Autore: Amministratore

DI PIU’ NON SI PUO’

E’ DONNA !!!

E’ EBREA !!!

E’ LESBICA !!!

E’ AMERICANA !!!

E’ ANTIFASCISTA !!!

E’ “PROGRESSISTA” !!!

E’ NATA UNA STELLA !!!!!

IMPORTANTE: per evitare di danneggiare irrimediabilmente la vista e altri organi, si raccomanda di guardarla utilizzando lenti da sole di categoria 0 (assorbimento della luce da 80 a 100%) o almeno il buon vecchio vetro affumicato. Molto affumicato. Si sconsiglia comunque l’osservazione prolungata.

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ALLIED WAR CRIMES: I BOMBARDAMENTI STRATEGICI

Da quando è iniziata la guerra tra Russia e Ucraina le cronache di quello che con ironia neppure tanto sottile si è autoproclamato “mondo libero” riportano quasi quotidianamente la notizia di uccisioni di civili ucraini in seguito ai  bombardamenti russi.

Tali bombardamenti, effettuati prevalentemente con missili del tipo ‘ndo cojo cojo, inevitabilmete colpiscono anche edifici e strutture civili ed infatti le stesse cronache ci propinano immagini di case sventrate, ospedali distrutti, strade divelte, voragini e macerie. Stranamente, però, in contrasto con ciò che tali immagini farebbero pensare, il numero dei civili uccisi è molto contenuto: ogni volta, come conseguenza di tali “bombardamenti a tappeto”, riferiscono di poche unità di morti, raramente di più, talvolta nessuno, il massimo per un singolo attacco è arrivato a circa 70 e il totale ammonterebbe – stando ai dati forniti dal governo ucraino, che in questo caso non ha alcun interesse a minimizzare le cifre, semmai il contrario – a circa 10.000 dall’inizio della guerra,  compresi però quelli, assai numerosi, che sarebbero stati assassinati (il condizionale è d’obbligo trattandosi di notizie diffuse da fonti che usano la menzogna come ordinario metodo di lavoro) in occasione di occupazioni di città o villaggi.

Sia come sia, i governanti del “mondo libero” (ora preferibilmente denominato “comunità internazionale” – che presuppone un governo internazionale – in attesa di trasformarsi in “comunità mondiale” – che presuppone un governo mondiale: a tale obiettivo mancano ancora alcune tessere, ma americani e giudei ci stanno lavorando), a proposito dei bombardamenti che uccidono civili ucraini strepitano ciclicamente parlando di crimini di guerra contro l’umanità.

E allora è il caso di esaminare come si comportarono, quanto a bombardamenti aerei, i membri del “mondo libero”, alias “liberatori”, i paladini dei “diritti umani”, nell’ultima grande guerra, il cui esito ha sancito il loro trionfo del quale tutti noi godiamo oggi i frutti.

Nel 1934 l’aeronautica statunitense emise un bando per la progettazione e la costruzione di un bombardiere pesante plurimotore a lungo raggio d’azione. Un anno prima Adolf Hitler aveva preso il potere, F.D. Roosevelt aveva ricevuto il primo mandato presidenziale e la “Giudea” aveva dichiarato guerra alla Germania. Ad essere stati nemmeno troppo lungimiranti si sarebbe potuto perciò fin da allora intuire quale avrebbe dovuto essere l’obiettivo di tale apparecchio. La scelta cadde sul Boeing B-17 “Flying Fortress” (Fortezza Volante), un quadrimotore di oltre 16 tonnellate, che poteva trasportare un carico superiore a 24 tonnellate ed aveva un’autonomia di oltre 3.000 chilometri volando a più di 10.000 metri di quota. Da esso vennero sviluppati poi il Consolidated B-24 “Liberator” e il Boeing B-29 “Superfortress”, quest’ultimo impiegato solo sul Giappone. Da parte sua, l’Inghilterra, dopo lunghi studi ed esperimenti iniziati diversi anni prima,  si dotò nel 1942 di un apparecchio similare: l’Avro Lancaster, un quadrimotore capace di volare a oltre 11.000 metri di quota, con un’autonomia di oltre 4.000 chilometri e in grado di trasportare, nella versione migliore, fino a 10 tonnellate di bombe.

