Auschwitz : Fine di una Leggenda di Carlo Mattogno
Al professor Robert Faurisson spetta il merito incontestabile di essere stato il primo ricercatore che abbia impostato sul piano tecnico lo studio del problema delle presunte camere a gas omicide con particolare riferimento al campo di Auschwitz-Birkenau. Rilevando che nessun tribunale, durante gli innumerevoli processi contro i cosiddetti “criminali di guerra nazisti”, si era mai curato di far eseguire una perizia tecnica sulla presunta arma del delitto, la camera a gas omicida, egli ha intrapreso uno studio tecnico su questo argomento visitando perfino, a scopo di documentazione, una vera camera a gas di esecuzione di un penitenziario americano.
L’introduzione nel campo storiografico di questo nuovo e proficuo principio metodologico è stato tanto più importante in quanto, all’epoca, il cardine fondamentale della storiografia sterminazionista era quel dogmatismo teologico che trova la sua più compiuta formulazione nella dichiarazione di storici francesi sulla presunta politica hitleriana di sterminio apparsa sul quotidiano LE MONDE il 21 febbraio 1979, secondo la quale – citò testualmente – ” Non bisogna chiedersi come, tecnicamente, un tale sterminio in massa sia stato possibile. Esso è stato possibile tecnicamente perché ha avuto luogo. Questo è il punto di partenza obbligato di qualunque ricerca storica su questo argomento “.
Jean-Claude Pressac, in diretta polemica con il prof. Faurisson, anzi, quasi per una sfida personale con lui, ha rigettato questo assioma antistorico e ha voluto studiare tecnologicamente il problema delle camere a gas e della cremazione. La sua prima opera, apparsa nel 1989, si intitola appunto : AUSCHWITZ: TECHNIQUE AND OPERATION OF THE GAS CHAMBERS; la seconda, pubblicata nel 1993, reca il titolo LES CREMATOIRES D’AUSCHWITZ. LA MACHINERIE DU MEURTRE DE MASSE. Soprattutto quest’opera, che ha goduto di un grandioso lancio pubblicitario, ha valso a Pressac la fama di specialista unico ed incontestato delle ricerche sulle tecniche di sterminio naziste, cioè sulle camere a gas omicide e sui forni crematori, e l’ opera stessa viene presentata come la confutazione definitiva, totale e indiscutibile del revisionismo proprio sul suo piano prediletto, quello tecnico.
Questo libro dovrebbe costituire il complemento dell’opera precedente in virtù della ricchissima documentazione che Pressac ha studiato a Mosca, in particolare gli archivi della Bauleitung (la direzione delle costruzioni di Auschwitz), che furono lasciati “intatti” nelle mani dei Sovietici. In realtà, negli 80.000 documenti di Mosca, negli archivi integrali della Bauleitung, Pressac non ha trovato nessuna prova dell’ esistenza di una sola camera a gas omicida ad Auschwitz-Birkenau.
Poiché questo libro di Pressac vuole essere la confutazione totale e definitiva del revisionismo sul piano tecnico, una semplice critica storica delle sue tesi era insufficiente: l’ impostazione dell’ opera richiedeva essenzialmente una critica tecnica. Il mio scritto AUSCHWITZ : FINE DI UNA LEGGENDA rappresenta una critica storico-tecnica delle tesi di Pressac.
Ciò premesso, passo ad esporre le principali conclusioni della mia critica all’ultima opera di Pressac cominciando dal problema della cremazione. Uno studio scientifico sui forni crematori di Auschwitz-Birkenau deve affrontare e risolvere due problemi termotecnici fondamentali: quello della capacità di cremazione e quello del consumo di coke.
