QUESTO E’ IL COMUNISMO

di Nicola Bombacci – 1944-XXIII

Scrivo con tutta sincerità e con la sicura coscienza di compiere un atto di onestà e di dovere verso di voi, lavoratori.

Conosco i vostri bisogni, i vostri sentimenti, le vostre aspirazioni.

Vivo spiritualmente con voi e per voi lotto con entusiasmo e disinteresse personale da quarant’anni; ho acquistato dunque il diritto e il dovere di aprirvi tutto l’animo mio e di dirvi, apertamente, tutto l’errore del bolscevismo.

Sono passati ormai venticinque anni dal giorno in cui io ed alcuni dei più anziani di voi, abbiamo fortemente e lealmente creduto che, in virtù della rivoluzione bolscevica, la redenzione del lavoro sarebbe stata in questo secolo un fatto compiuto in tutto il mondo.

Questa illusione, riscaldata dalla nostra fede ci ha trascinati, convogliati, per qualche tempo nella corrente disordinata, violenta e melmosa del bolscevismo moscovita.

Ora che, con fatica e coraggio e con l’esclusivo ausilio delle forze del mio spirito e del mio buonsenso, mi sono totalmente liberato da quell’onda travolgente e pestifera, posso, anzi debbo dirvi, o lavoratori, quale rovina sia per voi, ancora più che per i borghesi ed i plutocrati, persistere in tale illusione.

Dal movimento bolscevico la classe lavoratrice di tutto il mondo non può attendere che lutti e rovine.

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I lavoratori della mia età, e fra i giovani i più colti ed intelligenti, sanno con quanta fatica e sacrifizio gli operai e i contadini di quasi tutti i Paesi d’Europa, per non parlare degli altri Continenti, prima che in Russia scoppiasse la rivoluzione bolscevica, erano riusciti a costituire nei loro Paesi organizzazioni e sindacati con lo scopo ben definito di migliorare le condizioni materiali e morali della loro esistenza.

Dal giorno in cui – soppresse le corporazioni – la rivoluzione borghese-capitalistica aveva obbligato il lavoratore a soggiacere, nel nome della cosiddetta libertà del lavoro, ad una schiavitù economica assai più vasta e dura di quella medioevale, in tutte le nazioni dove l’industria si sviluppava, erano nate associazioni prima di mutuo soccorso e cooperative, poi di carattere prettamente economico e di resistenza.

In Italia furono i lavoratori tipografifi i primi a costituire nel 1848 a Torino un’associazione con carattere economico-corporativo: poi tutte le categorie ebbero durante l’ultimo ventennio del secolo passato e nella prima decade del secolo ventesimo le loro organizzazioni sindacali che da locali e regionali divennero poi nazionali.

Io non voglio naturalmente in questo mio breve discorso farvi la storia del movimento operaio, voglio soltanto stabilire un dato di fatto di grande valore storico e di specifico interesse per l’educazione politica e culturale della classe operaia.

Voglio dirvi, o lavoratori, che la rovina del movimento sindacale in Europa prodottasi in questo ultimo periodo della storia è dovuta quasi esclusivamente all’azione disgregatrice dei politicanti deliberatamente voluta dai dirigenti della rivoluzione bolscevica.

E’ stata Mosca che ha deciso di distruggere nell’Europa e nel mondo il movimento sindacale operaio costituito durante l’ultimo cinquantennio dalle forze sane della classe operaia di ciascun Paese.

Il metodo bolscevico, che è lo stesso in tutti i settori della vita politica economica e sociale, ha come base la distruzione.

Prima distruggere senza riserve e senza umanità, poi, sulle rovine costruire in ogni Paese quello che piacerà alla dittatura imperialista bolscevica.

Il bolscevismo – ed è questo un particolare che dovete ben fissare nella vostra mente, o lavoratori – non vuole elevare gradualmente la vostra cultura e il vostro benessere materiale, ma vuole per i suoi fini incofessati, invece, esasperare al massimo grado i vostri bisogni e il vostro dolore per avervi ciechi strumenti nella sue mani.

Il bolscevismo tenta, in una parola, di rinnovare nel vostro Paese e in tutti i Paesi del mondo, l’opera di distruzione compiuta nella Russia bolscevica.

Ho portato il mio discorso prima di ogni altra cosa sul terreno sindacale ed economico, perché so che la vostra simpatia per il bolscevismo è dovuta soltanto al fatto che voi fermamente credete:

  • a) che il regime bolscevico abbia dato ai lavoratori russi effettive condizioni di vita, migliori di quelle che godevano prima della rivoluzione d’ottobre;
  • b) perché v’illudete di potere anche voi, adottando gli stessi sistemi, raggiungere condizioni di benessere superiori a quelle che avete attualmente.

