RENATO RICCI
di Giulio Ricci
Creatore dello Stadio dei Marmi, fondatore dell’Opera Nazionale Balilla e della Guardia Nazionale Repubblicana, Ministro delle Corporazioni, visse e lavorò senza posa accanto a Mussolini
Mio padre Renato Ricci nacque a Carrara il primo giugno del 1896 da una famiglia di cavatori, gente rude abituata ad un lavoro duro e pericoloso. Il capo famiglia era un nonno garibaldino che instillò l’amor patrio ai suoi nipoti sin dalla più tenera età. Dopo il diploma di ragioniere e alcune traversie politiche per aver manifestato per la italianità di Trento e Trieste, mio padre si arruolò volontario nei bersaglieri nel 1915 e partecipò a tutta la campagna meritandosi due medaglie al valore ed una croce di guerra al merito, quale comandante di pattuglie di Arditi per azioni compiute al di là delle nostre linee.
Fu il primo ufficiale italiano a entrare in Trieste liberata. Nel 1919 essendo di stanza a Monte Nevoso, seguì D’Annunzio nell’impresa fiumana trascinando con sé un battaglione del suo reggimento con tutto l’equipaggiamento. Durante l’impresa partecipò all’occupazione di Zara al comando di una compagnia Bersaglieri della Legione del Carnaro. Strinse amicizia con Marinetti, Paulucci di Calboli, Mascagni e Keller, con il quale volò più volte e per il cui consiglio, pochi anni dopo, conseguì il brevetto di pilota.
Dopo il Natale di Sangue tornò a Carrara e fondò il Fascio di Combattimento. I primi fascisti erano solo 17, ma ben presto il movimento si dilatò, tanto che Ricci s’impose da Livorno fino a Genova e Firenze, collaborando alla organizzazione del Movimento con Perrone Compagni a Firenze, e con Costanzo Ciano a Livorno. Le lotte furono durissime con molte vittime, basti ricordare l’eccidio di Sarzana nel quale persero la vita 17 fascisti e più di 46 furono feriti. Il 29 ottobre dopo aver occupato la prefettura e la caserma Dogali, disarmandone la guarigione, che d’altronde era quasi consenziente, nella notte fermò il primo treno per Roma che passava per la stazione di Avenza, che era il treno di Mussolini. Ricci fu cordialmente accolto e presentò 200 squadristi armati di tutto punto. Mussolini fece agganciare un’altra vettura e si intrattenne con Ricci, e lo incaricò di prendere il comando di tutte le squadre fasciste che si stavano concentrando a S. Marinella.
Tornato a Carrara viene nominato da Mussolini Alto Commissario del Partito con compiti ispettivi e organizzativi. Si interessa in particolare della situazione economica del suo paese e promuove la ristrutturazione dell’ospedale, la realizzazione di case popolari, il rinnovo dell’Accademia di Belle Arti, e promuove iniziative a favore della industria marmifera locale. Nel 1924 è eletto deputato e continua la sua attività, sia nel partito che a favore di Carrara, fondando tra l’altro il Consorzio marmi. Nel 1926 viene chiamato a Roma e nominato Sottosegretario all’Educazione Nazionale, con il compito di riorganizzare la gioventù dal punto di vista morale e fisico.
Immediatamente si reca in Inghilterra e prende contatto con Baden Powell, capo dell’organizzazione scautistica, che gli dà preziosi consigli e lo esorta a tornare in America per prendere visione delle grandi scuole americane. Torna in Italia e in volo si reca in Germania dove prende contatto con la Bauhaus e il modernissimo movimento artistico e architettonico di Gropious.
Nasce cosi L’Opera Nazionale Balilla, alla cui presidenza Renato Ricci resterà per 11 anni dal 1926 al 1937; (naturalmente con il solo stipendio di Sottosegretario al Ministero dell’Educazione nazionale).
Realizza 900 Case del Balilla e della Piccola Italiana, tutte con palestre, piscine, biblioteche e sale di riunione, giardini, ecc. Queste case per la gioventù, che Ricci fece realizzare, sono per la maggior parte ora abbandonate e ridotte in rovina. Realizza 12 Collegi, fra cui: il Morosini di Venezia, il Collegio Aeronautico di Forlì, i Collegi Navali di Brindisi, Sabaudia e il Collegio femminile di Orvieto. Mette in mare la nave scuola Palinuro per accogliere gli scugnizzi napoletani.