Pressac non affronta scientificamente nessuno dei due problemi, ma si limita semplicemente ad una serie di affermazioni sparpagliate qua e là per tutto il libro, con le quali pretende di dimostrare che la capacità di cremazione dei crematori II e III di Birkenau era di 800 o 1000 cadaveri al giorno, con possibilità di estensione a 1440, mentre la capacità di cremazione di ciascuno dei crematori IV e V di Birkenau era di 500 cadaveri al giorno, con possibilità di estensione a 768.
Per quanto concerne il consumo di coke dei forni di Auschwitz-Birkenau, Pressac non dice nulla.
Nel libro precedente egli afferma che dall’ aprile all’ ottobre 1943 i crematori di Birkenau cremarono da 165.000 a 215.000 cadaveri impiegando 497 tonnellate di coke, con un consumo medio di 2,6 kg di coke per cadavere.
Vediamo ora quale sia il valore tecnico delle affermazioni di Pressac, cominciando dalla questione del consumo di coke. Nel periodo dal 31 ottobre al 13 novembre 1941, nel forno Topf a 2 muffole del crematorio di Gusen, un sottocampo di Mauthausen, furono cremati 677 cadaveri di adulti con un consumo totale di 20.700 kg di coke, in media 30,5 kg per ogni cadavere. Poiché in media furono eseguite 52 cremazioni al giorno, il forno rimase costantemente in equilibrio termico, il che significa che il consumo medio di coke fu il minimo conseguibile con quel tipo di forno. Questo dato sperimentale si può attribuire correttamente anche ai 3 forni Topf a 2 muffole del crematorio di Auschwitz, che dunque per la cremazione di un cadavere di un adulto richiedevano mediamente un quantitativo minimo di 30,5 kg di coke.
I forni Topf a 3 e a 8 muffole dei crematori di Birkenau, per il loro sistema costruttivo, presentavano dei vantaggi termotecnici che riducevano cospicuamente i consumi; in effetti, i forni a 3 muffole, per la cremazione di un cadavere richiedevano circa 20 kg di coke, i forni a 8 muffole circa 15.
Queste cifre si riferiscono a cadaveri emaciati di adulti, i cosiddetti musulmani. Nell’ ipotesi della realtà delle gasazioni omicide, considerando la presenza di cadaveri di bambini e ragazzi tra i presunti gasati, il consumo teorico minimo dei crematori di Birkenau sarebbe stato mediamente di circa 13 kg contro i 2,6 kg assunti da Pressac.
Passiamo ora alla questione della capacità di cremazione dei crematori. La durata media di una cremazione nei forni Topf di Auschwitz-Birkenau era di circa un’ ora. Questi forni erano stati progettati e costruiti per la cremazione di un solo cadavere per volta; la loro esigua disponibilità oraria di calore rendeva infatti impossibile una cremazione economicamente vantaggiosa, sia dal punto di vista del consumo di coke, sia da quello della durata, di due o più cadaveri insieme. La cremazione contemporanea di quattro cadaveri in un’ ora, come sostiene Pressac, era dunque a maggior ragione termotecnicamente impossibile. Il funzionamento dei forni richiedeva una sosta di almeno quattro ore per la pulizia delle griglie dei focolari dalle scorie del coke, perciò la capacità massima di cremazione dei forni di Auschwitz-Birkenau era di 1.040 cadaveri al giorno.
Nell’ ipotesi della realtà delle gasazioni omicide, considerando la percentuale dei bambini e ragazzi tra i cadaveri dei gasati, nonché il loro peso medio in funzione dell’età, la capacità di cremazione giornaliera sarebbe aumentata di 6/5 a 1.248 cadaveri al giorno. Ciò non significa che le SS di Auschwitz avessero ordinato i forni in previsione della cremazione di 1.248 o anche di 1.040 cadaveri al giorno: queste sono soltanto delle cifre massime teoriche.
