IL SOLSTIZIO D’INVERNO

Il Solstizio d’Inverno, che quest’anno si verificherà in Italia il 21 dicembre alle ore 22,47 in coincidenza del punto più basso raggiunto dal Sole rispetto all’equatore celeste, coincide con l’inizio della rivincita della luce sulle tenebre: dalla data in cui cade, infatti, il giorno inizia ad allungarsi a spese della notte e continuerà a farlo fino al culmine che raggiungerà col Solstizio d’Estate. Tale evento è stato pertanto festeggiato per millenni in tutte le parti della terra in cui si sono sviluppate civiltà più o meno progredite, con differenze più apparenti che reali, motivate solo dai diversi usi e costumi.

Nei giorni del Solstizio d’Inverno (21-25 dicembre), in ogni angolo del pianeta quasi tutti i popoli dell’antichità hanno celebrato la nascita delle loro divinità solari o di qualche essere soprannaturale; solo per fare qualche esempio: Krishna, in India, Schin-Shin in Cina, Quetzalcoath e Huitzilopochtli in America del Sud nelle culture pre-colombiane e, più vicino a noi, Horus in Egitto, Mithra in Persia (che entrerà presto nelle tradizioni e celebrazioni dell’antica Roma con i Saturnali e la festa del “Sol Invictus”), Tammuz in Babilonia.

Iniziò ad essere celebrato dai nostri lontanissimi antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Externsteine in Germania, di Stonehenge in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan in Iran e della Val Camonica in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Quello stesso fenomeno, fu sempre atteso e magnificato da tutte le popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”), i Germani “Yule” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”), i Finnici “July” (“tempesta di neve”), i Lapponi “Juvla”, i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”); ma anche altrove: “Dongzhi” in Cina, “Toji” in Giappone, “Soyal” presso gli indigeni Hopi dell’attuale Arizona, “Lohri” in India, “Shab-e Yalda” in Iran, ecc.. Il tutto riconducibile alla venerazione del Sole, fonte della vita di tutte le creature che popolano la terra: uomini, animali e piante.

Forse l’unica eccezione al culto del Sole fu costituita dalla religione ebraica, da cui derivarono quella cristiana e quella maomettana, religioni, queste ultime, che, al contrario del paganesimo che esaltava la vita e la luce solare, esaltano – almeno in teoria – la morte e le tenebre come viatico per un aldilà alquanto nebuloso e fantasioso.

Una volta affermatosi, il cristianesimo si adoperò per eliminare le feste pagane, che però, essendo profondamente radicate nella cultura e nelle tradizioni popolari, risultavano insopprimibili. E allora dovette accontentarsi di camuffarle secondo le proprie esigenze. Fu così che la festa del Solstizio d’Inverno divenne – nel IV secolo d.c. – il Natale di Gesù Cristo; del tutto arbitrariamente, però, in quanto è storicamente tutt’altro che certa l’esistenza di Cristo e comunque assolutamente sconosciuta la data della sua nascita e con un clamoroso plagio di religioni precedenti, in particolare di quella mitraica. Mithra, infatti, 14 secoli prima di Cristo, era nato in una grotta nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, partorito da una madre vergine; ma anche Horus, figlio della vergine Iside, nacque in una grotta annunciato da una stella d’oriente e venne adorato da pastori e da tre uomini saggi che gli offrirono doni. E nei miti antichi, ci sono numerosi esempi di madri vergini che partoriscono esseri divini: Devaki, madre di Krishna; Ceres, madre di Osiride; Maia, madre di Sakia; Celestina, madre di Zunis; Chimalman, madre di Quexalcote; Minerva, madre del Bacco greco; Semele, madre del Bacco egiziano; Nana, madre di Attis; Alcmene, madre di Eracle (Ercole); Shing-Mon, madre di Yu e forse altri ancora.

Ciononostante, per quanto camuffati, sopravvivono tutt’oggi i riti, le credenze e i simboli della festa pagana del Solstizio, che niente hanno a che fare col cristianesimo. L’esempio più evidente è l’usanza di addobbare “l’albero di Natale”: l’albero era il simbolo della vita per i pagani e le luci con le quali viene adornato, al pari di quelle che inondano oggi strade e case, sono un riferimento inequivocabile al Solstizio d’Inverno e al culto del Sole. Altrettanto dicasi della figura di “Babbo Natale”: fondamentalmente essa deriva, con i dovuti adattamenti, da una leggenda nordica secondo la quale, nella notte del Solstizio, Odino (o Wotan) usciva a cavallo per andare a caccia e i bambini venivano invitati ad appendere sulla porta di casa o presso il camino una calza piena di paglia e fieno per nutrire il cavallo del dio, il quale, per riconoscenza, avrebbe lasciato nella calza dolcetti e regalini.

Comunque, qualunque cosa crediate e qualunque cosa festeggiate, Buone Feste a tutti!

Giuliano Scarpellini

Amministratore

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