Ma soprattutto, in questo periodo mette mano per primo alla realizzazione di quella che sarà una delle più importanti opere del regime: Il Foro Mussolini.
Ricci voleva prima di tutto realizzare una scuola da cui attingere i dirigenti della sua organizzazione in fieri. Si trattava di trovare un’area con possibilità di sviluppo. Ricci essendo membro del Governo trattava la cosa direttamente con il Governatore di Roma, suo vecchio amico e squadrista della prima ora.
Furono scartate tre aree disponibili. la prima, quella dell’attuale sede della città Universitaria, perché già occupata da servizi ospedalieri e destinata già in parte dal Ministero dell’Educazione nazionale a espansioni per cliniche universitarie. La seconda area scartata fu nella Zona di Casal Palocco, troppo distante da Roma. La terza zona scartata fu quella dell’attuale Villaggio Olimpico (campo di addestramento militare) perché gli studi presenti al Ministero dell’E.N. prevedevano la presenza di reperti romani.
Rimaneva un’area pantanosa, soggetta alle piene del Tevere, la attuale sede. Ricci non si perse di animo e accettò questa area purché tutti gli scarichi delle demolizioni che si prevedevano ed erano in corso a Roma venissero dirottati in quell’area secondo le sue indicazioni. Chiamò quindi un giovane professore di disegno, già rettore dell’accademia di Belle Arti di Carrara, e gli indicò i suoi intendimenti e le sue idee e con lui discusse il primo piano regolatore del Foro Mussolini. Gli affidò l’incarico dell’Accademia e del primo Stadio dei Marmi il cui fondo è al livello originale del terreno.
Lo Stadio dei Marmi fu così realizzato, e il materiale fu ottenuto ritirando da Carrara tutti i blocchi di scarto gratuitamente concessi dalle varie cave, perché non utilizzabili per la lavorazione. Infatti si può ancora vedere che si tratta di blocchi appena sbozzati, o con tagli grezzi di sega.
Per le statue, di cui Ricci voleva arredare lo stadio, furono regalate da varie città italiane e tutte scolpite, per espresso desiderio di Ricci, da giovanissimi scultori sconosciuti, dei quali alcuni divennero poi celebri come Bellini, Selva, Canevari, Buttini ed altri.
Chiamò a collaborare, per gli ulteriori progetti del Foro, Costantini per le terme e le piscine, di cui una pensile, Pintonello per l’obelisco. Quest’ultimo eseguì una accurata ricerca sul modo di innalzare gli obelischi, e una ricerca storica su quelli innalzati dai Papi. Costantini e Pintonello ebbero i primi incarichi a 24 anni, e Pintonello ebbe la responsabilità di dirigere tutte le costruzioni che dal 1930 furono eseguite nel Foro. Ebbe anche l’incarico di progettare il così detto stadio dei Cipressi insieme all’ingegner Frisa. Il progetto del piazzale dell’Impero fu affidato all’architetto Moretti, e la fontana della Sfera agli architetti Pediconi e Paniconi. Infine, nel 1934, fu affidata a Moretti la rielaborazione totale di tutto il sistema urbanistico del Foro, con il progetto da lui realizzato della Accademia delle Armi e con l’Arengo delle Nazioni e altri edifici purtroppo non realizzati. Fu chiamato ancora una volta Del Debbio che realizzò la Foresteria Nord, mentre Costantini realizzò la Foresteria Sud, nei pressi di Ponte Milvio. Questo edificio è stato poi deturpato perché il bellissimo rivestimento di marmo bianco è stato asportato e sostituito da una banale cortina di mattoni.
Non va dimenticato che Ricci, Sottosegretario all’Educazione, nazionale, aveva il controllo della Sopraintendenza alle Belle Arti e così, tramite il professor Ceschi della Sopraintendenza, fece apporre il vincolo di inedificabilità a tutte le colline di Monte Mario soprastanti il Foro, lasciando così a Roma il più grande polmone verde, quasi al centro della città, come corona al suo Foro.