Tenendo conto di tutte le circostanze, si può affermare che la Bauleitung di Auschwitz aveva ordinato alla ditta Topf le 46 muffole di Birkenau in previsione della mortalità, nei periodi più cruciali, di circa 500 detenuti al giorno su una forza media prevista di 200.000 detenuti. La capacità di cremazione dei crematori era dunque perfettamente adeguata all’aumento della forza del campo decisa da Himmler in previsione di una eventuale epidemia di tifo futura.
Qualcuno, argomentando astrattamente, obietta che la capacità di cremazione di 1.040 cadaveri al giorno era eccessiva. In effetti, nell’agosto 1942 ad Auschwitz morirono in media 269 detenuti al giorno, perciò la capacità massima di cremazione era quasi 4 volte superiore al numero effettivo dei decessi, e ciò dimostrerebbe l’intenzione omicida delle SS di Auschwitz.
A questa obiezione si può rispondere che in Germania, nel 1939, esistevano 131 crematori con circa 200 forni che avevano una capacità massima di cremazione di circa 4.000 cadaveri al giorno; ma il numero dei decessi dell’intero anno fu di circa 102.000, in media circa 280 al giorno. Dunque i crematori tedeschi avevano una capacità massima di cremazione 14 volte superiore al numero effettivo dei decessi: ciò dimostra forse che i nazisti avevano l’intenzione di sterminare la popolazione civile tedesca?
Ricapitolando, Pressac assume una capacità di cremazione massima dei forni di Auschwitz-Birkenau che è all’incirca il quadruplo di quella reale e un consumo minimo di coke per ogni cremazione che è all’incirca un quinto del consumo medio effettivo. Ciò significa che le sue affermazioni riguardo alla cremazione in massa dei presunti gasati sono tecnicamente e storicamente infondate.
Lo studio dei forni crematori di Auschwitz-Birkenau offre tuttavia anche prove dirette che confutano la tesi delle gasazioni in massa. Le prove più importanti sono tre.
La prima prova si riferisce alla previsione delle SS riguardo al numero dei cremati nel marzo 1943. La nota per gli atti della Bauleitung del 17 marzo 1943 espone la stima del consumo di coke previsto per i quattro crematori di Birkenau. Il tempo di attività dei crematori indicato è di 12 ore. La lettera menziona anche il consumo di coke previsto, sicché si può calcolare il quantitativo di cadaveri che era possibile cremare: circa 360 cadaveri emaciati di adulti al giorno. Dal 1 al 17 marzo la mortalità media di Birkenau fu di 292 detenuti al giorno, che, in termini di consumo di coke, rappresenta l’ 80% della previsione delle SS. Ciò significa che questa previsione è stata calcolata sulla base della mortalità media effettiva più un 20% come margine di sicurezza e non include affatto i presunti gasati, i quali, in questo periodo, secondo il Kalendarium di Auschwitz, furono 1.100 al giorno. Se dunque la cremazione dei cadaveri dei presunti gasati non fu prevista dalla Bauleitung, ciò significa che non ci fu alcuna gasazione omicida.
La seconda prova riguarda il consumo di coke dei crematori di Auschwitz-Birkenau. Dal 1 marzo al 25 ottobre 1943 ai crematori di Auschwitz- Birkenau furono fornite complessivamente 641, 5 tonnellate di coke. In questo periodo il numero dei detenuti morti di morte naturale fu di circa 27.300, quello dei presunti gasati secondo il Kalendarium di Auschwitz di circa 118.300, complessivamente circa 145.600 morti; ora, per i detenuti morti di morte naturale risulta una disponibilità media di coke di circa 23,5 kg. per ogni cadavere, che concorda perfettamente con i consumi dei forni; per i presunti gasati più i detenuti morti di morte naturale, invece, risulta una disponibilità di 4,4 kg, il che é termotecnicamente impossibile. Perciò il quantitativo di coke fornito ai crematori dal marzo all’ ottobre 1943 dimostra che i crematori hanno cremato soltanto i cadaveri dei detenuti immatricolati morti di morte naturale e, conseguentemente, che non c’è stata nessuna gasazione in massa. Ricordo che, secondo la storiografia sterminazionista, in questo periodo non furono mai usate ” fosse di cremazione “.
