Mese: Giugno 2017

Attività sul territorio.

 

 

Una foto del  nostro banchetto informativo allestito a Chiari dai Camerati della Federazione di Brescia.

 

foto chiari

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Nuovo trauma per Boldrini: la lista “Fascismo e Libertà” elegge 3 esponenti, il PD scatena l’inferno

BRESCIA – Il caso-Sermide aveva allarmato Laura Bordini e il ministero degli Interni Marco Minniti, che avevano esautorato la commissione elettorale che si era permessa di ammettere la  Fasci italiani del Lavoro di Fiamma Negrini alle elezioni del piccolo paesino, consentendo così l’elezione di un consigliere comunale. – scrive Il Secolo D’Italia – Ma nel Bresciano, a Mura e a Chiari, un’altra lista che si ispira al Ventennio, “Fascismo e Libertà”, fa scattare la stessa ondata di indignazione e gli appelli al boicottaggio o all’esautorazione degli eletti.Il problema è che i voti, questi neofascisti – nella definizione del Pd – li hanno presi davvero, quanto basta per far aprire al Viminale un’istruttoria per valutare l’elezione di tre esponenti di “Fascismo e Libertà”, a Mura, in una lista con il simbolo della lista di Psn, un fascio littorio che secondo il movimento sarebbe invece ispirato a Mazzini.

“Il nostro simbolo non propriamente un fascio littorio (illegale in base alla XII Disposizione transitoria), ma un fascio repubblicano, utilizzato da Giuseppe Mazzini per la Repubblica Romana creata nel 1848, oltre ad essere l’emblema nazionale della Francia, del Camerun, del Canton San Gallo (Svizzera), della Polizia Nazionale di Norvegia ed altri”, spiegano gli esponenti di “Fascismo e libertà”.

 

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Ho fatto arrabbiare gli omosessuali