Protesse tutti gli artisti giovani a qualsiasi corrente appartenessero. Tenne in massima considerazione i docenti universitari e volle che il Rettore dell’Accademia Fascista al Foro Mussolini fosse sempre uno scienziato di chiara fama. Si alternarono così i professori Versari (anatomico), Pende (biologo) e Virno (noto medico). Il professor Midulla assunse la direzione della rivista scientifica dell’O.B. Furono fatte accurate ricerche nel campo scientifico afferenti i vari aspetti dell’educazione fisica e morale, con particolari riflessi sull’influenza che l’educazione fisica ha sul morale e sulla qualità del lavoro, per migliorare la qualità della vita.
Un aspetto poco conosciuto dell’Opera Balilla fu quello che riguarda le numerose crociere e viaggi all’estero voluti da Ricci, perché i giovani italiani avessero contatti con i loro coetanei di altri paesi e di altre civiltà. Furono organizzate crociere in U.S.A., Sud America, Africa, Oriente, Nord Europa. Furono promosse tutte le attività all’aria aperta, campeggi, al mare e in montagna. Fu istituita la prima scuola di Volo a vela cui potevano accedere giovani dall’età di 16 anni.
Nel 1937 Mussolini spostò Ricci alla guida di uno dei più delicati settori dell’attività economica della Nazione, e cioè lo nominò prima come sottosegretario e poi come ministro alla guida del Ministero delle Corporazioni.
In questa veste fu uno degli artefici principali dell’Autarchia, promuovendo tutte le disposizioni che videro l’eccezionale sviluppo dell’industria nazionale. In sostanza la base della grande industria italiana si deve proprio a quei sei anni in cui diresse quel Ministero.
Nel 1940, essendo Ministro delle Corporazioni, vista la disastrosa svolta delle operazioni militari in Albania, partì nuovamente come volontario, raggiunse il 2° Reggimento bersaglieri in prima linea fra Berati e la Voiussa e partecipò alla campagna contro la Grecia, venendo due volte decorato per atti di valore compiuti al di là delle nostre linee. Riorganizzò i servizi del Reggimento facendo venire un medico amico, il primario chirurgo dell’Ospedale di Venezia, professor Dino Cagetti che, sebbene ferito, continuerà a dare la sua opera in quel tragico inverno. Lo seguono al fronte anche il giornalista Marzolo e un operaio comunista di Carrara, certo Lissan. Fa acquistare a proprie spese duecento paia di scarponi e li distribuisce ai Bersaglieri che ne erano privi. Alla fine della guerra di Grecia consegnò a Mussolini un lungo rapporto dettagliato sulle manchevolezze dell’equipaggiamento e dell’addestramento dei nostri soldati.
Nel febbraio 1943 viene esonerato dall’incarico di Ministro e si ritira in campagna in Toscana, presso amici, dove si trovava ancora il 25 luglio. Poco dopo, subisce una perquisizione e viene piantonato in casa dai Carabinieri.
Siamo nel periodo dell’assassinio di Muti. L’Ambasciata di Germania si mette in contatto con noi, e io, sedicenne, vado a Roma con mezzi di fortuna e concordo con Dollmann e Wenner la presenza a Tassignano, presso Lucca, dell’aereo di Kesselring per il 17 Agosto tra le otto e le dieci, con motori accesi. Mio padre ed io, eludendo la sorveglianza dei Carabinieri, riusciamo, in bicicletta, con uno stratagemma, a portarci verso il velivolo e a prendere il volo fino a raggiungere il Quartier Generale di Hitler ai Laghi Masuri nei pressi di Tannenberg.
E’ noto che i tedeschi chiamavano Ricci “il prussiano d’Italia”. Fummo a lungo interrogati sulla situazione militare generale del Paese e io feci da interprete durante le prime conversazioni, poi, sia per lo stress che per il clima, mi ammalai gravemente di polmonite, cosicché potei seguire i rapporti fra i tedeschi e mio padre solo per quello che lui mi riferiva. Eravamo alloggiati in una piccola casa su una isoletta nel mezzo di un lago senza telefono né radio. I colloqui di mio padre si svolsero con molta correttezza con Hitler, Wolff, Himmler ed altri, soprattutto militari, di cui non ricordo i nomi. L’8 settembre notte mio padre fu convocato improvvisamente, e Hitler gli illustrò la situazione creatasi e chiese chi potesse riprenderla in mano. Mio padre non ebbe esitazioni nell’indicare Mussolini. Hitler rispose: “Abbiamo sempre saputo dove si trovava, provvederemo a liberarlo”. Pochi giorni dopo venimmo condotti in volo a Monaco, dove Ricci trovò Mussolini libero. Il 17 Settembre volammo in Italia, sempre con il velivolo di Kesselring, e Ricci proseguì per Roma dove assunse il comando della Milizia che poi, con l’aggiunta di Carabinieri e di reparti della Polizia Africa Italiana e molti giovani volontari, divenne la Guardia Nazionale Repubblicana.
