e possedere la Terra, nessuna può realizzare da sola gli obiettivi dell’umanità; le nazioni sono destinate a vivere una accanto all’altra, collaborando. Perciò è la pace, e non la guerra, la condizione naturale tra le nazioni»
(Ministerpräsident di Braunschweig, a cagione dell’alta carica ricoperta, dopo il Crollo sarebbe stato condannato dapprima all’ergastolo, poi a quindici anni di carcere).
Determinato come Groß nell’affermare l’irriducibilità di una razza all’altra e l’impossibilità di una strutturazione gerarchica dell’umanità – data anche l’ontologica incapacità umana di comprendere il destino del mondo – è Adolf Hitler al Reichstag, il 30 gennaio 1937:
«La più grande rivoluzione compiuta dal nazionalsocialismo è quella di avere spalancato le porte al riconoscimento che tutti gli errori umani sono contingenti e con ciò rimediabili, all’infuori di uno: l’errore sull’importanza di mantenere puri il sangue e la stirpe, vale a dire l’essenza propria dataci da Dio. A noi uomini non spetta di giudicare perché la Provvidenza abbia creato le razze, ma solo di riconoscere che essa castiga chi offende la sua creazione […] Come il riconoscimento della rotazione della Terra intorno al sole rivoluzionò il concetto dell’universo, così dalla dottrina nazionalsocialista del sangue e della razza risulterà un mutamento radicale delle idee e del quadro della storia umana del passato e dell’avvenire […] il senso e il fine ragionevoli d’ogni umano pensiero e d’ogni azione umana non stanno nella reazione o nella conservazione di organizzazioni o funzioni ideate dagli uomini, bensì nel consolidare ed elaborare l’elemento-popolo [Volk, vale a dire «razza», stirpe, nazione] dato dalla Provvidenza. Ecco perché con la vittoria del movimento nazionalsocialista il popolo è stato posto al di sopra di ogni organizzazione, costruzione e funzione, come un elemento vivo e duraturo. A noi mortali non è dato di riconoscere o di rilevare il senso e lo scopo della esistenza delle razze create dalla Provvidenza. Ma senso e fine delle umane organizzazioni e delle loro funzioni si misurano da quanto di utile queste e quelle possiedono per la conservazione del popolo, elemento vivo ed eterno. Pertanto l’elemento primario è il popolo; partito, stato, esercito, economia, giustizia, ecc., sono manifestazioni secondarie, mezzi per raggiungere il fine, vale a dire per conservare il popolo». >> (…)