La terza prova concerne la durata della muratura refrattaria dei forni crematori. Nel suo ultimo libro Pressac afferma che ad Auschwitz ci furono 775.000 morti, di cui almeno 675.000 furono cremati nei crematori di Birkenau. La cifra di cremati addotta da Pressac é tecnicamente impossibile. L’ ing. Rudolf Jakobskàtter, parlando, nel 1941, dei forni Topf con riscaldo elettrico del crematorio di Erfurt, dice con orgoglio che il secondo forno era riuscito ad eseguire 3.000 cremazioni, mentre normalmente la durata della muratura refrattaria dei forni era di 2.000 cremazioni. Il forno Topf a 2 muffole di Gusen resistette a circa 3.200 cremazioni, dopo di che fu necessario smantellarlo e sostituire la sua muratura refrattaria. La durata di una muffola fu dunque di circa 1.600 cremazioni. Ora, anche supponendo che i forni di Auschwitz-Birkenau fossero stati usati fino al limite estremo di 3.000 cremazioni per ogni muffola, complessivamente avrebbero potuto cremare circa 156.000 cadaveri – incidentalmente, secondo Pressac il numero totale delle vittime tra i detenuti fu di 130.000 – , mentre la cremazione di 675.000 cadaveri avrebbe richiesto almeno quattro sostituzioni complete della muratura refrattaria di tutte le muffole: soltanto per i crematori II e III, sarebbero state necessarie 256 tonnellate di materiale refrattario e un tempo di lavoro di circa 7.200 ore.
Tuttavia, negli archivi della Bauleitung, che furono lasciati “intatti” dalle SS di Auschwitz e che Pressac ha esaminato integralmente, non esiste traccia di questi enormi lavori, perciò questi lavori non sono mai stati eseguiti. Dunque la cremazione di 675.000 cadaveri nei forni crematori è tecnicamente impossibile, di conseguenza ad Auschwitz-Birkenau non è stato perpetrato alcuno sterminio in massa.
Veniamo ora alla questione delle camere a gas omicide. La tesi di fondo di Pressac é che i crematori II e III furono progettati e costruiti come normali installazioni igienico-sanitarie, ma furono successivamente trasformati in strumenti criminali installando nel loro seminterrato camere a gas omicide. Non c’ è dubbio che a partire dalla fine del 1942 il seminterrato dei crematori II e III abbia subito varie trasformazioni rispetto al progetto iniziale, come non c’ è dubbio che la sala dei forni, per quanto concerne il loro numero e la loro capacità di cremazione, non ha subito alcuna modifica rispetto al piano iniziale. Come spiegare questa incongruenza? Se i crematori II e III erano stati progettati come semplici installazioni sanitarie, adeguate per il tasso di mortalità naturale del campo, la loro trasformazione in strumenti di sterminio in massa avrebbe richiesto un corrispondente ampliamento della capacità di cremazione dei forni, ma ciò non è accaduto. A Pressac non resta dunque che triplicare o quadruplicare la capacità di cremazione reale dei forni e dichiarare, contraddittoriamente, che dei forni progettati in una prospettiva sanitaria potevano far fronte senza difficoltà anche ad uno sterminio in massa.
La realtà è ben diversa. L’ installazione nei crematori II e III di una camera a gas di 210 mq. (tale era la superficie del Leichenkeller 1 o camera mortuaria seminterrata 1) in cui, secondo Pressac, si sarebbero potute gasare senza difficoltà 1.800 vittime (ma i testimoni oculari parlano anche di 3.000), per la cremazione in giornata dei cadaveri, avrebbe richiesto 75 muffole, in luogo delle 15 esistenti, le quali, per la cremazione dei corpi delle vittime, avrebbero impiegato cinque giorni, creando un gravissimo ostacolo al processo di sterminio. Il fatto dunque che la sala dei forni non sia stata trasformata, dimostra che le trasformazioni dello scantinato non erano criminali.
