Lo stupro di Rimini: l’integrazione di Boldrini e Bergoglio ha fallito miseramente

Nello stupro di gruppo di Rimini vediamo riprodotta plasticamente tutta la fallimentare politica dell’immigrazione portata avanti dall’Europa e, in special modo, dall’Italia.

Secondo Gentiloni e il governo italiano non ci sarebbe alcuna correlazione tra immigrazione e criminalità: già solo questa affermazione, come abbiamo visto, è stata smentita dai dati che certificano, al di là di ogni dubbio, come – almeno per quanto riguarda i reati sessuali – gli stranieri stuprino in proporzione otto volte di più rispetto agli italiani.

I migranti di Rimini non fanno alcuna eccezione, come hanno potuto sperimentare sulla loro pelle le due donne violentate e il marito di una di queste, che è stato massacrato di botte.

Eppure, secondo la propaganda progressista e radical chic, questi sarebbero i nuovi migranti, quelli desiderosi di integrarsi in Italia, quelli che sono già come noi, e basterebbe solo una legge ad hoc per certificare quello che sarebbe già un dato di fatto.

Balle. Enormi e gigantesche balle che diventano verità solo perché vengono ripetute ripetutamente e ossessivamente dai mass media conniventi e complici.

I tre stranieri arrestati sono marocchini; Butungu, considerato il capo della banda, è congolese. Provenienti da due paesi diversi ma, come hanno testimoniato le amiche ai giornalisti e agli inquirenti, uniti da ciò che l’Africa, indipendentemente dal paese di origine, porta con se: la violenza come metodo privilegiato per confrontarsi con la realtà; il machismo rozzo e brutale; il disprezzo di ogni regola e di ogni codice di comportamento etico, percepiti solo come ostacoli all’affermazione delle proprie pulsioni primarie (le donne, il sesso) e sociali (la bella vita, le belle auto, le scarpe di marca: in nome di ciò tutti e quattro sono coinvolti nella detenzione e nello spaccio di stupefacenti e nella frequentazione di compagnie poco raccomandabili).

 

Tutto ciò, si badi bene, l’Occidente lo ha superato da secoli: il concetto di bene comune, l’idea di una Giustizia super partes che prescinda dal desiderio di vendetta della vittima, l’abnegazione di se in nome di un bene superiore. Di questa civiltà – pur morente, ma ancora viva e pulsante, specialmente se paragonata ad altre civiltà assai meno sviluppate – i cosiddetti “italiani di seconda generazione” non hanno assimilato nulla: l’Italia era solo una terra di conquista dove arrivare e arraffare tutto senza dare niente in cambio.

Insomma: a dispetto delle farneticazioni di Gentiloni, di Minniti e delle Boldrini e dei Saviano, quelli che dovrebbero essere i nuovi italiani, i destinatari della legge sullo “ius soli”, hanno portato con se, senza mitigarle in alcun modo, le antiche pulsioni, le ancestrali tendenze dell’Africa, incompatibili, quando non opposte, alle nostre: non basta un pezzo di carta o le dichiarazioni di un omino con la papalina sulla testa per modificare quello che la tua famiglia, la tua civiltà, il tuo corpo, è da secoli e secoli.

Almeno con questi quattro la tanto decantata integrazione boldriniana e bergogliana non si è realizzata. Per quanti altri immigrati si deve fare questo discorso?

Amministratore

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