Tali aerei, prodotti in decine di migliaia di esemplari, potevano quindi trasportare un enorme carico di esplosivo a grandissime distanze; avevano però scarsa precisione nel colpire il bersaglio e quindi poca o nulla possibilità di appoggiare le operazioni delle forze armate di terra, oltre ad essere scarsamente efficaci – come i fatti dimostrarono – contro gli impianti industriali e le strutture militari; la volontà di dotarsene rivelava quindi chiaramente che il loro obiettivo, ottenuto con un loro impiego massiccio,  doveva essere quello e solo quello di radere al suolo i centri abitati, ovvero sterminare la popolazione avversaria ed uccidere quanti più civili fosse possibile; in altre parole, eseguire quello che fu pudicamente denominato “bombardamento strategico”.

La teoria del “bombardamento strategico”, venne formulata inizialmente verso la fine della prima guerra mondiale. quando cominciarono ad essere apprezzate le possibilità offerte dalla nuova arma aerea, e fu concepita, più o meno indipendentemente, da Hugh Trenchard in Inghilterra, da William (Billy) Mitchell negli Stati Uniti e da Giulio Douhet in Italia: personaggi tutti di sicuro mentalmente “disturbati”, ma non per questo privi di seguaci e sostenitori, tra i quali è importante ricordare Winston Churchill, allora Segretario di Stato per la Guerra e per l’Aria, che già nel 1918 progettò il bombardamento di Berlino con 1.000 apparecchi; bombardamento che non avvenne perché la guerra finì prima che potesse essere attuato.

Tale teoria, consistente – come già detto – nel colpire indiscriminatamente le città e la popolazione del nemico per fiaccarne la volontà di combattere, oltre che chiaramente criminale (persino in guerra non dovrebbero essere oltrepassati i limiti imposti dalla morale per non sprofondare nella barbarie), era anche sostanzialmente sbagliata (come i fatti dimostrarono in seguito, le potenze dell’Asse si arresero solo quando vennero a mancare loro le risorse materiali necessarie per sostenere lo sforzo bellico e non certo a causa dei “bombardamenti strategici”) e inizialmente fu rigettata ovunque, venendo ad essa preferita quella che prevedeva la costituzione di una aviazione d’assalto e d’attacco al suolo per il sostegno delle truppe di terra, che, adottata dalla Germania nazionalsocialista per volere di Hitler, fu la chiave di volta delle vittorie ottenute nella “Blitzkrieg”.

Fu rigettata ovunque, ma non da tutti, perché ebbe come assertori i due statisti più criminali della Storia (assieme al loro complice Stalin, naturalmente):  Winston Churchill e F.D. Roosevelt, che, anche istigati  dai loro consiglieri giudei, l’applicarono fino all’estremo soprattutto nella parte finale della seconda guerra mondiale e a subirne le conseguenze furono le città europee e giapponesi.

E’ importante precisare che i comandi aereonautici di Inghilterra e Stati Uniti si resero conto ben presto che tale strategia era inefficace per raggiungere quello che ne era ufficialmente l’obiettivo, cioè fiaccare il morale del nemico, ma i rispettivi governi vollero ugualmente proseguirla ed anzi intensificarla il più possibile, perché il loro vero obiettivo era un altro: sterminare le popolazioni, con un sadismo difficile da concepire da parte di qualsiasi persona normale e, mediante il lavaggio del cervello operato con i “mezzi d’informazione”, tutti nelle loro mani, indussero la stragrande maggioranza dei propri cittadini e dei propri soldati a credere che tale sterminio era giusto e magari, perché no, voluto da dio (il loro, naturalmente), facendo in modo che la loro parola d’ordine fosse uccidere il più possibile, non importa come e non importa chi; tutto ciò al fine di eseguire il progettato genocidio dei tedeschi e di buona parte degli altri europei, progetto la cui esecuzione fu proseguita ma non completata nel dopoguerra per cause indipendenti dalla loro volontà (ma di ciò ci occuperemo in un prossimo articolo).

In Germania furono ripetutamente bombardate da inglesi e americani tutte le città con almeno 50.000 abitanti, ma occasionalmente non furono risparmiate neppure quelle con popolazione inferiore; in Italia, sia prima che dopo la resa incondizionata, tutte le città grandi e piccole ebbero la loro razione di bombe; furono colpite anche altre città europee: in particolare Budapest, Bucarest, Sofia e Parigi, né furono trascurate altre in Belgio e in Olanda. In Giappone, ad opera degli americani, le cose non andarono meglio; il bombardamento di Tokio, accuratamente preparato con una preventiva simulazione effettuata in America mediante la ricostruzione di una città-tipo giapponese al fine di determinare il tipo di esplosivo che poteva provocare maggiori danni e soprattutto un maggior numero di morti, causò probabilmente più vittime della bomba atomica su Hiroshima, che seguita a ruota da quella su Nagasaki, costituì la classica “ciliegina sulla torta” pochi giorni prima della fine della guerra, cioè quando, come avvenne in Germania, tali bombardamenti erano, con assoluta evidenza, del tutto inutili ai fini bellici.

