FIGURE DI MERDA

Da quando esiste, il parlamento di questa repubblica ha scritto ben poche pagine edificanti, talmente poche che non ne ricordo neppure una. In compenso ne ha scritte moltissime vergognose, ma con ciò che è accaduto in occasione dell’elezione del nuovo presidente del senato ha – per ora – toccato il fondo.

E’ successo che, in veste di “presidente provvisorio” dell’assemblea, sul seggiolone dell’aula si è arrampicata lei: la senatrice a vita Liliana Segre, di professione sopravvissuta.

Non importa il fatto che  come membro del senato nessuno l’abbia mai eletta: essa è e rimane una sopravvissuta e, come tale, oggetto di profonda venerazione da parte di tutte le istituzioni.

Naturalmente la vegliarda non ha perso l’occasione di tirare in ballo, nel suo pistolotto, argomenti del tutto consoni alla circostanza, quali la Marcia su Roma, le “leggi razziste” e la sua tribolata esperienza giovanile in campo di concentramento, alla quale peraltro dovrebbe essere molto grata, dal momento che, oltre a non avere minimamente inciso sulla lunghezza della sua esistenza (come stranamente accaduto per tantissimi altri sopravvissuti), proprio su di essa ha costruito la sua luminosa e fortunata carriera. A suo merito, detto per inciso, va sottolineato il fatto che, pur parlando di Auschwitz, non ha mai menzionato camere a gas e forni crematori; d’altra parte non era neppure necessario, visto che la loro esistenza è “notoria” e sancita per legge.

Come da copione il suo discorso ha scatenato l’entusiasmo unanime e irrefrenabile dell’assemblea (non essendo stato là presente, non posso escludere né confermare che all’interno dell’aula sia apparsa la scritta lampeggiante: “applausi”) e ha avuto ampia eco su giornali e televisioni, tanto da far passare in seconda linea quello pronunciato dal neoeletto presidente del senato, il quale si è rispettosamente presentato a lei con un mazzo di rose bianche e si è calorosamente profuso in baci e abbracci, rivelando ancora una volta – ma non ce n’era alcun bisogno – chi è che realmente comanda.

Tale figura di merda dell’alta camera dell’organo legislativo ha persino in parte oscurato quella sensazionale fatta nella stessa occasione da Silvio Berlusconi. Il cavaliere, frustrato nel fermo proposito di imporre la sua badante come seconda carica dello Stato, ha tentato di sgambettare la “presidente in pectore”, facendo sì che la sua banda non partecipasse alla elezione, in modo – lui sperava – da far mancare il numero di voti necessario al candidato di quella. Ha così clamorosamente tradito, alla prima prova, il patto di alleanza stipulato prima delle elezioni politiche, ma non ha tenuto conto del camaleontismo dell’assemblea, che ha reso inutile, oltreché ridicola, tale manovra, facendo vestire a Silvio i panni del piffero di montagna.

Il che non deve far gioire Giorgia più di tanto: lei si è impegnata a fondo nella campagna elettorale; oltre a promettere mari e monti agli elettori, come del resto hanno fatto tutti, ha sputato sul Fascismo, ha proclamato la sua incondizionata fedeltà all’Europa degli usurai e al braccio armato del Sistema (leggi NATO), ha ribadito la sua fraterna amicizia con Israele, ha cinguettato dolcemente col comico “boss” dell’Ucraina e, per non farsi mancare niente, ha inviato i suoi fervidi auguri di buon compleanno a Liliana Segre; ne ha così raccolto i frutti, tanto che nonno Sergio, pur digrignando i denti dietro un falso sorrisetto, dovrà giocoforza conferirle l’incarico di formare il governo.

Ma il risultato elettorale che ha conseguito non è affatto sufficiente a farle dormire sonni tranquilli; i chiari avvertimenti che ha già ricevuto da Ursula e le altre (i ministri donne del giudaico governo francese) sono da prendere molto sul serio: se solo tentasse di avviarsi in una direzione non gradita al Sistema, loro hanno i mezzi per farla deragliare e tali mezzi, oltre, alla borsa, allo “spread”, ecc., comprendono anche la mina vagante che si chiama Silvio.

Continua così, sulla pelle degli italiani, il teatrino di quella che, con spiccato senso dell’umorismo, chiamano “democrazia”.

Giuliano Scarpellini 

Amministratore

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