Prima o poi doveva accadere anche a me. Anzi, mi stupisco che la cosa non si sia verificata prima: ho fatto arrabbiare gli omosessuali. Su un loro quotidiano in rete hanno dedicato un intero articolo ad un mio precedente intervento. La cosa, di per se, non sarebbe scandalosa: quando si hanno idee e visioni della vita diverse, è perfettamente normale scontrarsi ideologicamente. Certo, lo si dovrebbe fare senza l’isteria e l’astio che notiamo spesso nei nostri avversari politici e che, purtroppo, riscontriamo anche stavolta. Anzi, peggio. Perché arrabbiarsi per un articolo ci sta, è legittimo. A patto, però, di averlo letto, l’articolo in questione. Veniamo al sodo. Sul sito gayburg.blogspot.it, e più precisamente a questo indirizzo – http://gayburg.blogspot.it/2017/03/il-partito-fascista-chiede-la-chiusura.html – possiamo leggere un articolo che si intitola così: “Il partito fascista chiede la chiusura dell’Unar (sostenendo che il circolo Mieli di Roma organizzi prostituzione e orge nella sua sede)”. Il riferimento, chiarissimo, è ad un mio articolo, pubblicato prima su questo sito, e poi anche sul sito nazionale di Fascismo e Libertà, dal titolo “Il vero scandalo è che esista l’Unar”, visionabile qui: http://chessaandrea.blogspot.it/2017/02/il-vero-scandalo-e-che-esista-lunar.html. In questo mio intervento riportavo innanzitutto ciò che l’inchiesta de Le Iene ha dimostrato, vale a dire che l’Unar – questo ente non governativo che mette e bocca e censura tutti i partiti politici non allineati al politicamente corretto – ha finanziato movimenti omosessuali nelle cui sedi si praticavano orge omosessuali unite al consumo di alcol e droga. I video e le immagini mostrate dalla trasmissione di Italia Uno, in questo senso, erano chiarissimi. Siamo sempre pronti, se mai verrà dimostrato essere stata tutta una montatura, a prenderne atto. Nello stesso articolo facevo notare, in seguito, che il vero scandalo non era tanto il fatto che i soldi pubblici venissero usati in questo modo (intendendo dire che si, è certamente uno scandalo, ma purtroppo c’è ben poco da stupirsi in questo Paese), quanto che un ente governativo, non eletto da nessuno, non deciso da nessuno, avesse questo potere censorio anche contro movimenti politici legittimi, solo non completamente allineati al pensiero del politicamente corretto e del radicalismo chic che tanto va di moda non solo in politica, ma anche nei mass media e nella società cosiddetta “civile”. Portavo ad esempio un chiaro intervento dell’Unar contro Fratelli d’Italia, reo, a suo tempo, di essersi espresso contro l’immigrazione incontrollata (cosa che qualunque persona di buon senso, non solo di destra, di sinistra o di centro, dovrebbe fare). Fratelli d’Italia è un movimento legale, pienamente inserito nel contesto democratico, e ha quindi tutto il diritto di esprimere il proprio pensiero, allo stesso modo in cui lo ha qualunque altro partito di sinistra o di destra. Insomma: i toni che utilizzo sono sempre abbastanza polemici, ne prendo atto, ma in effetti non c’è scritto nulla di particolarmente scandaloso o eccessivo. Sulla legittimità dell’Unar e sul suo potere censorio anche Il Giornale – tradizionalmente di destra, ma non certo considerabile su posizioni fasciste o estremiste – esprimeva dei legittimi dubbi: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/unar-lente-che-finanzia-orge-aveva-censurato-giorgia-meloni-1366631.html. Sempre come riferimento alla vicenda che aveva visto coinvolta Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, anche Gaetano Quagliarello e Maurizio Sacconi, senatori di Area Popolare – partito non certo identificabile come “fascista”, avevano presentato una interrogazione diretta al Presidente del Consiglio. La vicenda, detta in altre parole, non era sembrata strana e ingiusta solo a noi, ma anche a chi, rispetto a noi, ha idee e posizioni molto diverse. Tutto ciò, però, non impedisce all’articolista di gayburg.blogspot.it, che non conosciamo di nome perché non si è firmato, di partire in quarta, mettendoci in bocca parole che non solo non abbiamo mai detto, ma non abbiamo nemmeno mai pronunciato. Si parte subito in quarta. L’anonimo articolista si chiede come mai il nostro Movimento sia stato sempre prosciolto dalle accuse di tentata ricostituzione del Partito Fascista. Basterebbe una semplice ricerca su Google per sapere che la legge punisce i partiti che si ispirano al Fascismo e lo fanno in modo violento e antidemocratico, ma non quelli che, pur ispirandosi, utilizzano modalità pacifiche e democratiche. Ed infatti il MFL non ha mai subito alcuna condanna per il reato di apologia del Fascismo o tentata ricostituzione del Partito Fascista. Con gran disdegno dei nostri detrattori (come quelli di gayburg.blogspot.it), che vorrebbero metterci a tacere per via giudiziaria. Ma c’è di più. Elogiare l’operato di Mussolini o ciò che di buono ha fatto il Fascismo è quasi mai contro la legge. Vediamo perché. La legge di riferimento è la n° 143 del 23 giugno 1952, “Norme di attuazione della XII Disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione”: stiamo parlando della più conosciuta legge Scelba, che recita testualmente: «Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punto con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000. Alla stessa pena (…) soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni. La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se (…) commesso con il mezzo della stampa (…)» Dopo poco tempo la Corte Costituzionale si è dovuta pronunciare al riguardo, in quanto tale legge violava l’articolo 21 della Costituzione Italiana, che dichiara: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Nella sentenza n° 1 del 1957 si precisa chiaramente che soltanto il tentativo di riorganizzare il disciolto Partito Fascista, utilizzando quei metodi violenti e antidemocratici imputati allo stesso, può essere sottoposto a una qualche forma di censura. Con la sentenza della Corte di Cassazione del 1977 si precisa ulterioremente che: «La Costituzione della Repubblica, mentre vieta in modo assoluto la riorganizzazione del disciolto partito fascista, non pone invece alcun limite alla libertà di manifestare il proprio pensiero, neppure quando la manifestazione abbia per oggetto persone, fatti e disegni politici del fascismo. Pertanto, per costituire reato, l’apologia del fascismo deve consistere in una esaltazione tale da poter portare alla riorganizzazione del partito fascista.» La Cassazione stessa stabilisce, inoltre, che non è vietata la organizzazione e creazione di gruppi politici che si richiamino più o meno espressamente al Fascismo se questi stessi movimenti rispettano la normale dialettica democratica e ripudiano l’utilizzo della violenza come arma di lotta politica. In barba al pilastro del diritto italiano del ne bis in idem – non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato – noi siamo stati giudicati più di 41 volte. Per gradire… Dopo lo scandalo per il fatto che esistiamo (come la prenderanno quelli di gayburg.blogspot.it quando verranno a sapere che a Brescia abbiamo piazzato altri tre consiglieri comunali, abbiamo vinto altri due processi giudiziari e stiamo attivando nuovi coordinamenti in tutto lo stivale?), l’anonimo articolista definisce senza mezzi termini ciò che ho riportato (l’Unar che finanzia le orge degli omosessuali) come semplici illazioni. Eh no… i video de Le Iene sono chiarissimi. Talmente chiari che non siamo noi a dover dimostrare che siano veri, bensì loro a dover dimostrare che sono falsi. Secondo l’anonimo articolista di gayburg.blogspot.it “spergiuriamo” (vedete il linguaggio da Tribunale? È proprio la loro forma mentis) che Mario Mieli (uno dei più famosi attivisti del movimento omosessualista italiano autore di “Elementi di critica omosessuale”), fosse un pedofilo e un coprofago. Secondo loro avremmo estrapolato delle frasi fuori contesto da questo libro per avvalorare la nostra idea. Questo modus operandi in difesa di Mieli è abbastanza tipico, specialmente negli ambienti omosessuali e di sinistra. Saremo pronti a ritrattare quanto abbiamo detto e scritto quando qualcuno avrà l’accortezza di prendere i passi più controversi del Mieli, collocarli nel contesto più ampio (dal quale, a loro dire, noi li avremmo estrapolati) e contestualizzarli opportunamente. Per ora, non ci risulta che questo sia mai stato fatto. E noi, anche se rischiamo di essere accusati di spergiuro, continueremo ad inorridire di fronte a frasi come queste: “Noi, si, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega”. Ma l’anonimo articolista non ha ancora toccato il suo apice. Fino a qui abbiamo, in ordine: lo stupore relativamente al fatto che non siamo tutti in galera (eh vabbè, una ricerca su Google e si tolgono il dente); la difesa a spada tratta dell’Unar (si nega l’evidenza, ma tant’è!); la difesa a spada tratta dell’icona del movimento omosessuale italiano (ci si nasconde dietro la sempre verde tecnica “hanno preso delle frasi fuori dal contesto”, che però qui sembra non funzionare, tanto è esplicito il Mieli). Più avanti leggiamo il capolavoro: “Non paghi delle menzogne diffamatorie pronunciate, i fascisti passano al sostenere che quei gruppi sociali che venivano sistematicamente sterminati sotto il ventennio non debbano avere alcun ente incaricato di impedire il ripetersi della storia. […] Insomma, oggi come ai tempi del duce, c’è chi sostiene di essere più ariano degli altri ed inneggia a chi fomenta l’odio contro le minoranze nella speranza di un ritorno politico.” Ora, chiariamo subito che il ritorno politico non c’è, perché esistiamo da più di vent’anni, e anche se così non fosse non avremmo bisogno di quelli di gayburg.blogspot.it, né tantomeno della loro approvazione. Sia come sia, nessuno di noi ha mai non solo scritto, ma nemmeno detto o ancor meno pensato simili frasi: pensiamo che chiunque debba essere tutelato, a prescindere dai suoi gusti sessuali, dalle sue idee politiche, dalla sua religione. Solo che, contrariamente a questi “signori”, riteniamo che tale tutela spetti alla Magistratura e alle autorità competenti italiane, e non certo ad un organismo completamente politicizzato e palesemente schierato in difesa del politicamente corretto e del bon ton radical chic, che non deve rendere conto a nessuno del proprio operato e, per di più, spende i soldi dei contribuenti italiani per far si che gli omosessuali possano allegramente inchiappettarsi tra loro. Si continua poi con l’augurio che il circolo Mario Mieli (esiste un circolo Mario Mieli???) ci denunci e il simpatico epiteto, tra i commenti all’articolo, di “teppisti”, che ovviamente non viene moderato, contrariamente al mio commento che, a distanza di diversi giorni, ancora non è stato pubblicato. Il tutto, ovviamente, in un tripudio di tintinnio di manette, processi, arresti, censure… Certo che se questi qui devono insegnarci la democrazia non stiamo messi molto bene.

