LA CODA DELLO SCORPIONE

Da quando era stato brutalmente disarcionato e poi scavalcato, manco fosse una pulce, dall’immenso banchiere – un vero drago idolatrato da grandi e piccini al di qua e al di là delle Alpi, anzi al di qua e al di là dell’oceano – Giuseppi aveva giurato vendetta, tremenda vendetta. L’avrebbe fatta pagare cara ai suoi nemici, che intanto erano sensibilmente aumentati di numero, e avrebbe reso loro pan per focaccia non appena avesse trovato uno sgabello per risalire al di sopra dell’anonimato.

E lo sgabello glielo avevano incautamente fornito i 5 stelle, i quali erano alla disperata ricerca di un nocchiere capace di far navigare la loro barca che stava andando desolatamente alla deriva, senza però tener conto che come nocchiere Giuseppi poteva al massimo governare un pedalò.

Lui però aveva raggiunto il suo obiettivo: da quella posizione, pur mantenendosi defilato e mostrando il sorrisetto ebete modello Gioconda, poteva tenere costantemente sotto tiro l’immenso banchiere e premere il grilletto quando lo avesse ritenuto più opportuno, proprio come lo scorpione che colpisce con la coda.

Dopo il fisiologico periodo di attesa, è finalmente arrivato luglio, mese fatale, e Giuseppi, fregandosene altamente del fatto che con tale mossa avrebbe mandato la barca dei 5 stelle a naufragare sugli scogli, ha allungato il piede e fatto la cianchetta all’Immenso, convinto di farlo cadere rovinosamente e procurargli qualche serio acciacco.

Solo che per abbattere un drago non bastano dieci giuseppi, che infatti tra tutti e dieci non avevano capito che anziché fargli un dispettuccio, gli stavano facendo un grosso favore.

Da qualche tempo, infatti, l’Immenso aveva cominciato a sentire una sempre più insistente puzza di bruciato: si stavano già delineando le conseguenze dei grossi danni da lui procurati all’economia italiana per reggere il sacco agli USA, con la benedizione della Commissione UE, nella loro guerra per procura contro la Russia; ed era già evidente che tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno il disastro assumerà contorni ben precisi quanto tragici, non certo compensati dalla mancetta di 200 euri benevolmente elargiti a luglio alla maggior parte degli italiani. Quindi stava cercando il modo di potersi defilare elegantemente prima che arrivasse qualche sasso a rompere i vetri delle finestre del palazzo (Chigi, ovviamente); e Giuseppi, nel cui cervello tutto questo non poteva proprio albergare, gli aveva opportunamente fornito l’occasione che ardentemente desiderava.

Tanto che avrebbe potuto tranquillamente infischiarsene dell’appoggio di Giuseppi e dei 2 o 3 stelle, ma ciò lo avrebbe esposto poi ad una prossima pericolosa resa dei conti. Quindi, adducendo motivi di lesa maestà, grazie a Giuseppi ha potuto dignitosamente salutare la compagnia, sfilando tra due fitte ali di folla plaudente che sventola fazzoletti intrisi di lacrime.

Meglio di così non gli poteva certo andare, tanto più che sicuramente non resterà disoccupato: lo aspettano in campo internazionale alti, prestigiosi e remunerativi incarichi, tra i quali non ha che l’imbarazzo della scelta.

Da parte sua Giuseppi ha fatto come i pifferi di montagna: andò per suonare e fu suonato, ma, alla fin fine, a restare fregati sono come sempre gli italiani.

Giuliano Scarpellini

Amministratore

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