IL MASSACRO DEI TEDESCHI IN POLONIA 1919-1939
testi tratti da olodogma
Crimini commessi dai Polacchi contro i Tedeschi etnici in Polonia, prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1939, prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, (che sarà causata dalla dichiarazione di guerra fatta dal Regno Unito e dalla Francia contro la Germania) i polacchi comunisti dell’NDVK provenienti da Ponz, Lotz e da Varsavia si recarono nel distretto di Bromberg, popolato quasi interamente dalla minoranza etnica tedesca e compirono un genocidio torturando e massacrando inermi civili. I comunisti polacchi commisero il genocidio contro la minoranza etnica tedesca per spingere la Germania ad aggredire la Polonia. Questo perchè la Polonia aveva stipulato un patto segreto con gli USA e l’Inghilterra, che in caso di attacco da parte della Germania avrebbero dovuto sostenerla. I polacchi comunisti pensavano che la Germania sarebbe stata facilmente sconfitta con l’aiuto degli USA e dell’Inghilterra, potendo cosi acquistare il controllo di vaste parti di tale Stato che avrebbero dato loro forti vantaggi economici e strategici. 58.000 civili tedeschi, fra cui bambini, donne e anziani furono sterminati per motivi razziali e torturati barbaramente. Questi i nomi dei comandanti comunisti: Ladovitch (che guidò i comunisti della città di Ponz), Karpinsky (che guidò i comunisti della città di Varsavia) e Weis (che guidò i comunisti della città di Londz). Per avere più ampia informazione sulla politica polacca contro la minoranza tedesca e sulle mire espansionistiche polacche si consiglia la lettura dell’articolo “Il Dr. Gianantonio Valli sulla “follia, insania espansionista, feroce intolleranza, criminale incoscienza e sanguinaria voluttà polacca dal 1919 al 1939″, sotto riprodotto.
Nel 1940, in Germania, venne pubblicato un volume Die polnischen Grausamkeiten an den Volksdeutschen in Polen (Le atrocità polacche contro i tedeschi etnici in Polonia) che raccoglieva un’ampia documentazione su tale ed altri massacri. Ne pubblichiamo una parte della sezione fotografica.
SI SCONSIGLIA la visione ai minori, alle persone impressionabili, alle donne incinte.
Heller, Willi, 19 anni, appartenente al gruppo degli assassinati di Jesuitersee, 33 colpi di pugnale o di baionetta, di cui, quello indicato dalla freccia nel midollo spinale cervicale, risultato fatale.
Alla fine della Thorner Strasse a Bromberg, 10 appartenti alla minoranza tedesca sono state trovati picchiati a morte e mutilati.
Dopo la perquisizione. La casa di Herr Symosek, direttore della Società Cooperativa degli agricoltori, devastata e saccheggiata da 20 soldati polacchi. Symosek è stato portato via con le sue due figlie, Eva di 19 anni e Dora di 16. I soldati hanno rubato una grossa somma di denaro dalla scrivania e tutti gli abiti di Symosek, compresi i vestiti messi da parte per l’inverno. Le croci di ferro (1a e 2a classe) e altre decorazioni di Symosek furono gettate in grandi bacinelle, usate poi dai soldati per i propri bisogni.
Fossa comune vicino a Sompolno di 45 tedeschi assassinati, inclusi 41 agricoltori tedeschi del villaggio di Sockelstein, nei pressi di Wreschen.
Frau Kempf, 25 anni, assassinata a Wiesenau, distretto di Hohensalza.Insieme a lei furono assassinati: suo marito, 36 anni, i suoi figli Hilde, 9 anni, ed Helene, 2 anni e mezzo, oltre all’anziana coppia Kempf, marito e moglie, rispettivamente di 70 e 65 anni, e il bracciante Theodor Dräger, 17 anni, in tutto 7 persone.Uccisa con un colpo di pistola al cranio (contrassegnato con a); inoltre si nota lo sfracellamento del quarto e quinto dito della mano destra e la completa assenza dell’anulare sinistro (contrassegnati con b e c).Questo è il caso di una donna nell’ultima fase della gravidanza poco prima del parto.Vicino al corpo è stato trovato il bambino quasi completamente partorito.Evidentemente non si è trattato di un parto successivo alla morte della madre per effetto della decomposizione, ma il parto è iniziato in modo improvviso durante l’agonia.
Ingrandimento del feto quasi completamente partorito di cui sopra.