In un tempo relativamente breve questo Reparto divenne una Arma organica, con addirittura otto scuole allievi ufficiali e una organizzazione capillare che sembrò miracolosa per le sue dimensioni e la sua efficienza. Ricci sostenne sempre che i reparti della R.S.I. dovevano essere tutti volontari, dal che scaturirono non poche difficoltà con Graziani che voleva la coscrizione obbligatoria. Volle formare, accanto ai reparti di veterani, reparti giovanili d’assalto inquadrati da ufficiali subalterni, che dovevano provenire dalle otto scuole all’uopo create. Nel 1944 la G.N.R. era diventata una forza di 360.000 uomini. In quel periodo, il fratello di mio Padre, semplice Sergente Maggiore della Milizia, venne ucciso con una raffica di mitra nella schiena, mentre rientrava nella propria modesta casa di Carrara. Benché sollecitato dai tedeschi e da tutte le autorità italiane a organizzare una esemplare azione di rappresaglia (Kesselring mise a disposizione ingenti reparti tedeschi) Ricci rifiutò ogni consiglio, ritenendo la vendetta un inutile spargimento di sangue che avrebbe portato altre inutili sciagure al Paese.
Nella primavera del ’44 mi arruolai anche io come semplice legionario nel Decimo Battaglione d’Assalto Roma al comando del Maggiore Guerzoni. Alla metà del ’44 Ricci lasciò il comando della G.N.R. per contrasti con i Tedeschi e con le Autorità italiane, contrasti che culminarono nella trasformazione dei battaglioni Giovanili d’Assalto in reparti contraerei.
A Ricci rimasero solo la presidenza dell’O.N.B. risorta, e undici fedelissimi ufficiali che vollero rimanere con lui.
Arriviamo così al tristissimo epilogo della R.S.I., nell’aprile del’45. Il 25 aprile Ricci si recò in prefettura a Milano e attese di essere ricevuto da Mussolini, che era impegnato in arcivescovado nel tentativo di una soluzione finale e pacifica degli ultimi sviluppi del conflitto. Ricci tenta anche di essere ricevuto da Vittorio Mussolini, che gli fece sapere di ripassare. Allora Ricci rientrò al suo ufficio, e riuniti i suoi 11 ufficiali confermò ad ognuno le disposizioni impartite in precedenza.
Nella serata osservò dal suo alloggio di Porta Venezia la colonna delle auto del Governo della R.S.I. che usciva da Milano.
Nella notte uscì anche lui da Milano con un carro armato della Leonessa accompagnato da sei dei suoi ufficiali. Vennero attaccati e risposero al fuoco. Traversarono vari posti di blocco, poi si tolsero le tute da combattimento e distrussero il carro.
Ricci non viene ricercato perché i giornali avevano pubblicato la notizia del suo suicidio con foto molto somiglianti.
Dopo tre mesi di latitanza, tramite una delazione, venne catturato e subì cinque anni di carcere con due condanne a trenta anni, finché usci con l’amnistia “Togliatti”.
Uscito dal carcere si occupò di affari con la Germania, dove la grande industria tedesca gli aprì le braccia. Molti industriali tedeschi erano stati in carcere con lui per ragioni politiche e, da “vecchi galeotti”, si affidavano a lui per i loro interessi in Italia. Purtroppo una grave forma di cancro lo stroncò nel giro di un mese, subito dopo un suo viaggio in Germania. Prima di morire tuttavia assieme a Graziani e Borghese fondò la Associazione Combattenti della R.S.I. di cui Graziani fu il presidente e Borghese e Ricci i due Vicepresidenti.
Morì a Roma il 22 gennaio 1956 dopo atroci sofferenze, sopportate con stoica fermezza.