Il progetto finale delle SS, quello effettivamente realizzato, secondo Pressac fu la trasformazione del Leichenkeller 1 in camera a gas omicida e del Leichenkeller 2 in spogliatoio. A sostegno della sua tesi, Pressac adduce una serie di indizi, i più importanti dei quali sono ricollegabili agli impianti di ventilazione dei crematori e ai Gasprüfer.
E` noto che, nelle camere a gas di disinfestazione, a causa dell’estrema tossicità dell’acido cianidrico, il problema della ventilazione era di importanza vitale. Pressac afferma che un elemento importante della trasformazione criminale dei crematori fu l’aumento della portata dei ventilatori della presunta camera a gas omicida da 4.800 a 8.000 metri cubi di aria all’ora. Questo aumento sarebbe stato deciso per sopperire all’inconveniente derivante dal fatto che questo impianto di ventilazione era stato progettato e costruito per una normale camera mortuaria. Ciò dimostrerebbe la trasformazione del locale da camera mortuaria in camera a gas omicida. Per simmetria, Pressac dichiara che anche la portata del ventilatore del presunto spogliatoio fu aumentata da 10.000 a 13.000 metri cubi di aria all’ora. La fonte addotta da Pressac a sostegno di questa variazione della portata dei ventilatori è la fattura della Topf n.729 del 27 maggio 1943 per il crematorio III.
Lo studio degli impianti di ventilazione dei crematori II e III dimostra al contrario che il Leichenkeller 1 non fu trasformato in una camera a gas omicida. Anzitutto, la fattura della Topf menzionata da Pressac prevede per la presunta camera a gas omicida un ventilatore con portata di 4.800 metri cubi di aria all’ora, non di 8.000, e per il presunto spogliatoio un ventilatore con portata di 10.000 metri cubi, non di 13.000. Dunque Pressac ha falsificato i dati di questo documento.
In secondo luogo considerando i volumi dei due locali, risulta che per la presunta camera a gas omicida le SS avevano previsto 9,5 ricambi di aria all’ora, mentre per il presunto spogliatoio 11 ricambi di aria all’ ora: dunque la camera a gas era meno ventilata dello spogliatoio! Ciò è tecnicamente insensato.
Nell’ opera classica dell’ ing. Heepke sulla progettazione dei crematori si legge che per le camere mortuarie bisognava prevedere come minimo 5 ricambi di aria all’ora, ma in caso di intenso utilizzo fino a 10 ricambi. Ciò dimostra che l’impianto di ventilazione del Leichenkeller 1, con i suoi 9,5 ricambi di aria all’ora, é stato progettato e costruito per una camera mortuaria e che il locale in questione non è stato trasformato in camera a gas omicida. A titolo di confronto, per le camere a gas di disinfestazione ad acido cianidrico con sistema DEGESCH-Kreislauf, cioè a circolazione di aria calda, si prevedevano 72 ricambi di aria all’ora.
Riassumendo, Pressac afferma che i crematori II e III furono progettati e costruiti come normali impianti igienico-sanitari, ma poi furono trasformati in strumenti di sterminio; tuttavia, dopo la presunta trasformazione criminale, la sala forni dei due crematori aveva ancora lo stesso numero di forni che era stato previsto per la mortalità naturale dei detenuti, e i ventilatori del Leichenkeller 1 avevano ancora la stessa portata che era stata prevista per normali camere mortuarie. Ma allora in che cosa consiste la trasformazione criminale dei crematori?