Dahman Else, 19 anni, appartenente al gruppo di persone assassinate a Eichdorf-Netzheim. Assassinata insieme ai suoi datori di lavoro, Jeschke marito e moglie e al bracciante Kurt Kempf. I proiettili di fucile sono entrati nel corpo in due punti: il primo nel lato destro del collo, provocando la frantumazione del cranio, il secondo nel lato dorsale destro, fuoriuscendo attraverso il lato destro del torace. Si tratta di un colpo sparato quando essa era già a terra. Da notare l’impronta lasciata sulla pelle da un reggiseno che indica il sesso della vittima.
Frau Sonnenberg, 25 anni, prossima al parto, e la ragazza rifugiata Bunkowsky, Martha, 20 anni, nella cassa da morto provvisoria. Luogo del fatto: Rudak, nel distretto di Thorn. Le due donne furono uccise a colpi di fucile. Attorno ai malleoli della signora Sonnenberg è legata una corda che servì a trascinare il cadavere dal luogo in cui si trovava (un porcile).
Hilde Berger, 24 anni, il figlio Egon, 4 mesi e il marito Hermann Berger, 26 anni. Queste persone vennero assassinate a Wiesenau, nel distretto di Hohensalza. Vennero uccise da due granate a mano lanciate in una cantina. Il bimbo era nella braccia della mamma. Al signor Berger fu dato inoltre il colpo di grazia con un fucile.
Walter Busse, 7 anni, appartenente sl gruppo di Eichdorf-Netzheim, ucciso con la madre adottiva, signora Hanke, 40 anni. Si tratta di un colpo di pistola sparato dall’alto in basso, entrato nella sommità del capo e uscito dalla tempia sinistra.
Kurt Schmolke, 1 anno e tre mesi, ucciso con un colpo di fucile o di pistola di grosso calibro. Il proiettile è entrato nella parte sinistra del viso ed è uscito dal lato destro del cranio.
Kurt Beyer, 10 anni. Col bimbo furono massacrati: il padre Friedrich Beyer, 44 anni, il fratello Heinz, 21 anni e l’aiutante giardiniere Thiede, 22 anni. Il bimbo ricevette due colpi di pistola, che ferirono i polmoni in modo non grave e sopravvisse tra i cadaveri dei parenti assassinati dalla sera di domenica 3 settembre 1939 fino al mattino di lunedì tra le ore 8 e le ore 10. Riportò anche lo sfracellamento dell’avambraccio destro per sparo o colpo violento (V. foto sotto).
V. foto sopra.
Günther Renz, 9 anni, appartenente al gruppo dei massacrati di Eichdorf-Netzheim, di cui il più giovane aveva 3 anni e il più anziano 82), ad opera di militari polacchi. Sfracellamento del cranio causato da un colpo di fucile. Insieme al bimbo furono uccisi la sorella di 4 anni, il padre di 45 anni e, in un altro luogo, la nonna di 80 anni.
Ehrard Prochnau, 3 anni. Col piccolo fu assassinata la bambinaia Johanna Schwartz, 45 anni. Dall’autopsia è risultato che il bimbo è stato ucciso con un colpo di fucile mentre era tra le braccia della bambinaia.
Caporale Widera, assassinato nel villaggio di Niewolno, distretto di Mogilno, assieme al sottufficiale Ehret, da elementi irregolari polacchi, che hanno cercato di tagliargli la mano sinistra. Inoltre si è riscontrata una pugnalata al petto, un colpo di scure al cranio, una fucilata a bruciapelo sulla vittima distesa a terra che attraversò il cranio e il torace e due colpi al braccio.
L’invalido Jaentsch, appartenente al gruppo massacrato a Ròzepole, ucciso con un proiettile al capo, uno al petto e un colpo alla testa inferto con un corpo contundente. Furono assassinate dalle scorte polacche 6 persone (due invalidi, tre donne e un bambino), che, sfinite, non avevano potuto seguire la colonna di deportati.
Paul Lepczynski, di circa 50 anni, appartenente ad un gruppo di allogeni tedeschi assassinati nel villaggio di Grossneudorf, distretto di Bromberg. Era un invalido della guerra mondiale, con amputazione della gamba sinistra. Fu ucciso con un colpo di fucile al capo.
Hedwig Jeschke, coniugata, 47 anni, appartenente al gruppo dei massacrati di Eichdorf-Netzheim. Con essa furono uccisi: Max Jeschke, 54 anni (V. sotto), la domestica Else Dahms, 19 anni, il domestico Kurt Kempf, 20 anni. Ferita del cranio con azione esplosiva dovuta certamente a fucile militare. Il colpo entrò nella parte posteriore del cranio.