Si tratta evidentemente di una tragica illusione, perché basate i vostri calcoli su una terribile menzogna.

I lavoratori della Russia, operai e contadini, sono oggi in uno stato di miseria morale e materiale molto maggiore di quella che soffrivano prima del 1917.

Dopo venticinque anni di storia non è ammissibile che uomini di buon senso e di buona fede credano ancora a tanta menzogna.

Oggi il bolscevismo non è più una utopia, ma è una realtà dura e visibile. Oggi è possibile sapere che cosa ha fatto di concreto il bolscevismo in venticinque anni di esperimento politico ed economico nella Russia dei soviets.

Oggi si può sapere che cosa ha fruttato alla classe lavoratrice il sacrifizio di milioni di lavoratori morti di fame e di piombo durante la feroce guerra di classe scatenata in Russia dal partito bolscevico!

Vi siete mai chiesti, o lavoratori, quali beni materiali e morali abbia portato alla classe operaia e contadina della grande Russia ricca e sterminata, la socializzazione delle imprese indistriali, la collettivizzazione della terra, la dittatura del proletariato?

Lo sapete? No certamente, perché se lo sapeste la vostra simpatia si sarebbe sicuramente da tempo cambiata in avversione cosciente e decisa.

Nella Russia di Stalin l’operaio e il contadino non hanno raggiunto una sola delle aspirazioni che voi desiderate giustamente di realizzare.

Non hanno raggiunto un salario equo; non hanno conquistato un orario umano; non hanno una casa degna di questo nome: non posseggono i mezzi né materiali né spirituali per levarsi, per educarsi e per educare ed istruire i loro figliuoli.

Nella Russia di Stalin non esiste uno Stato socialista ma uno Stato-padrone, autoritario che ha accentrato tutti i poteri economici, politici e polizieschi nella mani di una pletorica e plutocratica burocrazia, la quale ha di fatto il potere di fissare i salari agli operai agricoli ed industriali e stabilire i prezzi di vendita dei prodotti agricoli ed industriali.

Questa nuova classe, peggiore di quella capitalistica, per coprire l’enorme spesa del suo mantenimento, maggiora i prezzi di vendita dei prodotti e diminuisce i salari degli operai e dei contadini.

Nella Russia comunista dunque l’operaio non soltanto è un salariato come in qualsiasi Parse capitalistico, ma il suo salario sudatissimo, perché guadagnato sotto il pungolo del sistema stakanovista (cottimo), è sempre di molto inferiore a quello che l’operaio guadagna in qualsiasi azienda capitalistica.

Ma c’è ancora dell’altro. Non dovete dimenticare che in Russia l’organizzazione e la direzione tecnica dell’azienda, sia essa agricola o industriale, è di grado assolutamente inferiore a quella di una qualsiasi azienda esistente e funzionante in un Paese capitalista. Questa deficenza di tecnica e di organizzazione influisce sulla qualità e la quantità della produzione.

Chi  porta il peso di tutto ciò? Naturalmente l’operaio e il contadino, i quali oltre a percepire un salario di fame vengono giudicati responsabili di questa imperfetta e insufficiente produzione e condannati alla deportazione e qualche volta alla fucilazione.

Altro fatto. Nella Russia bolscevica l’operaio agricolo o industriale non può vendere la sua forza-lavoro all’impresa che più gli conviene; deve lavorare dove e come vuole lo Stato-padrone.

E’ dunque chiaro che il lavoratore in Russia non è – come una propaganda falsa e interessata si affatica a farvi credere – un partecipante dell’impresa nazionale-socialista, ma è un povero salariato obbligato a vendere il suo lavoro a l’unico padrone, il quale lo paga nella misura che crede e lo tratta come uno schiavo.

Non è certo questa la realtà che voi desiderate, ma questa è – senza tema di smentita – la realtà bolscevica.

E la casa? La stessa stampa sovietica ha freddamente confessato che le condizioni in cui abitano gli operai in Russia sono veramente miserabili. La media dello spazio riservato per ogni persona è stabilito di cinque metri quadrati, ma il calcolo è certamente esagerato, perché nei centri industriali in una stanza di circa trenta metri quadrati vivono normalmente due famiglie di 8-10 persone.

E ciò non è dovuto alla impossibilità materiale di accelerare le costruzioni nella proporzione dell’aumento della popolazione urbana, perché in questi ultimi anni non solo si sono costruiti enormi stabilimenti per la produzione bellica e migliaia di caserme, ma si sono costruite altresì mastodontiche “Case dei soviets”, quella di Mosca alta trecentosessanta metri, nelle quali, oltre gli uffici, alloggiano i nuovi plutocrati della burocrazia bolscevica.

