10 Febbraio 2018
Vogliamo davvero diventare come la Svezia?
Sophie Johansson, una bellissima ragazza svedese di 19 anni, è diventata, suo malgrado, l’immagine della Svezia, quel paese del nord Europa che per anni ci è stato descritto come il paradiso del politicamente corretto, della convivenza tra culture diverse e della società multirazziale. Eccola, Sophie, presa a bottigliate in faccia perché si è rifiutata di farsi palpeggiare le parti intime da un immigrato in una discoteca di Molmo.
La Svezia, da paese all’avanguardia per lo Stato sociale e per l’innovazione tecnologica, è diventata una Nazione in cui, grazie all’islamizzazione forzata e all’iniezione continuata di centinaia di migliaia di sbandati africani, vi è il più alto tasso europei di stupri e di violenze sessuali contro donne bianche commesso da rifugiati mediorientali e africani.
Questo è quello che sta diventando l’Europa, questo è quello che sta diventando la nostra Nazione: per duemila anni faro della civiltà mediterranea e mondiale e ora terra di conquista per bande di subanimali senza alcuna regola e senza alcuna legge che non siano quelle della violenza.
Vogliamo davvero finire così?
10 Febbraio 2018
Su Pamela dimostrate quanto siate poveri di animo e miserabili
Qualche ora dopo la pubblicazione di “Perdonaci, Pamela” mi arriva, in posta elettronica privata, questo messaggio che riporto integralmente: “ma voi fascisti non siete tutti contro i tossici… piangi per una tossica solo perché è stata smembrata da uno dei negri che voi fascisrti odiate tanto? quindi smettila di piagnucolare contro lo stato e ringraziali che vi hanno anche fatto un piacere!!!!!”.
Sorvoliamo sulla scrittura tipica da antifascista, la mancanza di maiuscola sulla parola “Stato” (con la minuscola la parola assume tutto un altro significato: si intende un altro concetto, come uno stato d’animo o uno stato liquido, per esempio – allo stesso modo in cui la parola “Scuola” designa l’istituzione statale e amministrativa, mentre la stessa parola, minuscola, designa invece un qualunque edificio scolastico) i puntini esclamativi aggiunti per dare più valore alle proprie affermazioni, e via dicendo: questo è il livello dell’italiano medio, quello che ha sempre odio da distribuire, a meno che la figlia prima stuprata e poi smembrata, ovviamente, non sia la sua. Potrebbe essere uno dei tanti fascisti all’amatriciana che infestano la nostra area – per il quale se sei tossico, anche se sei una ragazza sfortunata di 18 anni, meriti di morire sbudellata – oppure uno dei decerebrati di sinistra, sempre pronti a distribuire tolleranza e comprensione a tutti fuorché agli italiani.
E allora diciamo un paio di cosette in pubblico, a questo coglione o cogliona che sia.
Primo. Ognuno è responsabile delle sue azioni anche se, a diciotto anni come a quaranta, spesso non lo si è comunque. A te, coglione/a, sfugge però il piccolissimo particolare che Pamela non è morta di overdose in qualche panchina abbandonata, bensì è stata fatta a pezzi solo perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato: al posto suo ci saremmo potuti essere io, tu, tua figlia o mia sorella.
Secondo. Il fatto che una donna vada in giro in minigonna non significa che possa essere stuprata o che la violenza sessuale sia meno grave: una donna può anche girare mezza nuda che nessuno deve toccarla con un dito (il giudizio morale su quella donna è tutto un altro discorso). Allo stesso modo il fatto che una ragazza abbia avuto una vita difficile e abbia preso delle strade sbagliate come la droga non giustifica il violentarla, l’ucciderla, e poi farla a pezzi per eseguire qualche rito vudu del proprio primitivo paese di origine.
Terzo. Un drogato si può recuperare. Con fatica, anche mettendo in conto un fallimento, probabilmente, ma si può comunque provare a farlo. Un corpo smembrato, invece, non si può recuperare.
Con te invece che cosa potremmo mai fare?
Tanto ti basti, miserabile.