Max Jeschke, uscita del proiettile di fucile o pistola di grosso calibro nella regione nasale, corrispondente all’entrata dalla nuca.
Frieda Ristau, coniugata, 31 anni, appartenente al gruppo dei massacrati di Eichdorf-Netzheim, madre di tre bambini, che per puro caso sfuggirono al massacro. Il cranio fu sfracellato da un colpo di fucile nella regione posteriore della testa.
Sconosciuto di circa 40 anni, appartenente al gruppo dei massacrati di Jesuitersee. L’uscita del proiettile ha sfigurato il volto: prova certa di una fucilata. L’assassinato faceva parte di un gruppo di 12 vittime legate assieme con corde da bestiame.
Sconosciuto di circa 45 anni, appartenente al numeroso gruppo di assassinati nei boschi presso Hopfengarten. Accecamento di entrambi gli occhi.
Wiethold Kluck, 37 anni, appartenente ai massacrati di Jesuitersee. Uscita del proiettila dalla faccia, all’altezza degli occhi.
Paul Grieger, 32 anni. Fu ucciso da soldati a da studenti ginnasiali polacchi a colpi di rivoltella e di piccone. Ferita di punta al globo dell’occhio sinistro.
Sconosciuto, di circa 20 anni, appartenente ad un gruppo di assassinati del sobborgo di Bromberg-Kleinbartelsee. La ferita dell’occhio fu causata certamente da una pugnalata.
Fritz Radler, 19 anni, appartenente ai massacrati della famiglia Radler. Colpi di baionetta o sciabola al mento e al sopracciglio destro. Ucciso con un colpo di rivoltella Nagan al petto.
Else Behnke, 35 anni, nubile, appartenente agli assassinati di Eichdorf-Netzheim. Oltre a lei furono assassinati, nella stessa famiglia, il padre di 82 anni, la sorella sposata di 45 anni e la figlia di quest’ultima, di 11 anni. Il colpo entrò dall’occhio sinistro.
Arthur Radler, 42 anni. Sul lato sinistro del collo si nota il foro di entrata del proiettile, uscito dalla nuca. Sopravvisse per cinque ore e alla moglie e alla figlia quattordicenne fu impedito di soccorrerlo. Fu poi ucciso con un colpo di fucile al capo.
Albrecht Schmidt, di circa 45 anni. Faceva parte dei numerosi casi d’assassinio isolato accaduti nel sobborgo di Bromberg-Kleinbartelsee. Si nota la corda con la quale la vittima fu legata e trascinata sino al luogo dell’assassinio, eseguito con un colpo di pistola al cuore.
Otto Kutzer, 73 anni, al servizio della casa del parroco Kutzer, con le mani legate dietro la schiena. Con lui furono uccisi: suo figlio, parroco Kutzer, 46 anni, e 5 allogeni tedeschi dai 14 ai 74 anni, rifugiatisi in parrocchia. La morte fu causata da un colpo di fucile al cuore. Presentava inoltre la frattura di varie costole, causata presumibilmente dal calcio di un fucile.
Allogeni tedeschi fucilati e massacrati in massa alle porte di Varsavia, trovati dispersi sulle strade, nei campi e nei boschi.
Agricoltore Kaut, di Peterkowitz.
Muratore Raabe di Peterkowitz.
Guardia forestale Steinke di Czempin.
Guardia forestale Manthei di Borowko.
Allogeno tedesco di Thorn, ritrovato in una fossa comune con 44 cadaveri di assassinati e mutilati al punto da risultare irriconoscibili.
Un’allogena tedesca massacrata nel villaggio di Glinke, presso Bromberg.
I 39 allogeni tedeschi massacrati a Hopfengarten, presso Bromberg.
L’agricoltore Friedrich Beyer, di Grossbartelsee, con i due figli di 10 e 18 anni e il suo dipendente.
Friedrich Beyer.
Contadino tedesco di un villaggio presso Bromberg.
Contadino tedesco di un villaggio presso Bromberg.
Il genero della vedova Giese, assassinato con 4 colpi di fucile al petto e a collo.
Contadina tedesca di Langenau, presso Bromberg. Il piede destro le fu tagliato e poi la gamba le fu amputata al di sopra del ginocchio
Allogeni tedeschi massacrati a Hopfengarten, presso Bromberg.
I cadaveri mutilati giacevano uno accanto all’altro. La maggior parte delle vittima erano legate insieme, a due a due, con delle corde.
33 allogeni tedeschi del villaggio di Lochowa, mutilati e assassinati.