Così la casa ampia e decorosa in Russia si è creata soltanto per la nuova classe plutocratica bolscevica.

Resta il problema dell’elevazione morale, della cultura, dell’educazione civile del popolo lavoratore.

Non so se a voi interessi molto che io mi intrattenga su questo argomento. Volendo essere estremamente sincero, dirò che voi non vi siete certamente attardati molto a considerare questo aspetto della rivoluzione bolscevica, che svela il lato materialistico e brutale del comunismo moscovita.

Io invece penso che sia per voi utile conoscere questo aspetto, se non più, almeno quanto quello economico.

La Russia bolscevica da vent’anni si è chiusa ermeticamente ad ogni infiltrazione di idee e di cultura che non fossero quelle comuniste.

La gioventù della Russia staliniana è stata in questi ultimi vent’anni educata esclusivamente e rigorosamente nel clima bolscevico.

Lenin con un ragionamento anti-umano e spietato ha dato ai suoi seguaci questa parola d’ordine per l’educazione bolscevica: “Siccome il bolscevismo non si adatta agli uomini, bisogna adattare gli uomini al bolscevismo”. Sarebbe come dire: “Siccome il letto non si può allungare, si tagliano i piedi o la testa delle persone più lunghe che vi si debbono coricare”.

In realtà, volendo trasformare la psicologia, la stessa natura umana (cosa per me non soltanto diabolica ma assolutamente assurda), il bolscevismo ha compiuto in questo settore uno sforzo colossale. La propaganda e l’educazione bolscevica fra la gioventù ha assunto proporzioni e metodi addirittura fantastici.

Tutto doveva essere plasmato su lo stampo bolscevico. Mentalità, emotività, cultura, etica: tutto doveva tendere ad adattare l’uomo alla moda e alla mentalità bolscevica.

Che cosa si è fatto per tentare di raggiungere un risultato positivo su questo piano pazzesco e gigantesco?

Ptrimo passo: separare, distaccare i giovani, i bambini dai loro genitori perché non abbiano a subirne l’influenza. Si sono creati degli asili dove venivano raccolti i bambini all’età di tre anni per isolarli da ogni contatto con la morale e la filosofia di un mondo che deve essere ovunque ferocemente distrutto.

Che cosa si è poi insegnato a questi fanciulli, a questi giovani?

Volendo creare loro una psicologia, “una indole collettiva”, la prima azione è stata volta a distaccarli dalla famiglia. La famiglia è considerata dall’etica bolscevica un danno sociale, perché essa crea sentimenti particolaristici legati all’ambiente familiare: sentimenti di simpatia, di affetto, di solidarietè, di rispetto per la madre, per il padre, per i fratelli, in una parola per i parenti.

Questi sentimenti sono giudicati riprovevoli per “l’uomo collettivo”, per l’uomo fatto su misura bolscevica, il quale, non deve avere altra famiglia all’infuori della società.

Il collettivismo deve essere il sale della vita.

La giovantù senza differenza neppure di sesso deve abituarsi alla vita collettiva, e perciò sono stati abituati a studiare, a mangiare, a giuocare, a dormire insieme, a vestirsi allo stesso modo, a radersi i capelli. Cose da pazzi? Cose di Mosca! Così si fabbricano in Russia i bolscevichi.

E la religione? Se tanto si fa per cancellare dal cuore dell’uomo il sentimento della famiglia, voi stessi potete ben comprendere quale grave delitto sia considerato per un bolscevico il sentimento religioso.

Per la religione si deve instillare nell’animo dei giovani non solo l’avversione ma il disprezzo. Stalin ha detto: “Non si può essere cristiani e bolscevichi”, e siccome lo spirito religioso è insito nell’animo mistico dell’orientale e non è facile estirparlo, la propaganda e l’educazione bolscevica ha orientato questo sentimento verso il vangelo leninista.

In Russia per strappare dall’animo del popolo sino il ricordo delle ricorrenze sacre e religiose, si è riformato il calendario per abolire la domenica.

L’educazione bolscevica, in una parola, ha cercato di staccare con mezzi radicali, dal cuore della gioventù non solo i sentimenti, la fede, le tradizioni dei loro padri, ma si è studiata di generare l’odio dove non era possibile l’ignoranza assoluta.

In Russia sono i figli che s’impongono ai genitori.

Ed è frequente il caso di figliuoli che hanno denunziato e fatto condannare, come anti-bolscevichi, i loro genitori soltanto perché non rinunciacavano alla loro fede cristiana.

L’educazione bolscevica è giunta al punto di cercare ogni mezzo per cancellare dalla mente dei giovani russi la stessa storia del loro popolo.