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Buone notizie per Fascismo e Libertà (sulle elezioni amministrative e non solo)

A dispetto delle difficoltà, dei sabotaggi, del tentativo di escluderci completamente da qualunque – anche minimo – dibattito politico, Fascismo e Libertà continua, nel suo piccolo, a raccogliere successi.Tanto più importanti perché non frutto di alleanze dell’ultim’ora o di improvvisi cambi di casacca con rinnegamenti vari: è tutta farina del nostro sacco, e non dobbiamo niente a nessuno.

Cominciamo dalle ultime elezioni amministrative. A fronte di commissioni elettorali mafiose e magistrature asservite che in Sicilia ci impediscono la presentazione della lista, a Mura, nel bresciano, la lista di Fascismo e Libertà tocca il 10% e porta in consiglio comunale tre consiglieri. Questo, val la pena ricordarlo, in un paesino dove non conoscevamo nessuno, e dove contava solo il nostro nome, il nostro simbolo, la nostra Idea.

Altra vittoria arriva sul fronte giudiziario. Relativamente al banchetto di Bologna nel 2011– che ci costò l’apertura di due distinti procedimenti giudiziari (uno per apologia del Fascismo, l’altro per istigazione all’odio razziale) – portiamo a casa la richiesta di archiviazione emessa dalla Procura di Bologna: il fatto non sussiste. Ora, dopo la difesa, stiamo pensando a come contrattaccare. Vi terremo aggiornati.

Ancora, da segnalare l’apertura di diverse sedi, anche sul fronte sardo. Il camerata Maurizio Atzori, neo tesserato, è stato nominato referente per la zona di Carbonia e del Sulcis Iglesiente. 

Mentre la lista in provincia di Mantova di un gruppo di traditori che da quasi vent’anni ci copia nome e simbolo crea mal di pancia alla Boldrini in persona, grazie, molto probabilmente, alle conoscenze massoniche dei fondatori di questo pseudo-movimento, noi facciamo i nostri piccoli passi avanti. E non lo dobbiamo nessuno, se non a noi stessi.

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Lettera aperta alla Presidente della Camera Laura Boldrini.

 

Gentilissima Signora Boldrini,
Apprendo con particolare inquietudine che a Milano si stanno inquisendo 70 persone (numero, temo, destinato a crescere) “ree” di aver presenziato ad una commemorazione dei caduti della R.S.I.
La cosa che maggiormente mi turba non è il fatto di aver presenziato, nel corso della mia vita, a manifestazioni del tutto analoghe senza subire alcuna ritorsione.
Ciò che davvero mi turba è che tale atto inquisitorio si collochi cronologicamente proprio all’indomani delle palesi velleità censorie da Lei chiaramente mostrate in data 25 aprile del corrente anno.
Lei infatti, in tale data, ha espresso in maniera inequivocabile il proprio desiderio arbitrario di perseguire e censurare chiunque non si conformi al Suo antifascismo.
Evidentemente, i Suoi “desiderata” non sono rimasti lettera morta, ed eccone i risultati.
Giacché ritengo che discutere con persone che esternano velleità come le Sue sia cosa perfettamente inutile, in quanto qualsivoglia dibattito sarebbe privo del minimo spessore culturale o sarebbe azzerato da una cieca vis censoria, mi limiterò a sottolineare alcuni aspetti della vicenda che a mio avviso dovrebbero far tremare le vene dei polsi a tutti, nessuno escluso.
La prima considerazione è che Lei, nel Suo invocare censura e repressione, dimentica un dato di fatto: la cd. Legge Scelba, che in realtà è inapplicabile per la stessa terminologia utilizzata, la quale descrive una fattispecie di reato impossibile (“il disciolto” PNF non può essere ricostituito, qualsiasi partito politico si costituisca non sarà mai “il disciolto” PNF: è sostanzialmente per questo che da quasi trent’anni il partito fondato dal compianto -immagino non da Lei- Giorgio Pisanò va incontro a giuste e ripetute sentenze assolutorie), è stata oggetto più volte di giudizi di legittimità, di merito e di costituzionalità.
Già dagli anni ’50, la Corte Costituzionale (la prima volta presieduta da Enrico De Nicola), pur glissando prudenzialmente sulla questione di fondo (ossia la palese illegittimità, per contrasto con l’art. 21 Cost., della disposizione), ne ha -bontà sua- fornito una interpretazione costituzionalmente orientata, poi ripresa da numerose sentenze della Suprema Corte di Cassazione, spiegando che il reato di apologia del fascismo si configura solo allorquando tale apologia sia suscettibile, in maniera idonea ed effettiva, di ricostituire “il disciolto” PNF (perdoni la ripetizione, ma ho sempre trovato le scelte lessicali del legislatore post-fascista dotate di particolare comicità: perché vede, forse “quando c’era lui” i treni non passavano comunque in orario, ma certamente il legislatore sapeva ancora esprimersi in termini intelligibili, a beneficio della certezza del diritto).
Fatta questa premessa, è abbastanza evidente come la manifestazione tenutasi a Milano non violasse in alcun modo la legge Scelba nella sua lettura costituzionalmente orientata.
Le dirò di più: non l’avrebbe violata neanche senza gli interventi interpretativi della Corte Costituzionale.
E questo perché, cara Presidente della Camera che esalta la democrazia ma dimentica la separazione dei poteri che ne è alla base, la pietas verso i defunti non è apologia di un bel niente.
Sa, la pietas verso i defunti si riscontra sin dagli albori della civiltà umana, e qualche studio ne rivela tracce perfino nel restante mondo animale: a tal proposito, c’è un recente studio sugli scimpanzé.
Non mi fraintenda: non ho certo l’impudenza di paragonarLa ad uno scimpanzé, ma, se fossi al Suo posto, mi farei comunque due domande.
Cara Presidente della Camera Laura Boldrini, qualche settimana fa, se non erro, ho visto un servizio al telegiornale in cui Lei si lamentava delle continue bufale sul Web aventi ad oggetto Sua sorella, deceduta prematuramente da anni.
In tale occasione, nonostante io non abbia mai provato alcuna simpatia -né politica né personale- nei suoi confronti, ho provato un istantaneo moto di umana pietà e mi sono indignata per le gravissime circostanze che Lei denunciava.
Non Le chiedo di provare un moto di umana pietà per i caduti della R.S.I., che riterrei perfino offensivo nei confronti di questi ultimi, perché ho capito da tempo che in Italia i morti vengono ricordati in maniera selettiva.
Le chiedo, tuttavia, almeno un moto di altrettanto umana vergogna per quanto sta avvenendo in quel di Milano in virtù del clima repressivo così ben caldeggiato dalle sue dichiarazioni.

