20 Febbraio 2017
Alma Mater di Bologna: vincono i teppisti rossi
Se qualcuno nutrisse ancora dei dubbi sul potere intimidatorio e finanche mafioso che i centri sociali e gli antifascisti militanti esercitano su quel che rimane del tessuto culturale italiano, forse la vicenda dei CUA di Bologna potrebbe essere, se ancora ce ne fosse bisogno, l’ennesima dimostrazione di tale evidenza.
A Bologna, in Italia, nel nord Italia, per anni si è tollerata l’esistenza di una sorta di terra di nessuno dove la civiltà e la legge si sono ben guardate dall’entrare. Nella Biblioteca dell’Università di Lettere della Facoltà di Bologna, per anni, tutta l’immondizia umana più disgustosa e più immonda ha trovato rifugio: clandestini, spacciatori, immigrati, drogati, punkabbestia, hanno eletto il simbolo della civiltà – quale dovrebbe essere, appunto, una qualunque Biblioteca – come luogo prediletto per bucarsi, spacciare droga, consumare rapporti sessuali (in cui non sempre era necessario il chiaro consenso delle ragazze che avevano la sfortuna di incappare in simili teppisti), bivaccare. Ad imporre la sua presenza mafiosa, per anni – giova ricordarlo – sempre il CUA: il Collettivo Autonomo Universitario, formazione studentesca universitaria di estrema sinistra, formata dai più disgustosi e violenti antifascisti, quelli sempre in prima fila negli agguati contro i “neri” (rigorosamente in dieci contro uno, ovviamente!), sempre pronti a rovinare le manifestazioni di destra o non apertamente riconducibili all’area antagonista, sempre pronti allo scontro con le forze dell’ordine, con i Fascisti, e via dicendo.
Già qualche anno fa avevo avuto il sentore di questo clima di terrore. Ricordo che un camerata, dirigente del MFL, mi disse chiaramente del “cazziatone” che fecero ad uno dei nostri, colpevole di essere andato a volantinare nella zona del CUA (perché questi hanno le loro zone operative, né più né meno come quella mafia che tanto sostengono a suon di canne, pasticche e droga) senza una adeguata protezione. Il camerata mi raccontava di questo pazzo che aveva avuto il coraggio addirittura di rischiare la pelle, “Perché se ti prendono da solo ti riempiono di botte, e se riesci ad andare via in ambulanza sei già fortunato”. Mi colpì il modo di parlare del camerata: era una cosa assolutamente normale che andare a volantinare nelle zone del CUA fosse considerata un’azione da pazzi squilibrati, quasi un suicidio. La cosa era assolutamente normale, come è normale la presenza della mafia in diverse zone del sud. E spesso, in quanto ad organizzazione e modalità di attacco contro le forze politiche nemiche, non c’era nemmeno così tanta differenza.
Tale situazione, si diceva, è stata tollerata per anni. Ultimamente, però, le denunce di quanto accadeva all’interno della Biblioteca si sono fatte sempre più gravi: aggressioni sessuali alle ragazze che si attardavano a studiare, drogati che si bucavano “tranquillamente” tra i banchi, incontri tra omosessuali, e via dicendo.
Quando la Facoltà di Bologna si è decisa ad intervenire con l’installazione di appositi tornelli – “costringendo” gli studenti ad avere un badge per l’ingresso o a dichiarare i motivi del loro ingresso (cosa che accade in tutti i posti civili, non solo nelle biblioteche), il CUA, per tutta risposta, ha distrutto i tornelli, costringendo il Rettorato a chiamare la Polizia. Il resto è cronaca dell’ultimo periodo: una vera e propria guerriglia urbana che si è conclusa solo dopo diverse ore di lotta corpo a corpo tra gli estremisti di sinistra e le forze dell’ordine, con i locali completamente devastati e diverse persone (tra le quali studenti che si sono trovati tra le due opposte fazioni nel momento in cui queste venivano a contatto) costrette a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso. Non solo, la lotta è continuata anche sui social network, con una vera e propria campagna intimidatoria condotta, sempre dalle pagine social del CUA, consapevole della propria impunità guadagnata in anni e anni di amministrazioni di sinistra, contro quelli studenti che hanno avuto il coraggio di lodare l’intervento armato delle forze dell’ordine per porre fine ad una situazione di degrado e di illegalità talmente diffusa da essere diventata la norma.
Eppure, nonostante questa massa di criminali e di teppisti abbia favorito all’interno di locali di proprietà di una nota università italiana ogni genere di atto illegale, nonostante abbia ingaggiato uno scontro militare contro le forze dell’ordine, nonostante anche dopo ciò abbia continuato la propria guerra di linciaggio mediatico contro quelli studenti che hanno lodato l’intervento di Polizia e carabinieri per riportare i locali dell’Ateneo ad una situazione di normalità, nonostante tutto ciò il Collettino Universitario Autonomo ha vinto.
Il rettore dell’Alma Mater, Francesco Ubertini, ha deciso di non proseguire con l’installazione dei tornelli in Biblioteca. Tornelli che, lo ricordiamo, erano già stati precedentemente installati e subito divelti e rovinati dalla canaglia di sinistra.
Ora, gioverebbe fare sempre lo stesso giochino: come sarebbero andate le cose se si fosse trattato dell’opposta parte politica? Se, cioè, un collettivo universitario dichiaratamente di destra avesse eletto i locali di una Biblioteca universitaria a propria stabile dimora, favorendo la diffusione di ogni tipo di illegalità, distruggendo i locali del Rettorato, ingaggiando uno scontro violentissimo con la Polizia e minacciando, infine, gli studenti dalle pagine dei propri social network? Potete ben immaginarlo, ovviamente.