Non vi sono glorie, non vi sono idealità, atti di generosità e di grandezza nella storia della Russia prima dell’avvento del bolscevismo.

Dovrei ora esporvi in moltissime pagine episodi di brutalità e di ferocia consumati nell’U.R.S.S. durante cinque lustri, a prova della verità che ho affermata.

La brevità che mi è imposta dalla natura di questo scritto non me lo consente. Posso però dirvi con cognizione di causa e con onestà assoluta che il bolscevismo è la negazione di tutti i sentimenti che fanno l’uomo diverso dall’animale; che il bolscevismo è nella sua essenza e nella volonta dei suoi esponenti la vostra rovina morale e materiale.

L’esperimento russo è la dimostrazione più luminosa di questa verità. Il bolscevismo ha brutalizzato lo spirito e ha peggiorato le condizioni materiali di tutte le categorie dei lavoratori dell’U.R.S.S..

Il bolscevismo, per gli uomini di cuore e d’intelletto, per gli studiosi di qualsiasi fede e dottrina, deve essere respinto, nella teoria e nella pratica, come idea capace di dare all’umanità un domani migliore.

Che cosa è dunque questo bolscevismo?

Una voce che si fa col tempo sempre più ampia e robusta, afferma che la rivoluzione bolscevica fa parte del piano diabolico del sovvertimento ideato e organizzato dall’ebraismo contro la civiltà cristiana. Riporto soltanto le parole pronunziate al Congresso di Basilea dal Gran Maestro dell’Ordine del Binai B’ritch: “Dobbiamo mantenere vivo lo spirito di rivolta fra gli operai. Sono loro che manderemo sulle barricate, mentre noi veglieremo affinché le loro rivendicazioni non siano mai soddisfatte, dato che noi abbiamo bisogno del loro malcontento per rovinare la società cristiana ed instaurare l’anarchia”. Dieci anni dopo la rivoluzione bolscevica, essendosi recato in Russia il giudeo Joseph Haimann, per una visita esplorativa, scriveva su l’Herald Tribune di New York: Posso assicurare i fratelli di tutto il mondo israelitico che nell’Unione Sovietica non c’è la dittatura del proletariato, bensì la dittatura ebraica sul proletariato“. Ed ora che Mosca si è alleata apertamente con la plutocrazia anglo-sassone, è naturale che questa voce, che c’invita a cercare nell’ebraismo l’origine e lo scopo del bolscevismo, si sia fatta gigante.

Io oggi credo fermamente che se il giudaismo non è tutto il bolscevismo, è certo di esso la parte maggiore e peggiore.

Che il giudaismo sia l’ideatore della trappola bolscevica non c’è alcun dubbio se si pensa che il fondatore del comunismo è proprio l’ebreo Carlo Marx; e che la trappola sia veramente ingegnosa e suggestiva, tale da trarre in inganno la classe lavoratrice – impaziente di rompere le catene della schiavitù economica che la civiltà capitalistica le aveva imposto – è altrettanto certo.

Che il giudaismo abbia scelto la Russia come l’ambiente più propizio per provare se la trappola funzionava efficacemente, è oggi una verità storica, perché il 95 per cento dei capi, che hanno iniziato e condotto il movimento bolscevico, erano ebrei. Ma ciò che interessa al mio discorso non è tanto l’origine – per quanto sia utilissimo conoscerla – quanto la finalità di questa mostruosa trappola infernale passata alla storia sotto il nome di bolscevismo.

Lavoratori, oggi si può affermare con sicura coscienza che la plutocrazia giudaica ha creato questa trappola distruttiva per interrompere ed intralciare il vostro cammino ascensionale verso un maggiore benessere e per una migliore giustizia sociale. Nella prima fase c’è riuscito; perché i lavoratori russi più facili alla suggestione per il loro innato misticismo, e perché ancora nella preistoria sociale, hanno ascoltato con entusiasmo e creduto ad occhi chiusi alle parole false e lusinghiere della propaganda giudaica e leninista, che prometteva loro la pace ed il possesso della terra amata, e si sono trovati improvvisamente con le ossa fra la tagliola della trappola che la plutocrazia giudaica, con la complicità dei capi comunisti, aveva loro abilmente preparata.

Questa è certo la beffa più atroce, fatta dal capitalismo giudaico alla classe lavoratrice, che la storia registri.

Certamente Stalin nella sua pazza e criminale megalomania ha creduto di erigersi, – su tanta rovina morale e materiale – dominatore; e di realizzare nel secolo XX l’antico sogno imperiale della razza mongolica e barbarica su la civiltà europea e cristiana. Follia? Follia che per essare guarita o dispersa ha richiesto e ancor richiede tanti dolori e tanto sangue al popolo russo ed ai popoli di tutto il mondo.