Per causare la massima strage di civili furono impiegate bombe al fosforo su Amburgo e Dresda, evidenziando la volontà di produrre alle vittime, in massima parte donne, bambini, anziani e invalidi, una atroce sofferenza prima della morte, che col fosforo non è immediata, ma avviene, senza poter porvi rimedio, per lenta combustione della carne. Per i bombardamenti sul Giappone furono invece preferiti gli ordigni incendiari in relazione al materiale col quale erano costruiti allora la maggior parte degli edifici civili.

Ma la furia omicida nei confronti dei civili non si esaurì con tali bombardamenti, bensì, allorché  gli Alleati ottennero il pressoché completo dominio del cielo, si amplificò col colpire volutamente ospedali, scuole, treni, colonne della Croce Rossa, navi ospedale, colonne di profughi, battelli fluviali o lacustri, autobus, tram cittadini e col mitragliamento a bassa quota di tutto ciò che si muoveva sul terreno, fossero uomini, donne o bambini. Furono in più occasioni colpiti persino contadini al lavoro nei campi e il loro bestiame.

Non è possibile oggi, come non lo fu allora, calcolare con sufficiente precisione il numero delle vittime civili di tale barbara campagna di guerra; attualmente gli storici “allineati”  sparano senza pudore la cifra di poco più di 600.000 riferita alla sola Germania, ma poiché parlano anche di 25/35.000 morti in conseguenza del bombardamento di Dresda, è evidente che dividono per oltre 10 il presumibile numero reale. Assai più attendibile è ciò che dichiarò a Yalta nel febbraio 1945 il criminale grassone alcolizzato liquidatore dell’Impero Britannico  (è soprattutto merito suo se il popolo che allora governava l’India è oggi governato da un indiano), allorché si vantò di avere ammazzato 5-6 milioni di tedeschi.

Con l’eccezione di singole e solitarie voci, statunitensi e inglesi non hanno mai riconosciuto tali efferati crimini e tanto meno li hanno condannati, ma anzi li hanno giustificati e li giustificano tuttora; sono però oggi in prima fila nell’accusare di crimini di guerra e contro l’umanità chi compie azioni simili, ma di entità infinitamente minore.

Giuliano Scarpellini

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TEMPO DI FESTIVAL

Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio si svolgono da noi, e non solo da noi, i due più importanti festival dell’anno: quello di Sanremo e quello di Sangiuda, che, pur trattando tematiche apparentemente del tutto differenti, non mancano di importanti analogie.

Il  festival di Sanremo è ufficialmente una manifestazione canora che si tiene nell’omonima ridente e turistica cittadina ligure nella seconda settimana di febbraio, e, proseguendo in crescendo con l’andazzo assunto  negli ultimi anni, annovera, tra presentatori, cantanti e ospiti, personaggi che si possono tranquillamente classificare come immondizia umana, all’insegna del detto che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che è schifoso; individui che una società civile dovrebbe rinchiudere in celle sotterranee e poi buttare via la chiave.

Senonché la suddetta manifestazione muove ingenti capitali e i predetti personaggi “fanno cassa”,  perché sono addirittura idolatrati ed imitati da migliaia e migliaia di imbecilli, che, per loro sfortuna, sono nati negli ultimi decenni, ovvero in un tempo in cui il Sistema ha perfezionato i metodi di lavaggio e ricondizionamento dei cervelli, sovvertendo l’ordine dei valori umani e civili, così da affossare quelli più alti ed innalzare quelli più bassi.

In tal modo individui persino stonati, ma supertatuati, corredati da ferraglia sotto forma di orecchini, anelli e quant’altro applicata a qualsiasi parte del corpo, riscuotono grande successo  come cantanti e ne riscuotono ancor di più se  dimostrano quanto meno una ambiguità di sesso, perchè l’inversione sessuale è ormai imposta come pregio assoluto e primario.

Ad essi, poi, si affiancano gli e soprattutto le “influencer”: autentici parassiti  che in vita loro non hanno mai mosso un dito per lavorare, ma sono diventati multimilionari  e si considerano semidei per il fatto di sparare in “rete” cazzate che i suddetti imbecilli si bevono come verità assolute e per questo sono superpagati dai pescicani che dalla divulgazione di tali “verità” traggono grandi guadagni finanziari.