Vorrei, se me lo permette, parlarLe un po’ di me e raccontarLe una storia.
Quando ero piccola, come molti bambini, avevo una gran paura dei cimiteri, e ricordo bene che un giorno mia madre mi disse, saggiamente, che non bisogna aver paura dei morti, ma dei vivi.
Ebbene, questa vicenda mi dimostra una volta di più quanto mia madre -antifascista come Lei- avesse ragione.
Egregia Signora Boldrini, io non amo generalizzare, ma Le dirò che generalmente chi ha un background politico come il suo suole vantarsi di avere una cultura storica superiore a quanti hanno invece un background politico come il mio.
Mi aspetto pertanto da Lei una puntuale conoscenza della Storia, e sono dunque del tutto certa che Lei abbia ben presente Fabrizio Maramaldo.
Intendo proprio il condottiero di ventura d’epoca rinascimentale passato alla Storia per aver ucciso l’inerme Francesco Ferrucci.
Sa, una parte della storiografia di oggi sta riabilitando la figura di Maramaldo (e la storiografia di domani riabiliterà molte altre cose, glieL’assicuro), ma ciò che in questa sede mi interessa rilevare è come il cognome Maramaldo sia entrato nel lessico comune per indicare chi è tanto spregevole, perfido e vile da accanirsi contro chi è impossibilitato a difendersi.
Ciò che mi interessa rilevare è che, fondamentalmente e secondo la storiografia tradizionale, Fabrizio Maramaldo uccideva i morti, e non è un caso che il suo nome abbia assunto nell’uso comune il significato di cui sopra.
Lei trova corretto uccidere i morti?
Non c’è bisogno che mi risponda apertamente, perché è solo alla Sua coscienza che Le chiedo umilmente di rispondere.

Cara Presidente, più di una volta Lei ha fatto vessillo di istanze femministe, ed è anche per questo che mi chiedo se Lei sia o meno a conoscenza della triste sorte (che non starò a raccontarLe, ma sono certa che possa intuirla) toccata a molte donne combattenti della R.S.I. a seguito di quel 25 aprile che Lei si ostina a festeggiare senza il minimo senso critico e storico.
Non Le sto dicendo che deve smettere di festeggiare il 25 aprile.
Libera Lei di festeggiare, libera io di non farlo: anche questa, che Lei ci creda o no, è democrazia.
Ciò che voglio dirLe è che festeggiare con una maggiore consapevolezza storica Le consentirebbe di onorare meglio la carica istituzionale che riveste, quella stessa carica che dovrebbe portarla ad essere più avulsa da certe dinamiche ideologiche, ed a capire che se una parte degli Italiani il 25 aprile commemora una ricorrenza diversa dalla Sua, non per questo è figlia di un Dio minore e, soprattutto, non per questo deve essere perseguita, per giunta contra legem.

