Quel giorno a San Sepolcro nasceva l’uomo nuovo

 

articolo sul giornale d’italia.

“Quel giorno a San Sepolcro nasceva l’uomo nuovo” Il racconto di un fascista della prima oraIl mio era un lavoro pesante. Ore e ore trascorse in una fabbrica, che però non riuscivano ad annullare la mia dignità di Uomo. Quella stessa dignità che qualcuno, parlando di proletariato, sembrava voler difendere e rivendicare. Ma io non mi fidavo, perché la lotta di classe sembrava una bandiera dietro cui nascondere invidia verso i padroni ed egoismo. E, per dirla tutta, non mi fidavo nemmeno della politica, di destra o di sinistra che fosse. Nessuno sembrava interessarsi davvero a ciò che veramente era importante: ovvero la Patria. E gli Uomini che avrebbero dovuto costruirla e difenderla. In quei primi mesi del 1919, nella mia Milano e in tutta Italia, erano in molti, ex combattenti e non solo, ad essere convinti che quella che la nostra Terra benedetta aveva subito con i trattati di Pace di Parigi era un’offesa alla nostra dignità di nazione. E la cosa peggiore era che nessuno dei partiti che componevano il Parlamento sembrava voler far nulla in proposito. Per questo, quando lessi sul Popolo d’Italia del 2 marzo un comunicato in cui si indiceva una riunione per creare un nuovo gruppo che si definiva “anti partito”, decisi di andarci. Volevo vedere da vicino se questi nascenti Fasci di Combattimento potevano costituire una speranza nuova per l’Italia. E capire se ed in che modo potevo fare la mia parte. La sera del 21 marzo, a pochi giorni dalla manifestazione annunciata per il 23, mi recai quindi in Piazza San Sepolcro, nei locali dell’Associazione Commercianti ed Esercenti. Quello che ascoltai mi piacque molto, anche e soprattutto perché a parlare furono persone convinte, che guardavano negli occhi i propri interlocutori. Diedi quindi anche io la mia adesione al “Fascio primigenio”, quello milanese. Seppi anche, in quella sede, che già in tanti, da tutta Italia, avevano aderito al progetto. Non restava quindi che attendere la nascita ufficiale del nuovo movimento. E anche se in quelle frenetiche ore giravano voci che qualcuno stesse tentando di impedire la riunione, l’entusiasmo dei fascisti – come avevamo già iniziato a chiamarci tra noi – era grande. Quando ci ritrovammo in piazza San Sepolcro eravamo tutti consapevoli che stava per succedere qualcosa che avrebbe cambiato il corso della storia. E ne avemmo la prova quando prese la parola Benito Mussolini: “L’adunata del 23 marzo – disse – rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del Mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d’ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle associazioni dei combattenti”. Quell’uomo, destinato a diventare il nostro Capo per indole, capacità e carisma, proseguì poi rivendicando l’annessione all’Italia di Fiume e della Dalmazia e condannando i neutralisti di tutti i partiti.Dopo di lui parlò Filippo Tommaso Marinetti, che sottolineò la necessità di contrastare chi, come i socialisti, sfruttava la richiesta di giustizia sociale degli operai per danneggiare la Nazione. Un discorso questo che conoscevo bene e che, da umile lavoratore, condividevo in pieno. Come quello sugli operai che, pur essendo entrati in sciopero e avendo occupato le fabbriche, avevano continuato a lavorare. Anche gli altri interventi furono applauditi ed acclamati da quella prima assemblea di Uomini nuovi, fautori di una “terza via” tra i due poli opposti, come disse ancora Mussolini. Eravamo movimentisti, nazionalisti, antiparlamentari, sindacalisti rivoluzionari, progressisti, sostenitori della socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione. Ma sopra ogni cosa eravamo tutti profondamente e consapevolmente innamorati della nostra Patria. Per la quale, da veri italiani, avremmo sacrificato anche la vita.Cristina Di Giorgi

Amministratore

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