Ma non basta. Il festival di Sanremo è anche una formidabile occasione per propagandare il veleno del Sistema  a scopo “educativo” per il popolo dei beoti, che ingoiano tutto con disinvoltura senza neppure sospettare di essere presi per il culo: oltre alle frequenti e selezionate battute “politicamente corrette” con le quali i presentatori e i concorrenti inframmezzano i loro interventi, tra gli ospiti d’onore figurano squallidi personaggi  che fanno satira politica ad uso e consumo della mangiatoia, tra i quali troneggia il becero e volgare pseudocomico giudeo-comunista che, vomitando per meno di dieci minuti stomachevoli idiozie sulla Costituzione e la pace, riscuote varie centinaia di migliaia di euro e il benevolo sorrisetto di approvazione della più alta carica dello Stato presente in sala, alla quale non è noto se abbia tastato i testicoli come esso  è solito fare per salutare i suoi amici.

Il festival di Sangiuda (denominazione non ufficiale) è però molto più importante ed ha una durata assai più lunga, svolgendosi con andamento piramidale dalla metà di gennaio a quella di febbraio, peraltro con  richiami pressoché giornalieri nel corso di tutto  l’anno. Muove anch’esso ingentissimi capitali, almeno dieci volte più del primo e ha la sede simbolica in una poco ridente ma altrettanto turistica cittadina polacca. Le sedi materiali  sono invece tantissime e non sono ubicate in Africa, Sudamerica e Asia, dove esso riscuoterebbe solo indifferenza, non in Medioriente dove susciterebbe solo ilarità, non in Nordamerica dove sarebbe perfettamente inutile, bensì in Europa e soprattuto nelle nazioni colpevoli, in passato, di essersi  ribellate al dominio giudaico, cioè Italia e Germania.

In tali Stati governi, istituzioni e notabili politici di qualsiasi rango, che se ne fregano altamente dei milioni di loro connazionali massacrati dagli organizzatori del festival e dai loro sostenitori ed ai quali non hanno mai dedicato neppure una targhetta, fanno a gara per celebrarlo e divulgarlo con la massima eco, impiegando tutti i mezzi di (dis)informazione di cui dispongono, utili a tale scopo, con la ovvia benedizione del “santissimo padre”, che si unisce di buon grado al coro (sono ormai tanto lontani i tempi della Santa Inquisizione). Ragion per cui anche per esso si sprecano celebrazioni, testimonianze, interviste, filmati ad hoc confezionati, programmazioni televisive su tutti i canali, articoli di giornale e, perché no, anche “fictions “, che ci stanno sempre bene; il tutto accompagnato dalle minacce, per niente platoniche, di democratiche gravi sanzioni rivolte a chi osa avanzare qualche dubbio sulla fondatezza delle tesi che il festival sostiene e divulga, in omaggio alla strombazzata libertà di pensiero di cui le stesse eccellenze si proclamano difensori.

Ovviamente l’attenzione dei promotori del festival è rivolta principalmente ai giovani: lobotomizzati, rincoglioniti e creduloni va bene, ma quello che è altrettanto essenziale è che non perdano la “memoria” di ciò che è stato loro fatto imparare.

Il fatto è che per esibire “testimonial” e “ospiti d’onore” occorre ormai scovare personaggi pressoché centenari e tra qualche tempo sarà impossibile trovarne. Pertanto è necessario approntare efficaci soluzioni a tale naturale inconveniente: a questo scopo si stanno cominciando ad attrezzare gli “eredi dei sopravvissuti”, affinché prendano il posto degli antenati; si  organizzano altresì gite scolastiche per inviare gli studenti di ogni ordine e grado a visitare i luoghi opportuni mentre si raccontano loro le verità assolute imposte per legge e, come peraltro già è in uso da molti decenni, si  fanno studiare loro testi scolastici  che riportano le stesse “sacrosante” verità.

E’ infatti imprescindibile che le nuove generazioni e quelle future non perdano la “memoria” di ciò che è stato loro tanto accuratamente insegnato e che non affiorino dubbi in proposito, perché se ciò avvenisse, se venissero a galla altre verità, per gli organizzatori del festival finirebbe la pacchia e la loro situazione, da eccezionalmente florida qual’è oggi, diventerebbe molto ma molto difficile.

Giuliano Scarpellini

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IL SOLSTIZIO D’INVERNO

Il Solstizio d’Inverno, che quest’anno si verificherà in Italia il 21 dicembre alle ore 22,47 in coincidenza del punto più basso raggiunto dal Sole rispetto all’equatore celeste, coincide con l’inizio della rivincita della luce sulle tenebre: dalla data in cui cade, infatti, il giorno inizia ad allungarsi a spese della notte e continuerà a farlo fino al culmine che raggiungerà col Solstizio d’Estate. Tale evento è stato pertanto festeggiato per millenni in tutte le parti della terra in cui si sono sviluppate civiltà più o meno progredite, con differenze più apparenti che reali, motivate solo dai diversi usi e costumi.