Gentile Signora Boldrini, ciò che il Suo fazioso ed illiberale antifascismo Le impedisce evidentemente di comprendere è che se alcuni morti non sono di tutti, sono pur sempre di qualcuno.
Se ne faccia una ragione, e smetta di pensare che i Suoi orizzonti debbano essere necessariamente gli orizzonti del resto del mondo.
Egregia Presidente, io non sono un avvocato, non sono una professoressa, o perlomeno non ancora, sono una figlia del proletariato e provengo dunque da quel ceto sociale che quanti hanno idee politiche simili alle sue, da sempre sostengono di rappresentare.
Bene, Le confiderò una cosa: i proletari hanno bisogno di arrivare a fine mese con dignità, non di veder applicate forme di censura alle opinioni a Lei sgradite.
Mi permetto, anzi, di fare un’ipotesi azzardata: forse molti proletari non avrebbero idee politiche a Lei sgradite, se l’attuale sistema (che ha problemi ben più gravi del fatto che qualcuno commemori defunti che a Lei non piacciono) desse loro quella dignità che, parlo sempre ed umilmente di “forse”, in qualche altro sistema avrebbero.

Per concludere, cara Presidente, vorrei raccontarLe una cosa: non perché sia particolarmente bella o edificante, ma perché penso possa aiutarLa a riflettere con maggior spirito critico sui c.d. “reati di opinione”, che pare Le siano molto cari.
È lecito ritenere, visto il partito da cui Lei è stata eletta, che il partito “storico” nel quale Lei si rispecchia maggiormente sia il PCI.
Ciò che forse non sa, è che nel dibattito che precedette la nascita della legge 20 giugno 1952 n. 645, ossia della legge Scelba come oggi la conosciamo, il PCI fu tra i suoi più strenui oppositori.
Questo, principalmente, per due ordini di ragioni: lo scopo originario della legge 645/52 era quello di contrastare le forze anti-sistema, e non ci sarebbe voluto molto a far finire in quel calderone lo stesso PCI; in secondo luogo, perché mi duole comunicarLe che il PCI aveva, evidentemente, quella lungimiranza di cui Lei appare sfortunatamente priva.
In termini spiccioli, aveva capito che la dinamica del reato di opinione è sempre e solo una: oggi tocca a me, domani tocca a te.
Nel momento in cui un ordinamento giuridico sdogana con la Sua nonchalance il reato di opinione si crea un precedente legislativo molto pericoloso per un ordinamento democratico: paradossalmente, il reato di opinione è il primo nemico di quella stessa democrazia che vorrebbe tutelare.

Io non so se il Suo antifascismo sia un modo come un altro di trovare una ragione alla propria inutile esistenza, o se semplicemente ricada in quella concezione tutta italiana secondo la quale esso debba indefettibilmente accompagnarsi ad idee politiche affini alle Sue.
Nel primo caso levo bandiera bianca, ma qualora si ricadesse nella seconda, sciagurata ipotesi, La invito a documentarsi sulla interessante vicenda di Nicola Bombacci, passato alla Storia come il “comunista in camicia nera”, o magari sulle cosiddette “camicie nere di Togliatti”: non credo che Lei cambierebbe idea -né è mia intenzione spingerLa a questo- ma certamente riuscirebbe a guardare ad una ferita ancora aperta della Storia italiana con maggiore consapevolezza, e colmerebbe una delle Sue molte lacune politiche.

Le porgo un sincero augurio di buon proseguimento per ciò che resta di questa legislatura, in quanto ritengo che Lei costituisca l’emblema più indegno ed eloquente delle contraddizioni di una democrazia nata dalle mani imbrattate di sangue di quanti sputavano sui cadaveri appesi per i piedi in Piazzale Loreto.
E giacché è lecito supporre che questa legislatura sarà per Lei l’ultima, mi permetto di darle un consiglio professionale per il Suo futuro: pare che stia riscuotendo un certo successo il mestiere di acchiappafantasmi; al Suo posto lo terrei in debita considerazione, certa che in quel campo potrebbe dare molto, certamente molto più di ciò che ha saputo dare alla già penosa politica italiana.

Alessandra Pilloni

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