10 Febbraio 2018
Perdonaci Pamela
Pamela è stata ritrovata in due valigie abbandonate , il corpo completamente smembrato, senza il cuore e il fegato, probabilmente violentata prima che il suo aguzzino, Innocent Oghusule, la vivisezionasse per chissà quale rito vudu. L’esistenza di una ragazza diciottenne italiana, la cui vita era già tormentata di suo, per la quale i giornali e le femministe d’accatto non gridano all’emergenza femminicidio perché l’omicida è un africano (non sia mai che si dia fiato alla bieca propaganda fascista!), si è conclusa così, vittima di un miserabile subumano che non sarebbe dovuto essere in Italia, che dal nostro Paese sarebbe dovuto essere cacciato via a sacrosanti calci nel culo perché era già conosciuto per essere un criminale ed un avanzo di galera, ma che sicuramente avrà trovato qualche onlus complice, che conosce qualche avvocato complice, che coi nostri soldi gli avrà preparato un atto di opposizione all’espulsione che qualche magistrato complice avrà sicuramente preso in considerazione e poi accolto.
È un omicidio di Stato, quello di Pamela. Peggio: è un omicidio che ha precisi mandanti morali e politici: Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Laura Boldrini, Emma Bonino, Pietro Grasso, la sinistra al caviale, quella radical chic e quella dei centri sociali che aggrediscono gli avversari politici per urinare sopra i loro cartelloni, passando da Bergoglio, il comunista con la papalina che predica l’invasione e la sottomissione allo straniero come un dovere cristiano, per finire con tutti gli italiani, una buona fetta se non la maggioranza, che sono pieni di bei sentimenti e di belle intenzioni, ma sempre fino a che il campo rom non è vicino casa loro o la ragazza seviziata e poi fatta a pezzi non è la loro figlia, perché altrimenti diventano dei carcerieri e dei giustizialisti della peggiore specie. Tutti concordi, tutti schifosamente complici nell’importare, nell’assoluta indifferenza di un’Europa alla meglio assente e alla peggio complice, centinaia di migliaia di sbandati sociali, relitti umani e sottosviluppati che nella stragrande maggioranza dei casi non fuggono da alcuna carestia e da alcuna guerra ma che rischiano la pelle nelle loro nazioni di nascita dove hanno già commesso un numero incredibile di reati e vengono qui, a fare il bello e il cattivo tempo, consapevoli del nostro buonismo, del nostro politicamente corretto, della nostra spina dorsale molle che permettono loro di fare pressoché tutto quello che vogliono nella più assoluta impunità.
Possiamo metterla come vogliamo, continuare a fustigarci moralmente con la storiella dello schiavismo e della cattiva colonizzazione dell’uomo bianco, ma la realtà è una sola, chiara e lampante: abbiamo permesso l’ingresso sul suolo nazionale ed europeo di una massa di criminali e di sottosviluppati provenienti da un continente, l’Africa, ampiamente inferiore per civiltà, per cultura e per stile di vita, dove i diritti umani sono inesistenti, le donne subiscono quotidianamente violenze (a partire dalla più tenera età con l’infibulazione), dove infuriano guerre, carestie e massacri di proporzioni inimmaginabili, dove l’odio tra le tribù e la lotta mortale per la supremazia etnica e razziale sono all’ordine del giorno, e si fanno i riti vudu con gli organi del nemico per assorbirne la forza e la vita. Questa è l’Africa, e questi sono gli africani. Vi stupite se portano odio, morte, violenza, tutte cose che vedono fin dal primo giorno in cui nascono?
Perdonaci, Pamela. Perdona la nostra ipocrisia, la nostra ignavia, la nostra vigliaccheria, il nostro buonismo, il nostro politicamente corretto suicida e imbecille. Perdonaci davvero.
31 Gennaio 2018
La Raggi alla ricerca dei voti antifascisti, senza senso del ridicolo
Se Virginia Raggi spendesse anche solo la metà del tempo in cui ciarla a vanvera di antifascismo per cercare di amministrare Roma allora la capitale d’Italia, probabilmente, sarebbe una delle migliori città del mondo. Evidentemente, però, il tentativo è quello di cercare di acchiappare più voti possibile, magari rosicchiandoli al PD o tra le frange degli estremisti di sinistra, sperando che la cittadinanza (e gli elettori) si possano dimenticare, nell’urna elettorale, le strade fatiscenti, i cumuli di immondizia agli angoli delle strade, le bande di sbandati nordafricani che hanno preso possesso di piazze, strade, stazioni, parcheggi e dettano ormai legge.
