Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Se qualche giorno fa, nel contestare una certa attitudine alla mistificazione della realtà abbondantemente mostrata, specie negli ultimi tempi, dal giornalismo italiano, riprendevo con ironia il titolo di un celebre film, oggi, di contro, mi trovo a riflettere -per quanto amaramente- sulle atmosfere fiabesche evocate da Lewis Carroll ne “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”.
Vi chiederete il perché di questa ardita citazione, e spiegarlo è davvero semplice.
Si usa dire che Alice nel paese delle meraviglie sia un capolavoro del nonsense e nulla è più calzante del concetto di nonsense per riassumere i toni di quanto mi pare di poter tranquillamente inferire da alcune recenti esternazioni di Enrico Mentana.

Certo, immagino non debba essere semplice trovarsi al suo posto, di questi tempi: vedere sciogliersi ogni giorno di più, come neve sotto il sole d’agosto, le sue ostentate certezze sulla bontà e la trasparenza dell’operato delle ONG, deve essere stato davvero un duro colpo.
Vedere un numero sempre maggiore di persone ed ONG indagate per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, laddove il solito Mentana era notoriamente in prima linea, fino al giorno prima, nel conferire patente d’ignoranza e complottismo a chiunque osasse sollevare dubbi sull’operato delle medesime, deve (o almeno dovrebbe) evidentemente indurre a qualche seria riflessione.

Ma il “nostro” Mentana sembra aver preferito glissare su tali (opportune) riflessioni, finendo per rimandare l’immagine di un giornalismo improntato alla faciloneria nonché ad una estrema fiducia in una presunta “memoria corta” dei lettori, con un intuibile risultato tragicomico, al pari di numeri da circo ove il buffo funambulo passeggia senza rete a dieci metri dal suolo ma, cadendo da sprovveduto quale è, non paga la sua imprudenza sulla propria pelle, bensì resta illeso perché a parargli il colpo c’è il povero fesso di turno, rappresentato purtroppo, in questo caso, dal popolo italiano tutto.
Peccato: in un’Italietta in cui nessuno sembra mai voler ammettere i propri errori, il fatto che un giornalista con un certo seguito facesse doverosamente pubblica ammenda (se non altro per il fatto di avere, per mesi, risposto in termini spesso offensivi ed inopportuni a chiunque non concordasse con lui) sarebbe stato,forse, un esempio per tanti.
Tuttavia, prendiamo altrettanto doverosamente atto del fatto che, a quanto si deve a questo punto constatare, la tendenza non sia questa e che dopo aver preso qualche clamoroso granchio, la cosa migliore per far dimenticare a tutti al più presto la figura barbina rimediata, sia semplicemente cambiare argomento.

E tra gli argomenti con i quali gettare fumo sugli occhi agli astanti nella maniera più rapida ed efficace possibile, indovinate un po’ quali figurano?
La risposta ad una simile domanda è ormai diventata talmente ovvia da poter essere taciuta: ed infatti tacerei, se non fosse per il fatto che, nel passare dalla difesa a spada tratta delle ONG alla ormai trita e ritrita manfrina pseudostorica sul nazifascismo (citato per giunta, come vedremo, in contesti del tutto inopportuni) al buon Enrico pare siano sfuggiti una serie di elementi dei quali io ritengo, invece, che i lettori debbano essere messi a conoscenza.
Se nel celebre romanzo di Carroll il Gatto poteva affermare, rivolto ad Alice, che “se cammini abbastanza, da qualche parte arriverai di sicuro”, io devo prendere atto di non essere del tutto in grado di comprendere dove Enrico Mentana voglia, esattamente, arrivare.

Non bastava una sua esternazione risalente all’ultima decade di Luglio nella quale aveva il cattivo gusto di accostare il revisionismo del “mai avvenuto olocausto”, per citare la chiara e concisa espressione utilizzata dal mio Segretario Nazionale Carlo Gariglio, alla negazione dello sbarco sulla luna e similari, non bastava evidentemente mettere fenomeni ed opinioni del tutto differenti in un medesimo calderone (liquidato genericamente come “cospirazionismo”, secondo quello che è evidentemente l’unico modulo argomentativo usato dal Mentana), perché c’è dell’altro.
Prima di passare all’altro, tuttavia, vorrei limitarmi a far presente al Sig. Mentana che il revisionismo storico non è “cospirazionismo” e non può essere liquidato come tale.
Non lo fanno gli storici sterminazionisti, i quali piuttosto da decenni si affannano a rigirare le carte in tavola per tenersi al passo con i ricercatori revisionisti, che spesso vengono altresì citati in opere di storici non revisionisti.