Nei giorni del Solstizio d’Inverno (21-25 dicembre), in ogni angolo del pianeta quasi tutti i popoli dell’antichità hanno celebrato la nascita delle loro divinità solari o di qualche essere soprannaturale; solo per fare qualche esempio: Krishna, in India, Schin-Shin in Cina, Quetzalcoath e Huitzilopochtli in America del Sud nelle culture pre-colombiane e, più vicino a noi, Horus in Egitto, Mithra in Persia (che entrerà presto nelle tradizioni e celebrazioni dell’antica Roma con i Saturnali e la festa del “Sol Invictus”), Tammuz in Babilonia.

Iniziò ad essere celebrato dai nostri lontanissimi antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Externsteine in Germania, di Stonehenge in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan in Iran e della Val Camonica in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Quello stesso fenomeno, fu sempre atteso e magnificato da tutte le popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”), i Germani “Yule” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”), i Finnici “July” (“tempesta di neve”), i Lapponi “Juvla”, i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”); ma anche altrove: “Dongzhi” in Cina, “Toji” in Giappone, “Soyal” presso gli indigeni Hopi dell’attuale Arizona, “Lohri” in India, “Shab-e Yalda” in Iran, ecc.. Il tutto riconducibile alla venerazione del Sole, fonte della vita di tutte le creature che popolano la terra: uomini, animali e piante.

Forse l’unica eccezione al culto del Sole fu costituita dalla religione ebraica, da cui derivarono quella cristiana e quella maomettana, religioni, queste ultime, che, al contrario del paganesimo che esaltava la vita e la luce solare, esaltano – almeno in teoria – la morte e le tenebre come viatico per un aldilà alquanto nebuloso e fantasioso.

Una volta affermatosi, il cristianesimo si adoperò per eliminare le feste pagane, che però, essendo profondamente radicate nella cultura e nelle tradizioni popolari, risultavano insopprimibili. E allora dovette accontentarsi di camuffarle secondo le proprie esigenze. Fu così che la festa del Solstizio d’Inverno divenne – nel IV secolo d.c. – il Natale di Gesù Cristo; del tutto arbitrariamente, però, in quanto è storicamente tutt’altro che certa l’esistenza di Cristo e comunque assolutamente sconosciuta la data della sua nascita e con un clamoroso plagio di religioni precedenti, in particolare di quella mitraica. Mithra, infatti, 14 secoli prima di Cristo, era nato in una grotta nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, partorito da una madre vergine; ma anche Horus, figlio della vergine Iside, nacque in una grotta annunciato da una stella d’oriente e venne adorato da pastori e da tre uomini saggi che gli offrirono doni. E nei miti antichi, ci sono numerosi esempi di madri vergini che partoriscono esseri divini: Devaki, madre di Krishna; Ceres, madre di Osiride; Maia, madre di Sakia; Celestina, madre di Zunis; Chimalman, madre di Quexalcote; Minerva, madre del Bacco greco; Semele, madre del Bacco egiziano; Nana, madre di Attis; Alcmene, madre di Eracle (Ercole); Shing-Mon, madre di Yu e forse altri ancora.

Ciononostante, per quanto camuffati, sopravvivono tutt’oggi i riti, le credenze e i simboli della festa pagana del Solstizio, che niente hanno a che fare col cristianesimo. L’esempio più evidente è l’usanza di addobbare “l’albero di Natale”: l’albero era il simbolo della vita per i pagani e le luci con le quali viene adornato, al pari di quelle che inondano oggi strade e case, sono un riferimento inequivocabile al Solstizio d’Inverno e al culto del Sole. Altrettanto dicasi della figura di “Babbo Natale”: fondamentalmente essa deriva, con i dovuti adattamenti, da una leggenda nordica secondo la quale, nella notte del Solstizio, Odino (o Wotan) usciva a cavallo per andare a caccia e i bambini venivano invitati ad appendere sulla porta di casa o presso il camino una calza piena di paglia e fieno per nutrire il cavallo del dio, il quale, per riconoscenza, avrebbe lasciato nella calza dolcetti e regalini.

Comunque, qualunque cosa crediate e qualunque cosa festeggiate, Buone Feste a tutti!

Giuliano Scarpellini

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