Passiamo alla questione dei Gasprüfer. Il 26 febbraio 1943 l’amministrazione del crematorio II di Auschwitz chiese alla ditta Topf l’invio di 10 Gasprüfer. A Mosca Pressac ha scoperto la lettera di risposta della ditta Topf, datata 2 marzo 1943, nella quale i Gasprüfer vengono definiti “Anzeigegeräte für Blausäure-Reste”, apparati di indicazione per residui di acido cianidrico. Pressac scrive ingenuamente che questo documento costituisce la prova definitiva dell’esistenza di una camera a gas omicida nel crematorio II. In realtà questo documento può essere al più un indizio, non una prova definitiva, dell’esistenza di una camera a gas, ma che questa camera a gas sia omicida, è una semplice affermazione arbitraria di Pressac.
Riguardo a questo documento osservo sommariamente quanto segue:
- a) i Gasprüfer, nella terminologia tecnica tedesca, erano dei semplici analizzatori di gas di combustione;
- b) l’apparato che veniva utilizzato per la prova dei residui dell’ acido cianidrico si chiamava” Gasrestnachweisgerät für Zyklon”, cioè apparato di prova del gas residuo per lo Zyklon;
- c) questo apparato era in dotazione obbligatoriamente a tutte le installazioni di disinfestazione ad acido cianidrico, comprese quelle di Auschwitz;
- d) la richiesta di 10 analizzatori di gas combusti ad una ditta che produceva impianti di combustione è perfettamente comprensibile: ma per quale motivo la Bauleitung di Auschwitz avrebbe dovuto richiedere 10 apparati di prova dei residui di acido cianidrico ad una ditta che produceva appunto impianti di combustione, invece di ordinarli direttamente alle ditte che li distribuivano insieme allo Zyklon B e alle maschere antigas – cioè la DEGESCH e, in particolare, la ditta Tesch und Stabenow – con le quali l’ amministrazione di Auschwitz era regolarmente in contatto?
La conclusione è che i 10 Gasprüfer erano dei semplici analizzatori dei gas di combustione per i crematori. Essi erano destinati ai 10 condotti del fumo dei crematori II e III oppure alle 10 canne fumarie dei crematori di Birkenau. Il documento scoperto da Pressac è perciò senza dubbio un falso.
Come ho accennato all’inizio, Pressac ha voluto studiare tecnicamente la questione dei forni crematori e delle presunte camere a gas omicide di Auschwitz-Birkenau, senza però avere la minima competenza tecnica per intraprendere tale studio. Tuttavia egli ha dovuto accettare il principio metodologico, propugnato dai revisionisti secondo il quale, dove esiste discordanza tra le testimonianze e la tecnica, è quest’ ultima che deve prevalere. In tal modo egli ha aperto una falla irreparabile nella storiografia sterminazionista, perché la tecnica dimostra l’impossibilità materiale di uno sterminio in massa ad Auschwitz-Birkenau.
I colleghi di Pressac hanno capito immediatamente la pericolosità di questa metodologia e sono corsi prontamente ai ripari. In effetti, il libro ANATOMY OF THE AUSCHWITZ DEATH CAMP, recentemente pubblicato da Yisrael Gutman e Michael Berenbaum in collaborazione con l’Holocaust Memorial Museum di Washington, più che contro i revisionisti, sembra diretto contro Pressac: esso costituisce infatti una ferma negazione della metodologia storiografica di Pressac, di cui smentisce le tre più importanti conclusioni, affermando che:
1) tutti i crematori di Birkenau furono progettati fin dall’inizio a scopo criminale;
2) il numero delle vittime di Auschwitz fu di 1.100.000;
3) i crematori di Birkenau potevano cremare 8.000 cadaveri al giorno.
Con ciò il dogmatismo teologico propugnato nel 1979 dagli storici francesi, incautamente violato da Pressac, è ora pienamente ristabilito: a Pressac non resterà che fare pubblica ammenda. A quanto pare, egli ha già cominciato a farla, prestando la sua collaborazione suicida a questo libro. Per i revisionisti, invece, i libri di Pressac rappresentano la fine di una leggenda.