Tuttavia, se egli ritiene di poter fare una affermazione tanto perentoria e categorica, conferendo di fatto ed in maniera neanche troppo celata, come suo solito, patente di ignoranza, creduloneria e stupidità a chiunque la pensi diversamente da lui, vorrei invitarlo ad un pubblico dibattito sull’argomento: d’altro canto, posto che nessuno di noi due è uno storico, certamente si partirebbe ad armi pari, sulla base delle rispettive letture, o almeno vorrei augurarmelo.
Meglio, vorrei augurarglielo: perché se ho trovato di cattivo gusto il suo accostamento, troverei vieppiù di pessimo gusto l’eventualità che il caro Mentana, prima di provvedere ad una affermazione tanto apodittica, non avesse mai letto, a differenza della scrivente, un singolo testo revisionista, circostanza sulla quale, se non posso sciorinare alcuna certezza, mi sia perlomeno concesso di esprimere forti sospetti.
Bene, giacché io ritengo che prima di avere l’ardire di contestare qualcosa, per giunta in termini tanto categorici, la si debba quantomeno conoscere, mi aspetterei infatti, in un mondo ideale, che il signor Mentana conoscesse a menadito tutte le pubblicazioni revisionist
e: certa che la mia aspettativa sarà smentita, se non altro per una questione di cortesia, rinnovo comunque il mio invito di cui sopra.

Ma vi è un’altra e più recente perla di Mentana sulla quale mi pare valga la pena soffermarsi.
Dal momento che non vorrei aver frainteso nulla, mi permetto di riportare paro paro la sua affermazione, affinché i lettori possano da sé provvedere a verificare se ne danno la mia stessa interpretazione.

Ieri, nello stesso giorno in cui il TG5 dedicava la sua “copertina” alla bislacca teoria secondo la quale sarebbe la calura estiva a spingere al “neofascismo” (giuro: non sto inventando nulla, se non altro perché mai e poi mai potrei vantare una simile fantasia), esattamente alle ore 8:11, il Mentana, dal suo profilo Facebook, ci deliziava con la seguente esternazione:

“Se il capo della più grande democrazia occidentale mette sullo stesso piano razzisti e antirazzisti siamo ufficialmente entrati in un tempo buio. Se nel paese che ha determinato la sconfitta di Hitler agitare una bandiera nazista è un atto identitario accettabile per i sostenitori del presidente, vuol dire che i nostri valori sono per la prima volta a rischio.”
Il riferimento è rivolto, ovviamente, ai recenti fatti che si stanno svolgendo negli USA.
Ora, non vorrei infierire oltre il necessario facendo sommessamente notare che, si apprende già sui sussidiari di quinta elementare, ben più determinante degli USA sulle sorti della Seconda Guerra Mondiale fu con ogni probabilità la battaglia di Stalingrado (e, più genericamente, il fronte orientale, ove si registrò il maggior numero di perdite per la Wehrmacht), anche se alla “più grande democrazia occidentale” va certamente riconosciuto l’infelice status di unica nazione al mondo ad aver sganciato un’atomica su civili inermi, mi chiedo se il novello paladino della memoria a targhe alterne che s’indigna e s’agita alla vista di una bandiera nazionalsocialista, sia a conoscenza di alcuni semplici dati di fatto.
Non è questa, o perlomeno non oggi, la sede per entrare nel merito dei recenti fatti statunitensi, in quanto ne verrebbe fuori un articolo troppo lungo, ma non posso comunque non chiedermi se Mentana abbia visto alcune delle foto degli alfieri, a suo modo di vedere probabilmente, dell’antirazzismo che manifestavano “pacificamente” (con tanto di spranghe e volto coperto) contro chi si opponeva alla rimozione della statua del generale Lee.

Viste in quest’ottica, francamente, mi pare che le parole di Trump (sul quale ho sempre avuto un’opinione negativa, peggiorata e rinsaldatasi dopo il pretestuoso attacco alla Siria), tese -immagino- a condannare la violenza ex se, da chiunque promanante, siano improntate a nulla più che ad un elementare buon senso- quello che spesso manca al giornalismo italiano.
I “tempi bui”, i “valori a rischio” e gli altri spauracchi impudentemente agitati da Mentana, di per sé, non meriterebbero neanche un commento, tanto paiono intrisi di retorica di infima lega e luoghi comuni.