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Il Dr. Gianantonio Valli sulla “follia, insania espansionista, feroce intolleranza, criminale incoscienza e sanguinaria voluttà polacca dal 1919 al 1939”. Il testo riprodotto costituisce la “Nota n°30 “, pagg.1066→1070, del monumentale studio del Dr. Gianantonio Valli “LA FINE DELL’EUROPA, Il ruolo dell’ebraismo” seconda edizione, corretta e ampliata, Edizioni EFFEPI, effepi – judaica © 2011 effepi, via Balbi Piovera, 7 – 16149 Genova
…”È, certissimamente, un libro straordinario. Un libro, fra i molti che Valli offre oggi alla parte più intelligente e libera del pubblico mondiale, che per laprima volta getta, sul panorama storico di questa interminabile Guerra Mondiale, una luce che da tempo sembrava abbandonata: quella della ricerca della verità. Una verità che Valli ha ben documentata, con migliaia di nomi, di eventi, di lettere, di comunicazioni ufficiali e di informazioni che, nella stragrande maggioranza, vengono fornite proprio da coloro che, attraverso il crescente controllo sulla gran mediocrazia occidentale, avevano contribuito a seppellire o a mistificare questa verità. Il risultato di questa ignobile operazione di accumulo della menzogna, propalata per quasi un secolo sotto la guida dei comandi militari vittoriosi e della grande finanza mondiale attraverso i suoi media in Gran Bretagna e in Nordamerica con la Francia in subordine, fu la profonda ottenebrazione dei cervelli nelle vaste masse che vivono sul nostro globo”… (Sergio Gozzoli)
30. Come definire, se non «follia polacca», quel misto di insania espansionista, feroce intolleranza, perdita del senso delle proporzioni, criminale incoscienza e sanguinaria voluttà di guerra che afferra un intero popolo, e non solo contro il Terzo Reich ma dal 1919 contro i tedeschi della Prussia Occidentale, di Danzica e dell’Alta Slesia e contro i sovietici, contro i lituani, ai quali nell’ottobre 1920 viene sottratta la capitale Vilna e che nell’estate 1938 vengono costretti con minacce di guerra a riconoscere de jure il maltolto, e quindi contro i cechi, sciacallescamente derubati nell’ottobre dello stesso anno della regione di Teschen-Oderberg?
Follia che già il 9 ottobre 1925 fa scrivere alla Gazeta Gdansk (Gazzetta di Danzica): «La Polonia deve capire che non può sussistere senza Königsberg né l’intera Prussia Orientale. Dobbiamo esigere a Locarno che tutta la Prussia Orientale sia liquidata. Potrà avere un’autonomia sotto la sovranità polacca. In tal modo non ci sarà più alcun Corridoio. Non dovessimo arrivarci con mezzi pacifici, ci sarà una seconda Tannenberg [ove nel 1410 furono sconfitti i Cavalieri Teutonici], e certo tutte le terre torneranno allora nel grembo dell’amata patria» (il 13 giugno 1926 lo stesso quotidiano incita all’esproprio dei tedeschi: «I carri armati più sicuri della Pomerelia sono i milioni di coloni polacchi. Tutta la terra ancor oggi in possesso dei tedeschi deve essere tolta dalle mani tedesche»)?
O le urla di guerra lanciate il 3 agosto 1929, e ripubblicate il 17 marzo 1930, dal giornale varsaviano Mocarstwowiec (Lega per la potenza): «La guerra tra Polonia e Germania è inevitabile. Dobbiamo quindi prepararci sistematicamente. Il nostro obiettivo è una nuova Grunwald [località presso Tannenberg ove vennero sconfitti i Cavalieri Teutonici], ma questa volta una Grunwald alle porte di Berlino, il che significa la sconfitta della Germania portata dalle truppe polacche al centro del terrorismo, per colpire al cuore la Germania. Sognamo una Polonia coi confini occidentali all’Oder e alla Neisse [sic! preveggenti!]. La Prussia sarà riconquistata alla Polonia, anche quella parte che arriva alla Sprea. In una guerra con la Germania non ci saranno prigionieri, né spazio per sentimenti di umanità o civiltà» (articolo riportato il 3 ottobre 1930 dal quotidiano Münchener Neueste Nachrichten col titolo “Fanfare di guerra polacche”; negli stessi termini si esprimerà tale B. Colonna in Poland from the Inside, edito a Londra nel 1939) ?
O i piani di invasione della Slesia nell’autunno 1931, comunicati da una responsabile fonte francese al cancelliere Brüning, che ottiene il singolare appoggio, a difesa, delle nazionalsocialiste SA, del socialista Reichsbanner e del comunista Rotfrontkämpferbund ?