È in questo senso che deve essere vista la costante escalation antifascista della Raggi e della sua amministrazione: l’ultima “perla”, in ordine di tempo, è il discorso che ha pronunciato in occasione della presentazione del documentario di Pietro Suber, “1938. Quando scoprimmo di non essere più italiani”, l’ennesimo documentario condito dal solito piagnisteo giudaico per le leggi razziali.
Sappiamo di essere una voce completamente fuori dal coro, ma giova ripeterlo: le leggi per la difesa della razza furono emanate in un preciso momento storico, vale a dire quando la lobby ebraica dichiarò una guerra mondiale senza quartiere al Terzo Reich e all’Italia fascista, e che, di fatto, contenevano tali e tante esenzioni nei confronti dei cittadini italiani di razza ebraica da essere, di fatto, inapplicabili.
“Abbiamo già avviato le procedure e le verifiche per far sì di rinominare tutte quelle strade e piazze della Capitale che sono state intitolate a coloro che sottoscrissero il Manifesto della razza”, ha chiosato il sindaco di Roma, in piena sintonia con quello spirito talebano e da damnatio memoriae che ha ispirato il disegno di legge di Emanuele Fiano (morto, grazie al cielo, con questo governo). In soldoni si tratta, secondo la malata logica di questi amministratori ciarlatani, di rinominare tutte le strade che oggi sono intitolate a personaggi che, a torto o a ragione, sono considerati “collusi” con il regime fascista.
Ci sarà da divertirsi nel vedere questa gente rinominare Via Ungaretti, Via Pirandello, Via Marconi, Via Calvino, Via D’Annunzio…
La Raggi potrebbe spingersi anche oltre: potrebbe chiedere, ad esempio, lumi ad Eugenio Scalfari sulla sua adesione al manifesto della razza, condiviso da tantissimi intellettuali italiani, nel 1938. Lo stesso potrebbe fare con Giorgio Bocca, che contro gli ebrei ha scritto parole di fuoco.
Basta poco, pochissimo, per mettere in imbarazzo questi quattro ciarlatani incompetenti e desiderosi di accalappiare il voto di qualche rasta fallito.
31 Gennaio 2018
A sinistra sono tutti fascisti o sono tutti cretini?
Il cortocircuito del cervello dei sinistri raggiunge livelli sempre più allarmanti. Sarebbe bello guardarli sguazzare nella loro stessa melma, se non fosse che con la “melma” fino al collo, grazie a loro, ci siamo anche noi.
Qualcuno di voi, probabilmente, avrà sentito parlare del cosiddetto “centro sociale” Hobo: un’accozzaglia bolognese di disadattati sociali, capaci solo di occupare qualche aula universitaria per poter continuare a spinellarsi in tranquillità e di assaltare banchetti di formazioni politiche avversarie.
Qualche giorno fa hanno compiuto una delle loro solite “democratiche” incursioni nella sede centrale del PD bolognese, in cui il Partito Democratico stava svolgendo, per l’appunto, una riunione. Verrebbe da chiedersi quando mai si sia sentita di una forza politica di destra, neofascista o fascista che dir si voglia, che intervenga con tanta arroganza e tracotanza ad impedire normalissime riunioni dei partiti avversari, ma lasciamo perdere.
Il siparietto che ne è seguito è stato particolarmente comico: i rasta falliti davano dei mafiosi e dei fascisti a quelli del PD, e quelli del PD, in primis il deputato Andrea De Maria, davano dei fascisti a quelli del centro sociale. Il Fascismo, per questi emeriti cialtroni, è stato svuotato di qualunque contenuto per diventare un mero insulto (del resto, nella loro ignoranza e malafede, il Fascismo non l’hanno mai compreso, nemmeno in parte).
Delle due l’una: a sinistra sono tutti fascisti oppure a sinistra sono una massa di cretini. La prima possibilità, ovviamente, è da escludersi categoricamente.