Ma qualcosa deve essergli invece necessariamente comunicata: Mentana, con la sua affermazione, sembra mostrare la convinzione, peraltro comune a molti, che gli USA abbiano combattuto la Seconda Guerra Mondiale in chiave antirazzista (perché proprio questo a me sembra di inferire, tra le tante castronerie, da quanto scrive).
Gli USA, benemeriti portatori di “democrazia” a buon mercato, avrebbero combattuto nientepopodimeno che contro il razzismo del Terzo Reich!
In realtà, per comprendere come ben altri siano stati i motori della Seconda Guerra Mondiale basterebbe leggere qualche libro, ad esempio “L’ordinamento economico nazionalsocialista” di René Dubail ma, perché no, se letto cum grano salis potrebbe rivelarsi molto utile anche “La colpa fu tutta tedesca? Storia delle responsabilità americane nello scoppio della seconda guerra mondiale”, di Charles Austin Beard, uno dei più noti storici statunitensi del secolo scorso.
Oggi, giorno in cui ricorre il trentesimo anniversario della morte, o meglio, per chi preferisce utilizzare i termini più aderenti alla realtà dei fatti, dell’omicidio di Rudolf Hess, sarebbe tra l’altro un’occasione particolarmente propizia per cominciare ad interrogarsi.

Ma al di là delle cause della Seconda Guerra Mondiale mi sono chiesta se, nel parlare degli USA, della “più grande democrazia occidentale”, Mentana avesse davvero in mente gli stessi USA che conosco io, cioè quelli che hanno avuto leggi razziali (davvero tali, senza deroghe di sorta, a differenza di quelle italiane e tedesche, ma questo è già stato spiegato compiutamente da Carlo Gariglio in un suo articolo, al quale rimando: http://lavvocatodeldiavolo.biz/?p=47) fino agli ’70 o quasi.
Infatti, forse Mentana non ne è a conoscenza, ma è certamente del 1967 una pronuncia della Corte Suprema che dichiarò incostituzionale una legge della Virginia nota come “Racial Integrity Act” (risalente al 1924 e dichiarata incostituzionale, appunto, nel 1967).
Parimenti, sono stati gli USA, “la più grande democrazia occidentale”, ad aver notoriamente attuato fino alla metà degli anni ’80 una politica conciliante nei confronti dell’Apartheid in Sudafrica (anche quello non prevedeva nessun tipo di deroga).
E, volendo restare sulla falsariga del titolo “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, si potrebbe anche provare a spiegare al signor Enrico Mentana quale fosse la configurazione politica del Sudafrica, Stato certamente amico degli USA, fino al 1993: anche senza scomodare l’Apartheid, era previsto un Parlamento tricamerale configurato su basi meramente razziali.
La prima delle tre Camere era riservata ai bianchi, ed aveva i poteri più estesi, tra i quali l’elezione del Presidente della Repubblica, le altre due, con poteri decisamente inferiori, erano assegnate rispettivamente ad asiatici e meticci.
Nessuna rappresentanza politica era invece riservata all’etnia bantù, la quale pure, nelle aree urbanizzate, era la più numericamente consistente.
Dunque, se Mentana ritiene che gli USA o i suoi amici possano e/o debbano impartire lezioni di antirazzismo a chicchessia, temo sia proprio fuori strada.
Forse, il signor Mentana, farebbe meglio ad impiegare un po’ del molto tempo che passa su Facebook a “blastare” (termine che, nella neolingua 2.0, dovrebbe significare qualcosa come “sbeffeggiare pubblicamente”) i poveri “Webeti” (altro termine in neolingua, stavolta coniato dallo stesso Mentana: non credo necessiti di spiegazioni) rei di non pensarla come lui, su qualche libro di Storia.
Anche revisionista, magari, così potrà certamente accettare il mio caloroso invito al dibattito.

Prima di congedarmi, mi preme tuttavia un’altra precisazione: al di là di ciò che si possa pensare in merito ai fatti di Charlottesville ed ancor più ai fatti all’origine del “casus belli” (personalmente, vorrei solo dire che l’abbattimento di statue e la sistematica cancellazione della Storia mi ricorda nulla più e nulla meno che alcune gesta dell’Isis), i “suprematisti bianchi” statunitensi, perlomeno nel loro nucleo centrale, sono antifascisti e antinazisti.
Penso che, d’altronde, la cosa sia ben chiara anche a livello meramente estetico dal cappuccio bianco (massonico) del Ku Klux Klan.

Davvero è concepibile che un opinionista che ha il potere di incidere in maniera forte sulla formazione della cosiddetta “opinione pubblica” non sia a conoscenza dei semplici fatti qui riportati (i quali, comunque, sarebbero facilmente appurabili da chiunque)?
A questo punto, più che nel mondo creato da Carroll, mi pare infatti di trovarmi in una nota fiaba di Andersen, “I vestiti nuovi dell’imperatore”: fiaba nella quale il sovrano, ingannato da due astuti truffatori che fingono di tessere abiti splendidi visibili soltanto ai più intelligenti, si ritrova a sfilare nudo per le vie delle città, senza che i più abbiano il coraggio di affermare l’ovvio.
Alla fine, solo un bimbo non riesce a trattenere una divertita esclamazione: “Il Re è nudo!”
Ma, pur di fronte alla voce della verità, anche a quel punto l’imperatore preferisce continuare tronfio la sua parata in mutande…

 

 

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