Piani talmente scoperti da indurre nel marzo 1932 il ministro della Difesa Gröner ad ammonire pubblicamente la Polonia di recedere dai previsti attacchi alla Prussia Orientale… e ciononostante il fanatico ministro degli Esteri polacco colonnello Józef Beck, le spalle coperte dal patto di non aggressione stipulato con Mosca il 27 novembre, torna alla carica per avere da Parigi via libera.
E cosa pensare dell’illegittimo invio della corazzata Wilja e di un battaglione di fanteria di marina, il 6 marzo 1933, nella Westerplatte di Danzica (forze ritirate il 15 sotto le pressioni della SdN), come anche dello schieramento di alcune divisioni nel Corridoio (le tre divisioni di fanteria tedesche basate a Königsberg, Stettino e Berlino, sarebbero state assalite da quindici divisioni polacche di fanteria e cavalleria, assistite da mezzi corazzati e dall’aviazione) nella speranza di un appoggio francese e con l’obiettivo di invadere e occupare non solo Danzica (porto, del resto, non necessario a Varsavia fin dalla costituzione del vicino porto militare e commerciale di Gdingen sulla penisola di Hela, che già nel 1933 aveva registrato un movimento merci di un milione di tonnellate più di Danzica), ma addirittura la Prussia Orientale?
O delle tre proposte lanciate alla Francia ancora da Pilsudski per una «guerra preventiva» contro il Reich (febbraio-marzo, metà aprile e dicembre 1933), con ciò violando nello spirito il patto Briand-Kellogg, che il 27 agosto 1928 aveva bandito la guerra «di aggressione», peraltro nel testo legalmente non definita, come strumento per risolvere le controversie internazionali (massone come il francese Aristide Briand ministro degli Esteri e il connazionale Frank Billings Kellog Maestro della loggia Rochester Nr.21 e segretario di Stato di Coolidge, è Owen D. Young, massone della loggia Evergreen Nr.363 di Springfield Center, New York, presidente della General Electric e direttore del CFR dal 1927 al 1940, autore del piano che dal febbraio 1929 avrebbe dovuto schiavizzare economicamente la Germania per altre due generazioni, fino al 1984, in sostituzione del Piano ideato dal massone Charles Dawes; in realtà, al momento della «riunificazione» nel 1991 la Germania, dei 132 miliardi di marchi-oro imposti a Versailles dal Diktat, dovrà ai possessori delle obbligazioni dei Piani Dawes-Young ancora 125 milioni di euro, l’ultima tranche dei quali, 70 milioni, avrebbe saldato domenica 3 ottobre 2010, in tal modo ponendo fine ufficialmente alla Guerra)?
O delle rinnovate proposte avanzate ai francesi da Beck, il 7 marzo 1936, contemporaneamente alla rimilitarizzazione della Renania, onde scatenare una «guerra preventiva» contro il Reich?
Come definire la mobilitazione parziale, del tutto ingiustificata e da Berlino non provocata, del 23 marzo 1939, e la illegittima marcia di divisioni alle porte di Danzica, salutate dal giubilo dell’intera popolazione polacca?
O, ormai forti della prossima «garanzia» inglese (rigarantita dagli USA), la chiusura delle trattative e l’arrogante rigetto di una qualunque possibilità di proposta tedesca per Danzica e il Corridoio, accompagnato dalla minaccia, da parte dell’ambasciatore a Berlino Jósef Lipski, che ulteriori proposte sarebbero state considerate un casus belli ?
O le vanterie lanciate a Parigi il 18 maggio dal ministro della Guerra Kasprzycki a una conferenza dello Stato Maggiore francese sui piani contro il Reich: «Non abbiamo [fortificazioni al confine], perché prevediamo di condurre una guerra di movimento e fin dall’inizio delle operazioni di marciare in Germania»?
O gli aggressivi, non smentiti programmi di esponenti governativi riportati il 26 giugno dal quotidiano Dziennik Poznaski (Diario di Poznan) e accompagnati da una carta geografica in cui il confine orientale dei territori lasciati ad un futuro Stato tedesco si snoda lungo la linea Brema-Hannover-Gottinga-Fulda-Norimberga-Ratisbona?
O la sessantina di canzoni pervase da odio antitedesco (tipici dei giorni precedenti il conflitto, i popolari versi: «Con Rydz-Smigly marceremo fino al Reno e oltre il Reno»), mentre non esistono canti tedeschi incitanti all’odio contro la Polonia?
O le grida di guerra alzate nel luglio, davanti a decine di ufficiali, dal Maresciallo Edward Rydz-Smigly (poi inglorioso fuggiasco in Romania il 17 settembre, vituperato dalle sue stesse truppe e ricacciato a Varsavia, ove sarebbe vissuto sotto falso nome fino al decesso, avvenuto il 2 dicembre 1941): «Marceremo presto contro l’eterno nemico tedesco per strappargli per sempre i denti velenosi. La prima tappa di questa marcia sarà Danzica»?
O le notazioni dello scrittore fiammingo William Ward: «I polacchi hanno perso il senso di ogni misura. Chiunque osserva le nuove carte geografiche nelle quali la loro sfrenata fantasia ha già annesso una gran parte della Germania fin quasi a Berlino, la Boemia e Moravia, la Slovacchia e una gran parte della Russia, non può che pensare che la Polonia sia diventata un gigantesco manicomio» (in Ralf Uwe Hill)?
O l’isteria che trabocca il 10 agosto dalle colonne del moderato Kurjer Polski (Corriere polacco): «Vogliamo la distruzione della Germania, così come duemila anni fa fu distrutta Cartagine»?
O le assicurazioni date il 15 agosto dall’ambasciatore a Parigi Juliusz Lukasiewicz al ministro degli Esteri Georges Bonnet: «Sarà l’esercito polacco a invadere la Germania, fin dai primi giorni di guerra» (identica follia sulla bocca di Lipski, che il mattino del 31 agosto comunicherà al mediatore svedese Birger Dahlerus di non essere interessato a trattative, perché, grazie anche a disordini interni al Reich, le truppe polacche avrebbero presto marciato su Berlino)?
O le smargiassate del varsavico Depesza (Dispaccio) del 20 agosto: «Noi polacchi siamo pronti a stringere un patto col diavolo, se ci aiuta contro Hitler. Anzi, contro la Germania, non solo contro Hitler […] Nella prossima guerra il sangue tedesco scorrerà in tali fiumi che il mondo non ha visto da quando esiste»?
Il giudizio l’aveva del resto dato il 20 dicembre 1938 l’Alto Commissario della Società delle Nazioni Carl Burckhardt: «I polacchi sono folli; si bruciano i ponti alle spalle e ignorano il senso della misura. Sono l’unico popolo d’ Europa così infelice da avere nostalgia del campo di battaglia. Sono ambiziosi e non sanno controllarsi».
Egualmente impietoso Marco Patricelli, mettendo inoltre in luce la fredda strumentalizzazione compiuta dalle Grandi Democrazie per creare il casus belli contro il Reich: «La Polonia dei colonnelli era un gigante di cartapesta, di cartone erano le lance della sua orgogliosa cavalleria, cartastraccia le assicurazioni che aveva stipulato. La sua inetta e velleitaria classe dirigente, fuggita in Romania, viene spazzata via dalla sconfitta, ma i suoi soldati continueranno coraggiosamente a combattere anche dopo la resa del Paese, su tutti i fronti e con alto tributo di sangue, fino all’ultimo giorno della seconda guerra mondiale, scoppiata col pretesto di salvaguardarne l’indipendenza ma con lo scopo reale di ridisegnare gli equilibri e i confini dell’Europa. Per questo la Polonia pagò un prezzo altissimo prima, durante e dopo».
Quos deus vult perdere prius dementat, suona il monito. Dopo avere scatenato fin dal novembre 1938 bande assassine contro i Volksdeutschen, con chiusura di scuole e centri culturali, processi e condanne pecuniarie dei genitori che rifiutano di mandare i figli in scuole polacche, divieti di acquistare giornali e merci tedesche imposti a grandi magazzini e ristoranti, proibizione dell’uso del tedesco durante le funzioni religiose, licenziamenti di operai e impiegati, incarcerazione di esponenti e sequestro dei conti bancari di associazioni culturali e assistenziali, espropriazione di decine di fattorie, devastazioni di giornali (exempli gratia, la combattiva Deutsche Rundschau, dal 1920 trascinata in tribunale 872 volte e sequestrata 546 volte, coi giornalisti incarcerati o assoggettati a pesanti pene pecuniarie), negozi ed abitazioni fino a giungere, come il 13 maggio a Tomaszow, a vere e proprie cacce all’uomo, assassinati (Walter Dumbsky riporta 3500 vittime) e persino castrati, spinto alla fuga nel Reich 75.535 «connazionali sgraditi» e vessato in tutti i modi il governo e la popolazione del «Libero Stato» di Danzica – dopo tutto ciò Varsavia, resa ancor più folle dalla «garanzia» inglese, non solo interrompe il 21 marzo le trattative col Reich aperte il 24 ottobre 1938 (vani sono i ripetuti tentativi avanzati da Berlino il 19 novembre 1938, il 5 gennaio, il 25 gennaio, il 21 marzo e il 28 aprile 1939 fino all’estrema richiesta del 30 agosto), non solo il 23 dichiara per bocca di Beck – invasato dall’idea di costruire una «Terza Europa» dal Baltico all’Ellesponto sotto guida polacca – ai massimi politici e generali, giunta l’ora della «riscossa», ordinando una mobilitazione parziale e distribuendo ai responsabili i piani per una marcia su Berlino, ma lancia le più clamorose provocazioni persino contro i Reichsdeutschen.
Tra i più esagitati guerrafondai sono i polacchi Stanislaw Ligon, direttore della radio di Kattowitz, e Marian Dombrowski, editore e caporedattore dell’Illustrowany Kuryer Codzienny (Corriere Quotidiano Illustrato), aizzato dagli ebrei Stankiewicz, Rohatiner, Ferdinand Zweig, capo della sezione economia, Ludwig Gross, responsabile della sezione scientifica, e Ludwig Rubel, già deputato al Sejm e anima nera del quotidiano.
Quanto ai più attivi ebrei radiofonici citiamo Konrad Wrzos, giornalista e già redattore dell’IKC, soprannominato, dal notissimo pubblicista ebreo-americano, lo «Knickerbocker polacco», i direttori Heller e Gorecki, il direttore dell’orchestra e autopromosso «orgoglio della radio polacca» Girsz Girszowicz Fitelberg, i suoi collaboratori Aszer Fuchs, Mieczyslaw Goldberg, Rafal Halber, etc.
Che dietro a tali provocazioni vi sia la volontà di Londra di giungere alla guerra lo rileva il 9 agosto l’Evening Standard, sottolineando lo stupefacente abbandono della tradizionale, plurisecolare politica inglese delle no entangling alliances, “alleanze non compromettenti”: «Mai prima d’ora nella nostra storia abbiamo lasciato la decisione se l’Inghilterra possa o non possa essere trascinata in guerra nelle mani di una potenza minore (Polonia). Tuttavia, oggi tale decisione è nelle mani di un gruppetto di uomini i cui nomi il popolo inglese non ha udito una sola volta, tranne forse il colonnello Beck. Questi individui oscuri potrebbero decidere domani l’inizio della guerra europea».
Dopo la «garanzia» annunciata il 31 marzo, definita dall’ambasciatore belga a Berlino Jacques Davignon «assegno in bianco», e la conferma data a Beck l’8-10 agosto da Duff Cooper, giunto a Gdingen per nave (a somiglianza del presidente francese Poincaré e del suo primo ministro Viviani, giunti a Pietroburgo il 20-23 luglio 1914 per perfezionare l’aggressione agli Imperi Centrali), a scatenare definitivamente la follia polacca è, il 25 agosto, la trasformazione della «garanzia» in un vero e proprio trattato di «mutua assistenza militare», accompagnato da un protocollo segreto per sancirne la validità contro la sola Germania, anche nel caso una «minaccia all’indipendenza» arrivasse anche attraverso un processo di sola penetrazione economica… alleanza siglata, per inciso, proprio il giorno dell’annunciata defezione dell’Italia dal Patto d’Acciaio; il 5 settembre, due giorni dopo la dichiarazione di guerra anglofrancese, i polacchi vengono ancora ingannati da Londra: 1500 aerei inglesi stanno giungendo in soccorso su suolo polacco e i francesi hanno sfondato la Linea Sigfrido in due punti, penetrando a fondo in Germania, cose entrambe non vere.
Anche lo storico polacco-americano Edward J. Rozek giunge alle stesse amare conclusioni in Allied Wartime Diplomacy – A Pattern in Poland, uscito a New York nel 1958: «Per la Polonia sarebbe stato meglio accordarsi pacificamente con la Germania nel 1939, piuttosto che seguire Londra, Parigi e Washington, che spingevano a rifiutare ogni abboccamento con Berlino […] Probabilmente per la Polonia sarebbe stato più vantaggioso partecipare a un conflitto a fianco della Germania. Il comportamento di Francia e Inghilterra non si è mai fondato sul sentimento di una sincera amicizia con la Polonia. La Dichiarazione di Garanzia per la Polonia è stata emessa nel 1939 [dagli Occidentali] solo per i propri interessi, perché Londra temeva un nuovo ordine europeo che andasse a scapito dell’Inghilterra».
Tra le innumeri provocazioni, non solo ammesse ma ampiamente vantate dalla stampa polacca, ricordiamo: la minaccia di invadere Danzica e scatenare una guerra col Reich, formulata il 26 marzo a Berlino dall’ambasciatore polacco Lipski; soperchierie di ogni tipo operate dai doganieri polacchi sia contro i cittadini di Danzica sia contro i passeggeri in transito nel corridoio per la Prussia Orientale; fucilate contro gli stessi convogli sparate sia da truppe polacche sia da irregolari; duecento tra violazioni di confine e aggressioni ai villaggi della Prussia Orientale, penetrazione della cavalleria anche per 7 km all’interno del Reich, incendi del raccolto e di fattorie, edifici minati e fatti saltare, distruzione di ponti, assassinio di contadini a sciabolate e pistolettate, scontri a fuoco con le truppe inviate a soccorso (a Garnsee presso Neidenburg il 26 agosto restano a terra 47 aggressori); il 23 e 24 agosto cannonate contro tre aerei di linea della Lufthansa da parte della contraerea di Hela e di un incrociatore a 40 km dalla costa, in ambo i casi, quindi, in spazio extraterritoriale; il 25, dopo un incidente stradale occorso a Bielitz ad un camion che trasportava verso l’interno della Polonia trenta Volksdeutschen imprigionati nel corso del quale alcuni erano riusciti a fuggire, assassinio di otto e ferimento di una quindicina dei civili da parte dei militari di scorta (è in conseguenza di tale massacro che Hitler ordina, alle 15.02, di muovere le truppe alle 04.00 del giorno seguente… bloccando poi il tutto alle 18, appresa stipula di un esplicito patto di alleanza anglo-polacco); il 26 incendio del posto di guardia forestale di Dietrichswalde, distruzione del ponte ferroviario di Zandersfelde e interruzione del traffico stradale e telefonico col Reich; il 28 truppe sconfinano per 15 km e incendiano il villaggio di Haldenburg; il 29 mobilitazione generale, invano frenata dalla Francia, evento equivalente ad una dichiarazione di guerra (già il 31 marzo, il giorno della «garanzia», era stata proclamata una mobilitazione, seguita dall’invio di tre divisioni d’assalto e una brigata corazzata contro la Prussia Orientale, di due divisioni e una brigata di cavalleria contro l’Alta Slesia, e di altre forze contro Danzica); il 30 blocco del traffico ferroviario tedesco per la Prussia Orientale, assalto ai convogli, arresto dei rifornimenti alimentari a Danzica e assassinio a Cracovia del console Schillinger; il 31 distruzione del ponte ferroviario di Dirschau e occupazione della periferia di Danzica; nella notte dal 31 agosto al 1° settembre mitragliamento, da parte di trenta militari polacchi, della dogana di Neukrug/Elbing, spari e assassinio di un doganiere 75 metri all’interno del Reich a Pfalzdorf/Grünberg, ferimento di un doganiere a Röhrsdorf/Fraustadt (in precedenza erano stati fatti segno di proiettili i posti di confine di Sonnenwalde, Alt-Eiche e ancora Neukrug), cannonate su Beuthen. Ed infine attacco alla radiostazione di Gleiwitz che, sulla scia delle «confessioni» dello Sturmbannführer Alfred Naujocks, disertore durante l’offensiva delle Ardenne, attore e testimone-principe dell’«accaduto» (nonché, a differenza di decine di milioni di tedeschi derubati ed espropriati, rimasto indisturbato dopo la guerra, in pieno possesso delle sue case e della sua cava di ghiaia ad Amburgo), il TMI sanzionerà invece, «giuridicamente», quale provocazione nazicostruita a casus belli.
Considerati i 15.000 rapporti sulle violenze polacche giunti all’Auswärtiges Amt fin dal marzo 1933 e le centinaia di cruenti episodi dall’autunno 1938, si pensi al contrario all’assoluta inutilità di un tale casus, tanto più che nessun cenno ne fece Hitler il 1° settembre al Reichstag (l’episodio serve però ai demostorici – vedi Gitta Sereny (II) – per celare le migliaia di precedenti violenze). Il tutto, accompagnato a mezzanotte da un delirante comunicato di Radio Varsavia: «Stiamo marciando vittoriosamente e saremo a Berlino a fine settimana, le truppe tedesche indietreggiano in disordine sull’intero fronte».
Bibliografia:
– Sereny G. (II), In lotta con la verità – La vita e i segreti di Albert Speer, Rizzoli, 1998